Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 2427

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 2427


DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del senatore ROTELLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 MAGGIO 1997

Revisione degli articoli 55, 57, 70, 97, 98, 114, 116, 117, 119, 131 e 138 della Costituzione della Repubblica per l'istituzione di Milano Città-Stato







ONOREVOLI SENATORI. - L'Associazione "Movimento per Milano Città-Stato" di Milano, di cui é presidente il dottor Mario Unnia, ha predisposto il disegno di legge costituzionale redatto da Paolo Bertaccini (coordinatore ed estensore) con Vincenzo Cariello, Massimo Condinanzi, Alfredo Frangini, Viviana Ravasi, Vincenzo Saponara.
Della relazione e del disegno di legge il proponente condivide ovviamente, ció che deriva dalle sue precedenti proposte, non ció che deriva da proposte altrui. Tuttavia é parso ugualmente opportuno che il Parlamento e, in particolare, la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali potessero conoscere esattamente la proposta. Ne risulta, infatti, quanto inadeguate, rispetto alle attese, siano le formulazioni finora prevalse in tema di forma di Stato e struttura del Parlamento.
Soprattutto preme sottolineare la sostanziale iniquità implicita in tutte le proposte che, da un lato, conservano Regioni piccole o piccolissime, comunque con meno di un milione di abitanti, e, dall'altro, sopprimono l'attuale facoltà di costituire con almeno un milione di abitanti nuove Regioni, consentendo soltanto che queste siano costituite esclusivamente attraverso l'accorpamento delle Regioni esistenti. In concreto, si conserverebbero Regioni come la Basilicata, il Molise, l'Umbria, la Valle d'Aosta o addirittura si farebbero due regioni distinte dell'attuale Trentino-Alto Adige mentre si escluderebbe che l'attuale area metropolitana di Milano oppure quella di Napoli (che non sono precisamente delle valli di poco piú di 100.000 abitanti) si costituissero in Regioni ai sensi dell'articolo 132 della Costituzione e si escluderebbe altresí che la Romagna si potesse staccare dall'Emilia, come é avvenuto fra il Molise e l'Abruzzo. Tanto piú che le varie proposte via via accumulate finora nella Commissione bicamerale in materia di Camera delle Regioni sono tutte nella direzione della drastica riduzione del peso delle Regioni maggiori (a cominciare dalla Lombardia) e dell'ulteriore aumento del peso relativo delle minori, ordinarie o speciali che siano.
La proposta di Milano Città-Stato, che sarebbe stato piú proprio, anche se meno efficace, definire Milano Città-Regione e intenderebbe porsi sul piano delle Città- Länder tedesche, mostra il contrasto fra le istanze di revisione costituzionale maturate sul territorio e gli interessi partitici della classe politica.
Si riporta, dunque, integralmente il testo elaborato dall'Associazione, con la relazione da essa predisposta.

