Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 2021
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SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIII LEGISLATURA ———–
N. 2021
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori SENESE, VILLONE e RUSSO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 GENNAIO 1997
Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione e per la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni
ONOREVOLI SENATORI. - 1. La legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, che ha modificato l'articolo 68 della Costituzione, ha determinato l'esigenza di una normativa di attuazione della nuova disciplina risultante dalla riforma costituzionale.
Infatti, né la precedente normativa costituzionale né altre fonti indicavano le forme ed i modi attraverso cui investire la Camera competente cui, secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 1150 del 15-29 dicembre 1988), spetta il potere di stabilire, ove sorga questione, se una determinata condotta, della quale un parlamentare sia chiamato a rispondere, risulti o meno qualificabile come esercizio della funzione parlamentare coperto dall'immunità sancita dal primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Prima della riforma, invero, il problema non emergeva all'attenzione, almeno degli operatori e dell'esperienza giuridico-costituzionale, in quanto, nella generalità dei casi, la Camera veniva investita della questione dell'applicabilità del primo comma dell'articolo 68 Costituzione attraverso la richiesta di autorizzazione a procedere prevista dal comma successivo della stessa disposizione costituzionale. Venuto meno l'istituto dell'autorizzazione a procedere, é insorto il problema di raccordare l'esercizio dell'attività giurisdizionale nei confronti del parlamentare, per un fatto in relazione al quale si prospetti la qualificazione di esercizio di attività parlamentare, con la potestà al riguardo spettante alla Camera di appartenenza.
A tale problema il Governo ha inteso dare risposta mediante un decreto-legge (15 novembre 1993, n. 455) sin dall'indomani della ricordata riforma costituzionale. Il decreto non venne peró convertito; ed analoga sorte é toccata agli altri diciassette decreti-legge che al primo hanno fatto seguito nel succedersi dei Governi e delle legislature.
La mancata conversione dell'ultimo di tali decreti-legge (23 ottobre 1996, n. 555) e la nota pronuncia della Corte costituzionale che ne impedisce un'ennesima reiterazione (pronuncia le cui ragioni sono emblematicamente illustrate dalla vicenda in esame) sollecitano il Parlamento ad intervenire sollecitamente in materia con una propria iniziativa.
Da qui il presente disegno di legge.
2. I contenuti della normativa di attuazione dell'attuale disciplina costituzionale dell'immunità hanno costituito oggetto di contrastanti valutazioni da parte del Parlamento in sede di discussione per la conversione dei vari decreti-legge via via succedutisi. Tali contrastanti valutazioni, riflesso di piú profondi dissensi in ordine all'identificazione del punto di equilibrio tra tutela dell'attività del parlamentare e principio di eguaglianza, hanno anche segnato il contenuto dei decreti-legge volta a volta reiterati, nel senso che la reiterazione non ha sempre ripetuto il medesimo testo ma, in piú di un'occasione, ha conosciuto qualche non trascurabile diversità di disciplina.
Anziché indugiare sull'esame di tali differenze, mette qui conto ricordare che, sul finire della scorsa legislatura, il Senato, dopo approfondito dibattito, aveva trovato un accordo pressoché unanime (salvo che per la norma relativa alle intercettazioni) su di un testo che tracciava le linee fondamentali della disciplina di attuazione della riforma dell'articolo 68 della Costituzione. A tale testo, comprensivo della controversa disposizione sulle intercettazioni, i Governi si sono in seguito attenuti nelle successive reiterazioni del decreto-legge.
Da tale testo, con le modificazioni di cui tra poco si dirà, muove il disegno di legge sulla scorta della considerazione che, in una materia cosí delicata quale quella in esame, é opportuno proporre al Parlamento una disciplina che, anche se non immune da rilievi sul piano tecnico-dogmatico, tuttavia appare suscettibile di raccogliere il piú largo consenso.
3. Il disegno di legge che si propone riproduce, invero, nei suoi primi quattro articoli il testo dei decreti-legge succedutisi dal 12 marzo 1996 (n. 116) sino all'ultimo in data 23 ottobre 1996 (n. 555).
