Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00628

Atto n. 4-00628

Pubblicato il 3 ottobre 2006
Seduta n. 43

MALABARBA - Al Ministro della salute. -

Premesso che:

la signora Giuseppa Iannelli, nata a San Mauro La Bruca (Salerno) il 29 novembre 1950, residente a Turbigo (Milano) in via Doria 1, ha presentato ricorso amministrativo contro la revoca dell'ammissione all'inabilità (ai sensi dell'art. 130 del decreto-legge 31 marzo 1998, n. 112), stabilita dalla Azienda sanitaria locale (ASL) n. 1 di Passarina di Rho (Milano), pratica n. 304370, determinazione n. 14037 del 2 agosto 2002, notificata alla ricorrente medesima e infondata, illegittima e, comunque, nulla per i motivi che seguono:

a seguito di un incidente con il ciclomotore la ricorrente Giuseppa Iannelli è divenuta inabile;

ha presentato domanda all'INPS e all'ASL per vedersi riconosciuta l'inabilità;

chiamata a visita dai due enti è stata dichiarata inabile e non invalida dall'INPS, mentre dall'ASL veniva riconosciuta invalida all'80 per cento;

ha presentato ricorso al tribunale del lavoro che, svolte le dovute indagini peritali, l'ha riconosciuta inabile totale al 100 per cento;

la Corte d'Appello di Milano respingeva le richieste dell'INPS e confermava la sentenza del Tribunale, affermando che la ricorrente «non solo non può svolgere l'attività manuale che le è confacente, avendo una grave limitazione funzionale al braccio destro, ma neppure può attendere alle sue ordinarie occupazioni della vita quotidiana, come la vestizione, la preparazione del cibo, l'uso delle posate»;

in data 3 gennaio 2001 la ricorrente si rivolgeva con lettera raccomandata all'ASL della provincia di Milano n. 1, dipartimento Assi, Passirana di Rho, richiedendo di uniformarsi alla sentenza della Corte d'appello. L'ASL, a firma della signora Lidia Tonoli, richiedeva copia autentica della sentenza della Corte d'appello di Milano sezione lavoro n. 125, che puntualmente è stata inviata per raccomandata;

in data 22 marzo 2002, con determinazione n. 8872 a firma del dottor Pacifico Portaluppi, veniva accolta la richiesta e concessa l'invalidità civile al 100 per cento;

in seguito la ASL MI/1 inviava lettera alla signora Iannelli a firma della signora Lidi Tonoli che, in data 24 maggio 2002, comunicava che era stata trasmessa la pratica all'INPS per la liquidazione della pensione;

in data 3 luglio 2002 la ricorrente riceveva lettera raccomandata con ricevuta di ritorno dall'INPS di Legnano che recitava: «La richiesta pervenuta il 1º settembre 1998 è stata accolta» e «Le è stata liquidata la prestazione quale invalido totale, categoria INVCIV, numero 07754907, con decorrenza dal 1º ottobre 1998»;

in data 8 agosto 2002, la ricorrente Iannelli Giuseppa riceveva una lettera raccomandata a firma del dottor Pacifico Portaluppi in cui veniva informata della revoca della pensione di invalida civile, affermando che «è stata erroneamente concessa la pensione di inabilità di invalidità civile (...)»,

si chiede di sapere:

se da quanto esposto non si ritenga palese l'infondatezza del provvedimento a firma del dottor Portaluppi, che, dopo aver accolto la richiesta di pensione di inabilità (concessa il 22 marzo 2002 con sua determinazione), ha mutato radicalmente parere emettendo decreto di revoca della stessa pensione «perché differentemente regolata»;

se non si ritenga, in forza proprio di tale motivazione, che debba essere riconosciuta, a maggior ragione, la pensione di inabilità civile alla ricorrente in quanto già inabile totale al lavoro (inabilità riconosciuta con sentenza n. 125 del 20 luglio 2000 della Corte d'appello di Milano). In virtù proprio della legge 222/84 dev'essere riconosciuta anche l'inabilità civile, poiché l'inabile al lavoro è, consequenzialmente ed inevitabilmente, anche inabile civile. L'art. 5 della citata legge 222/84 indica nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e, quindi, di produrre guadagno il requisito medico indispensabile alla concessione della pensione di inabilità totale INPS, mentre per ottenere la pensione di inabilità civile è sufficiente essere cittadini italiani o residenti in Italia ed essere riconosciuti «invalido con totale e permanente inabilità lavorativa» (artt. 2 e 12 della legge 118/71). In altre parole: l'inabile civile potrebbe anche non essere inabile al lavoro (ad esempio per mancanza di contributi o perché capace ancora di produrre lavoro/guadagno); al contrario l'inabile al lavoro è sempre anche inabile civile. Pertanto, anche se per le due inabilità (civile e INPS) il dirigente dell'ASL richiama due diverse leggi, è la forza della sentenza della Corte d'appello (che riconosce il requisito medico-legale di inabile totale) a determinare lo status di invalidità totale o permanente, che non può valere solo per l'INPS, ma per qualsiasi altro ente, compresa l'ASL MI/1. L'ASL, infatti, non può sindacare la determinazione/sentenza del giudice, che è perito dei periti. Da quanto esposto risulta chiara l'infondatezza e l'illegittimità del «controdecreto» dell'ASL MI/1;

se, infine, il Ministro in indirizzo non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di esprimersi nel merito e intervenire presso il direttore generale della ASL MI/1 per far valere la forza della legge e della sentenza della Corte d'appello di Milano.