"Il presente disegno di legge configura una "Repubblica delle Autonomie" in Italia come passaggio intermedio ma coerente verso eventuali forme di federalismo piú compiuto. Si tratta di uno stadio evolutivo in cui vi é spazio non solo per le Regioni attuali, ma anche in prospettiva per Regioni e Autonomie di diversa natura e dimensioni che ne abbiano o ne acquisiscano i titoli a divenirlo. Questo disegno di legge sancisce soprattutto un forte riconoscimento all'ipotesi di "Città-Stato", da intendersi in quanto "Regioni metropolitane" mutuate dai Länder cittadini tedeschi.
Nel quadro dei processi sia di unificazione europea, sia di globalizzazione dell'economia - dai quali emerge una articolazione plurale di componenti territoriali disomogenee (città, regioni, nazioni, aree trans-frontaliere, comunità di professioni, associazioni di categoria) collegate in rete da alcuni nodi principali di coordinamento e di intersezione fra diversi
network europei e mondiali - un assetto flessibile che si fondi su autonomie diversificate é la risposta indispensabile per rendere moderni e competitivi gli assetti istituzionali del Paese. In particolare il modello della Città-Stato polifunzionale e reticolare acquisisce oggi una forte legittimità, ed é funzionale alle esigenze della crescita economica.
L'articolato che segue non é stato redatto ai fini di dottrina avulso dalla realtà politica, bensí intende essere praticabile nell'attuale contesto di equilibri fra i partiti e di orientamenti emersi in sede di Commissione bicamerale, ed é perció fortemente correlato con le proposte piú significative sul tema della forma di Stato ivi presentate.
Esso viene a cadere in un frangente del dibattito sulle riforme molto poco rassicurante, poiché l'attenzione é centrata quasi esclusivamente sulla forma di governo; l'autoesclusione della Lega dai lavori della Commissione genera pressioni politiche assai deboli per modifiche della forma di Stato, se non a titolo personale da parte di qualche deputato o senatore. Invece, se é vero che un consolidamento dei poteri di governo é indispensabile (ma a questo riguardo osserva il professor Rotelli che il punto, piú che nei poteri effettivi del primo ministro, sta nella garanzia di durata della sua maggioranza), é altrettanto vero che il necessario complemento di una riforma in senso presidenziale é una riforma in senso federalista, o quanto meno autonomista; i contropoteri piú credibili del presidenzialismo sono i poteri locali.
Con questo disegno di legge si vuole cosí esercitare un influenzamento competente sui lavori della Bicamerale per sollecitare provvedimenti incisivi riguardo la forma di Stato, non da ultimo anche per scongiurare il rischio che le "leggi Bassanini" - un primo passo, pur controverso, in direzione del decentramento amministrativo - possano trovare accoglimento solo parziale.
Il disegno di legge intende modificare la Costituzione in senso compiutamente autonomista senza per questo rivoluzionarne l'impianto di fondo, che sarebbe possibile solo intervenendo sui Principi fondamentali della prima parte. Piú precisamente, sarebbe indispensabile modificare quanto meno l'articolo 5, per riformulare in termini federali la definizione di Repubblica unitaria, e l'articolo 11, per rendere esplicito il riferimento all'Unione Europea e per raccordare nel modo piú efficace possibile l'intreccio di sovranità che vanno evolvendo verso l'unità politica d'Europa, sia pure con incognite importanti riguardo la forma di ordinamento che essa dovrà assumere (a questo proposito va sottolineato come l'unità d'Europa, lungi da porsi in contrasto con crescenti autonomie subnazionali, ne é anzi un complemento necessario). Alla Bicamerale é invece consentito solo intervenire sulla seconda parte, comportando ció rischi di conflitto e di incoerenza con la prima parte; comunque manca alla Bicamerale una piú solida legittimazione da parte degli elettori per modifiche troppo radicali. Pur con l'obiettivo di riformare con incisività, é dunque opportuno procedere con prudenza.
Le proposte di modifica sono state redatte sulla base delle proposte avanzate alla Bicamerale: eventuali interventi ulteriori per garantire coerenza finale all'impianto generale non vengono in questa sede sviluppati, demandandosi tale compito, in caso di necessità, ai Commissari e ai loro assistenti.
Va detto che quelle proposte dedicano in generale poca attenzione ai temi che concernono la forma di Stato. Tra le poche che lo fanno, in una prospettiva federalista la proposta Rotelli é quella piú solida e innovativa; accreditate sono anche le proposte dei deputati del Partito Popolare e quella del Testo coordinato della conferenza delel regioni, che fanno riferimento esplicito al modello "governamentale cooperativo" tedesco.
L'impianto delle regioni - che a differenza di quello dei deputati PPI non rivoluziona la struttura degli articoli - e il modello tedesco sono stati da noi accolti come base di lavoro praticabile, ma li si é resi piú incisivi e autonomisti; per far ció, si é attinto soprattutto dalla proposta del professor Rotelli.
Una tale soluzione operativa presenta tre vantaggi: 1) configura un ordinamento coerente di diritto pubblico, riducendo il rischio di ibridi giuridici non fertili, bensí nocivi; 2) non spaccia per federalismo ció che solo in parte é tale, poiché se per un verso é vero che le autonomie si rafforzano in modo sostanziale, per un altro lo Stato resta di concezione unitaria; 3) fa maturare i tempi per eventuali modifiche successive, attendendo che l'inerzia del passato si attenui e le autonomie si autoorganizzino in modo spontaneo, senza mettere a rischio la tenuta d'insieme del sistema.
La dizione "Repubblica delle Autonomie" rispecchia l'idea di fondo che muove il presente disegno di legge: configurare un assetto flessibile di autonomie, in cui alle Regioni sia riconosciuta un ruolo preminente per ragioni di funzionalità e di economie di scala nei rendimenti delle istituzioni, ma in cui la legittimità provenga dal basso, consentendo che gli enti locali dispongano di strumenti reali per l'autogoverno.
Nell'attuale momento storico segnato dalla crisi della Prima Repubblica e dal rapido avanzare della globalizzazione, é indispensabile trovare una soluzione incisiva e praticabile che avvii subito un processo reale di progressiva indipendenza di Regioni ed enti locali: delle grandi questioni da affrontare che sono sul tappeto (governabilità, riforma della pubblica amministrazione, ristrutturazione dello Stato sociale, riforma delle pensioni, debito pubblico), la chiave di volta per ridare fiato alla crescita economica e all'occupazione é una riforma autonomistica che metta le diverse aree del Paese in condizioni di attrezzarsi con scelte proprie alle sfide dell'economia mondiale.
Per fondare una "Repubblica delle Autonomie" che risponda a questa esigenza si deve intervenire su sette questioni chiave: la riformulazione del principio costitutivo delle parti territoriali della Repubblica; l'estensione degli Statuti speciali a ogni Regione; l'istituzione di un Senato delle Regioni; la riformulazione del criterio fondativo e definitorio delle Regioni; il riparto delle competenze legislative e l'autonomia finanziaria e tributaria di Comuni, Province e Regioni; la ridefinizione del ruolo della pubblica amministrazione, la riformulazione delle procedure di revisione costituzionale. É su queste sette questioni - e relativi diciannove articoli - che l'articolato si concentra:

