Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 1667
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SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIII LEGISLATURA ———–
N. 1667
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori RUSSO SPENA, MARINO, ALBERTINI, BERGONZI, CAPONI, CÓ, CRIPPA, MANZI, MARCHETTI e SALVATO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 NOVEMBRE 1996
Riorganizzazione della cooperazione allo sviluppo
- RELAZIONE
- DISEGNO DI LEGGE
- Art. 1. (Finalità della politica di cooperazione allo sviluppo)
- Art. 2. (Ambito di applicazione)
- Art. 3. (Organizzazione e governo della cooperazione allo sviluppo)
- Art. 4. (Controllo della cooperazione allo sviluppo e istituzione della Commissione parlamentare bicamerale permanente per la [...]
- Art. 5. (Soggeti beneficiari della cooperazione allo sviluppo)
- Art. 6. (Organismi esecutori di progetti di cooperazione allo sviluppo)
- Art. 7. (Oggetto dell'attività di cooperazione)
- Art. 8. (Modalità delle attività di cooperazione)
- Art. 9. (Compiti dell'ECS)
- Art. 10. (Direttore generale)
- Art. 11. (Consiglio di amministrazione)
- Art. 12. (Collegio dei revisori dei conti)
- Art. 13. (Organizzazione dell'ECS)
- Art. 14. (Personale dell'ECS)
- Art. 15. (Unità locali di cooperazione)
- Art. 16. (Autonomia finanziaria dell'ECS)
- Art. 17. (Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo)
- Art. 18. (Istituto di credito per lo sviluppo)
- Art. 19. (Esenzioni fiscali e versamento di una quota dell'IRPEF)
- Art. 20. (Associazioni senza fine di lucro e società cooperative per la cooperazione allo sviluppo)
- Art. 21. (Consulta per la cooperazione allo sviluppo)
- Art. 22. ( Status dei cooperanti)
- Art. 23. (Cooperazione decentrata)
- Art. 24. (Partecipazione degli immigrati provenienti dai Paesi delle periferie del mondo)
- Art. 25. (Commercio equo e solidale)
- Art. 26. (Personale dell'ECS)
- Art. 27. (Indirizzi programmatici)
- Art. 28. (Finanziamento del fondo unico)
- Art. 29. (Gestione delle attività pregresse e direttive alle ambasciate)
- Art. 30. (Abrogazione della normativa incompatibile)
ONOREVOLI SENATORI. - Il presente disegno di legge che presentiamo si ispira al principio generalissimo che le attività di cooperazione costituiscono, per la Repubblica nel suo complesso, oggetto di un dovere internazionale di solidarietà, reso oggi piú che mai attuale dall'approfondirsi dei rapporti tra i popoli e tra gli Stati e dalla crescita delle disparità nei livelli e nelle condizioni di vita, ripetutamente evidenziata dai rapporti delle organizzazioni internazionali.
L'attuazione di politiche di cooperazione allo sviluppo da parte dei paesi economicamente piú avanzati, tra i quali indubbiamente si colloca il nostro, non puó costituire un optional , ma costituisce l'adempimento di un elementare dovere giuridico, previsto dagli articoli 1, paragrafo 3, 55 e 56 della Carta delle Nazioni Unite.
La realizzazione di tali politiche, d'altronde, obbedisce a un imperativo di buon senso, data la sempre maggiore e piú approfondita dipendenza tra le varie economie e società. La stessa presenza ed immagine del nostro Paese sulla scena internazionale appare meglio garantita, a nostro avviso, da una politica di cooperazione allo sviluppo congrua, efficace e coerente, che da altri mezzi.
É dunque nostro compito dotarci di strumenti normativi ed organizzativi adeguati al perseguimento di tali scopi. L'esperienza compiuta in questo settore negli ultimi anni, pur non priva di episodi e fatti positivi, ha dimostrato, a nostro parere, l'esigenza di una radicale riforma, che si sostanzi in profonde e importanti modifiche dei meccanismi preposti alla decisione, alla attuazione ed al controllo della cooperazione allo sviluppo. Questo non solo per evitare il ripetersi di episodi criminosi, che pure ci sono stati, ma piú in generale per far sí che il perseguimento delle grandi finalità di alto valore morale e civile internazionale che deve proporsi l'intervento di cooperazione non sia ostacolato e soffocato dal prevalere di logiche con esse contraddittorie. Va oggi decisamente invertita la tendenza alla costante diminuzione degli impegni finanziari, che non riguarda solo il nostro Paese, ma l'insieme dei Paesi dell'Occidente, anche se da noi tale fenomeno ha assunto un'ampiezza tale da farci precipitare agli ultimi posti della classifica dei Paesi donatori.
Le cifre fornite di recente dal sottosegretario onorevole Rino Serri, sono eloquenti: l'aiuto pubblico allo sviluppo erogato dallo Stato italiano é precipitato da 2.404 milioni di dollari nel 1986 a 1.521 nel 1995. La diminuzione é ancora piú evidente se espressa in termini di percentuale sul prodotto interno lordo, che, per gli stessi anni, retrocede dallo 0,40 allo 0,14.
