Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 2207

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 2207


DISEGNO DI LEGGE




presentato dal Ministro di grazia e giustizia

(FLICK)

e dal Ministro dell'interno

(NAPOLITANO)

di concerto col Ministro del tesoro

e del bilancio e della programmazione economica


(CIAMPI)

e col Ministro delle finanze

(VISCO)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L'11 MARZO 1997

Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia







ONOREVOLI SENATORI. - Gli articoli da 9 a 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, affrontano (assieme a regolamenti attuativi) il tema dei collaboratori di giustizia.
La possibilità di concedere benefici sanzionatori e penitenziari ai medesimi collaboratori é invece prevista da disposizioni del codice penale e da leggi speciali (si veda, in particolare, la legge 26 luglio 1975, n. 354).
L'apposito decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, disciplina infine la procedura del cambiamento delle generalità dei collaboratori.

A) Le linee ispiratrici del provvedimento

1. Sono note sia le controversie interpretative e applicative cui hanno dato luogo le disposizioni sopra richiamate sia la complessa evoluzione che ha assunto il fenomeno.
Anche nella sua ultima Relazione semestrale presentata al Parlamento in attuazione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 8 del 1991 ( Doc. XCI, n. 1), il Ministro dell'interno ha ricordato come l'attuale sistema di protezione rischi di non reggere a dimensioni crescenti della platea dei collaboratori e dei familiari e non sia piú adeguato alla realtà processuale e investigativa. É per questi motivi che, ferma la irrinunciabilità dell'apporto collaborativo dei cosiddetti "pentiti", devono modificarsi talune previsioni normative specie in materia di modalità di accesso ai programmi di protezione e di gestione dei collaboratori.
In quest'ottica, nel settembre 1996, i Ministri di grazia e giustizia e dell'interno hanno incaricato un gruppo di lavoro interministeriale di provvedere alla individuazione di norme che meglio si attagliassero al concreto atteggiarsi del fenomeno.
Lo schema di articolato elaborato dal gruppo ha rappresentato fondamentale base di partenza del presente testo, sul quale hanno, poi, operato, con attente riletture e rimeditazioni, gli uffici tecnici dei predetti Ministeri con il contributo diretto dei rappresentanti politici espressamente delegati dai Ministri.
2. Il testo si articola in tre sezioni: nella prima sono trattati i temi concernenti le modifiche all'attuale sistema di protezione; nella seconda, le modifiche al trattamento sanzionatorio e penitenziario dei collaboratori; nella terza, sono trattati infine e in specie i temi relativi al coordinamento normativo e alla destinazione dei patrimoni dei collaboratori.
3. Il provvedimento é ispirato a tre idee-guida: quella della distinzione del momento premiale dal momento tutorio; quella della "selezione qualitativa" dei collaboratori; quella della assicurazione d'una piena trasparenza nella gestione processuale degli stessi.
Sotto il primo aspetto e tenendo espresso conto delle indicazioni contenute nella menzionata Relazione semestrale del Ministro dell'interno, si é cosí previsto che possono essere sottoposti alle misure speciali di protezione solo coloro che forniscono un contributo indispensabile relativamente ai procedimenti per delitti di mafia o di terrorismo.
A seconda che la collaborazione sia indispensabile solo per il procedimento o anche al fine della prevenzione della criminalità mafiosa o terroristica, possono essere adottate semplici misure di protezione o, all'in verso, un articolato e speciale programma di protezione.
In entrambi i casi, l'accesso alle misure o al programma di protezione é disposto (dalla commissione centrale già istituita presso il Ministero dell'interno) su proposta del procuratore della Repubblica o del Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza.
Se la proposta riguarda un soggetto che collabora su fatti di mafia con riferimento ai quali indagano piú uffici di procura, legittimato alla proposta é il procuratore della Repubblica competente d'intesa con il procuratore nazionale antimafia.
Se la proposta riguarda fatti di terrorismo o di eversione, legittimato a essa é sempre il procuratore della Repubblica; stavolta, peró, d'intesa con i procuratori generali interessati al coordinamento.
Il procuratore della Repubblica, d'intesa con le altre autorità giudiziarie sopra indicate, é chiamato comunque a dare il suo parere sulla proposta eventualmente formulata dal Capo della polizia.
Nei casi di particolare gravità, le misure di protezione possono essere provvisoriamente adottate dalla commissione centrale seguendo procedimenti semplificati (cosiddetto piano provvisorio di protezione).
Nei casi di eccezionale urgenza, l'adozione del piano provvisorio puó essere preceduta anche dall'applicazione, da parte del Capo della polizia, di misure di tutela rafforzate.
4. Le speciali misure di protezione possono essere revocate o modificate (anche tenendo conto della fase in cui il procedimento si trova), a seconda della gravità del pericolo cui restano esposti i soggetti a esse sottoposti ovvero a seconda che il collaboratore abbia o meno rispettato gli impegni assunti all'atto dell'inserimento nel sistema tutorio.
Rientrano tra le ipotesi di possibile revoca anche quelle connesse al compimento di reati indicativi del reinserimento nel circuito criminale, la rinuncia alla protezione, le condotte che rendono superfluo o eccessivamente gravoso il compito del servizio di protezione, il rifiuto di sottoporsi al contraddittorio processuale.
5. Al fine di sottolineare le esigenze di trasparenza nella gestione e protezione dei collaboratori, sono stati precisamente indicati i vari tipi di misure di protezione e si é specificato che solo il programma di protezione prevede una forma di assistenza continua e prolungata; laddove, invece, le misure di protezione diverse dal programma (e che, si ripete, dovrebbero riguardare la gran parte dei collaboratori) consistono in servizi di tutela temporanea per il collaboratore e i suoi conviventi. Si ricorda qui come solo ai conviventi stabili puó essere esteso o accordato il trattamento di protezione mentre da esso sono generalmente esclusi gli altri familiari salvo che non risultino esposti a specifiche situazioni di pericolo.
Si é precisato nel testo che le misure di assistenza economica vanno commisurate agli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, pur se l'ammontare dell'assegno di mantenimento puó essere integrato con provvedimento motivato di cui il Ministro dell'interno (sia pure con modalità che garantiscano la riservatezza del collaboratore) riferisce nella sua Relazione semestrale al Parlamento.
6. Uno degli aspetti piú qualificanti della disciplina sia tutoria che premiale é comunque rappresentato dalla scelta di consentire l'accesso ai benefici e alle misure di protezione soltanto alle collaborazioni indispensabili per il processo o per la prevenzione criminale. La indispensabilità é da qualificarsi tale in base all'ampiezza, attendibilità e novità della dichiarazione e si atteggia diversamente a seconda che riguardi solo il momento del procedimento penale o anche quello "investigativo" (pure di prevenzione), inteso per tale quello che attiene (secondo una formula ispirata alla già collaudata previsione dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410) alla individuazione strutturale delle organizzazioni criminali, alle loro articolazioni, ai loro obiettivi e loro collegamenti interni o internazionali.
Alla indispensabilità della collaborazione, devono peraltro accompagnarsi la sua "tempestività" e la sua "genuinità". A tale riguardo, sono state inserite nel disegno di legge specifiche disposizioni, precisando in particolare che:

a) non é consentita la detenzione extracarceraria se non nei casi in cui il giudice concede i benefici penitenziari o revoca i provvedimenti di custodia cautelare;
b) il collaboratore deve essere detenuto in apposite sezioni d'istituto secondo modalità trattamentali differenziate che rendano difficili condotte anche solo astrattamente leggibili come condotte di concertazione delle dichiarazioni o come preparazione delle stesse;
c) entro un certo periodo di tempo dall'inizio della collaborazione e al fine di fruire sia delle misure tutorie che dei benefici processuali e penitenziari, colui che rende dichiarazioni redige un apposito "verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione" nel quale deve indicare i fatti di maggiore gravità a sua conoscenza e i beni che rappresentano il provento o il reimpiego dell'attività illecita svolta.

7. Solo una collaborazione indispensabile, tempestiva e "genuina" puó dunque consentire l'accesso alle misure di protezione e la concessione di attenuanti o benefici penitenziari pure in deroga ai limiti consueti di pena. Anche rispetto a collaborazioni cosí qualificate si é peró ritenuto opportuno inserire altri "paletti" normativi e interpretativi che, attraverso il sistema dei reciproci controlli, permettano di evitare l'attribuzione di benefici o misure tutorie a soggetti non meritevoli.
Per questo motivo:

a) la diminuzione della pena prevista per l'attività di collaborazione va sempre commisurata alle caratteristiche di indispensabilità del contributo e tale indispensabilità deve risultare al giudice da piú dati e informazioni acquisite;
b) non bastano le sole dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie a far cessare le misure custodiali, ma, per revocare la custodia, occorre che emerga aliunde l'assenza attuale di collegamenti con la criminalità organizzata e che la collaborazione sia caratterizzata da piena attendibilità;
c) la fruizione dei benefici penitenziari compatibili con lo status di collaboratore (liberazione condizionale e detenzione domiciliare in specie) é possibile, salvo che ricorrano situazioni specifiche ed eccezionali, solo se il condannato ha espiato almeno un quarto della pena inflittagli o almeno dieci anni se si tratta di condannato all'ergastolo.