1. La riformulazione del principio costitutivo delle parti territoriali della repubblica é fondamentale per legittimare lo Stato a partire dalle comunità locali e per tutelare gli enti locali da centralismi di varia natura, sancendo una applicazione "dal basso" del principio di sussidiarietà. La formulazione proposta é quella già avanzata a suo tempo dal professor Rotelli e dalla Regione Lombardia, poi ripresa anche dalla Commissione Speroni, ora riproposta ancora dal Rotelli. Vi si aggiunge una specificazione dell'ente Provincia, concepito anch'esso come aggregazione "dal basso" di Comuni, ente locale di base; la definizione aggregativa dell'ente Regione ha luogo nell'articolo 131.
2. L'estensione degli Statuti speciali a ciascuna Regione deriva e ripete da un principio già presente in Costituzione la propria legittimità. Consente di rendere effettivo in modo compiuto il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali sanciti nell'articolo 5 della prima parte, e pone fine a una disparità di diritti per le Regioni che non trova ragioni d'essere tra i principi fondamentali, e dunque vi contrasta. La "Repubblica delle Autonomie", con statuti speciali per ogni Regione, é del tutto coerente con la prima parte della Costituzione, ed é anche una risposta all'esigenza di gradualità nelle riforme. Per Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige si puó rafforzare il diritto all'autonomia esplicitando che esso é legato ad accordi internazionali.
3. Una nuova formulazione del principio fondativo e definitorio delle Regioni é il nodo cruciale per una riarticolazione territoriale dello Stato che si fondi su autonomie reali, effettivamente in condizioni di autogovernarsi e di competere con altre aree, italiane e non italiane, anche aggregandosi o disaggregandosi. La Commissione Bicamerale rischia al riguardo di non modificare alcunché e di lasciare in eredità alla nuova Carta un sistema rigido e antiquato, con limitate possibilità evolutive. E ció per due ragioni: un eccesso di realismo politico e l'emergente contrapposizione fra "regionalisti" e "municipalisti".
Su questo punto l'articolato - con la proposta di un doppio articolo 131 - apporta il suo contributo piú innovativo. Sancisce in modo esplicito i criteri per la creazione di nuove Regioni (dunque in modo implicito anche per la riorganizzazione di quelle esistenti) mediante tre requisiti: il primo dimensionale di popolazione minima, previsto anche dal professor Rotelli, nella misura di due milioni e mezzo (per ragioni di economie di scala nei rendimenti istituzionali); il secondo di funzionalità (riconoscendo l'importanza del ruolo economico nella costituzione degli enti locali) e di specificità (riconoscendo altresí l'importanza di identità etniche o culturali); il terzo di autosostenibilità (obbligando le costituende Regioni a porsi l'obiettivo dell'autosufficienza finanziaria e scongiurando astratte richieste di autonomia). Ad enti locali che soddisfino solo parzialmente questi parametri si riconoscono particolari
status di autonomia dalla o dalle Regioni di appartenenza (va accolta a questo riguardo in Costituzione la possibilità di aree transfrontaliere) e si dà corpo e sostanza tramite una differenziazione e una gradualità di poteri, a forti autonomie non solo regionali.
Cosí facendo si innesta una componente dinamica che spinge verso una nuova configurazione delle Regioni, creando una struttura anche processuale (un dinamismo interno e spontaneo - dunque democratico - che é il pregio maggiore della proposta del professor Rotelli): Non si elude inoltre il doppio problema del necessario equilibrio fra le parti territoriali dello Stato e della loro funzionalità, a suo tempo posto dalla Fondazione Agenelli: solo si escludono la ricerca di un principio di uniformità e una tracciatura di confini "a tavolino", lasciando che sia un processo democratico e spontaneo a determinare numero, dimensioni e tipologia delle entità territoriali dello Stato. Questa soluzione é ancora piú valida se si considera che equilibrio e funzionalità dei territori autonomi vanno oggi va lutati piú nelle cornici europea e mondiale, che non in quella italiana.
Un doppio articolo 131 cosí formulato rende inolre opportuno, se non addirittura necessario, che in sede di legislazione ordinaria si predispongano procedure e meccanismi che incoraggino a riarticolare a fini di funzionalità (per aggregazione o disaggregazione) Comuni, Provincie e Regioni esistenti.
Inoltre, una tale riformulazione consente di superare gli scogli su cui rischia di arenarsi l'azione riformatrice della Bicamerale (significativamente é il solo professor Rotelli a proporre modifiche dell'attuale assetto regionale): procede infatti con realismo mantenendo inalterate come base di partenza le attuali Regioni, grazie a un riconoscimento di identità storica repubblicana; e risolve la contrapposizione fra municipalismo e regionalismo poiché pone limiti precisi a una deriva municipalista con forti diseconomie di scala (in questo quadro la Regione "Città-Stato" trova legittimazione in quanto metropolitano-funzionale, non perché municipalista), contemplando peró al tempo stesso - come si é visto - una possibile graduazione di poteri a tutela di enti territoriali minori o intermedi.
In questo quadro la "Grande Milano" (l'attuale Comune di Milano insieme ai Comuni dell'
hinterland che compongono l'odierna Provincia, anche escludendo quelli che piú gravitano sul Comune di Monza o su aree piú specificamente agricolo-industriali, ed eventualmente con l'inclusione di Comuni di Provincie limitrofe, non necessariamente contigui) soddisferebbe i tre requisiti, se le popolazioni dei Comuni interessati si pronunciassero a favore con referendum.
4. L'istituzione di un Senato delle Regioni sul modello del
Bundestrat tedesco non possiede la legittimazione del voto diretto, ma ha un doppio vantaggio: per un verso assicura agli esecutivi regionali un rapporto diretto con il Governo e il Parlamento, rafforzando le nascenti autonomie locali e promuovendo lo sviluppo di ceti politici regionali qualificati; per altro verso induce un comportamento leale alla regione, e non al partito nazionale, da parte dei rappresentanti designati, aspetto questo di rilievo nel quadro della tradizione politica italiana fortemente partitica.