L'articolo 1 sostituisce il secondo periodo del terzo comma dell'articolo 343 del codice di procedura penale con una formula che richiama direttamente la normativa costituzionale vigente, evitando cosí che sia la legge ordinaria a dirimere questioni interpretative concernenti tale normativa o che la formula finale del secondo comma del vigente articolo 68 della Costituzione ("delitto per il quale é previsto l'arresto obbligatorio in flagranza") sia svolta dal legislatore ordinario con riferimento ad una contingente disciplina processual-penale suscettibile di modificazione. Le disposizioni dell'articolo 2, comma secondo e seguenti, 3 e 4 dettano norme procedimentali intese a consentire l'immediata declaratoria dell'insindacabilità da parte dell'autorità giurisdizionale competente, la possibilità per il parlamentare di investire direttamente la Camera della questione, nonché le sorti del procedimento giurisdizionale quante volte la Camera sia investita direttamente dal parlamentare ovvero il giudice non ritenga di accogliere l'eccezione concernente l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Il punto problematico di tali disposizioni riguarda la sospensione del procedimento, obbligatoria e necessaria nella seconda delle ipotesi sopracennate ed eventuale nella prima (nel senso che alla sospensione si addiviene solo se la Camera, investita direttamente dal parlamentare, lo richieda). Si é, non senza qualche ragione, osservato in dottrina che una tale sospensione finirebbe per reintrodurre una sorta di autorizzazione a procedere. Ma neanche le altre soluzioni prospettate appaiono esenti da critiche. Lasciare che il procedimento giurisdizionale faccia il suo corso, rimettendo all'iniziativa del parlamentare d'investire la Camera e provocarne una decisione (che sarebbe vincolante per il giudice), incontra l'obiezione che, in tal modo, la pronuncia della Camera si configurerebbe come soltanto eventuale, mentre é ad essa che spetta il potere di dichiarare se una determinata condotta costituisca o meno esercizio di attività parlamentare. Prevedere per l'organo giurisdizionale un mero obbligo d'informativa della Camera, assolto il quale esso continuerebbe a procedere, sino all'eventuale pronuncia della stessa Camera che dichiari l'insindacabilità, presenta l'inconveniente di far muovere la macchina giurisdizionale eventualmente a vuoto, magari attraverso piú gradi di giudizio, con l'ingiustificata sottoposizione del parlamentare alla pena di un processo che, in ipotesi, non avrebbe dovuto essere iniziato.
Inconvenienti analoghi presentano le altre possibili soluzioni, ricavabili per variazione da quelle sin qui esaminate.
In presenza di un tale quadro di soluzioni, quella che appare presentare gli inconvenienti minori é la soluzione qui proposta.
L'obiezione che essa reintrodurrebbe l'autorizzazione a procedere - a ben vedere - é meno forte di quanto a prima vista appaia posto che una tale sospensione é limitata nel tempo (novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera, prorogabili di altri trenta su disposizione di quest'ultima: articolo 2, commi 5 e 7).
Piú che di autorizzazione a procedere (che priva il giudice del potere - dovere di decidere), si é qui in presenza di un temporaneo arresto del procedimento, per un tempo molto limitato, non ignoto ai nostri ordinamenti processuali (vedi l'articolo 296 del codice di procedura civile, ove la sospensione é disposta sulla base della sola istanza delle parti); arresto giustificato dall'esigenza pratica di coordinare l'esercizio della giurisdizione con la potestà, spettante ad altro potere, di decidere su una questione pregiudiziale dalla cui definizione puó dipendere l'esito del procedimento. Ovviamente, il termine riguarda solo la sospensione, non il potere della Camera di pronunciarsi, che puó essere esercitato in qualsiasi momento sino al giudicato. Il che certo ripropone - ma solo come ipotesi residuale - gli inconvenienti di una delle soluzioni qui non accolte.
Piú delicato appare il comma 1 dell'articolo 2, contenente uno svolgimento delle ipotesi di insindacabilità cui fa sinteticamente riferimento il primo comma dell'articolo 68 della Costituzione. Il rischio di dire troppo o troppo poco in tale operazione, con la conseguenza di tradire comunque la volontà della norma costituzionale, é innegabile. Tuttavia la formulazione usata - ispirata alle piú meditate elaborazioni delle Camere in materia - appare idonea a sfuggire a tale rischio e al tempo stesso consente di orientare i giudici nella delicata materia. Il largo consenso del Senato su tale formula, a suo tempo manifestato, conforta tale ottimistico giudizio.
La previsione dei meccanismi di cui sopra trova la propria chiusura nella possibilità, per l'autorità giurisdizionale, di elevare conflitto di attribuzioni a fronte di una delibera della Camera dichiarativa di un'insindacabilità ritenuta fuori dalla norma costituzionale (articolo 2, comma 8).