8. Con riferimento ai momenti piú tipicamente processuali, il testo non contiene una disposizione specifica che imponga al collaboratore di sottoporsi all'esame dibattimentale o all'interrogatorio. Sul punto, infatti, é già in stato di avanzato esame una proposta parlamentare.
Nel presente disegno di legge, si sottolinea invece come la violazione dell'obbligo di sottoporsi all'esame possa determinare la revoca delle misure di protezione, la revisione della sentenza che ha concesso le circostanze attenuanti, la revoca degli speciali benefici penitenziari.
9. Esigenze di "trasparenza" hanno indotto a inserire nel disegno di legge una previsione espressa in materia di acquisizione dei patrimoni dei collaboratori.
Sono recenti le polemiche circa un preteso lassismo dello Stato rispetto ai collaboratori di giustizia e il suo preteso disinteresse per le persone offese o danneggiate.
A tale riguardo, si é in presenza di una normativa non coerentemente definita.
I beni dei mafiosi pentiti già ora vanno confiscati e sequestrati sia nell'ambito degli speciali procedimenti di prevenzione sia nell'ambito di procedimenti penali. Per un singolare paradosso, peró, se i beni vengo no confiscati, per risarcire le vittime rimane solo la elargizione prevista dalla speciale legge 20 ottobre 1990, n. 302. Da qui la necessità di razionalizzare il sistema stabilendo che:

a) il sequestro o la confisca devono lasciare salvi i beni necessari a risarcimenti e alle restituzioni;
b) vanno destinati e gestiti, secondo le recenti disposizioni introdotte nella legge 31 maggio 1965, n. 575, dalla legge 7 marzo 1996, n. 109, non solo i beni confiscati a seguito di procedimenti di prevenzione, ma anche quelli confiscati a seguito di procedimento penale;
c) in conseguenza dell'ampliamento della "piattaforma del confiscabile", una quota dei beni puó essere destinata anche alla alimentazione dei fondi previsti per la protezione dei collaboratori e alla creazione (da demandarsi a successivo decreto) di un fondo di solidarietà operante sia nelle ipotesi in cui il collaboratore o il mafioso non possiede beni sui quali la persona offesa puó rivalersi sia per assicurare alle persone offese una efficace difesa processuale.

10. Particolare cura é stata nel contempo posta nel prevedere la possibilità di un reinserimento sociale sia del collaboratore e dei suoi familiari specie se minori sia di quei collaboratori che, senza dissociarsi da gruppi criminali, hanno reso dichiarazioni testimoniali solo per ragioni di sensibilità istituzionale e rispetto delle esigenze della collettività. A ció dovrà provvedere un apposito decreto interministeriale stabilendosi fin da ora, peró, che al collaboratore sia garantita la conservazione del posto di lavoro e sia assicurata la riservatezza nei luoghi ove é stato costretto a trasferirsi.
11. Non si é ritenuto necessario inserire una apposita norma transitoria relativa alle collaborazioni in atto.
É infatti già previsto che le speciali misure di protezione possano essere revocate o modificate a seguito di verifiche periodiche da parte della commissione centrale; mentre, per ció che attiene al profilo sanzionatorio, operano le disposizioni del codice penale in materia di successione delle leggi nel tempo.
Per ció che riguarda il trattamento penitenziario, appare infine applicabile il principio (si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 504 del 14 dicembre 1995 e n. 306 dell'8 luglio 1993) secondo il quale le modifiche apportate alle norme sui benefici penitenziari non si osservano nei confronti di chi ha goduto di tali benefici nella vigenza di previsioni piú favorevoli.
Resta naturalmente piena la disponibilità del Governo ad esaminare, su tale punto come sugli altri che fossero sottoposti alla sua attenzione (dal Parlamento, da organi istituzionali, da studiosi e da operatori del settore), ogni contributo di chiarificazione o di miglioramento di un sistema oggettivamente complesso e particolarmente articolato.

B) L'illustrazione delle singole disposizioni

Come si é detto nel precedente paragrafo il testo si articola in tre Sezioni: la prima riguarda le modifiche al sistema di protezione oggi vigente; la seconda, le modifiche di tipo sanzionatorio, processuale e penitenziario; la terza, le norme di mero coordinamento e quelle sostitutive di disposizioni del codice penale o di leggi speciali che si presentavano cosí disomogenee tra loro da non poter essere inserite, a differenza delle altre, nel decreto-legge n. 8 del 1991.
A seguito dell'opera di "novellazione", tale provvedimento legislativo (fino a oggi attinente solo alla protezione dei collaboratori e la cui intitolazione é stata conseguentemente sostituita dall'articolo 1 del disegno di legge) costituisce ora una sorta di "contenitore" delle disposizioni che piú specificamente e peculiarmente intervengono a disciplinare la materia dei collaboratori della giustizia.

L'articolo 2 del disegno di legge modifica, secondo gli auspici della citata Relazione semestrale del Ministro dell'interno, la formulazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 8 del 1991 restringendo l'area dei reati (ora solo quelli di mafia e di eversione) e dei soggetti (ora solo i collaboratori "indispensabili" e loro stabili conviventi salve situazioni specifiche) cui puó essere applicato il sistema di protezione.
Sottolinea poi che la condizione legittimante l'applicazione del sistema di protezione é la indispensabilità della condotta collaborativa rispetto alle indagini e al processo ovvero anche rispetto al momento di investigazione preventiva. Della collaborazione indispensabile, il comma 3 del nuovo articolo 9 del decreto-legge n. 8 del 1991 dà anche una definizione (richiamata poi anche in altre disposizioni del provvedimento) stabilendo, per un verso, che la indispensabilità deve essere valutata tenendo conto della novità, attendibilità e completezza della collaborazione, e, per altro verso, che essa puó essere tale sia rispetto al procedimento che rispetto a questo e alla investigazione preventiva, intendendosi per tale la collaborazione (si veda l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410) che consente di accertare le connotazioni, gli obiettivi, le dotazioni e i collegamenti delle organizzazioni mafiose od eversive. Solo la collaborazione indispensabile anche a fini preventivi permette l'accesso allo speciale programma di protezione (il cui contenuto é definito nel nuovo testo dell'articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991, al pari del contenuto delle speciali, ma "ordinarie" misure di protezione) e non alle semplici misure speciali (sulla sottolineatura delle differenze, si veda la citata Relazione del Ministro dell'interno, pagg. 71-74).
La norma introduce inoltre la distinzione tra misure di protezione e assistenza (applicabili a norma delle disposizioni del decreto-legge n. 8 del 1991) e misure di tutela, stabilendo che la possibilità di accedere alle misure di protezione discende dalla inadeguatezza di quelle di tutela e dalla concreta valutazione della situazione di esposizione al pericolo condotta tenendo conto in particolare dello spessore della collaborazione e delle caratteristiche di reazione localmente possedute dal gruppo criminale.

L'articolo 3 del disegno di legge modifica l'articolo 10 del decreto-legge n. 8 del 1991 abrogandone il comma 1 (che ora, pur se con diverse formulazione e finalità, compare nel novellato articolo 9, comma 1) ed il comma 3, modificandone formalmente il comma 2 e aggiungendo i commi da 2- bis a 2- quinquies.
In particolare, il nuovo comma 2- bis , pur stabilendo che la commissione centrale continua a essere composta da un Sottosegretario di Stato che la presiede, da due magistrati e cinque funzionari e ufficiali, sottolinea il favore per una distinzione fra chi "valuta amministrativamente la collaborazione" e chi di essa si avvale o puó avvalersi. Per una migliore (e da piú parti auspicata) distinzione fra organi dell'investigazione o del procedimento penale e organi della protezione il testo precisa infatti che i componenti della commissione (ovviamente diversi dal suo presidente che resta organo deputato all'indirizzo politico delle deliberazioni) vadano scelti preferibilmente fra soggetti che non si curano di investigazioni, indagini o giudizi relativi a coloro sulla cui protezione devono deliberare.
I commi 2- ter e 2- quater si limitano a recuperare i commi 5 e 6 dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 24 novembre 1994, n. 687, dando a essi quel rilievo che il loro contenuto merita specie per ció che riguarda la materia del segreto sugli atti della commissione o a questa pervenuti. Nel comma 2- quater si é precisato che, per i compiti di istruttoria, la commissione puó avvalersi (come talora accade nella prassi) anche del Servizio centrale di protezione: ció per consentire sia lo svolgimento piú agevole delle indagini tecniche sulla situazione di pericolo sia l'attuazione piú rapida del programma di protezione o anche delle speciali misure pur diverse da questo (si veda l'articolo 14 del decreto-legge n. 8 del 1991, nel testo modificato con il presente disegno di legge).
Il nuovo comma 2- quinquies prevede che i provvedimenti della commissione siano immediatamente esecutivi e non possano essere sospesi dai tribunali amministrativi.

L'articolo 4 riscrive il testo dell'articolo 11 del decreto-legge n. 8 del 1991 indicando i titolari del potere di proposta per l'ammissione alle misure di protezione.
Il potere di proposta continua a essere attribuito al procuratore della Repubblica (nella persona del capo dell'ufficio o del preposto alla direzione distrettuale antimafia) e al Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza previo parere del procuratore della Repubblica.
Si prevede che la proposta debba essere formulata d'intesa con il procuratore nazionale antimafia o con i procuratori generali presso le corti di appello interessati quando essa riguarda situazioni che presuppongono l'esistenza di un coordinamento investigativo fra varie condotte di collaborazione: coordinamento affidato a tali autorità giudiziarie dall'articolo 371- bis del codice di procedura penale e dall'articolo 118 -bis delle relative disposizioni di attuazione.
Le autorità proponenti possono richiedere il parere del procuratore nazionale o dei procuratori generali anche quando ritengono che essi possano essere in possesso di notizie utili per una piú compiuta deliberazione della commissione.
Quest'ultima, a sua volta, anche per il tramite del suo presidente resta titolare di un autonomo potere integrativo e puó comunque richiedere alle stesse autorità un motivato parere del quale, se si tratta di parere reso a ragione della pregressa violazione del principio generale della proposta "formulata d'intesa", il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali danno comunicazione al procuratore generale presso la Corte di cassazione.
Prima di formulare le loro valutazioni, sia il procuratore nazionale che i procuratori generali sono tenuti ad acquisire elementi informativi dagli altri procuratori interessati al contenuto delle dichiarazioni collaborative. Si tratta di una disposizione "conseguente" ai poteri di coordinamento spettanti alle autorità giudiziarie in questione, ma che si é ritenuto di enunciare specificamente per sottolineare la funzione di impulso autonomamente attribuita al procuratore nazionale antimafia e ai procuratori generali (comma 6).
I commi 7 e 8 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 8 del 1991, nel testo riformulato con l'articolo 4 del disegno di legge, chiariscono poi che nella proposta o nel parere devono essere specificamente indicate la situazione di pericolo, le caratteristiche della collaborazione e, in particolar modo, la sua indispensabilità per il procedimento o anche per le investigazioni.

