Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 1720
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SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIII LEGISLATURA ———–
N. 1720
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori CARELLA, DI ORIO, LAVAGNINI, DANIELE GALDI, MIGNONE, CAMERINI e OCCHIPINTI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 NOVEMBRE 1996
Modifiche alla legge 4 maggio 1990, n. 107, recante disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati
ONOREVOLI SENATORI. - Da ormai due legislature é presente in Parlamento un gruppo organizzato di donatori di sangue aderenti all'Associazione volontari italiani del sangue (AVIS). Una scelta di volontariato che ovviamente non si ferma sulla soglia della Camera e del Senato, ma che intende concretizzarsi in un'azione parlamentare che, tenendo conto delle proposte dell'associazionismo, migliori la situazione organizzativa della donazione, partendo dalla normativa vigente in Italia e della volontà espressa anche dal Parlamento europeo di avere sempre piú una armonizzazione comunitaria in materia.
In questo settore é attualmente vigente la legge 4 maggio 1990, n. 107. Questa legge costituisce il frutto di un lungo e tormentato iter parlamentare che ha trovato una sua definitiva conclusione probabilmente sulla spinta del grosso impatto sociale che in Italia e nel mondo ha avuto, alla fine degli anni '80, il fenomeno AIDS e per la definitiva presa di coscienza collettiva della gravità e diffusione delle malattie virali trasmissibili attraverso il sangue e gli emoderivati.
Pertanto la legge n. 107 del 1990 é stata sostenuta da una evidente volontà parlamentare di conseguire obiettivi di riorganizzazione e rafforzamento di uno specifico settore della sanità ritenuto critico per la rilevanza delle problematiche sociali e sanitarie.
Gli obiettivi fondamentali della legge in vigore sono:
1) il raggiungimento dell'autosufficienza di sangue ed emoderivati, basata sulla donazione volontaria, periodica e gratuita;
2) il raggiungimento su tutto il territorio nazionale di condizioni uniformi di assistenza trasfusionale;
3) le massime condizioni ottenibili di riduzione del rischio trasfusionale.
La regolamentazione di un settore cosí critico della sanità, attraverso un'attività di legislazione forte, avrebbe dovuto consentire di avviare il processo di diffusione capillare della specialità, inducendo le regioni ad investire in questa direzione in termini di personale, di tecnologie e di spazi. Nonostante ció, molti degli obiettivi previsti dalla legge non sono stati raggiunti, soprattutto per l'inadempienza di alcuni attori, ma anche perché la legge, laddove é stata correttamente applicata, ha comunque evidenziato evidenti elementi oggettivi di "debolezza".
Per questo l'AVIS ha avviato uno studio approfondito, il cui esito é la presente proposta.
Le recenti innovazioni in materia sanitaria introdotte con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e con le successive modificazioni apportate dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché gli indirizzi in materia trasfusionale definiti in sede comunitaria, impongono una revisione del modello complessivo del servizio trasfusionale proposto con la legge n. 107 del 1990, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
1) rafforzamento e migliore definizione del coordinamento a livello centrale e regionale, con particolare riferimento alla istituzione di organismi di coordinamento gestionale ed amministrativo;
2) adeguamento della legge al disposto del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni, in particolare per quanto riguarda le modalità di finanziamento del sistema trasfusionale, il sistema tariffario, la regolamentazione dei rapporti di scambio tra aziende ospedaliere, aziende sanitarie locali e tra regioni;
3) maggiore autonomia delle regioni nella definizione del modello organizzativo della rete trasfusionale;
4) definitiva regolamentazione della produzione nazionale e del sistema di distribuzione degli emoderivati;
5) rafforzamento del ruolo delle associazioni e federazioni di volontariato del sangue;
6) deregolamentazione dei decreti che disciplinano attività di tipo tecnico-sanitario;
7) regolamentazione dei rapporti tra le strutture trasfusionali e le istituzioni sanitarie private accreditate e non accreditate.
A) Revisione del modello organizzativo a livello locale
Il modello descritto dalla legge n. 107 del 1990 per l'organizzazione delle strutture trasfusionali non ha trovato piena applicazione in molti piani sangue e plasma regionali in quanto eccessivamente vincolato ad un unico parametro (bacino d'utenza), rivelatosi troppo rigido rispetto alle esigenze organizzative reali; anzi, in molte realtà regionali l'inapplicabilità del suddetto modello ha costituito uno dei principali motivi che hanno ritardato o addirittura vanificato l'attuazione complessiva della legge stessa.
In realtà, l'organizzazione della rete trasfusionale a livello locale deve essere affrontata considerando che, oltre alle tipiche attività di "produzione" e di banca del sangue, le moderne strutture trasfusionali esplicano rilevanti attività di diagnosi e cura nel campo della medicina trasfusionale, debbono garantire la distribuzione del sangue e degli emocomponenti e fungere da supporto al sistema urgenza-emergenza ed infine partecipare a programmi assistenziali di approccio multidisciplinare quali la terapia delle neoplasie ed i trapianti.
Pertanto, alle regioni deve essere lasciata maggiore autonomia e flessibilità nell'organizzazione delle strutture trasfusionali che si realizza in relazione alla dimensione ed alla complessità della organizzazione ospedaliera che deve essere servita e non agli abitanti residenti, in analogia a quanto avviene per tutti gli altri servizi ospedalieri. D'altra parte, già la legge 23 dicembre 1978, n. 833, demandava alle regioni la competenza in merito alla organizzazione delle attività trasfusionali. Successivamente, il decreto legislativo n. 502 del 1992 ed il vigente piano sanitario nazionale hanno rafforzato il concetto di autonomia organizzativa delle regioni, rendendo il modello proposto dalla legge n. 107 del 1990 contrastante rispetto ai piú recenti indirizzi nel campo della programmazione sanitaria che ripartiscono con chiarezza le competenze tra Stato e regioni.