Il rischio elevato di soluzioni avventurose che la ricerca di ipotesi "miste" - spesso generate da pressioni di fazione e di corpo - conporta su questo punto, e la necessità immediata di legittimare la rappresentanza regionale nel processo di formazione delle leggi nazionali, suggeriscono di accogliere senza troppe modifiche un modello di cui si conosce il rendimento. La non estensione della rappresentanza a Comuni e Province, come proposto dai deputati del PPI e a suo tempo dalla Commissione Speroni, va intesa in questo senso, oltre che con l'esigenza di non disperdere i poteri producendo diseconomie di scala; ma Comuni e Provincie sono tutelati a sufficienza dagli articoli relativi ai punti 1 e 3.
Un Senato di rappresentanti designati non ha la legittimazione sufficiente a un ruolo legiferante molto attivo, ma sí per l'esercizio di poteri colegiferanti, ostativi, di controllo, e di tutela dei poteri legislativi regionali sanciti negli articoli 70 e 117.
Nell'accogliere il modello bicamerale tedesco, si é peró intervenuti sui criteri numerici di rappresentanza, che nella proposta delle Regioni sovrarappresenta in modo eccessivo le Regioni esistenti piú piccole (alcune delle quali non soddisfano i requisiti previsti dal 131-
bis ). Si é assegnato come criterio medio di riferimento un senatore per ogni 500.000 abitanti, criterio dal quale si diverge dunque solo in taluni casi, quale quello della Valle d'Aosta, per garantire una ragionevole sovrarappresentanza. In questo la Lombardia ad esempio conterebbe su diciassette delegati, che diverrebbero undici o dodici se la Grande Milano dovesse costituirsi anch'essa Regione, contando su cinque o sei delegati propri.
5. Il riparto delle competenze legislative fra Camera dei Deputati e Parlamenti re gionali é il limite maggiore del modello tedesco, che fonda il proprio "federalismo" sul potere applicativo (amministrativo) delle leggi nazionali da parte dei
Länder, non sul potere legislativo - perció detto "governamentale cooperativo". Una via possibile, benché difficile - ma non tentata né dalla proposta delle Regioni, né dai Popolari - é affiancarvi una componente "competitiva" attraverso competenze esclusive regionali e sfere concorrenti di legislazione.
A questo riguardo si attinge soprattutto dalla proposta del professor Rotelli, ma anche dalla proposta della Commissione Speroni, facendo riferimento a principi che trovano inoltre piena corrispondenza nelle linee-guida avanzate dalla Fondazione Rosselli per un federalismo "modulare o a geometria variabile" che nel riporto delle competenze sia duale, cooperativo e competitivo al tempo stesso, a seconda di ambiti e circostanze. Le formulazioni proposte per i nuovi articoli 70 e 117 sono quelle avanzate dal Consiglio regionale della Lombardia nel 1993.
Un potere legislativo regionale forte é un elemento indispensabile su cui correggere il modello tedesco, se si vuole conferire pari dignità rispetto alla Camera dei deputati ed efficacia operativa ai Parlamenti regionali.
Riguardo l'autonomia tributaria e finanziaria di Comuni, Provincie e Regioni - la quale, rispetto all'impianto elaborato dalla proposta delle Regioni, va senz'altro tutelate e maggiormente potenziata - si é accolta la formulazione proposta dal Professor Rotelli per un nuovo articolo 119.
6. La ridefinizione del ruolo della pubblica Amministrazione é questione che rischia di restare marginale ai lavori della Commissione poiché non vi é una sottocommissione specifica che se ne occupi. Inserirla nel quadro concettuale della riforma dello Stato é non solo congruente, ma anche l'unico modo per sottrarla alla disattenzione generale. Un sistema di autonomie forti implica una concezione dell'apparato amministrativo assai diverso da quello vigente.
Le formulazioni proposte per gli articoli 97 e 97-
bis sanciscono due principi: la burocrazia come corpo di civil servants nei riguardi sia dei cittadini, sia delle imprese, e la centralità delle amministrazioni locali e regionali rispetto alle burocrazie statali.
Questa scelta, che accoglie le proposte del professor Rotelli per gli articoli 97 (diviene 97-
ter ) e 98, é anch'essa congruente con le linee auspicate dalla Fondazione Rosselli: "attribuzione in alle Provincie e ai Comuni di tutte le funzioni amministrative, anche per l'esecuzione di leggi statali (fatta salva la possibilità di costituire agenzie centrali per la valutazione degli standards di prestazione o per effettuare interventi sostitutivi nel caso di carenze o inerzie degli enti territoriali) e trasferimento alle Regioni della amministrazione periferica dello Stato (ad eccezione di settori specificamente definiti, come difesa, funzioni nazionali di ordine pubblico e finanze statali)".
Per avviare la riforma della pubblica amministrazione in Italia, passaggio-cardine per modernizzare e rendere competitive le istituzioni italiane, é indispensabile destrutturare a fondo l'attuale concezione centralista e verticale per riarticolarla e distribuirla facendo perno sugli enti locali.
7. Le procedure di revisione costituzionale devono essere differenziate a seconda del tipo di modifica per sancire che la seconda parte della Costituzione é di natura piú processuale, rispetto alla prima che é di natura piú fondativa. Per la seconda é dunque necessario prevedere procedure piú semplificate, mentre per la prima esse saranno piú aggravate: il modello di riferimento in questo caso é la Costituzione spagnola, da cui si riprendono gli articoli relativi.
La "Repubblica delle Autonomie", come ogni Stato moderno ed efficiente, deve poter apportare eventuali correzioni
in itinere (e ció vale soprattutto per un processo di progressiva federalizzazione dello Stato) senza necessariamente rimettere in discussione tutta la Carta: va evitato il rischio di una nuova "Costituzione materiale" che, per eccessive rigidità di revisione, finisca per tradire lo spirito del dettato costituzionale.