L'articolo 5 modifica l'articolo 12 del decreto-legge n. 8 del 1991, che pure continua ad attenere al tema degli impegni che il collaboratore deve assumere prima di essere ammesso a fruire delle misure di protezione. La modifica di carattere sostanziale apportata alla precedente previsione é quella di cui alla nuova lettera b) del comma 2 che ora impone al collaboratore di non rifiutare di sottoporsi ad atti processuali e, nella sostanza, di consentire, come richiesto da piú parti (sul codice comportamentale del collaboratore, si veda la Relazione del Ministro dell'interno, pag. 97 e seguenti), un effettivo contraddittorio dibattimentale sulle dichiarazioni rese.
Alla violazione dell'impegno assunto conseguono sanzioni di vario tipo che vanno dalla possibilità di modifica o revoca delle misure di protezione (si veda l'articolo 13- quater del decreto-legge n. 8 del 1991, che si introduce con l'articolo 8 del presente disegno di legge), alla inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni sulla responsabilità a carico di altri (come previsto nel disegno di legge, atto Senato n. 1502, recante modifica dell'articolo 513 del codice di procedura penale), alla possibilità di revoca dei benefici sanzionatori e peniten ziari concessi a seguito della condotta di collaborazione (si vedano gli articoli 16- quinquies e 16- septies del decreto-legge n. 8 del 1991, anch'essi di nuova introduzione).
Significativa é la introduzione della previsione di cui al comma 2, lettera e) , che si collega all'obbligo del collaboratore di indicare nel "verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione" (di cui al nuovo articolo 16- bis) i beni di cui direttamente o indirettamente dispone e che, conseguentemente, nella norma in commento, gli impone di trasferirli all'erario, secondo le forme e le modalità che saranno meglio specificate nelle norme di attuazione previste dal nuovo articolo 17- bis .
Rimane invece sostanzialmente immutato il comma 3 dell'articolo 12. La circostanza é rilevante in materia penitenziaria perché consente di mantenere radicata nel giudice di sorveglianza di Roma la competenza a decidere sui benefici da concedere a chi é stato ammesso a speciali misure di protezione (si veda anche il già citato articolo 16- septies, comma 7).
Va qui sottolineato come la previsione in esame abbia finalità diverse dall'elezione di domicilio di cui all'articolo 13, comma 11, del decreto-legge n. 8 del 1991, nel nuovo testo di cui all'articolo 6 del presente disegno di legge, che é indipendente dall'applicazione del programma o delle misure di protezione e che non "modifica" la competenza del giudice di sorveglianza (atteso che l'elezione é dovuta a motivi di sicurezza ed é finalizzata solo a "notificazioni e comunicazioni").

L'articolo 6 del testo affronta (recependo i rilievi contenuti nella Relazione del Ministro dell'interno, pag. 70 e seguenti) alcuni dei temi piú importanti in materia di protezione e trattamento dei collaboratori, apportando al vigente articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991 modifiche significative.
Il nuovo articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991, infatti, definisce ora e anzitutto il contenuto delle misure e del programma di protezione disegnando solo quest'ultimo come "programma di vita" e le prime come destinate a sopperire solo a temporanee esigenze di riservatezza e sicurezza. Riaffermata la possibilità per il collaboratore sottoposto a programma di utilizzare temporaneamente documenti di copertura (comma 9), la norma chiarisce poi in cosa possa consistere l'assistenza economica al collaboratore e ne quantifica l'ammontare stabilendo che le deroghe eventuali siano specificamente motivate e attestate dal Ministro dell'interno nella sua Relazione semestrale al Parlamento (commi 6 e 7).
Nel nuovo articolo 13 scompare il comma 4 che stabiliva la possibilità (condivisa anche dal vigente articolo 13- bis di cui con il presente disegno di legge si prevede l'abrogazione) di far luogo, prima della definizione del programma o delle misure di protezione, a forme "premiali" di detenzione extracarceraria sovente contestate anche per la loro tendenziale irreversibilità (Relazione del Ministro dell'interno, pag. 92 e seguenti).
Si prevede invece, recuperando e ampliando le previsioni sui circuiti differenziati carcerari indicati nel citato decreto n. 687 del 1994, la possibilità per il collaboratore di essere custodito secondo modalità meno rigorose dell'ordinario (da definirsi con il decreto previsto dal nuovo articolo 17- bis, comma 2); inoltre, e si tratta di novità importante, si stabilisce anche che nella prima fase della collaborazione il soggetto che rende le dichiarazioni sia sottoposto a un regime di sorveglianza particolare in grado di evitare il purtroppo ripetuto insorgere di polemiche in ordine alla "asserita" concertazione delle dichiarazioni e alla temuta "compromissione" della genuinità delle stesse (commi 12 e 13).
Una speciale sottolineatura meritano le previsioni finalizzate al reinserimento sociale del collaboratore e alla tutela culturale, lavorativa e sociale sia dei minori sia di coloro che, dimostrando sensibilità civile e senso istituzionale, hanno reso dichiarazioni testimoniali su fatti di criminalità organizzata cosí esponendo a pericolo sé e le proprie famiglie (comma 8).
Altrettanta attenzione merita l'attribuzione alla commissione centrale di poteri istruttori specificamente e pressoché esclusivamente finalizzati alla individuazione delle misure piú idonee in rapporto alla situazione di pericolo. L'istruttoria della commissione non incide (se non indirettamente) sulle valutazioni relative allo spessore della collaborazione, cosí ribadendo quei concetti sulla distinzione dei ruoli fra i vari organi del procedimento altrove ricordati (con riferimento alle modifiche che si introducono negli articoli 10 e 11 del decreto-legge). In tale ottica si spiega anche il motivo per il quale la deliberazione della commissione non richiede piú la necessaria presenza di almeno un magistrato (si vedano i commi da 1 a 3 del nuovo articolo 13).
Il nuovo comma 1 disciplina le modalità di deliberazione delle misure da parte della commissione centrale e affronta il delicato tema delle misure urgenti, ritenute attualmente una sorta di "provvisorio, ma irreversibile" programma di protezione e, per ció stesso, una delle cause delle difficoltà di funzionamento dell'attuale sistema. Tenendo conto delle indicazioni fornite nella piú volte citata Relazione semestrale del Ministro dell'interno, la titolarità del potere di adottare misure urgenti é stata mantenuta al Capo della polizia solo per casi eccezionali e di limitata durata; il contenuto di tali misure é stato poi perimetrato quale mera forma di tutela rafforzata che non puó mai assumere le caratteristiche del programma di protezione. Le misure urgenti rafforzate possono essere adottate solo in pendenza di una richiesta alla commissione d'applicare un "piano provvisorio di protezione" e hanno effetto sino alla pronuncia sul punto della commissione medesima. A sua volta il "piano provvisorio" non puó durare oltre centottanta giorni (lo stesso tempo concesso all'autorità giudiziaria per la completa redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione) ed é deliberato senza formalità sulla scorta di una richiesta che si limita a illustrare lo stato di particolare pericolo e, quantomeno sommariamente, i contenuti della collaborazione. La "collegialità" della deliberazione e i limiti di durata delle misure bilanciano la minor pregnanza degli elementi necessari per ottenere il provvedimento provvisorio. Sul punto, peró, l'atteggiarsi delle prassi sarà di fondamentale rilievo (specie per ció che riguarda l'effettività dei "filtri" posti a "monte" dell'applicazione).

L'articolo 7 del testo abroga l'articolo 13- bis, che stabiliva la detenzione extracarceraria del condannato in attesa di definizione del programma di protezione, e l'articolo 13- ter , che stabiliva la possibilità per i condannati collaboratori di godere di benefici penitenziari al di là di ogni limite anche temporale.
La soppressione dell'articolo 13- bis risponde alla medesima logica della abrogazione dell'articolo 13, comma 4, già illustrata nel commento all'articolo 6 del disegno di legge, sostitutivo dell'articolo 13; la soppressione dell'articolo 13- ter , alla scelta di separare il momento della protezione dal momento premiale anche di tipo penitenziario e di collocare altrove (pur se con importanti modifiche) la relativa previsione (si veda il già citato articolo 16- septies , di nuova introduzione).

L'articolo 8 introduce nel decreto-legge n. 8 del 1991 un nuovo articolo 13- quater , che disciplina la modifica e la revoca delle misure di protezione prevedendo ipotesi di possibile revoca connesse in specie alla condotta di vita del collaboratore, al suo provato reinserimento criminale, alla inosservanza degli impegni assunti (commi 1 e 2).
Importante é il rilievo dato alla possibilità di revoca per "rifiuto di sottoporsi" ad atti processuali cosí come quello che sottolinea l'importanza che sulla situazione speciale di pericolo puó assumere la fase in cui si trova il processo nel quale le dichiarazioni collaborative sono state rese. Si é infatti previsto che la fase o il grado in cui il processo si trova debba rappresentare fatto valutabile per porre termine al programma o ancor piú alle altre misure di protezione. Il significato della previsione si coglie con chiarezza anche mediante il suo collegamento alla nuova formulazione dell'articolo 147- bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, che prevede un ampliamento delle ipotesi di videoconferenze per l'esame del collaboratore, sia per evitare oneri di traduzione sia per evitare la individuazione dei luoghi di protezione (vedi articolo 21 del disegno di legge). Per il resto, la disposizione riproduce sostanzialmente l'articolo 5 del citato decreto ministeriale n. 687 del 1994.

Anche nella sua nuova versione di cui all'articolo 9 del disegno di legge, l'articolo 14 del decreto-legge n. 8 del 1991 si limita a prevedere l'istituzione del Servizio centrale di protezione e i suoi compiti nella determinazione concreta delle speciali misure di protezione.
Precisa peró i rapporti tra Servizio centrale e autorità provinciali di pubblica sicurezza cui nella gran parte dei casi spetta l'attuazione delle misure speciali diverse dal programma di protezione. Importante é al riguardo la funzione di coordinamento rimessa al Capo della polizia specie con riferimento a tutti quei casi in cui il prefetto del luogo di residenza non é comunque (specie per ragioni di sicurezza) il soggetto piú adatto a provvedere.

Gli articoli 10 e 11 hanno rilievo meramente formale perché il primo sostituisce alla originaria delega alla introduzione di una disciplina sul cambiamento delle generalità, il richiamo al decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, che é stato introdotto per regolamentare la materia, mentre il secondo ribadisce l'obbligo del Ministro dell'interno di riferire semestralmente al Parlamento non solo sui "programmi di protezione" applicati, ma anche su tutte le misure di protezione, pur se diverse da quelle definite con "programma".