Oltre a ció la ridefinizione degli ambiti territoriali delle USL e l'individuazione delle aziende ospedaliere, cosí come previsto dal decreto legislativo n. 502 del 1992, mettono ulteriormente in crisi sia il modello organizzativo previsto dalla legge n. 107 del 1990 che quello reale già previsto negli attuali piani sangue e plasma regionali, soprattutto per due motivi:
l'ampliamento dell'ambito territoriale delle USL, fino alla costituzione di un'unica USL per provincia, pone il problema del coordinamento gestionale ed operativo di strutture trasfusionali che sono autonome e dotate di dirigenti propri;
lo scorporo dalle USL degli ospedali azienda, che di norma sono dotati di servizi di immunoematologia e trasfusione (SIT), ma che sono privi dell'attribuzione di un ambito territoriale proprio in ragione della rilevanza della loro funzione assistenziale, pone rilevanti problemi in merito alla responsabilità dell'attività di raccolta, tipicamente svolta con un preciso riferimento territoriale, e dei rapporti che devono instaurarsi tra USL e azienda ospedaliera in merito allo scambio di sangue ed emocomponenti.
In considerazione di quanto su esposto si propongono le seguenti modifiche:
1) abolizione dei vincoli organizzativi contenuti negli articoli 4, 5 e 7 della legge n. 107 del 1990, con particolare riferimento ai "bacini d'utenza";
2) abrogazione dell'articolo 6 che prevede la differenziazione organizzativa e funzionale delle strutture trasfusionali in SIT e centri trasfusionali;
3) si propone in alternativa l'istituzione di servizi di immunoematologia e medicina trasfusionale, che possono essere articolati in unità operative decentrate, le cui competenze sono attribuite dalla programmazione regionale e locale in funzione degli obiettivi di autosufficienza e delle necessità della rete ospedaliera;
4) in relazione all'ampliamento delle USL (che di norma corrispondono alla provincia) ed alla necessità di coordinare da un punto di vita gestionale ed organizzativo le strutture trasfusionali ivi comprese, si propone come soluzione il modello organizzativo dipartimentale.
B) Organizzazione del coordinamento a livello centrale e regionale (articoli 8, 9, 11 e 12 della legge n. 107 del 1990)
In base alle vigenti disposizioni e dall'osservazione dello stato attuale della loro applicazione, appare evidente come non sia stato realizzato un sufficiente equilibrio nella ripartizione di compiti e funzioni tra Stato e regioni relativamente all'organizzazione del servizio trasfusionale nazionale.
Infatti, come si é già avuto modo di accennare, in materia trasfusionale si contrappongono le esigenze di un governo complessivo del sistema per il quale vi é un interesse di carattere nazionale non frazionabile e la necessità di non invadere l'autonomia organizzativa delle singole regioni, peraltro rafforzata dal decreto legislativo n. 502 del 1992.
É inoltre da osservare che la legge n. 107 del 1990 ha determinato un frazionamento, tra piú organi, dei compiti di indirizzo politico, di supporto scientifico e di coordinamento operativo, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, generando di fatto una difficoltà nell'adempimento dei compiti istituzionali assegnati.
Analizzando piú in dettaglio la situazione si possono evidenziare i punti critici del problema.
1) La Commissione nazionale per il servizio trasfusionale é un organismo consultivo di indirizzo tecnico e di programmazione sanitaria del cui parere il Ministro della sanità si avvale per i compiti istituzionalmente previsti. Il limite dunque di questo organismo consiste nel fatto che non ha autonomia operativa, in quanto la sua attività é strettamente legata all'iniziativa politica del ministro che in quel momento la presiede.
2) A tutt'oggi, e comunque fino al momento dell'effettiva attuazione del riordino interno del Ministero della sanità, la competenza nel settore trasfusionale é ripartita tra le varie direzioni generali: in particolare la direzione generale degli ospedali, la direzione generale di medicina sociale e la direzione generale del servizio farmaceutico. Attualmente esiste solo la previsione normativa di una struttura ministeriale che, nell'ambito delle competenze attribuite al dipartimento secondo, si occupi delle problematiche legate al sangue ed agli emoderivati.
3) La legge attribuisce all'Istituto superiore di sanità ed ai centri regionali di coordinamento e compensazione il compito di assicurare il raggiungimento dell'autosufficienza di sangue, plasma ed emoderivati. Questa attribuzione si é rivelata quanto mai impropria in quanto il raggiungimento dell'autosufficienza regionale e nazionale sottintende ad un complesso raccordo di meccanismi gestionali, amministrativi, finanziari e di programmazione che poco si accordano con le competenze e le professionalità dell'Istituto superiore di sanità che é un'istituzione a carattere scientifico e dei centri regionali di coordinamento e compensazione che sono dei servizi ospedalieri dedicati a compiti di assistenza sanitaria. Queste strutture possono altresí assicurare compiti di coordinamento tecnico-scientifico ed operativo.
La legge n. 107 del 1990, nella sua versione originale, prevedeva (articolo 11, comma 1) l'emanazione di norme di indirizzo e coordinamento cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano avrebbero dovuto conformarsi per la sua attuazione. La Corte costituzionale, a seguito di formale ricorso inoltrato dalla regione Lombardia e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, con sentenza n. 49 del 28 gennaio 1991, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 1, limitatamente all'inciso "di indirizzo e coordinamento alle quali devono conformarsi le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano", in quanto ritenuto espressione di una potestà regolamentare volta a disciplinare materie riservate alla competenza regionale, quali le attività trasfusionali.
A seguito di tale pronunzia, l'articolo 11, comma 1, rimane circoscritto alla previsione che il Ministro della sanità "emana le norme per l'attuazione della legge", nel senso che questo é autorizzato a porre tali norme nell'ambito della competenza sua propria e delle autorità a lui sottordinate. Questa sentenza ha giustamente rafforzato il principio dell'autonomia organizzativa regionale per quanto attiene le attività trasfusionali, ma ha in qualche modo indebolito il modello organizzativo previsto dalla legge n. 107 del 1990. Infatti nell'atto "di indirizzo e coordinamento" si prefiguravano tutte quelle iniziative di coordinamento necessarie al raggiungimento dell'autosufficienza di sangue ed emoderivati in quanto espressione di un interesse nazionale non frazionabile che si realizza attraverso un modello organizzativo omogeneo cui sono chiamate a concorrere tutte le regioni e le province autonome.