In un Paese come l'Italia con una tradizione di cultura politica e di istituzioni politiche modellate su uno Stato fortemente centralizzato (sia pure spesso ostaggio dei localismi, e dunque per paradosso molto esteso ma anche molto debole), una parte importante delle sfide di innovazione istituzionale é la contemporanea costruzione di un centro forte, ma circoscritto nelle sue competenze, e di poteri locali anch'essi forti, ma non in grado di ricattare il centro sulle politiche pubbliche di interesse nazionale.
In questa prospettiva la piena accettazione, sia filosofico-culturale, sia operativa e applicativa, del principio di eterogeneità a fianco di quello di uguaglianza - l'autonomia diviene complementarietà - e dunque la sua costituzionalizzazione, é premessa indispensabile, oltre che innovativa e qualificante. Si tratta di una eterogeneità che deve informare in primo luogo l'articolazione del territorio in Regioni che siano diverse per dimensioni a seconda di specifiche e diverse esigenze, e in secondo luogo il radicamento stesso dei poteri sul territorio, dovendosi essi graduare o specializzare a seconda di specifici e diversi obiettivi di governo.
Ma é anche nel metodo stesso con cui si intende procedere verso una riarticolazione dei poteri sul territorio che il principio di diversità deve affermarsi. Vi é necessità di un federalismo che non solo affermi la legittima differenziazione fra i diversi poteri centrale e locali, ma che, nella riorganizzazione del territorio, rinunci alla ricerca chimerica di una "dimensione ideale fondativa" (come é stato in questi anni di dibattito: si pensi alle "regioni omogenee" della Fondazione Agnelli, alle "macroregioni" del professor Miglio, alle "contee fiscali" del professor Martino, al muncipalismo monistico che sta emergendo oggi) per accogliere un criterio di eterogeneità sia dimensionale, sia identitaria, sia funzionale, sia di graduazione e differenziazione di poteri, oltre che un metodo procedurale che aggreghi, disaggreghi e riaggreghi secondo processi spontanei dal basso".





DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE




Art. 1.

1. L'articolo 55 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 55. - Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato delle Regioni".

Art. 2.

1. L'articolo 57 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 57. - Il Senato delle Regioni é composto da esponenti degli organi esecutivi delle Regioni, da questi nominati e revocati.
A Basilicata, Molise e Valle d'Aosta spetta un voto; a Trentino-Alto Adige Südtirol e Umbria spettano due voti; ad Abruzzi, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Marche spettano tre voti; a Calabria e Sardegna spettano quattro voti; alle Regioni con almeno due milioni e mezzo di abitanti spetta un voto ogni mezzo milione di abitanti.
Ogni Regione determina il numero dei propri rappresentanti che faranno parte del Senato delle Regioni, senza superare il numero di voti di cui dispone. I voti di ogni Regione sono espressi unitariamente in forma palese dai membri presenti.
Il Senato delle Regioni elegge il presidente secondo le norme del regolamento interno il quale viene adottato a maggioranza assoluta dei voti. Il presidente convoca e presiede la Camera. La convocazione é obbligatoria se richiesta dai rappresentanti di almeno due Regioni o dal Governo. Le sedute del Senato sono pubbliche, salvo i casi previsti dal regolamento".

Art. 3.

1. L'articolo 70 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 70. - La funzione legislativa é esercitata dallo Stato e dalle Regioni.
É riservata allo Stato la potestà legislativa nelle seguenti materie:

a) politica estera;
b) difesa e impiego delle forze armate;
c) mantenimento della sicurezza pubblica e misure di prevenzione;
d) moneta e governo del credito, salve le funzioni in materia di credito locale attribuite alle Regioni con legge costituzionale;
e) amministrazione della giustizia;
f) ordinamento civile, penale e processuale;
g) pesi e misure, determinazione del tempo;
h) trasporti e comunicazioni sovraregionali;
i) cittadinanza, stato civile, condizione giuridica degli stranieri non appartenenti all'Unione Europea;
l) ordinamento delle professioni;
m) statuizione dei livelli inderogabili di prestazioni a tutela della salute pubblica, dell'istruzione, dell'ambiente e del patrimonio storico e artistico;
n) parchi sovraregionali;
o) produzione e distribuzione dell'energia;
p) ricerca scientifica e tecnologica di rilievo nazionale; ordinamento dell'istruzione superiore;
q) informazione radiotelevisiva sovraregionale;
r) tutela del lavoro e istituti previdenziali obbligatori di carattere regionale;
s) tutela della concorrenza;
t) lavori pubblici afferenti alle altre materie di competenza statale;
u) tributi erariali;
v) statistica nazionale.

Nelle altre materie la potestà legislativa é esercitata dalle Regioni. La disciplina di materie di potestà legislativa statale puó essere delegata, previa intesa, alle Regioni che lo richiedono. La legge di delegazione, stabilendo casi, obiettivi e risultati, assicura la copertura finanziaria, considera la efficienza amministrativa e indica la durata e la revoca della delega stessa.
Con le competenze legislative dello Stato in materia di relazioni internazionali e commercio con l'estero concorrono competenze legislative regionali secondo quanto disposto dagli articoli 117- bis e 117- ter ".

Art. 4.

1. L'articolo 97 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 97. - L'amministrazione é apparato servente gli interessi dei cittadini e delle imprese.
L'amministrazione adotta procedure funzionali a garantire efficacia, efficienza, imparzialità dell'azione amministrativa".

Art. 5.