Nella Sezione seconda del disegno di legge sono inserite le disposizioni che attengono al tema della premialità e cioé al tema dei benefici di diritto penale sostanziale, processuale e penitenziario riservati a coloro che collaborano con la giustizia. Per sottolineare la diversità dei temi trattati, é stato inserito (vedi articolo 12) nel decreto-legge n. 8 del 1991 un nuovo Capo III, "Nuove norme per il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia".
Va naturalmente avvertito che le disposizioni in questione non esauriscono la tematica normativa poiché é apparso impossibile riunire in un solo testo legislativo tutte le previsioni che direttamente o indirettamente attengono alla materia e che sono sparse in vari provvedimenti (codice penale, codice di procedura penale, ordinamento penitenziario e numerose disposizioni speciali).
Nella Sezione II sono invece esposte le linee portanti della nuova disciplina: quelle che, come solitamente si dice, intendono tracciare un netto confine tra protezione e premialità e far discendere i benefici dalle condotte collaborative tenute, anziché, come ora accade, dalla intervenuta ammissione o meno del collaboratore alle misure speciali di protezione.
Per questo motivo, nelle disposizioni che seguono, il presupposto per godere del trattamento di favore é sempre rappresentato dalla "condotta di collaborazione tenuta" (riferita anche alla sua "graduazione di indispensabilità" e alla sua tempestività) e non dal sistema tutorio applicato al collaboratore.
Di particolare importanza, anche per i suoi riflessi sul momento tutorio, é, a tale riguardo, la previsione in tema di "verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione": atto di indagine del tutto nuovo e dalla cui redazione tempestiva discendono, come si vedrà, consistenti effetti sull'intera gamma delle previsioni normative che ci si appresta a illustrare.
É il nuovo articolo 16- bis che introduce appunto l'istituto processuale (tutelato da un regime di segretezza particolarmente rigoroso) del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione la cui redazione, avvenuta entro sei mesi dall'inizio della collaborazione oltreché con modalità e cautele significativamente garantite (vedi anche il nuovo articolo 13, comma 13), rappresenta presupposto per godere delle misure di protezione e dei benefici connessi alle condotte di dissociazione "attiva" (articolo 16- ter , comma 3, e articolo 16- septies , comma 2).
Il contenuto del verbale in questione é rappresentato, per un verso, dalla indicazione dei "fatti indimenticabili" di cui il collaboratore é a conoscenza e, per l'altro, dalla indicazione dei beni di cui lo stesso o il suo gruppo dispone come frutto o reimpiego delle pregresse attività illecite (comma 1).
In tal modo, si precostituisce la base dei beni sequestrabili e confiscabili (a norma specialmente dell'articolo 12- sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 357) da utilizzare per consentire i risarcimenti e l'"autoalimentazione" del Servizio di protezione e del Fondo di solidarietà (vedi articolo 20 del disegno di legge).
Al fine di evitare le cosidette dichiarazioni a rate si é previsto che il collaboratore debba espressamente attestare di aver inserito nel verbale informazioni processualmente utilizzabili (e cioé non desunte da mere voci correnti) sui fatti piú gravi e le situazioni patrimoniali piú significative (comma 4). Dal mancato tempestivo inserimento possono discendere effetti sul trattamento di favore di cui il collaboratore beneficia o ha beneficiato (vedi articolo 16- ter, comma 5, articolo 16- quinquies, comma 1, e articolo 16- septies, comma 6).
Gli articoli da 16- ter a 16- septies contengono le nuove previsioni in materia di trattamento premiale dei collaboratori. Tali disposizioni attuano il principio della separazione tra momento premiale e momento tutorio sottolineando anche l'autonomia delle determinazioni giudiziali da quelle amministrative.
Nella impossibilità di elaborare un vero e proprio "testo unico" si é proceduto a una integrazione normativa che, per le parti che qui interessano, si collega alle disposizioni sulle attenuanti della collaborazione di cui all'articolo 4 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15; all'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203; agli articoli 73 e 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e all'articolo 630 del codice penale (rispettivamente in tema di terrorismo, mafia, stupefacenti e sequestro di persona a scopo di estorsione).
Si é cosí stabilito (vedi articolo 16- ter ) che, per l'applicazione di tali attenuanti, il giudice puó acquisire dati sulla indispensabilità della collaborazione oltre che il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e che del loro contenuto deve tenere conto ai fini della commisurazione della pena e delle speciali diminuzioni. Particolare importanza assumono le previsioni secondo le quali il massimo della diminuzione puó essere concesso solo nel caso di indispensabilità della collaborazione a fini di prevenzione e che, nell'ipotesi di collaborazione tardiva (e cioé successiva alla redazione del verbale illustrativo), le attenuanti e l'attendibilità del collaboratore vanno valutate con specifico rigore.
L'articolo 16- quater fissa le modalità per il computo della pena a carico del collaboratore che ha fruito di piú attenuanti stabilendo i tetti di commutazione o diminuzione della pena.
L'articolo 16- quinquies stabilisce la possibilità di richiedere la revisione della condanna in caso di altri reati commessi dal collaboratore o di sue dichiarazioni false o reticenti prevedendo, in particolare, al com ma 5, la rinnovazione del giudizio nella ipotesi in cui la sentenza non é ancora divenuta irrevocabile.
L'articolo 16- sexies esclude che la condotta collaborativa, tenuta durante le indagini o il processo, possa da sola far cessare la custodia cautelare. Si é previsto in proposito un accertamento approfondito sulla effettiva cessazione delle esigenze cautelari proiettato, per un verso, sulla "genuinità" della collaborazione e sulla sua completezza e, per l'altro, sul venir meno dei contatti con la criminalità organizzata. Ai fini dell'accertamento sulla sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio si é fatto richiamo specifico, pur se incidentale, alla già avvenuta redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e alla accertata indispensabilità di questa.
Sotto l'aspetto del venir meno della pericolosità sociale, si é invece richiesta la esclusione di attuali collegamenti criminali.
L'articolo 16- septies proietta sul trattamento penitenziario la "filosofia" delle previsioni sanzionatorie appena illustrate e, recuperando in parte anche le disposizioni attualmente vigenti, di cui all'articolo 13- ter del decreto-legge n. 8 del 1991, consente la concessione di alcuni benefici penitenziari. É fissato un limite minimo di pena espiata (pari a un quarto della pena inflitta e a 10 anni se questa é rappresentata dall'ergastolo) decorso il quale il beneficio é concedibile. In casi eccezionali (che appaiono collegabili alle esigenze di lavoro, di studio, di reinserimento sociale, di condotta custodiale del condannato), il giudice di sorveglianza puó peraltro derogare alla previsione-base fissando limiti di pena meno afflittivi.
La scelta effettuata risponde alla necessità di non disincentivare le collaborazioni in atto e future, ma, nello stesso tempo, alla necessità di non vanificare il significato e la natura stessa della sanzione.
Essa é parsa scelta idonea a contemperare esigenze opposte egualmente meritevoli di considerazione: sul punto, fondamentale sarà comunque il contributo del dibattito parlamentare non potendosi disconoscere che si tratta di aspetto molto qualificante della nuova disciplina.
Va comunque sottolineata la diversità di questa da quella già prevista dall'articolo 58- ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni: norma di cui pure si preveda la modifica (articolo 17) stabilendo che il suo ambito di applicabilità sia ristretto ai "collaboratori non indispensabili" e consenta solo di non applicare loro gli aumenti di quota-pena fissati per chi é stato condannato per uno dei reati di cui all'articolo 4- bis della stessa legge n. 354 del 1975.
Prima di pervenire a un "abbattimento" dei limiti di cui al citato articolo 58- ter il giudice di sorveglianza deve comunque acquisire il parere o la proposta delle autorità giudiziarie piú idonee a valutare l'importanza del contributo collaborativo; addirittura, il giudice non puó derogare ai limiti temporali di cui all'articolo 58- ter della legge n. 354 del 1975 se non su parere favorevole di tali autorità.
É naturalmente prevista la possibilità di revoca, di modifica o di sospensione cautelativa dei benefici modellata secondo i principi già elaborati per la revisione delle sentenze che concedono le attenuanti della collaborazione e per il riesame delle misure speciali di protezione.

Nella Sezione III sono inserite alcune disposizioni a carattere finale e di coordinamento con previsioni già esistenti e modificate da quelle sin qui esposte.
L'articolo 13 del disegno di legge introduce nel decreto-legge n. 8 del 1991 la intitolazione di un Capo IV contenente disposizioni finali e transitorie, mentre l'articolo 14 apporta modifiche solo formali all'attuale articolo 17 sugli oneri finanziari.
Mentre l'articolo 16 e l'articolo 19 si limitano, rispettivamente, ad inserire apposite rubriche anche nelle disposizioni del decreto-legge n. 8 del 1991 non modificate dal presente provvedimento e ad abrogare i commi da 3 a 6 dell'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, ora riportati con qualche modifica nell'articolo 16- quinquies , l'articolo 15 rinvia (con l'introduzione nel decreto-legge n. 8 del 1991 di un nuovo articolo 17- bis) a norme regolamentari stabilendo in particolare:

a) che appositi decreti fissino il contenuto delle misure di protezione e le loro modalità di attuazione;
b) che altro decreto interministeriale precisi i presupposti e le modalità di applicazione ai collaboratori delle norme di ordinamento penitenziario in materia di "trattamento" murario e rieducativo;
c) che vengano disciplinate da regolamento sia le modalità per il versamento e il trasferimento dei beni e delle altre utilità di cui agli impegni assunti dal collaboratore (vedi articolo 12 del decreto-legge n. 8 del 1991) sia le modalità per la gestione e la destinazione degli stessi beni e delle stesse utilità.

Pur se con diversa e piú precisa formulazione, i decreti di cui alle precedenti lettere a) e b) altro non sono che quelli ora previsti dagli articoli 10, comma 3, e 13- ter , comma 4, del decreto-legge n. 8 del 1991: potendosi precisare che quelli di cui all'articolo 10, comma 3, continuano ad applicarsi nelle parti compatibili con le nuove previsioni del disegno di legge.