In virtú di tutte le considerazioni esposte, appare evidente come l'aspetto del coordinamento e del controllo sia probabilmente il punto piú critico della legge n. 107 del 1990 e come la sua mancata attuazione contribuisca in maniera determinante al grave ritardo con cui la nostra nazione viaggia verso il raggiungimento degli obiettivi di autosufficienza.
Le soluzioni a questo problema vanno ricercate tenendo conto della ridefinizione in senso generale della ripartizione delle competenze programmatorie tra Stato e regioni cosí come previsto dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e dal vigente piano sanitario nazionale. Infatti allo Stato sono affidati i seguenti compiti:
definizione degli obiettivi strategici del Servizio sanitario nazionale;
definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria;
costituzione di un sistema di verifica del conseguimento degli obiettivi definiti e della congruità delle risorse consumate rispetto alle attività erogate.
In tale ambito assume una specifica caratterizzazione l'Agenzia per i servizi sanitari regionali (ASSR).
Le regioni conseguentemente definiscono:
i modelli organizzativi dei servizi sanitari;
i criteri per la distribuzione delle risorse;
le modalità per l'attuazione dei controlli sui livelli di efficacia ed efficienza conseguiti dalle singole aziende e dall'intero sistema regionale.
Tenendo conto delle difficili problematiche esposte, legate al quadro legislativo generale, e dei nuovi scenari entro cui si dovrà realizzare l'attività programmatoria, la soluzione piú percorribile ci é sembrata quella di definire il coordinamento delle attività trasfusionali attraverso una piú chiara definizione dei ruoli degli organismi istituzionali previsti dalla legge n. 107 del 1990 e dal piano sangue e plasma nazionale.
In particolare:
al Ministero sono affidate le funzioni di programmazione e controllo, la definizione dei criteri di finanziamento e l'attività;
all'ASSR sono affidate funzioni operative attraverso coordinamento dei livelli regionali per la verifica del conseguimento degli obiettivi previsti e per le compensazioni.
COORDINAMENTO A LIVELLO CENTRALE
Le funzioni del Ministero della sanità sono cosí riassumibili:
programmazione delle attività trasfusionali in campo nazionale;
supporto per l'attività legislativa, anche in adeguamento agli indirizzi e alle direttive comunitarie;
attività di decretazione;
Commissione nazionale per il servizio trasfusionale;
regolamentazione e controllo della produzione nazionale di emoderivati (Istituto superiore di sanità);
controllo sul commercio e sull'informazione riguardanti gli emoderivati;
autorizzazione all'importazione e all'esportazione di sangue ed emoderivati;
registrazione dei farmaci emoderivati diagnostici;
promozione della ricerca e della sperimentazione (Istituto superiore di sanità);
programma di emovigilanza (Istituto superiore di sanità);
definizione di livelli di assistenza sanitaria uniforme in campo trasfusionale e criteri di finanziamento;
predisposizione di un programma nazionale di iniziative per la razionalizzazione ed il rafforzamento delle attività affidate dalla legge n. 107 del 1990 alle organizzazioni di volontariato del sangue.
In particolare al Ministero della sanità sono affidate le funzioni di programmazione e controllo sul raggiungimento degli obiettivi previsti. Si avvale dell'Istituto superiore di sanità per quanto attiene le problematiche tecnico-scientifiche, mentre all'ASSR sono affidate funzioni operative attraverso il coordinamento delle strutture regionali. Per il coordinamento delle funzioni di cui sopra, presso il Ministero della sanità é istituito un ufficio appositamente dedicato alla programmazione e controllo delle attività trasfusionali.
Le funzioni dell'Istituto superiore di sanità sono cosí riassumibili:
1) svolge funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico a livello nazionale, ed in particolare:
a) promuove la ricerca scientifica nel campo immunotrasfusionale, con particolare riguardo alla prevenzione delle malattie trasmissibili, favorendo iniziative di collaborazione con le società scientifiche di settore;
b) promuove ed organizza il controllo di qualità esterno riguardante le procedure e le metodiche diagnostiche in campo trasfusionale, anche mediante l'utilizzo di strutture esterne (laboratori o strutture trasfusionali) ed avvalendosi di un apposito comitato di esperti;
c) esercita il controllo sulle specialità farmaceutiche emoderivate, secondo i criteri e le modalità definiti in base alle normative nazionali e comunitarie;
d) collabora con il Ministero della sanità per la definizione di un programma nazionale di emovigilanza e ne cura l'attuazione;
e) promuove programmi di formazione per l'esercizio dell'attività di vigilanza e controllo di competenza delle regioni nei confronti delle strutture trasfusionali;
2) ispeziona e controlla le aziende di produzione di emoderivati, anche su richiesta delle regioni.
Per il coordinamento operativo delle attività trasfusionali a livello periferico e per le compensazioni ai fini del raggiungimento dell'autosufficienza nazionale di sangue e derivati, il Ministero della sanità, le regioni e province autonome si avvalgono dell'ASSR e dei centri regionali di coordinamento e compensazione. La rilevazione dei dati periodici relativi al settore trasfusionale mediante il registro del sangue é effettuata dall'Istituto superiore di sanità per gli aspetti tecnico-scientifici e dall'ASSR per gli aspetti concernenti l'organizzazione dei servizi. L'Agenzia svolge le seguenti funzioni:
definisce annualmente il fabbisogno e rileva i consumi reali a livello nazionale e regionale di sangue, emocomponenti, plasma e plasmaderivati;
stabilisce con le regioni il piano annuale di produzione e distribuzione di sangue e derivati alle strutture sanitarie pubbliche e private del territorio nazionale;
concorda con le regioni la rispettiva quota di partecipazione al programma di autosufficienza nazionale, la individuazione delle risorse, i criteri di finanziamento e di compensazione economica;
rileva e contabilizza i dati inerenti la cessione di sangue e derivati tra regioni, fornendo periodicamente al Ministero della sanità gli elementi riepilogativi necessari per le conseguenti compensazioni economiche;
in collaborazione con le regioni effettua studi e rilevazioni sui modelli organizzativi e di finanziamento delle attività trasfusionali, sulla qualità ed i costi e l'efficienza dei servizi erogati, per rendere la programmazione delle singole regioni piú omogenea e funzionale agli obiettivi di carattere nazionale;
supporta la stipula delle convenzioni tra regioni ed associazioni e federazioni del volontariato del sangue al fine di consentire un armonico sviluppo su tutto il territorio nazionale delle attività ad esse affidate dalla legge n. 107 del 1990;
effettua presso le regioni il monitoraggio e la verifica degli obiettivi posti dalle vigenti disposizioni di legge in materia e dalla programmazione nazionale nel settore trasfusionale;
coordina, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità per gli aspetti tecnico-scientifici, l'attività dei centri regionali di coordinamento e compensazione.