1. Dopo l'articolo 97 della Costituzione é aggiunto il seguente:

"Art. 97- bis . - L'amministrazione é regionale e locale, fatte salve le competenze elencate nell'articolo 70 della Costituzione oppure previste da leggi nazionali, dove l'amministrazione é statale".

Art. 6.

1. Dopo l'articolo 97- bis della Costituzione é inserito il seguente:

"Art. 97- ter . - L'amministrazione pubblica statale, regionale e locale é disciplinata da statuti e regolamenti sulla base di princípi di legge.
Gli indirizzi all'amministrazione per l'efficacia delle politiche pubbliche sono determinati dagli organi istituzionali degli enti, da cui le amministrazioni sono separate.
Ogni organizzazione amministrativa é diretta con un sistema di controllo interno di gestione, che, sulla base di indicatori omogenei, funzionali alla comparazione, rileva periodicamente i costi e i tempi delle unità di prodotto e di servizio e i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi prefissati.
Ne sono informati gli organi istituzionali dell'ente da cui l'amministrazione dipende, gli organi tecnici locali, regionali e statali preposti alla comparazione, nonché, a richiesta, in tempo reale, i cittadini, le loro associazioni e le imprese.
Le leggi, e i regolamenti e gli atti generali destinati a incidere sulla organizzazione amministrativa e sulla sua efficienza, in quanto ne prevedano un'attività, almeno in parte diversa, non possono essere proposti e adottati senza preventiva analisi degli effetti organizzativi presumibili e senza le necessarie modificazioni conseguenti.
La disciplina dell'attività amministrativa e della modificazione costante dell'organizzazione amministrativa garantisce la motivazione delle decisioni, il diritto di informazione, il diritto di accesso ai documenti, la partecipazione al procedimento, la conclusione di questo nei termini previsti, il rimedio sostitutivo dell'inerzia, la facoltà di controllo degli utenti sui servizi, il risarcimento della lesione arrecata dall'inefficienza".

Art. 7.

1. L'articolo 98 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 98. - I pubblici impiegati, finché membri del Parlamento o del Governo o dei parlamenti o dei governi regionali, non conseguono promozioni se non per anzianità.
Si possono porre con legge limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per i funzionari professionali, i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funziona ri ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero.
Ciascuna unità di personale della pubblica amministrazione é responsabile della produttività della sua prestazione, elemento costitutivo, periodicamente verificato, della retribuzione e della prosecuzione del rapporto di lavoro.
I funzionari pubblici sono responsabili dell'organizzazione dell'ufficio cui sono preposti o appartengono, dell'efficienza crescente dello stesso, della migliore qualità del servizio, del conseguimento dei risultati prefissati, della violazione dei doveri professionali con danno dei cittadini, delle imprese, delle altre amministrazioni.
Gli impiegati pubblici e i funzionari professionali sono assunti ed accedono alle qualifiche superiori solo attraverso pubblici concorsi svolti su base regionale o locale e per ruoli organici e organici regionali e locali. La composizione degli organi preposti alla gestione e alla disciplina del personale é tale da garantire l'indipendenza e l'imparzialità".

Art. 8.

1. L'articolo 114 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 114. - La Repubblica é costituita dai Comuni, dalle Province definite attraverso l'aggregazione di Comuni, dalle Regioni e dallo Stato".

Art. 9.

1. L'articolo 116 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 116. - A tutte le Regioni sono riconosciute forme e condizioni particolari di autonomia, a norma di statuti speciali adottati con leggi costituzionali.
Ogni statuto é adottato a maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento regionale ed é approvato mediante referendum ".

Art. 10.

1. L'articolo 117 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 117. - La Regione esercita la potestà legislativa nelle materie che non siano espressamente riservate allo Stato dalla Costituzione o da leggi costituzionali.
Le norme delle leggi statali valgono solo in assenza di legislazione regionale".

Art. 11.

1. Dopo l'articolo 117 della Costituzione é inserito il seguente:

"Art. 117- bis . - Nell'ambito di trattati-quadro la Regione stipula accordi con enti territoriali di altri Stati.
La legge dello Stato disciplina le relative procedure.
La Regione , nelle materie di sua competenza, partecipa alle procedure di negoziazione e di assunzione di obblighi internazionali dello Stato e concorre alla loro attuazione".

Art. 12.

1. Dopo l'articolo 117- bis della Costituzione é inserito il seguente:

"Art. 117- ter . - La Repubblica promuove la partecipazione delle Regioni alla formazione degli organi comunitari rappresentativi dei cittadini dell'Unione Europea.
La Regione é rappresentata presso l'Unione Europea con la quale intrattiene rapporti diretti.
La Regione partecipa, nei modi previsti dalla legge, alle procedure di formazione degli atti comunitari che incidono sulle materie di propria competenza.
La Regione dà attuazione alle direttive delle Comunità europee nelle materie di propria competenza".