L'articolo 18 modifica, per le parti concernenti le misure di protezione, il diritto d'accesso secondo la "legge sulla trasparenza" (legge 7 agosto 1990, n. 241), mentre l'articolo 21 modifica l'articolo 147- bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale fissando il principio secondo il quale, in via generale, l'esame del collaboratore "protetto" si svolge sempre "a distanza". Si viene cosí incontro alle esigenze di celerità e di sicurezza già illustrate altrove regolamentando poi anche i colloqui riservati tra la persona sottoposta a esame e il suo difensore in aula di udienza.
La disciplina si armonizza con le nuove previsioni del disegno di legge governativo sulle cosiddette "videoconferenze" (atto Camera n. 1845) e con quelle del vigente decreto legislativo n. 119 del 1993, di cui si prevede contestualmente l'abrogazione perché divenute superflue.

L'articolo 20 del disegno di legge interviene sul tema dei patrimoni dei collaboratori di giustizia. Si tratta di un tema contrastato e la cui soluzione viene con il presente articolo rinvenuta nel sistema già vigente senza ad esso apportare modifiche che lo stravolgono. Alcune delle questioni recentemente sollevate in materia di protezione dei collaboratori sono infatti frutto di una non precisa valutazione della normativa esistente e dei suoi possibili spazi applicativi. Va infatti chiarito che, attualmente, quantomeno laddove si tratti di collaboratori per fatti di mafia, già esistono disposizioni che stabiliscono la confiscabilità dei loro beni sia mediante il ricorso alle procedure di prevenzione sia mediante il ricorso alla confisca dei patrimoni non giustificabili di cui all'articolo 12- sexies del citato decreto-legge n. 306 del 1992. Sicché si tratta soltanto di sottolineare nuovamente l'operatività della normativa precisando anche le modalità di gestione e destinazione dei beni confiscati. A questo ultimo proposito, la disposizione che si illustra estende ai casi di confisca conseguente a condanne le norme sulla gestione e la destinazione dei beni confiscati introdotta nel 1996 nel corpo della legge 31 marzo 1965, n. 575, ma operante solo a seguito di procedimento di prevenzione e non a seguito di confisca per condanna. La estensione é importante sia perché non riguarda solo i collaboratori ma tutti i mafiosi sia perché individua anche le modalità alternative di utilizzazione permettendo infine il risarcimento del danno e le restituzioni a favore delle persone offese: risarcimento e restituzioni che sono ora di fatto impossibili perché, essendo i patrimoni dei mafiosi confiscati e quindi devoluti allo Stato, non esistono beni sui quali le vittime della mafia possano rivalersi.
Da qui dunque le linee portanti delle nuove norme:

a) estensione dei casi di confisca obbligatoria in caso di condanne anche per i patrimoni dei condannati per terrorismo o eversione;
b) previsione che la confisca avvenga facendo peró salvi i diritti delle persone offese alle restituzioni e al risarcimento;
c) previsione che le modalità di gestione e destinazione dei beni confiscati a seguito di procedimento di prevenzione siano estese anche ai casi di confisca dei beni a seguito di condanna;
d) individuazione della possibilità che, oltre alle modalità di destinazione e gestione previste dalla legge n. 575 del 1965, sia consentita la destinazione dei beni confiscati anche ad alimentare i fondi per le misure di protezione dei collaboratori e quelli di un Fondo di solidarietà delle vittime della mafia che possa operare limitatamente ai casi in cui non siano possibili il risarcimento e le restituzioni secondo le forme consuete.

Il presente provvedimento non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e pertanto non viene predisposta la relazione tecnica prevista dalla legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni e integrazioni.





DISEGNO DI LEGGE



SEZIONE I
MODIFICHE ALLE NORME PER LA PROTEZIONE DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA


Art. 1.

1. Il titolo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é sostituito dal seguente: "Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia".

Art. 2.

1. L'articolo 9 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é sostituito dal seguente:

"Art. 9. - (Condizioni di applicabilità delle speciali misure di protezione). - 1. Alle persone che tengono le condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai commi 2 e 4 possono essere applicate, secondo le disposizioni del presente Capo, speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l'incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza.
2. Le speciali misure di protezione sono applicate quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate, dal Ministero di grazia e giustizia - Dipartimento dell'amministrazione peni tenziaria e risulta altresí che le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione aventi le caratteristiche indicate nel comma 3 e tenute relativamente a delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all'articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale.
3. Ai fini dell'applicazione delle speciali misure di protezione, assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale che, per la loro novità, attendibilità e completezza, risultano indispensabili per lo sviluppo delle indagini preliminari o ai fini del giudizio. Se la collaborazione o le dichiarazioni sono indispensabili anche per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi e beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristico-eversivo ovvero sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni, le speciali misure possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell'articolo 13, comma 5.
4. Le speciali misure di protezione possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonché, in presenza di specifiche situazioni che non possono comunque discendere dal semplice rapporto di convivenza, di parentela, di affinità o di coniugio, anche a coloro che risultano esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.
5. Nella determinazione delle situazioni di pericolo, si tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione é resa, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo é localmente in grado di valersi".

Art. 3.

1. L'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é cosí modificato:

a) é inserita la rubrica: "Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione";
b) il comma 1 é abrogato;
c) il comma 2 é sostituito dal seguente:

" 2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti i Ministri interessati, é istituita una commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione.";

d) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

" 2- bis. La commissione centrale é composta da un Sottosegretario di Stato che la presiede, da due magistrati e da cinque funzionari e ufficiali. I componenti della commissione diversi dal presidente sono preferibilmente scelti tra coloro che, pur avendo maturato precedenti e specifiche esperienze nel settore, non svolgono continuativamente attività di investigazione, di indagine preliminare o giudizio su fatti o procedimenti relativi alla criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo.
2- ter. Sono coperti dal segreto di ufficio, oltre alla proposta di cui all'articolo 11, tutti gli atti e i provvedimenti comunque pervenuti alla commissione centrale, gli atti e i provvedimenti della commissione stessa, salvi gli estratti essenziali e le attività svolte per la attuazione delle misure di protezione. Agli atti e ai provvedimenti della commissione, salvi gli estratti essenziali che devono essere comunicati a organi diversi da quelli preposti all'attuazione delle speciali misure di protezione, si applicano altresí le norme per la tenuta e la circolazione degli atti classificati, con classifica di se gretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.
2- quater. Per lo svolgimento dei compiti di segreteria e di istruttoria, la commissione centrale si avvale dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia. Per lo svolgimento dei compiti di istruttoria, la commissione puó avvalersi anche del Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14.
2- quinquies. Gli atti della commissione centrale sono immediatamente esecutivi e nei loro confronti non é ammessa la sospensione della esecuzione in sede giurisdizionale a norma dell'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.";

e) il comma 3 é abrogato.

Art. 4.

1. L'articolo 11 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é sostituito dal seguente:

"Art. 11. - (Proposta di ammissione). - 1. L'ammissione alle speciali misure di protezione, oltre che i contenuti e la durata di esse, sono di volta in volta deliberati dalla commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, su proposta formulata dal procuratore della Repubblica il cui ufficio procede o ha proceduto sui fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave e attuale pericolo. Allorché sui fatti procede o ha proceduto la Direzione distrettuale antimafia e a essa non é preposto il procuratore distrettuale, ma un suo delegato, la proposta é formulata da quest'ultimo.
2. Quando le dichiarazioni indicate nel comma 1 attengono a procedimenti per taluno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale, in relazione ai quali risulta che piú uffici del pubblico ministero procedono o potrebbero dover procedere a indagini collegate a norma dell'articolo 371 dello stesso codice, la proposta é formulata d'intesa con il procuratore nazionale antimafia. La proposta é formulata d'intesa con i procuratori generali presso le corti di appello interessati, a norma dell'articolo 118- bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, quando la situazione delineata nel periodo precedente riguarda procedimenti per delitti di terrorismo o di eversione.
3. La proposta puó essere formulata anche dal Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza previa acquisizione del parere del procuratore della Repubblica che, se ne ricorrono le condizioni, é formulato d'intesa con le altre autorità legittimate a norma del comma 2.
4. Quando non ricorrono le ipotesi indicate nel comma 2, l'autorità che formula la proposta puó comunque richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia e dei procuratori generali presso le corti di appello interessati allorché ritiene che le notizie, le informazioni e i dati attinenti alla criminalità organizzata di cui il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali dispongono per l'esercizio delle loro funzioni, a norma dell'articolo 371- bis del codice di procedura penale e del citato articolo 118- bis delle relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, possano essere utili per la deliberazione della commissione.
5. Anche per il tramite del suo presidente, la commissione centrale puó esercitare sia la facoltà indicata nel comma 4 sia quella di richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia o dei procuratori generali presso le corti di appello interessati quando ritiene che la proposta doveva essere formulata dal procuratore della Repubblica d'intesa con l'una o l'altra delle predette autorità giudiziarie e risulta che ció non é avvenuto. In tale ultima ipotesi e sempreché ritengano ricorrere le condizioni indicate nel comma 2, il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali, oltre a rendere il parere, danno comunicazione dei moti vi che hanno originato la richiesta al procuratore generale presso la Corte di cassazione.
6. Quando sono richiesti di formulare il proprio parere o di articolare il parere o la proposta d'intesa con il procuratore della Repubblica, il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali presso le corti di appello interessati possono acquisire copie di atti nonché notizie o informazioni dalle autorità giudiziarie che procedono o possono dover procedere a indagini o a giudizi connessi o collegati alle medesime condotte di collaborazione.
7. La proposta per l'ammissione alle speciali misure di protezione contiene le notizie e gli elementi utili alla valutazione sulla gravità e attualità del pericolo cui le persone indicate nell'articolo 9 sono o possono essere esposte per effetto della scelta di collaborare con la giustizia compiuta da chi ha reso le dichiarazioni. Nella proposta sono elencate le eventuali misure di tutela adottate o fatte adottare e sono evidenziati i motivi per i quali le stesse non appaiono adeguate.
8. La proposta del procuratore della Repubblica, ovvero il parere dello stesso procuratore quando la proposta é effettuata dal Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza, deve fare riferimento specifico alle caratteristiche di indispensabilità, a norma dell'articolo 9, comma 3, del contributo offerto dalle dichiarazioni".