COORDINAMENTO A LIVELLO REGIONALE
Le regioni sono direttamente responsabili di tutte le funzioni di coordinamento delle attività trasfusionali, intese non soltanto come atti medico-tecnici, ma soprattutto come quel complesso di funzioni programmatorie, gestionali, finanziarie e contabili necessarie alla realizzazione di un programma trasfusionale regionale. A tale fine, le regioni sono tenute a ricondurre nell'ambito delle funzioni ed attribuzioni dell'assessorato alla sanità le attività di coordinamento e compensazione delle attività trasfusionali, individuando una struttura o organismo responsabile di tali funzioni (ufficio, agenzia regionale, o altro) e definendone l'organizzazione e le relative necessarie risorse. Le regioni, attraverso le proprie strutture di coordinamento e compensazione ed il servizio farmaceutico regionale, debbono operare di concerto con le USL al fine di conseguire gli obiettivi di autosufficienza regionale e nazionale di sangue, emocomponenti ed emoderivati. Le strutture o organismi di coordinamento a livello regionale svolgono le seguenti funzioni:
rilevare il fabbisogno regionale annuale di sangue, emocomponenti, emoderivati e la quantità di plasma necessaria da avviare alle aziende di frazionamento;
fornire alle strutture trasfusionali della regione le direttive necessarie per l'invio delle eccedenze degli emocomponenti ed emoderivati verso aree carenti della regione e, sulla base delle indicazioni della ASSR, verso altre regioni;
svolgere le funzioni di compensazione al fine di regolamentare, anche contabilmente, i flussi di scambio di emocomponenti ed emoderivati relativi alle strutture sanitarie della regione; fornire ai servizi di immunologia e medicina trasfusionale le direttive necessarie per l'invio di plasma alle aziende produttrici di emoderivati e controllare la distribuzione degli emoderivati ottenuti;
fornire ai servizi di immunoematologia e medicina trasfusionale le direttive necessarie per la cessione di sangue umano ed emocomponenti alle imprese produttrici di emodiagnostici convenzionate con le regioni; realizzare un collegamento informativo in collaborazione con il servizio farmaceutico regionale e le aziende sanitarie, al fine di monitorare i consumi di prodotti derivati dal sangue nei presídi pubblici e privati e nelle farmacie esterne, le capacità produttive delle strutture trasfusionali e delle aziende di frazionamento convenzionate, le modalità di distribuzione degli emocomponen ti e degli emoderivati, la spesa farmaceutica per gli emoderivati, l'efficenza dell'organizzazione trasfusionale ed i relativi costi. Tali dati debbono essere comunicati al centro di coordinamento e compensazione e all'ASSR secondo modalità e scadenza concordate;
rapportarsi con la sanità militare per lo scambio di emocomponenti e frazioni plasmatiche nell'ambito della convenzione di cui all'articolo 20, comma 5, della legge n. 107 del 1990;
controllare l'attuazione delle direttive formulate a livello regionale e nazionale.
C) Regolamentazione della produzione nazionale di emoderivati (articolo 10 della legge n. 107 del 1990)
Per quanto riguarda la produzione di emoderivati da plasma nazionale, la situazione, a cinque anni dalla emanazione della legge n. 107 del 1990, si presenta alquanto difficile e complessa.
In effetti il mercato italiano si presenta al momento altamente concentrato in quanto sul territorio nazionale, a seguito di una serie di acquisizioni, é operativa una sola azienda di trasformazione, seppure articolata su piú società.
La recente modifica del testo dell'articolo 10 della legge n. 107 del 1990, operata con decreto-legge 29 novembre 1993, n. 480, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 1994, n. 63, eliminando il vincolo della presenza di una sola impresa di produzione ogni 20 milioni di abitanti, avrebbe dovuto aumentare il grado di competizione esistente all'interno del settore; ma questa condizione non si é di fatto realizzata in quanto le officine di frazionamento presenti sul territorio nazionale appartengono di fatto alla stessa azienda.
Al di là delle considerazioni finora svolte, é da osservare che il vincolo relativo all'obbligo per le aziende che intendano offrire il servizio di frazionamento del plasma nazionale, di avere gli stabilimenti sul territorio italiano al fine di garantire la possibilità di esercitare i controlli previsti dalla legge, potrebbe essere ragionevolmente esteso ai confini dell'Unione europea.
Tale considerazione nasce, da un lato, dall'esigenza di favorire per il settore in oggetto la massima integrazione europea anche in virtú delle norme comunitarie in tal senso e, dall'altro, dalla constatazione che il controllo sulle officine di produzione di emoderivati puó essere esercitato dall'autorità competente di uno Stato membro su tutto il territorio dell'Unione europea.
Pertanto, la scelta di mantenere il vincolo della presenza delle officine di frazionamento sul territorio nazionale é legata ad una valutazione non di tipo tecnico, ma prettamente di tipo politico, nel senso che lo Stato dovrà operare una scelta tenendo conto piú in generale delle opportunità politiche ed economiche di proprio interesse e nel contempo degli impegni assunti a livello comunitario.
Altro problema di rilievo, per quanto riguarda la produzione nazionale di emoderivati, riguarda l'istituzione di modalità per la sorveglianza delle condizioni contrattuali praticate dalle imprese produttrici, al fine di assicurare, almeno in termini relativi, una maggiore omogeneità su tutto il territorio nazionale.
A questo scopo si suggerisce di attribuire questa competenza all'Agenzia per i servizi sanitari regionali.