Art. 13.

1. Dopo l'articolo 117- ter della Costituzione é inserito il seguente:

"Art. 117- quater . - Le Regioni, nelle materie di propria competenza, stipulano accordi fra loro ed istituiscono organismi comuni.
L'accordo é stipulato dal Presidente della Regione previa autorizzazione del Parlamento o del Governo regionale secondo le norme dello statuto.
La legge dello Stato disciplina le relative procedure".

Art. 14.

1. L'articolo 119 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 119. - Le Regioni, le Province e i Comuni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa nei limiti stabiliti dalle leggi statali di coordinamento della finanza pubblica.
Le Regioni, le Province e i Comuni possono imporre tributi propri e ricevono quote del gettito dei tributi erariali riscossi nel proprio territorio, correlate anche alle funzioni svolte.
Le Regioni, le Province e i Comuni disciplinano e riscuotono i tributi di rispettiva competenza.
Lo Stato, mediante apposito fondo, trasferisce finanza alla Regione e la Regione a Province e Comuni esclusivamente a scopo di perequazione e sviluppo delle aree meno favorite. Le esigenze di perequazione sono commisurate al potenziale fiscale, indipendentemente dall'efficacia dell'accertamento.
I vincoli di destinazione delle risorse finanziarie trasferite dallo Stato alle Regioni, alle Province, ai Comuni riguardano esclusivamente le materie riservate allo Stato.
La legge dello Stato stabilisce i limiti del ricorso al credito da parte delle Regioni, delle Province e dei Comuni".

Art. 15.

1. L'articolo 131 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 131. - Le Regioni sono definite nel territorio e costituite attraverso l'aggregazione di Comuni e Province.
Per continuità storica repubblicana, sono costituite le seguenti Regioni: Abruzzi, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto".

Art. 16.

1. Dopo l'articolo 131 della Costituzione é inserito il seguente:

"Art. 131- bis . - Ogni nuova Regione deve soddisfare tre requisiti: dimensioni minime di popolazione (almeno due milioni e mezzo di abitanti), funzionalità o specificità (particolare ruolo economico o di identità culturale), autosostenibilità (autonomia fiscale). La costituzione di una nuova Regione deve essere approvata mediante referendum dalla popolazione dei Comuni che la compongono.
Comuni, o gruppi di Comuni, che soddisfino solo due o uno dei suddetti requisiti hanno diritto a particolari status di autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria dalla Regione o Regioni di appartenenza".

Art. 17.

1. L'articolo 132 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 132. - Con legge costituzionale possono essere modificati i confini territoriali e le denominazioni delle Regioni, sempre che la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza della popolazio ne dei Comuni interessati, e le nuove Regioni che si costituiscano soddisfino i requisiti previsti dall'articolo 131- bis .
I mutamenti dei confini territoriali e della denominazione dei Comuni e delle Province, o loro eventuali aggregazioni ad altra Regione, sono decisi con legge regionale sempre che la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni interessate".

Art. 18.

1. L'articolo 138 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Art. 138. - Le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali dovranno essere approvate da una maggioranza di tre quinti di ciascuna delle Camere. Se non vi sarà accordo fra di esse, si cercherà di ottenerlo mediante una commissione composta in egual numero di deputati e senatori, la quale presenterà un testo che sarà votato dalla Camera e dal Senato.
Se non si otterrà l'approvazione mediante il procedimento di cui al primo comma e sempre che il testo abbia ottenuto il voto favorevole della maggioranza assoluta del Senato, la Camera, con la maggioranza dei due terzi, potrà approvare la riforma.
Approvata la riforma dal Parlamento, questa sarà sottoposta a referendum per la sua ratifica quando lo richieda, entro i quindici giorni successivi alla sua approvazione, la decima parte dei membri di una qualsiasi delle Camere.

Art. 19.

1. Dopo l'articolo 138 della Costituzione é inserito il seguente:

"Art. 138- bis . - Qualora si intenda promuovere la revisione completa della Costituzione o una revisione parziale riguardante la Prima Parte della Costituzione, si procederà all'approvazione di tale delibera a maggioranza dei due terzi di ogni Camera, e allo scioglimento immediato del Parlamento.
Le Camere elette dovranno ratificare la decisione e procedere allo studio del nuovo testo costituzionale, che dovrà essere approvato a maggioranza dei due terzi di entrambe le Camere.
Una volta approvata dal Parlamento, la revisione sarà sottoposta a referendum per la sua ratifica".