4. Per quanto riguarda la disciplina dell'utilizzabilità delle conversazioni telefoniche del parlamentare, intercettate sull'utenza di un terzo legittimamente sottoposto ad intercettazione, il Senato - come già accennato - si divise. Una maggioranza variamente composta ritenne che l'utilizzazione di tali conversazioni, ritenute rilevanti dall'autorità giudiziaria (non si sa bene in quale sede), dovesse essere autorizzata dalla Camera cui i relativi verbali e le relative registrazioni dovevano essere trasmessi prima del deposito previsto dagli attuali commi 4 e 5 dell'articolo 268 del codice di procedura penale. Solo ove la Camera avesse autorizzata l'utilizzazione ovvero non si fosse pronunciata entro sessanta giorni dalla reiterazione della richiesta (che l'autorità giudiziaria poteva avanzare decorsi inutilmente i primi sessanta giorni), l'utilizzazione avrebbe potuto avvenire. Invece, in caso di diniego dell'autorizzazione o di mancata reiterazione della relativa richiesta, la documentazione delle intercettazioni avrebbe dovuto essere distrutta.
Tale disciplina, contenuta nell'articolo 5 dei vari decreti-legge successivi al ricordato voto del Senato, prestava il fianco a piú di una critica. A parte il dubbio da alcuni sollevato sull'estensione della tutela costituzionale alle conversazioni del parlamentare in arrivo su utenze di terzi legittimamente sottoposte ad intercettazione, la normativa ora richiamata sottraeva ad ogni controllo e conoscenza delle parti private un elemento, in ipotesi, rilevante per il processo e, attraverso la distruzione, rendeva irreversibile tale sottrazione e la perdita di un elemento di accertamento della verità materiale, che nel processo penale é valore costituzionalmente protetto. Al limite, attraverso il meccanismo ora accennato, poteva essere distrutta una prova dell'innocenza dell'imputato senza che la Camera ne avesse consapevolezza, poiché la relativa deliberazione sarebbe avvenuta senza aver ascoltato il difensore, in ipotesi ignaro della conversazione. Il diritto di difesa e il contraddittorio risultavano lesi.
Peraltro, su queste considerazioni prevalse l'esigenza di tutelare la riservatezza del parlamentare gravemente esposta a pericolo dalla normativa generale vigente in materia di intercettazioni. Infatti, tale normativa prevede il deposito dei verbali e delle registrazioni (entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni e prima ancora di qualsiasi giudizio sulla stessa rilevanza), a disposizione delle parti (articolo 268, commi 4 e 6), con la conseguente perdita del carattere di segretezza di tali atti (articolo 329 del codice di procedura penale).
Ben vero che, pur se non piú coperti da segreto, resta per questi atti il divieto di pubblicazione (articolo 114 del codice di procedura penale), ma la relativa violazione - costituendo solo un modesto reato contravvenzionale (articolo 684 del codice penale) ed eventualmente anche un illecito disciplinare (articolo 115 del codice di proce dura penale) - é assai frequente, come purtroppo testimoniano le cronache.
Tuttavia una tale situazione minaccia non solo la riservatezza del parlamentare ma quella di ogni cittadino. E ad essa deve porsi rimedio con una disciplina generale nel cui ambito possa trovare tutela specifica anche la riservatezza del parlamentare.
Questa disciplina generale é ora offerta dal disegno di legge governativo, frattanto presentato al Parlamento e le cui linee generali possono esser riprese, con gli opportuni adattamenti e modificazioni, in questa sede, in modo da apprestare una normativa organica che al tempo stesso regoli le garanzie del parlamentare e quelle del cittadino in un equilibrato e coerente rapporto tra loro.
A tanto provvedono gli articoli da 5 a 13 del disegno di legge.