Altro aspetto rilevante concerne le modalità di distribuzione degli emoderivati di produzione di plasma italiano. In generale la distribuzione degli emoderivati, in quanto specialità farmaceutiche, é regolamentata dalle disposizioni comunitarie in materia che sanciscono il principio della libera commercializzazione in regime di concorrenza. Pertanto il prodotto italiano non puó essere imposto, ma é necessario individuare alcune strategie che creino condizioni piú favorevoli al suo impiego, quali la distribuzione in via esclusiva attraverso le farmacie ospedaliere, la gratuità del prodotto, campagne di sensibilizzazione degli utenti basate sulla maggiore sicurezza del prodotto e sulla garanzia di disponibilità sul mercato.
D) Rafforzamento del ruolo delle associazioni e federazioni di volontariato (articoli 1, 2, 7 e 11 della legge n. 107 del 1990)
Le associazioni e federazioni di donatori svolgono un ruolo centrale per i raggiungimento degli obiettivi assistenziali previsti dalla legge n. 107 del 1990 e pertanto anche la loro attività deve rispondere alla logica organizzativa che considera l'autosufficenza di sangue ed emocomponenti come un interesse nazionale non frazionabile. Per questo motivo la realizzazione su tutto il territorio nazionale di una disciplina uniforme relativamente alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività trasfusionali é un punto decisivo del disegno di legge, diretto a garantire continuità e razionalità alla raccolta del sangue.
Tale strategia di uniformità si realizza attraverso tre fondamentali strumenti previsti dalla legge e che regolamentano le attività associative:
lo statuto;
le convenzioni regionali;
le modalità di finanziamento.
Le attività associative si possono riassumere in due principali aree:
1) promozione del dono del sangue, programmi di educazione sanitaria, reclutamento e gestione dei donatori;
2) raccolta del sangue e del plasma.
Tali attività, soprattutto in relazione al nuovo disegno organizzativo previsto dal decreto legislativo n. 502 del 1992, ed alle nuove modalità di finanziamento, rischiano di essere gravemente penalizzate se non viene definito rapidamente un sistema di regole che garantisca le attività associative nell'ambito del piú ampio scenario del rafforzamento della programmazione nazionale nel settore trasfusionale.
L'attuale sistema di finanziamento, che prevede il riconoscimento al volontariato di un contributo fisso legato al numero delle donazioni effettuate, finisce per penalizzare proprio quelle realtà nelle quali dovrebbe essere effettuato il massimo investimento per raggiungere gli obiettivi di autosufficenza.
D'altra parte, la mancanza di certezze di finanziamento della produzione eccedentaria rischia in altre regioni di penalizzare anche le associazioni piú forti, che rischiano di non veder riconosciuti i propri sforzi da un punto di vista economico. Il problema in oggetto per essere risolto richiede che, in sede di definizione degli aspetti contrattuali, regione ed associazione, col supporto dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, giungano a definire precisi obiettivi programmatici annuali in merito al numero delle donazioni e che il finanziamento alle associazioni sia garantito sulla base di obiettivi concordati, oltre che in base al numero delle donazioni effettuate.
Per quanto riguarda la gestione associativa delle unità di raccolta fisse o mobili si prevede di modificare la legge nel senso di conferire alle associazioni autonomia nella gestione ed organizzazione di tali strutture.
In un sistema dove la programmazione sanitaria ed i comportamenti assistenziali vengono orientati attraverso il finanziamento, é assolutamente necessario che le associazioni e federazioni di volontariato siano adeguatamente rappresentate nella programmazione sia a livello locale (dipartimento) che a livello regionale.
E) Modalità di finanziamento del sistema (articoli 1 e 23 della legge n. 107 del 1990)
Nel nuovo contesto programmatico di cui al decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche, lo Stato non assume piú la diretta responsabilità della gestione del sistema sanitario, che si traduceva nel ripiano "a pié di lista" dei deficit regionali, ma svolge un ruolo di indirizzo e di garanzia, attraverso l'attività di programmazione e la definizione dei livelli di assistenza sanitaria uniforme, e di "acquirente" di servizi nei confronti delle regioni attraverso il sistema di finanziamento. Quest'ultimo diventa, pertanto, uno degli strumenti per perseguire gli obiettivi di programmazione. In altre pa role il sistema di finanziamento deve essere strutturato in modo tale da consentire il perseguimento di ben definiti obiettivi strategici nazionali.
Dalla lettura della legge n. 107 del 1990 e del piano sangue nazionale per il triennio 1994-1996 si evince, quale obiettivo fondamentale, il perseguimento dell'autosufficenza nazionale che va inteso, alla luce del concetto dei livelli di assistenza uniformi, come derivante dalla somma dell'autosufficienza delle singole regioni.
Partendo dal presupposto che il sistema di finanziamento per le strutture trasfusionali deve trovare la propria collocazione nell'ambito delle quote capitarie definite per i livelli di assistenza uniformi, il primo problema da affrontare consisterà nell'individuare, rispetto alle complesse funzioni svolte dal sistema trasfusionale, quali quote-parte concorrono alla copertura dei costi, rispetto alla modalità con la quale é stata scomposta la quota capitaria definita per i livelli assistenziali uniformi.
Altro obiettivo determinante é quello di definire i criteri per la regolamentazione degli scambi di sangue, emocomponenti ed emoderivati tra aziende sanitarie nell'ambito della stessa regione e tra regioni.
In tal senso un aspetto di particolare rilevanza riguarda ovviamente le modalità di cessione, ovvero il prezzo ed i termini di pagamento. Essi, infatti, al fine di non ostacolare il conseguimento dell'obiettivo strategico nazionale devono essere contemporaneamente tali da:
indurre le regioni e le USL attualmente eccedentarie a non limitare l'attività di prelievo alla sola copertura dei fabbisogni locali ed eventualmente della mobilità;
stimolare le regioni e le USL attualmente deficitarie ad aumentare l'attività di prelievo locale. Già attualmente, in mancanza di chiari riferimenti di carattere gestionale e finanziario, si é innescato un pericoloso meccanismo che vede le regioni eccedentarie sempre meno impegnate nel sostenere l'obiettivo dell'autosufficienza nazionale, quando le regioni deficitarie sono ben lontane dai loro obiettivi di autosufficenza.