Art. 5.

1. L'articolo 12 del decreto-legge 15 gennaio 1991 n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, é cosí modificato:

a) é inserita la rubrica: "Assunzione degli impegni";
b) nel comma 1, le parole: "avanzata proposta di ammissione allo speciale programma di protezione" sono sostituite dalle seguenti: "avanzata proposta di ammissione alle speciali misure di protezione";
c) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

" 2. Le speciali misure di protezione sono sottoscritte dagli interessati, i quali si impegnano personalmente a:

a) osservare le norme di sicurezza prescritte e collaborare attivamente all'esecuzione delle misure;
b) sottoporsi a interrogatori, a esame o ad altro atto di indagine ivi compreso quello che prevede la redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione;
c) adempiere agli obblighi previsti dalla legge e dalle obbligazioni contratte;
d) non rilasciare a soggetti diversi dalla autorità giudiziaria o dalle forze di polizia dichiarazioni concernenti fatti comunque di interesse per i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione;
e) versare il denaro e trasferire i beni e le altre utilità dei quali dispongono direttamente o indirettamente e che sono il frutto di attività illecite svolte o ne costituiscono il reimpiego.

3. All'atto della sottoscrizione delle speciali misure di protezione l'interessato elegge il proprio domicilio nel luogo in cui ha sede la commissione di cui all'articolo 10".

Art. 6.

1. L'articolo 13 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é sostituito dal seguente:

"Art. 13. - (Contenuti delle speciali misure di protezione e adozione di provvedimenti provvisori). - 1. Sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione, la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, delibera a maggioranza dei suoi componenti, purché siano presenti alla seduta almeno cinque di questi. In caso di parità prevale il voto del presidente. Quando risultano situazioni di particolare gravità e vi é richiesta dell'autorità legittimata a formulare la proposta la commissione delibera, anche senza formalità e comunque entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione dopo aver acquisito, ove necessario, informazioni dal Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 o per il tramite di esso. La richiesta contiene, oltre agli elementi di cui all'articolo 11, comma 7, la indicazione quantomeno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di collaborare e dei motivi per i quali la collaborazione é ritenuta indispensabile; specifica inoltre le circostanze da cui risultano la particolare gravità del pericolo e l'urgenza di provvedere. Il provvedimento con il quale la commissione delibera il piano provvisorio di protezione cessa di avere effetto se, decorsi centottanta giorni, l'autorità legittimata a formulare la proposta di cui all'articolo 11 non ha provveduto a trasmetterla e la commissione non ha deliberato sull'applicazione delle speciali misure di protezione osservando le ordinarie forme e modalità del procedimento. Il presidente della commissione puó disporre la prosecuzione del piano provvisorio di protezione per il tempo strettamente necessario a consentire l'esame della proposta da parte della commissione medesima. Quando sussistono situazioni di eccezionale urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della commissione e fino a che tale deliberazione non interviene, su motivata richiesta della competente autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza puó autorizzare detta autorità ad avvalersi degli specifici stanziamenti previsti dall'articolo 17 specificandone contenuti e destinazione. Nei casi in cui é applicato il piano provvisorio di protezione, il presidente della commissione puó disporre per l'acquisizione, da parte del Servizio centrale di protezione, di una relazione riguardante la idoneità dei soggetti a sottostare agli impegni indicati nell'articolo 12.
2. Per stabilire se sia necessario applicare taluna delle misure di protezione e, in caso positivo, per individuare quale di essa sia idonea in concreto, la commissione centrale puó acquisire specifiche e dettagliate indicazioni sulle misure di prevenzione o di tutela già adottate o adottabili dall'autorità di pubblica sicurezza, dall'Amministrazione penitenziaria o da altri organi nonché ogni ulteriore elemento eventualmente occorrente per definire la gravità e l'attualità del pericolo in relazione alle caratteristiche delle condotte di collaborazione.
3. Esclusivamente al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle speciali misure di protezione, la commissione centrale puó procedere anche all'audizione delle autorità che hanno formulato la proposta o il parere e di altri organi giudiziari, investigativi e di sicurezza; puó inoltre utilizzare gli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria alle autorità di pubblica sicurezza per finalità di prevenzione di delitti.
4. Il contenuto del piano provvisorio di protezione previsto dal comma 1 e delle speciali misure di protezione che la commissione puó applicare nei casi in cui non provvede mediante la definizione di uno speciale programma é stabilito nei decreti previsti dall'articolo 17- bis, comma 1. Il contenuto delle speciali misure di protezione puó essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguirsi a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall'adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonché dal ricorso, nel rispetto delle norme dell'ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.
5. Se, ricorrendone le condizioni, la commissione centrale delibera la applicazione delle misure di protezione mediante la defi nizione di uno speciale programma, questo é formulato secondo criteri che tengono specifico conto delle situazioni concretamente prospettate e puó comprendere, oltre alle misure richiamate nel comma 4, il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore e delle altre persone sottoposte a protezione oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie.
6. Le misure di assistenza economica indicate nel comma 5 comprendono, in specie, sempreché a tutte o ad alcune non possa direttamente provvedere il soggetto sottoposto al programma di protezione, la sistemazione alloggiativa e le spese per i trasferimenti, le spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie, l'assistenza legale e l'assegno di mantenimento nel caso di impossibilità di svolgere attività lavorativa. La misura dell'assegno di mantenimento e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacità lavorativa é definita annualmente dalla commissione centrale tenuto conto delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevate dall'ISTAT. L'assegno di mantenimento puó essere integrato dalla commissione con provvedimento motivato solo quando ricorrano speciali esigenze di tutela del soggetto sottoposto al programma di protezione, eventualmente sentiti l'autorità che ha formulato la proposta, il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali interessati a norma dell'articolo 11.
7. Nella relazione prevista dall'articolo 16, il Ministro dell'interno indica l'ammontare complessivo delle spese sostenute nel semestre per l'assistenza economica dei soggetti sottoposti a programma di protezione e, garantendo la riservatezza dei sin goli soggetti interessati, specifica anche l'ammontare delle integrazioni dell'assegno di mantenimento eventualmente intervenute e le esigenze che le hanno motivate.
8. Ai fini del reinserimento sociale dei collaboratori e delle altre persone sottoposte a protezione, é garantita la conservazione del posto di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo le forme e le modalità che, assicurando la riservatezza dell'interessato, sono specificate in apposito decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati. Analogamente si provvede per la definizione di specifiche misure di assistenza e di reinserimento sociale destinate ai minori compresi nelle speciali misure di protezione e ai collaboratori che risultino estranei a gruppi criminali o che assumano, rispetto al fatto ovvero a fatti connessi o collegati, esclusivamente la qualità di persona offesa, testimone o persona informata sui fatti.
9. Al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione a norma del comma 5 e che non sono detenute o internate é consentita l'utilizzazione di un documento di copertura.
10. L'autorizzazione al rilascio del documento di copertura indicato nel comma 9 é data dal Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 il quale chiede alle autorità competenti al rilascio, che non possono opporre rifiuto, di predisporre il documento e di procedere alle registrazioni previste dalla legge e agli ulteriori adempimenti eventualmente necessari. Si applicano le previsioni in tema di esonero da responsabilità di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119. Presso il Servizio centrale di protezione é tenuto un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento.
11. Quando ricorrono particolari motivi di sicurezza, il procuratore della Repubblica o il giudice possono autorizzare il soggetto interrogato o esaminato a eleggere domici lio presso persona di fiducia o presso un ufficio di polizia, ai fini delle necessarie comunicazioni o notificazioni.
12. Quando la proposta o la richiesta per l'ammissione a speciali forme di protezione é formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria provvede ad assegnare i soggetti medesimi a istituti o sezioni di istituto che garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza. Allo stesso modo il Dipartimento provvede in vista della formulazione della proposta e su richiesta del procuratore della Repubblica che ha raccolto o si appresta a raccogliere le dichiarazioni di collaborazione o il verbale illustrativo del contenuto della collaborazione previsto dall'articolo 16- bis.
13. Nei casi indicati nel comma 12, la custodia é assicurata garantendo la riservatezza dell'interessato anche con le specifiche modalità di cui al decreto previsto dall'articolo 17- bis, comma 2, e curando che, durante la redazione dei verbali e comunque almeno fino alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la persona che rende le dichiarazioni non sia ammessa, salvo che per finalità connesse a esigenze di protezione, ad avere corrispondenza epistolare, telegrafica o telefonica né i colloqui investigativi di cui all'articolo 18- bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e che, anche mediante la previsione del divieto di incontrare persone che già risultano collaborare con la giustizia, sia viceversa sottoposta a misure, specie organizzative, di trattamento penitenziario dirette ad assicurare che la genuinità delle dichiarazioni non possa essere compromessa.

Art. 7.

1. Gli articoli 13- bis e 13- ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 8.

1. Prima dell'articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é inserito il seguente:

"Art. 13- quater. - (Revoca e modifica delle speciali misure di protezione). - 1. Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all'attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge.
2. Costituiscono, in specie, fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, la inosservanza degli impegni assunti a norma dell'articolo 12, la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale ovvero del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, la rinuncia espressa alle misure, il rifiuto di accettare l'offerta di adeguate opportunità di lavoro o di impresa, il ritorno non autorizzato nei luoghi dai quali si é stati trasferiti, nonché ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione della identità assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate. Nella valutazione ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene particolare conto del tempo trascorso dall'inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese.
3. Nel provvedimento con il quale ammette il soggetto alle speciali misure di protezione, la commissione indica il termine, non superiore a cinque anni e non inferiore a sei mesi, entro il quale deve comunque procedersi alle verifiche sulla modifica o sulla revoca. Se il termine non é indicato, esso é di un anno dalla data del provvedimento.
4. La commissione é comunque tenuta alle verifiche indicate nel comma 3 ogni volta che ne faccia motivata richiesta l'autorità che ha formulato la proposta.
5. La modifica o la revoca delle speciali misure di protezione non produce effetti sulla applicabilità delle disposizioni dell'articolo 147- bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271".

Art. 9.