5. L'articolo 5 estende alle intercettazioni di comunicazioni informatiche e telematiche le disposizioni relative alle intercettazioni e comunicazioni telefoniche, salve specifiche diverse disposizioni. L'articolo 6 fissa un limite per la proroga di intercettazioni di comunicazioni tra presenti, in considerazione della particolare invasività di tale mezzo d'indagine. Trattasi di opportune disposizioni razionalizzatrici. Ma il nucleo della riforma é contenuto negli articoli 7 e 8 che dettano una disciplina del tutto nuova dell'inserimento dei risultati delle intercettazioni nel procedimento. Disposto che i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi al pubblico ministero non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo, si prevede che essi siano custoditi in un archivio riservato, istituito dall'articolo 12, che detta norme minuziose per garantirne l'effettiva riservatezza. Quindi il pubblico ministero provvede da solo ad un primo vaglio scegliendo motivatamente verbali e registrazioni che ritiene rilevanti, che vengono trasmessi al giudice per il deposito, mentre gli altri restano nell'archivio riservato. Il giudice effettua un secondo vaglio, disponendo il deposito di quelli che, a sua volta, ritiene rilevanti e dei quali non sia vietata l'utilizzazione, restituendo gli altri al pubblico ministero perché li custodisca nell'archivio riservato. L'acquisizione dei verbali e delle registrazioni depositate avviene in apposita udienza, prima della quale i difensori possono con particolari cautele esaminare anche gli atti custoditi nell'archivio riservato, eventualmente chiedendone l'acquisizione. Sino a quando non sia disposta l'acquisizione, verbali e registrazioni restano coperti da segreto, cosí come restano segreti tutti i verbali e le registrazioni non acquisite. É questa una novità rilevante perché la violazione del segreto é punita severamente (articolo 11), anche se avvenga solo per colpa e - novità ancora piú rilevante - la rivelazione é punita anche se avvenga a opera di soggetti estranei al processo mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico quando dalla rivelazione derivi la lesione del diritto alla riservatezza. Per tale via, la libertà di informazione - caposaldo di una società democratica - si coordina con la tutela della persona, anch'essa valore irrinunciabile di una società democratica. Non la semplice divulgazione di un atto coperto dal segreto (alla cui violazione non abbia concorso) viene addebitata al giornalista, ma solo la rivelazione di atti coperti dal segreto che leda la dignità della persona. Si pone un limite all'informazione non a tutela di un bene astratto (il segreto o l'efficacia delle indagini) ma a tutela di un interesse primario della persona concreta, secondo un bilanciamento che (ovviamente con diversi presupposti) é già nel nostro ordinamento a proposito della diffamazione e che si trova ripreso nel secondo comma dell'articolo 617 del codice penale a proposito della rivelazione del contenuto di intercettazioni abusive.
In questo schema, del quale si omettono i dettagli disciplinati dagli articoli 9 e 10, si inserisce con la propria specificità la tutela del parlamentare (articolo 13). Infatti, se dall'esame del materiale emergono comunicazioni o conversazioni alle quali abbia preso parte un parlamentare (ovviamente al di fuori delle ipotesi previste dal comma 3 dell'articolo 68 della Costituzione), e queste superino il doppio vaglio della rilevanza da parte del pubblico ministero e del giudice, quest'ultimo - prima di disporne l'acquisizione - deve chiedere l'autorizzazione alla Camera. Tale autorizzazione si intende concessa se il diniego non intervenga entro sessanta giorni dalla reiterazione della richiesta, che l'autorità giudiziaria puó avanzare decorsi inutilmente i primi sessanta giorni. Se invece la Camera rifiuta l'autorizzazione o l'autorità giudiziaria non reitera la richiesta dopo i primi sessanta giorni, la documentazione delle intercettazioni viene distrutta.
Questo meccanismo, mentre assicura la tutela del parlamentare, sfugge alle obiezioni cui si prestava l'articolo 5 degli ultimi decreti-legge perché fa salvi il contraddittorio e l'esercizio della difesa. E, d'altro canto, il pericolo di indebite divulgazioni é contrastato dalla circostanza che gli atti restano coperti dal segreto (che cade solo con l'acquisizione), la cui violazione é sanzionata con pene aggravate (articolo 13, comma 6) in ragione della qualità di parlamentare del soggetto leso.