Il prezzo di cessione, dunque, riveste un ruolo strategico nella definizione dei rapporti tra regioni e dovrebbe essere tale da garantire la copertura di una quota dei costi fissi sostenuti dalle unità sanitarie locali eccedentarie, ma non tanto elevato da sottrarre una quota eccessiva di risorse alle unità sanitarie locali deficitarie, che in tal senso sarebbero certo incentivate ad investire per la diffusione dell'attività di prelievo a livello locale, ma si troverebbero prive dei fondi necessari per poterlo fare. I termini di pagamento dovrebbero, invece, assicurare alle unità sanitarie locali eccedentarie la rapida copertura dei costi sostenuti. Per sostenere questo meccanismo di compensazione, lo Stato deve individuare un fondo appositamente destinato ed individuare gli organismi di coordinamento dell'attività gestionale ed amministrativa sia a livello centrale che periferico.
F) Cessione dei centri associativi (articolo 19 della legge n. 107 del 1990)
L'articolo 19 della legge n. 107 del 1990, al comma 1, prevede il trasferimento alle unità sanitarie locali, ai policlinici universitari ed agli istituti pubblici di ricovero e cura a carattere scientifico, dei centri trasfusionali gestiti per convenzione dalle associazioni di volontariato o da strutture private. All'attuazione sono tenute le regioni; per la verità vi dovevano provvedere entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore della legge.
I tempi di passaggio, già discutibili nel maggio 1990 in quanto retroattivi di sedici mesi, oggi, a sei anni di distanza ed ancora ben lontani da una generalizzata pratica attuazione, lo sono ancora di piú, per cui pare opportuno che il termine ultimo per il trasferimento venga portato ai giorni nostri (ad esempio entro sei mesi dalla approvazione delle modifiche di cui al presente disegno di legge) per evitare che le regioni debbano rispondere di mancata attuazione di una legge dello Stato, aggiungendo inol tre la dicitura azienda sanitaria attribuita alle unità sanitarie locali nel frattempo.
Nel comma 2 del predetto articolo 19, come sostituito dall'articolo 19 del presente disegno di legge, si propone che venga meglio precisata la destinazione del Centro nazionale trasfusione sangue, che andrebbe integrato tra le strutture del Servizio sanitario regionale della regione Lazio.
Nel comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 107 del 1990, relativo al trasferimento del personale, dubbio interpretativo insorge in merito alla data di riferimento del 31 dicembre 1988. Se cioé debbono essere ritenute abilitate al trasferimento solo le persone fisiche a quel momento già in servizio o se si debba por mente alla pianta organica, ovvero un numero di addetti non superiore a quello, a tale data, in forza. La logica deve far propendere per tale ultima soluzione, stante che pare scarsamente realistico e praticabile che ruoli e funzioni, nell'ambito dell'attività, a sei anni di distanza siano ancora ricoperti dagli stessi soggetti. Tanto corrisponderebbe a fermare il tempo e cosí ad escludere possibili cessazioni di servizio per qualsivoglia motivo, con l'ulteriore pericolosa conseguenza che chi ha ricoperto i posti resisi vacanti non sarebbe ritenuto idoneo al trasferimento. D'altro canto, comporterebbe anche che non pochi posti di lavoro, indispensabili per il buon andamento del centro trasfusionale, verrebbero ad essere scoperti.
La modifica che pertanto si propone riguarda appunto il termine temporale previsto dalla norma, in modo tale da rendere estensibile il diritto al trasferimento anche al personale assunto dopo il 31 dicembre 1988, a qualsiasi titolo, purché occupante, con orario non inferiore alle 28 ore settimanali, posti in organico vigenti alla data medesima. Sempre in argomento inoltre si rileva l'opportunità di emendare la lettera a) del comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 107 del 1990, laddove si definisce che il personale da trasferire, in possesso dei requisiti e viste le tabelle di equiparazione, debba comunque sostenere un concorso riservato per titoli ed esami; ció costituisce un paradosso costituzionale, perché il diritto-dovere al trasferimento (di fatto é un trasferimento d'autorità), viene messo in forse, subordinandolo all'esito del concorso. Non solo, anche l'indicazione che tale trasferimento viene effettuato a domanda del personale interessato, non modifica la precedente affermazione (trasferimento d'autorità), in quanto a tale personale viene offerta solo l'opportunità a trasferirsi, venendo meno per l'associazione la possibilità di poterlo ancora impiegare, non gestendo piú le proprie attività, trasferite per legge alla struttura sanitaria, sicché il personale di cui trattasi dovrebbe sostenere un esame, non per migliorare la propria qualifica ma per continuare a svolgere presso il nuovo ente quella attività che già sta svolgendo da molto tempo.
Considerando che di cambiato vi é solo l'ente e che trattasi di un trasferimento "obbligatorio" per legge, si ritiene che debba essere effettuata solamente l'individuazione della esatta collocazione di detto personale nella posizione funzionale (qualifica) dell'ente presso cui dovrà trasferirsi, e che la stessa, tramite le tabelle di equiparazione emanate dal Ministro della sanità con proprio decreto 8 ottobre 1993, n. 590, non possa prescindere dal decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, (articoli 24, 25 e 26, primo comma), e dal decreto del Ministro della sanità 21 ottobre 1991, n. 458 (articolo 3, comma 1, lettera c), e comma 2). Si ritiene inoltre necessario che venga specificato, attraverso opportune integrazioni dell'articolo 19, che il personale trasferito sia obbligatoriamente iscritto, ai fini del trattamento di quiescenza, all'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, che per la ricongiunzione di tutti i servizi o periodi assicurativi connessi con il servizio prestato presso i centri trasfusionali di provenienza, con iscrizione a forme obbligatorie di previdenza diverse, si applichi l'articolo 6 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, e che eventuali oneri aggiuntivi siano a carico della regione di competenza.
Infine, a titolo transitorio, fermi restando i provvedimenti di trasferimento già effettuati, si ritiene opportuno specificare che al personale di cui ai commi 1 e 2 del predetto articolo 19, già trasferito, si applicano i benefici di cui al comma 5 dello stesso articolo 19.