1. L'articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n.82, é cosí modificato:

a) é inserita la rubrica: "Servizio centrale di protezione";
b) il comma 1 é sostituito dal seguente:
" 1. Alla attuazione e alla specificazione delle modalità esecutive del programma speciale di protezione deliberato dalla commissione centrale provvede il Servizio centrale di protezione istituito nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, che ne stabilisce la dotazione di personale e di mezzi, anche in deroga alle norme vigenti, sentite le amministrazioni interessate. Il Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza coordina i rapporti tra prefetti e tra autorità di sicurezza nell'attuazione degli altri tipi di speciali misure di protezione, indicate nei decreti di cui all'articolo 17- bis , comma 1, la cui determinazione spetta al prefetto del luogo di residenza di chi presta la collaborazione, anche mediante impieghi finanziari non ordinari autorizzati, a norma dell'articolo 17, dallo stesso Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza.";

c) il comma 2 é abrogato.

Art. 10.

1. L'articolo 15 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, é sostituito dal seguente:

"Art. 15. - ( Cambiamento delle generalità. Rinvio). - 1. Nell'ambito dello speciale programma di protezione puó essere autorizzato, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, il cambiamento delle generalità, garantendone la riservatezza anche in atti della pubblica amministrazione.
2. All'attuazione del disposto del comma 1 si provvede a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni".

Art. 11.

1. L'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é cosí modificato:

a) é inserita la rubrica: "Relazione del Ministro dell'interno";
b) nel comma 1, le parole: "sui programmi" sono sostituite dalle seguenti: "sulle misure speciali".

SEZIONE II

NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA

Art. 12.

1. Dopo l'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991 , n. 8, convertito, con mo dificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é inserito il seguente Capo:

"CAPO III. - NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA

Art. 16- bis . - (Verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione). - 1. Le speciali misure di protezione di cui al Capo II, le circostanze attenuanti e i benefici penitenziari connessi a condotte di collaborazione previsti dal codice penale o da disposizioni speciali e disciplinati nel presente decreto o nella legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, possono essere concessi solo a coloro che, non oltre centottanta giorni dal momento in cui hanno manifestato la volontà di collaborare, rendono al procuratore della Repubblica notizie utili alla ricostruzione dei fatti di maggiore gravità e allarme sociale di cui sono a conoscenza oltre che alla individuazione e alla cattura dei loro autori e, sempre con riferimento a dati di cui possono risultare a conoscenza, le informazioni necessarie perché possa procedersi alla individuazione, al trasferimento, al sequestro e alla confisca del denaro, dei beni e di ogni altra utilità dei quali essi stessi, o se si tratta di persona appartenente a un gruppo criminale anche i suoi componenti, dispongono direttamente o indirettamente e che sono il frutto di attività illecite svolte o ne costituiscono il reimpiego.
2. Le informazioni di cui al comma 1 relative alla individuazione del denaro, dei beni e delle altre utilità non sono richieste quando la volontà di collaborare é stata manifestata da una persona che risulta estranea a gruppi criminali e assume, rispetto al fatto ovvero rispetto ai fatti connessi o collegati, esclusivamente la qualità di persona offesa, testimone o persona informata sui fatti.
3. Le dichiarazioni rese nei commi 1 e 2 sono documentate in un verbale denominato "verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione", redatto secondo le modalità previste dall'articolo 141- bis del codice di procedura penale, che é inserito nel fascicolo previsto dall'articolo 416, comma 2, dello stesso codice e che, per i fatti concernenti la responsabilità di altri, é coperto dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare nonché, se si procede al dibattimento, fino alla sentenza in grado di appello salvo che per le parti utilizzate per la contestazione, delle quali é, da tale momento, consentita la pubblicazione.
4. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la persona che rende le dichiarazioni attesta, fra l'altro, di non essere in possesso di notizie e informazioni processualmente utilizzabili su altri fatti o situazioni, anche non connessi o collegati a quelli riferiti, di particolare gravità o comunque tali da evidenziare la pericolosità sociale di singoli soggetti o di gruppi criminali.
5. Per notizie e informazioni processualmente utilizzabili si intendono quelle che, a norma dell'articolo 194 del codice di procedura penale, possono costituire oggetto della testimonianza. Da esse, in particolare, sono quindi escluse le notizie e le informazioni che il soggetto ha desunto da voci correnti o da situazioni a queste assimilabili.

Art. 16- ter . - (Attenuanti in caso di collaborazione). - 1. Quando é richiesto di applicare le circostanze attenuanti che il codice penale e le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione prestata in procedimenti penali per delitti di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale o per taluno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale, il giudice, anche di ufficio, acquisisce dai procuratori generali interessati a norma dell'articolo 11 del presente decreto o dal procuratore nazionale antimafia o per il tramite di essi le copie degli atti, i dati e le informazioni necessari per stabilire quale sia stato il contenuto della collaborazione prestata e se essa, avuto riguardo alla am piezza, novità e attendibilità delle dichiarazioni rese, valutate anche tenuto conto dello stato delle conoscenze sulle caratteristiche del gruppo criminale cui si riferiscono, siano da considerarsi o siano state considerate indispensabili per lo sviluppo delle indagini su fatti anche diversi da quelli per i quali si procede e per le attività di investigazione attinenti alla criminalità di tipo mafioso o terroristico-eversivo indicate nell'articolo 9, comma 3, del presente decreto.
2. Nei casi indicati nel comma 1, il giudice puó, fra l'altro, acquisire il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione di cui all'articolo 16- bis, limitatamente alle parti di esso che concernono le responsabilità degli imputati del procedimento o che non sono coperte da segreto secondo quanto stabilito dal medesimo articolo 16- bis . L'acquisizione non parziale dell'atto é consentita solo quando essa non ostacola le indagini riguardanti altri fatti o altre persone.
3. Del contenuto degli atti acquisiti a norma dei commi 1 e 2 e di ogni altro atto acquisito al procedimento, il giudice tiene conto ai fini della determinazione della pena anche con riferimento ai limiti della diminuzione da applicare per effetto delle eventuali attenuanti in materia di condotte di collaborazione. I limiti della diminuzione da applicare sono stabiliti avendo riguardo alla indispensabilità della collaborazione e possono essere quelli massimi solo se la collaborazione risulta essere stata indispensabile anche per le attività di investigazione indicate nell'articolo 9, comma 3.
4. Gli atti indicati nei commi 1 e 2 possono essere acquisiti anche quando si deve procedere all'interrogatorio o all'esame del collaboratore quale testimone o persona imputata in un procedimento connesso.
5. Quando, a norma dei commi 2 e 4, é stato acquisito il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione o il suo estratto ed esso non contiene riferimenti al fatto per cui si procede ovvero, pur dopo l'interrogatorio o l'esame, sussiste difformità rispetto alle dichiarazioni che sul fatto medesimo sono contenute nel verbale illustrativo o nel suo estratto, il giudice, se ritiene di dover comunque tenere conto della collaborazione, indica i motivi per i quali la indispensabilità di questa non é venuta meno e precisa gli elementi dai quali risulta che non ne é stata compromessa la genuinità.

Art. 16- quater . - (Concorso di pene). - 1. Quando contro la stessa persona sono state pronunciate piú sentenze di condanna per reati diversi, per ciascuno dei quali sono state applicate le circostanze attenuanti che il codice penale o le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione prestata in procedimenti penali, non si applica l'articolo 80 del codice penale e la pena complessiva da espiare si determina aggiungendo alla pena piú grave una pena pari alla quinta parte di ciascuna delle pene inflitte per gli altri reati fino a un massimo complessivo di ventidue anni e sei mesi per la reclusione e di quattro anni per l'arresto. Alla pena dell'ergastolo é sostituita quella della reclusione per anni trenta.
2. Per le pene accessorie si applica l'articolo 79 del codice penale.
3. Se le condanne sono state pronunciate da giudici diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato la condanna piú grave o, in casi di pari gravità, presso il giudice che ha pronunciato l'ultima condanna.
4. Il provvedimento del pubblico ministero é notificato al condannato e al suo difensore.
5. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale in materia di procedimento di esecuzione.

Art. 16- quinquies . - (Revisione delle sentenze). - 1. É ammessa la revisione della sentenza quando le circostanze attenuanti che il codice penale o le disposizioni speciali prevedono in materia di condotte di collaborazione sono applicate per effetto di false o reticenti dichiarazioni anche se contenute nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e anche se concernenti la individuazione del denaro, dei beni e delle altre utilità dei quali chi le ha rese dispone direttamente o indirettamente e che sono il frutto di attività illecite svolte o ne costituiscono il reimpiego. La revisione é inoltre ammessa quando chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti commette un delitto per il quale l'arresto in flagranza é obbligatorio e che é indicativo del reinserimento del soggetto nel circuito criminale.
2. La revisione puó essere chiesta dal procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto la sentenza é stata pronunciata, di ufficio o su richiesta e comunque dopo avere acquisito il parere del procuratore nazionale antimafia o dei procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell'articolo 11.
3. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena.
4. Nel caso del giudizio di revisione il giudice, su richiesta del pubblico ministero, puó disporre la sospensione di taluna delle misure indicate nell'articolo 16- septies , comma 1, e l'applicazione delle misure cautelari previste dalla legge.
5. Quando le situazioni indicate nel comma 1 emergono prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, gli atti vengono trasmessi al pubblico ministero presso il giudice di primo grado, per la rinnovazione del giudizio.
6. Le pene previste per il reato di calunnia sono aumentate da un terzo alla metà quando risulta che il colpevole ha commesso il fatto allo scopo di usufruire delle circostanze attenuanti o dei benefici penitenziari o delle misure di tutela o speciali di protezione previsti dalla legge. L'aumento é dalla metà a due terzi se uno dei benefici e stato conseguito.