6. Onorevoli Colleghi! Il disegno di legge qui sommariamente illustrato rappresenta uno sforzo per conciliare le prerogative parlamentari, le garanzie di tutti i cittadini e le esigenze di giustizia. Esso potrà certo essere migliorato perché costituisce un tentativo di utilizzare un lungo dibattito per addivenire ad un testo che aiuti a superare diffidenze e conflittualità. Affinché un tale tentativo abbia successo, si confida sulla collaborazione di tutti i senatori.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1. Nel comma 3 dell'articolo 343 del codice di procedura penale il secondo periodo é sostituito dal seguente: "Tuttavia, quando l'autorizzazione a procedere o l'autorizzazione al compimento di determinati atti sono prescritte da disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali, si applicano tali disposizioni, nonché, in quanto compatibili con esse, quelle di cui agli articoli 344. 345 e 346.". |
Art. 2. 1. L'articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressioni di voto comunque formulata e per ogni altro atto parlamentare. |
Art. 3. 1. Quando occorre eseguire nei confronti di un membro del Parlamento perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, sequestri di corrispondenza, ovvero, quando occorre procedere al fermo, all'esecuzione di una misura cautelare personale o all'esecuzione dell'accompagnamento coattivo, nonché di misure di sicurezza o di prevenzione aventi natura personale e di ogni altro provvedimento privativo della libertà personale, l'autorità competente richiede direttamente l'autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene. |
Art. 4. 1. Con l'ordinanza prevista dall'articolo 2, comma 4, e con la richiesta di autorizzazio ne prevista dall'articolo 3, l'autorità competente enuncia il fatto per il quale é in corso il procedimento indicando le norme di legge che si assumono violate e comunica alla Camera gli elementi su cui fonda il provvedimento. |
Art. 5. 1. All'articolo 266- bis del codice di procedura penale é aggiunto il seguente: " 1- bis. Alle intercettazioni indicate nel comma 1 si applicano le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche, salvo che sia diversamente stabilito". |
Art. 6. 1. Dopo il comma 3 dell'articolo 267 del codice di procedura penale é inserito il seguente: " 3- bis. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, la durata dell'intercettazione di comunicazioni tra presenti non puó essere prorogata piú di due volte. Nel corso dello stesso procedimento, il pubblico ministero puó richiedere una nuova intercettazione di comunicazioni tra presenti nello stesso luogo solo quando sopravvengano nuovi elementi che rendano assolutamente indispensabile l'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini". |
Art. 7. 1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 4 é sostituito dal seguente: " 4. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione al pubblico mi nistero, che il custodisce nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1."; |
Art. 8. 1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penalo sono inseriti i seguenti: "Art. 268- bis. - (Trasmissione e deposito dei verbali). - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero trasmette al giudice per le indagini preliminari i verbali relativi alle conversazioni, o a parti di esse, che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza. Con i verbali sono trasmessi anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Gli atti relativi a conversazioni di cui é vietata l'utilizzazione e a quelle prive di rilevanza perché riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini restano custoditi nell'archivio riservato. Art. 268- ter. - (Udienza di acquisizione delle conversazioni). - 1. Nell'udienza il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti di cui non é vietata l'utilizzazione, esaminando, se lo ritiene necessario, anche gli atti custoditi nell'archivio riservato. La documentazione depositata ma non acquisita é immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato. Art. 268- quater. - (Trascrizione delle registrazioni). - 1. Per le operazioni di trascrizione si osservano le forme, i modi e le garanzie previste per l'espletamento delle perizie. Art. 268- quinquies. - (Uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari). - 1. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall'articolo 268- bis, comma 3, il pubblico ministero puó presentare i risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non é vietata l'utilizzazione. Il giudice dispone l'acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni rilevanti per la decisione e restituisce le altre al pubblico ministero perché le custodisca nell'archivio riservato. Art. 268- sexies . - (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, ai fini delle decisione da adottare, puó disporre, anche di ufficio, l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custodite nell'archivio riservato. |
Art. 9. 1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti mdoficazioni: a) il comma 1 é sostituito dal seguente: " 1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio riservato del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione."; |
Art. 10. 1. All'articolo 270 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 2 é sostituito dal seguente: " 2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi alla autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 268- bis , 268- ter e 268- quater ; "3- bis . La documentazione contenuta nell'archivio riservato di cui all'articolo 269 comma 1 é trasmessa in copia al pubblico ministero competente che provvede a custodirla nell'archivio istituito presso il proprio ufficio". |
Art. 11. 1. Dopo l'articolo 617- sexies del codice penale é inserito il seguente: "Art. 617- septies ( Rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazione intercettate nel procedimento penale ). - Chiunque rivela indebitamente il contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate in un procedimento penale e coperte da segreto, delle quali é venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, é punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. |
Art. 12. 1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di proceduta penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, é inserito il seguente: "Art. 89- bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso l'ufficio del pubblico ministero é istituito l'archivio riservato previsto dall'articolo 269 comma 1 del codice, in cui sono custoditi i verbali e le registrazioni delle intercettazioni. |
Art. 13. (Intercettazioni di conversazioni
parlamentari) 1. Fuori dalle ipotesi previste dal terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione, i verbali e le registrazioni di conversazioni o comunicazioni alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, intercettate in qualsiasi forma nel corso di un procedimento penale non possono essere acquisiti senza l'autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate. |