G) Sanzioni (articolo 17 della legge n. 107 del 1990)
Il disegno di legge in esame si occupa anche con ampiezza di una migliore e piú puntuale definizione di una serie di sanzioni rispetto alla legge del 1990.
H) Regolamentazione dei rapporti tra le strutture trasfusionali e le istituzioni sanitarie private accreditate e non accreditate
La legge n. 107 del 1990 definisce con chiarezza che l'attività di raccolta e di distribuzione del sangue umano é interamente affidata al Servizio sanitario nazionale.
Pertanto i presídi pubblici e quelli privati accreditati e non accreditati che sono sprovvisti di strutture trasfusionali sono dotati di frigo-emoteca la cui funzione é regolamentata dalla legge n. 107 del 1990 e dal vigente piano sangue e plasma nazionale. Uno dei punti di debolezza della legge n. 107 del 1990 e del piano sangue nazionale é proprio quello di non aver fornito sufficienti riferimenti normativi circa la regolamentazione dei rapporti tra le strutture pubbliche e quelle private in merito alla distribuzione del sangue, alla medicina trasfusionale e alla gestione delle emoteche. Attualmente tale tipo di regolamentazione é implicitamente affidata alla iniziativa delle regioni; in tal senso si puó constatare che solo poche regioni italiane si sono dotate di apposite convenzioni per disciplinare tale settore. Pertanto, nell'esigenza di una definitiva risposta a questo problema e per conferire omogeneità normativa in tal delicato settore, si propone di introdurre nel testo della legge n. 107 del 1990 la previsione che il Ministro della sanità, sentita la Commissione nazionale, emani un decreto avente come oggetto lo schema tipo di convenzione tra strutture private e non e servizio di medicina trasfusionale.
Per concludere, un augurio: speriamo che la XIII legislatura sappia occuparsi con urgenza di un tema cruciale, apprezzando lo sforzo dell'AVIS che abbiamo voluto rendere pubblico, presentando questo disegno di legge e ponendolo come possibile punto di partenza per una riforma ormai necessaria.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1. 1. All'articolo 1 della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo le parole: "e dei suoi componenti" sono inserite le seguenti: "e la medicina trasfusionale"; |
Art. 2. 1. All'articolo 2 della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 2 é sostituito dal seguente: |
Art. 3. 1. Il comma 5 dell'articolo 3 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: " 5. Il prelievo di sangue intero e dei suoi componenti é eseguito da un medico o, sotto la sua responsabilità ed in sua presenza, da un infermiere professionale". |
Art. 4. 1. L'articolo 4 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: "Art. 4. - 1. L'organizzazione delle attività trasfusionali a livello locale é materia demandata alle regioni nel rispetto dei livelli uniformi di assistenza sanitaria. a) servizi di immunoematologia e medicina trasfusionale; 3. Le strutture di cui al comma 2 sono organizzate in forma dipartimentale con un ambito territoriale definito dalla programmazione regionale. Il dipartimento ha il compito di coordinare sul piano tecnico, scientifico ed organizzativo le attività trasfusionali. a) centri di coordinamento e compensazione; 5. A livello nazionale sono, inoltre, previsti il Ministero della sanità, la Commissione di cui all'articolo 12, l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia per i servizi sanitari regionali". |
Art. 5. 1. All'articolo 5 della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 é sostituito dal seguente: b) al comma 2: " c) promuovere ed assicurare la terapia trasfusionale mirata; 3) le lettere f) e g) sono sostituite dalle seguenti: " f) garantire il buon uso del sangue con la costituzione dei comitati trasfusionali ospedalieri a cui deve partecipare di diritto un rappresentante delle associazioni o federazioni del volontariato del sangue; 4) la lettera k) é abrogata; " 2- bis. Il Ministro della sanità, sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, emana norme riguardanti la disciplina dei rapporti tra le strutture pubbli che provviste dei servizi trasfusionali e tra quelle pubbliche e private, accreditate e non accreditate, dotate di frigo-emoteca". |
Art. 6. 1. L'articolo 6 della legge 6 maggio 1990, n. 107, é abrogato. |
Art. 7. 1. Il comma 2 dell'articolo 7 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: " 2. Le unità di raccolta possono essere gestite ed organizzate direttamente anche dalle associazioni o dalle federazioni dei donatori volontari di sangue, previa autorizzazione da parte delle regioni territorialmente competenti, conformemente alle esigenze indicate nei rispettivi piani sanitari regionali e subordinatamente alla verifica della presenza di condizioni strutturali idonee". |
Art. 8. 1. Dopo l'articolo 7 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é inserito il seguente: "Art. 7- bis.- 1. Al Ministero della sanità sono affidate le funzioni di programmazione e controllo del raggiungimento degli obiettivi previsti. Esso si avvale dell'Istituto superiore di sanità, per quanto attiene le problematiche tecnico-scientifiche, mentre all'Agenzia per i servizi sanitari regionali sono affidate funzioni operative attraverso il coordinamento delle strutture regionali. |
Art. 9. 1. L'articolo 8 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: "Art. 8. - 1. Le regioni, attraverso i centri regionali di coordinamento e compensazio ne, assicurano il raggiungimento dell'autosufficienza regionale e nazionale di sangue e dei suoi prodotti. a) coordinare le attività dei servizi di immunoematologia e medicina trasfusionale della regione, favorendo la collaborazione delle associazioni e federazioni dei donatori volontari del sangue; 4. Ciascuna regione, nell'ambito del proprio piano sanitario, individua il servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale che esercita le seguenti funzioni: a) collaborare con le strutture di cui all'articolo 20, comma 3, per disporre di una scorta di sangue, di emocomponenti e di emoderivati per le urgenze e le emergenze sanitarie, nonché per gli interventi in caso di calamità; 5. Le regioni, nell'ambito delle proprie specifiche competenze, rilasciano certificazioni di accreditamento alle strutture trasfusionali ed esercitano funzioni ispettive di vigilanza e controllo. |
Art. 10. 1. L'articolo 9 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: "Art. 9. - 1. Oltre ai compiti di cui all'articolo 8, comma 6, l'Istituto superiore di sanità svolge le seguenti funzioni: a) promuove la ricerca scientifica nel settore immunotrasfusionale, principalmente nella prevenzione delle malattie trasmissibili, avvalendosi anche della collaborazione delle società scientifiche di settore; |