Art. 16- sexies . - (Revoca o sostituzione della custodia cautelare per effetto della collaborazione). - 1. La misura della custodia cautelare non puó essere revocata o sostituita con altra misura meno grave per il solo fatto che la persona nei cui confronti é stata disposta tiene o ha tenuto taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali. In tali casi, alla revoca o alla sostituzione puó procedersi solo se, nell'ambito degli accertamenti condotti in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice che procede, sentiti il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali presso le corti di appello interessati, non ha acquisito elementi dai quali desumere l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo e, inoltre, anche tenendo conto dei dati e delle informazioni risultanti dal verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e di eventuali altri dati acquisiti, ha stabilito che la collaborazione ha il requisito della indispensabilità valutata con riferimento ai criteri di cui all'articolo 9, comma 3, e che il collaboratore, ove soggetto a speciali misure di protezione, ha rispettato gli impegni assunti a norma dell'articolo 12.

Art. 16- septies - (Benefici penitenziari). - 1. Nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3- bis, del codice di procedura penale, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l'ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall'articolo 47- ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell'articolo 11 del presente decreto o il procuratore nazionale antimafia.
2. Nella proposta o nel parere, i procuratori generali o il procuratore nazionale antimafia forniscono ogni utile informazione sulle caratteristiche della collaborazione prestata indicando specificamente i motivi per i quali essa é o é stata indispensabile a norma dell'articolo 9, comma 3, per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero anche per le attività di investigazione attinenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico - eversivo. Su richiesta del tribunale o del magistrato di sorveglianza, allegano alla proposta o al parere copia del verbale riassuntivo dei contenuti della collaborazione e, se si tratta di persona sottoposta a speciali misure di protezione, il relativo provvedimento di applicazione.
3. La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre la valutazione della condotta e della pericolosità sociale dell'interessato e precisano in specie se questi si é mai rifiutato di sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi rilevanti ai fini dell'accertamento del ravvedimento anche con riferimento alla attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata.
4. Acquisita la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che la collaborazione sia stata indispensabile e che vi sia la prova del ravvedimento, adotta il provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all'articolo 176 del codice penale e agli articoli 30- ter e 47- ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Il provvedimento é specificamente motivato nei casi in cui le autorità indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso parere sfavorevole. I provvedimenti che derogano ai limiti di pena possono essere adottati solo su proposta o parere favorevo le delle autorità predette e, salvo che non si tratti di permessi premio, ovvero non ricorrano situazioni specifiche ed eccezionali, solo dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni di pena.
5. Le modalità di attuazione dei provvedimenti indicati nel comma 4 sono stabilite sentiti gli organi che provvedono alla tutela o alla protezione dei soggetti interessati e possono essere tali organi a provvedere alle notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle disposizioni del tribunale o del magistrato di sorveglianza.
6. La modifica o la revoca dei provvedimenti é disposta d'ufficio ovvero su proposta o parere delle autorità indicate nel comma 2. Nei casi di urgenza, il magistrato di sorveglianza puó disporre con decreto motivato la sospensione cautelativa dei provvedimenti. La sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di provvedimento di competenza del tribunale di sorveglianza, questo non interviene entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti. Ai fini della modifica, della revoca o della sospensione cautelativa dei provvedimenti assumono specifico rilievo quelle condotte tenute dal soggetto interessato che, a norma degli articoli 13- quater e 16- quinquies , possono comportare la modifica o la revoca delle speciali misure di protezione ovvero la revisione delle sentenze che hanno concesso taluna delle attenuanti in materia di collaborazione.
7. Quando i provvedimenti di liberazione condizionale, di assegnazione al lavoro all'esterno, di concessione dei permessi premio e di ammissione a taluna delle misure alternative alla detenzione previste dal titolo I, Capo VI, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono adottati nei confronti di persona sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui la persona medesima ha eletto il domicilio a norma dell'articolo 12, comma 3, del presente decreto".

SEZIONE III
DISPOSIZIONI FINALI, TRANSITORIE E DI COORDINAMENTO



Art. 13.

1. Prima dell'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é inserita la seguente rubrica: "CAPO IV. - DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE".

Art. 14.

1. All'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) é inserita la rubrica: "Oneri finanziari";
b) nei commi 1 e 4, le parole: "presente capo" sono sostituite dalle seguenti: "Capo II".

Art. 15.

1. Dopo l'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, é inserito il seguente:

"Art. 17- bis. - (Previsione di norme di attuazione). - 1. Con uno o piú decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica e la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, sono precisati i contenuti e le modalità di attuazione delle speciali misure di protezione definite e applicate anche in via provvisoria dalla commissione nonché i criteri che la medesima applica nelle fasi di istruttoria, formulazione e attuazione delle misure predette. Non si osservano le disposizioni dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
2. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, emanato di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i presupposti e le modalità di applicazione delle norme sul trattamento penitenziario, previste dal titolo I della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e dal titolo I del relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, e successive modificazioni, alle persone ammesse alle misure speciali di protezione e a quelle che risultano tenere o aver tenuto condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali.
3. Con decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro, di grazia e giustizia e della difesa, sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, norme regolamentari per disciplinare le modalità per il versamento e il trasferimento del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui all'impegno assunto dal collaboratore a norma dell'articolo 12, comma 2, lettera e) , del presente decreto. Sono altresí adottate, ai sensi del medesimo articolo 17 della legge n. 400 del 1988, norme regolamentari per disciplinare, secondo le previsioni dell'articolo 12- sexies , commi 4- bis e 4- ter , del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, le modalità di destinazione del denaro, nonché di vendita e destinazione dei beni e delle altre utilità.
4. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 8 dell'articolo 13 e ai commi 2 e 3 del presente articolo entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento puó comunque essere adottato".

2. Fino alla emanazione dei decreti previsti dall'articolo 17- bis , comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dal comma 1 del presente articolo, continuano a osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni dei decreti già emanati a norma dell'articolo 10 del medesimo decreto-legge n. 8 del 1991, nel testo previgente alla presente legge, per stabilire le misure di protezione e di assistenza a favore delle persone ammesse allo speciale programma di protezione nonché i criteri di formulazione e le modalità di attuazione del programma medesimo.

Art. 16.

1. Negli articoli da 1 a 4 e da 6 a 8, nonché nell'articolo 18 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono inserite, rispettivamente, le seguenti rubriche:

a) articolo 1: "Sequestro dei beni utilizzabili per far conseguire il prezzo del riscatto";
b) articolo 2: "Nullità dei contratti di assicurazione";
c) articolo 3: "Omessa denuncia";
d) articolo 4: "Comunicazioni al Governatore della Banca d'ltalia";
e) articolo 6: "Attenuante speciale in caso di collaborazione";
f) articolo 7: "Disposizioni processuali";
g) articolo 8: "Nuclei di polizia interforze";
h) articolo 18: "Entrata in vigore".

Art. 17.

1. Nell'articolo 58- ter , comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: "Le disposizioni del comma" sono sostituite dalle seguenti: "I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma".

Art. 18.

1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 2 dell'articolo 13, dopo la parola: "regolano" sono aggiunte le seguenti: ", nonché ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni";
b) nel comma 1 dell'articolo 24, dopo le parole: "n. 801," sono inserite le seguenti: "per quelli relativi ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni.".

Art. 19.

1. I commi da 3 a 6 dell'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sono abrogati.

Art. 20.

1. L'articolo 12- sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, é cosí modificato:

a) nel comma 1 é aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Le disposizioni indicate nel periodo precedente si applicano anche in caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale.";
b) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:

" 4- bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.
4- ter. Con separati decreti, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati, stabilisce anche la quota dei beni sequestrati e confiscati a norma del presente decreto da destinarsi per l'attuazione delle speciali misure di protezione previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e per le elargizioni previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Nei decreti il Ministro stabilisce anche che, a favore delle vittime, possa essere costituito un Fondo di solidarietà per le ipotesi in cui la persona offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in parte le restituzioni o il risarcimento dei danni conseguenti al reato.
4- quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 4- ter entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento puó comunque essere adottato".

Art. 21.

1. L'articolo 147- bis delle norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, é cosí modificato:

a) il comma 1 é sostituito dal seguente:

" 1. Nei confronti delle persone sottoposte a speciali misure di protezione anche di tipo urgente o provvisorio, l'esame si svolge a distanza secondo modalità tali da assicurare la contestuale visibilità delle persone presenti nel luogo ove la persona sottoposta all'esame si trova. In tal caso, un ufficiale di polizia giudiziaria designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal presidente, e scelto tra coloro che non svolgono o hanno svolto attività di investigazione con riferimento alla persona sottoposta a esame o ai fatti da essa riferiti, é presente sul luogo dove si trova tale persona e ne attesta l'identità dando atto delle cautele adottate per assicurare la genuinità dell'esame. Quando non sono disponibili strumenti tecnici idonei a consentire il collegamento audiovisivo ovvero occorre procedere a ricognizione o ad altro atto per l'assunzione del quale é necessaria l'osservazione diretta del corpo della persona, il giudice o, in caso di urgenza, il presidente dispone anche d'ufficio che l'atto si svolga con la necessaria cautela volta alla tutela della persona sottoposta a speciali misure di protezione.";

b) dopo il comma 1 é inserito il seguente:

" 1- bis. Quando si procede all'esame di persona nei confronti della quale é stato emesso il decreto di cambiamento delle generalità di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, il giudice o il presidente, oltre a provvedere secondo le modalità indicate nel comma 1 del presente articolo, si uniforma a quanto previsto dall'articolo 6, comma 6, del medesimo decreto legislativo e dispone le cautele idonee a evitare che il volto della persona sia visibile. Se occorre procedere a ricognizione ovvero ad altro atto che implica l'osservazione del corpo della persona, il giudice, ove lo ritenga indispensabile, ne autorizza o ordina la citazione o ne dispone l'accompagnamento coattivo per il tempo necessario al compimento dell'atto. Durante tutto il tempo in cui la persona é presente nell'aula di udienza, il dibattimento si svolge a porte chiuse a norma del comma 2 dell'articolo 473 del codice. Se l'atto da assumere non ne rende necessarie l'osservazione, il giudice dispone le cautele idonee a evitare che il volto della persona sia visibile.";

c) dopo il comma 2 é aggiunto il seguente:

" 2- bis. Il difensore della persona il cui esame si svolge a distanza é presente nell'aula di udienza e gli é assicurata la possibilità di consultarsi riservatamente con essa per mezzo di strumenti tecnici idonei".

2. All'articolo 6 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, i commi 8 e 9 sono abrogati.