Art. 11. 1. Dopo l'articolo 9 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é inserito il seguente: "Art. 9- bis. 1. Il Ministero della sanità svolge di norma le seguenti funzioni: a) programmazione delle attività trasfusionali a livello nazionale; 2. Dopo l'articolo 9- bis della legge 4 maggio 1990, n. 107, introdotto dal comma 1 del presente articolo, é inserito il seguente: "Art. 9-ter. - 1. Il Ministro della sanità, per le funzioni di cui agli articoli 1, 7 -bis e 9 -bis, e di cui al presente articolo, si avvale dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali. a) monitoraggio e verifica degli obiettivi posti dalle vigenti disposizioni di legge e dalla programmazione nazionale nel settore trasfusionale; |
Art. 12. 1. I commi 2, 3 e 4 dell'articolo 10 della legge 4 maggio 1990 n. 107, sono sostituiti dai seguenti: " 2 . Il Ministro della sanità, con proprio decreto, sentito il parere della Commissione di cui all'articolo 12 e del Consiglio superiore della sanità, individua, tra le aziende di cui al comma 1 del presente articolo, i centri di produzione di emoderivati autorizzati alla stipulazione di convenzioni con i centri regionali di coordinamento e compensazione, per la lavorazione di plasma nazionale raccolto in Italia sotto il controllo dell'Istituto superiore di sanità e dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, che vigilano sull'entità e resa del frazionamento e sulla qualità del prodotto finale. a) l'obbligo per le industrie di documentare per ogni lotto di emoderivato la regione di provenienza del plasma lavorato ed il rispetto delle buone pratiche di laboratorio e di tutte le altre norme stabilite a livello comunitario, con particolare riferimento ai protocolli di batch release; 2. Il decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 10, comma 2, della legge 4 maggio 1990, n. 107, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, é emanato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. |
Art. 13. 1. Il comma 2 dell'articolo 11 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: " 3 . Ciascuna regione esercita altresí le seguenti funzioni: 3. Il comma 4 dell'articolo 11 della legge 4 maggio 1990 n. 107, é sostituito dal seguente: " 4 . Il Ministro della sanità, sulla base delle carenze segnalate dalla Agenzia per i servizi sanitari regionali, predispone, sentita la Commissione di cui all'articolo 12, un progetto mirato ad incrementare la donazione di sangue-plasma nei comuni delle regioni nelle quali non sia stata raggiunta l'autosufficienza rispetto alle esigenze, anche mediante il coinvolgimento degli stessi comuni in attività di promozione e di supporto dell'associazionismo". |
Art. 14. 1. All'articolo 12 della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 2 é sostituito dal seguente: " 5 . Il Ministro della sanità, nel formulare il piano sanitario nazionale, definisce, con il supporto della Commissione di cui al comma 2, un programma specifico per le attività trasfusionali. In relazione alla elaborazione di tale programma specifico la Commissione determina una proposta di programma triennale riguardante il complesso delle proprie competenze". |
Art. 15. 1. L'articolo 1 della legge 13 luglio 1967, n. 584, come sostituito dall'articolo 13 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: "Art. 1. - 1 . I donatori di sangue e di emocomponenti con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto ad astenersi dal la voro per l'intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l'intera giornata lavorativa. I relativi contributi previdenziali sono accreditati ai sensi dell'articolo 8 della legge 23 aprile 1991, n. 155. |
Art. 16. 1. L'articolo 14 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: "Art. 14. - 1 . Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 della legge 13 luglio 1967, n. 584, e successive modificazioni, al datore di lavoro vengono certificati, a cura del servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale o del centro trasfusionale o dell'unità di raccolta, l'accesso e le pratiche delle donazioni cui é stato sottoposto il dipendente donatore di sangue". |
Art. 17. 1. All'articolo 16 della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 é sostituito dal seguente: " 3 . Le direzioni sanitarie verificano mensilmente, sulla base dei questionari previsti, il ricorso intraospedaliero alle pratiche autotrasfusionali; i dati cosí raccolti vengono mensilmente trasmessi al centro regionale di coordinamento e compensazione". |
Art. 18. 1. Il comma 1 dell'articolo 17 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: " 1 . Chiunque preleva, procura, raccoglie, conserva o distribuisce sangue umano, o produce e mette in commercio derivati del sangue umano al di fuori delle strutture e senza le autorizzazioni previste dalla presente legge o per fini di lucro, é punito con la reclusione da uno a tre anni e la multa da lire 400.000 a lire 20.000.000. Se il colpevole é persona che esercita la professione sanitaria, alla condanna segue l'interdizione dall'esercizio della professione per ugual periodo". |
Art. 19. 1. L'articolo 19 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: 2. I trasferimenti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 19 della legge 4 maggio 1990, n. 107, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, devono essere effettuati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. La disposizione del comma 4 del predetto articolo 19 si applica al personale a qualunque titolo in servizio da almeno sei mesi prima della data di entrata in vigore della presente legge. |
Art. 20. 1. L'articolo 21 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: "Art. 21. - 1 . Non sono soggette ad imposizione tributaria le attività che le associazioni di volontariato, di cui all'articolo 1, comma 8, svolgono in adempimento delle finalità della presente legge e per gli scopi associativi". |
Art. 21. 1. Il comma 2 dell'articolo 23 della legge 4 maggio 1990, n. 107, é sostituito dal seguente: " 2 . All'onere derivante dall'attuazione della presente legge relativamente alla razionalizzazione ed al potenziamento delle strutture preposte alle attività trasfusionali, laddove le stesse siano carenti, si provvede entro i limiti dello stanziamento di lire 30 miliardi per ciascuno degli anni 1996, 1997, 1998. Al relativo onere si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1996-1998, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro". |
Art. 22. 1. All'articolo 24, comma 1, della legge 4 maggio 1990, n. 107, il secondo periodo é sostituito dal seguente: "Sino alla data di emanazione delle norme di attuazione di cui all'articolo 11, comma 1, continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con la presente legge, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1971, n. 1256". |