Tutto ció rappresenta un ingiustificabile passo indietro che mina a fondo la credibilità del nostro Paese in tutte le sedi internazionali.
Per tutti questi motivi, si rivela oggi necessaria ed urgente un'ampia riforma della cooperazione allo sviluppo. Le politiche fin qui perseguite, infatti, oltre a dar luogo a taluni scandali sui quali la magistratura appare ancora lungi dall'aver fatto una luce piena e soddisfacente, hanno mostrato limiti e carenze evidenti. Su tutto ció vi é ormai una ricca e concorde pubblicistica. Bisogna d'altronde tornare a sottolineare il lavoro compiuto dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'attuazione della politica di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, conclusosi con una relazione cui il nostro gruppo ha voluto aggiungere, per irrinunciabili esigenze di chiarezza, una propria relazione integrativa.
Il disegno di legge elaborato dal gruppo Rifondazione comunista-progressisti rappresenta, a nostro avviso, l'unico tentativo organico e completo fin qui compiuto di ri formare e razionalizzare la cooperazione allo sviluppo, superando le gravi carenze che hanno portato negli anni scorsi, oltre che al proliferare di gravi scandali, a numerosi episodi di inefficienza, compromettendo la credibilità della relativa politica sia nei confronti dei Paesi partner che in quelli dell'opinione pubblica.
Essa costituisce, al tempo stesso, un contributo a un dibattito che ci auguriamo si arricchisca di nuovi contributi, al fine di pervenire a una riforma effettiva in tempi brevi.
Si é, in primo luogo, ritenuto che andassero distinti fra loro, per elementari esigenze di buona amministrazione, tre momenti fondamentali:
1) indicazione delle linee politiche di fondo con l'identificazione dei Paesi e dei settori prioritari;
2) programmazione ed attuazione degli interventi;
3) controllo degli effetti degli interventi.
É nostra opinione, fondata su anni di esperienza, che il primo compito debba spettare al Parlamento e al Governo nel suo complesso. Se infatti insostituibile resta, come é ovvio, il ruolo del Ministero degli affari esteri, é altresí evidente che la politica di cooperazione, per le sue implicazioni, non puó essere delegata a un settore, per quanto importante, dell'amministrazione statale, quale il Ministero degli affari esteri, del quale é a sua volta urgente la riforma e che assomma già rilevanti incombenze e responsabilità. In questo senso, l'identificazione di un Ministro senza portafoglio della cooperazione allo sviluppo, oltre a corrispondere a un modello abbastanza diffuso in ambito europeo, sembra garantire meglio le esigenze della politica di cooperazione, che sono al tempo stesso di collegamento e rapporto costante con un insieme complesso e ramificato di altre politiche verso i Paesi terzi, e di autonomia e rilevanza specifica degli obiettivi perseguiti e degli interessi da soddisfare. La programmazione ed attuazione degli interventi va, d'altro canto, affidata a un unico centro, dotato dei necessari livelli di autonomia e professionalità. Proponiamo a tal fine l'istituzione di un ente apposito, l'Ente per la cooperazione allo sviluppo, nella cui direzione e gestione possano armonicamente ricomporsi le differenti e molteplici componenti, sia provenienti dall'amministrazione pubblica dello Stato e degli enti territoriali, sia piú diretta espressione della società.
Il controllo, infine, va delegato a organi diversi da quelli chiamati a programmare ed attuare la politica, in particolare istituendo, in conformità ad una proposta emersa con consenso pressoché unanime dalla Commissione parlamentare d'inchiesta, una Commissione parlamentare permanente e prevedendo la massima trasparenza delle scelte e degli atti.
In secondo luogo, la politica di cooperazione, per la sua importanza strategica e le sue motivazioni peculiari, rappresenta un proprium che non puó essere confuso con altre politiche, come quella di promozione del commercio estero. La politica di cooperazione deve essere svolta in modo efficiente, tenendo presenti le sue finalità specifiche ed esclusive. Ció vale anche nei confronti delle politiche di aiuto umanitario d'emergenza, le quali vanno distinte da quelle di cooperazione allo sviluppo. Ecco perché il nostro disegno di legge non prende in specifica considerazione gli aiuti d'emergenza, cui potrà essere dedicata una specifica disciplina.
Va comunque prestata estrema attenzione nell'evitare il ripetersi degli errori del passato con la moltiplicazione dei centri e delle procedure di spesa, con i conseguenti effetti in termini di irrazionalità, ingestibilità e incontrollabilità dell'insieme delle politiche prestate nei confronti dei Paesi impoveriti.
Va attribuita infine la massima attenzione e possibilità di agire ai diversi settori sociali, incentivando la cooperazione decentrata svolta dagli enti territoriali, eliminando l'idoneità per le organizzazioni non governative intesa come requisito di casta, e sostituendola con un criterio di ammissibilità dei programmi, cosí come avviene attualmente in sede di Unione europea, dando una voce in capitolo anche alle popola zioni dei Paesi partner , esaltando il ruolo degli immigrati, vero e proprio cordone ombelicale fra la nostra società e quelle dei Paesi di provenienza, dando spazio a fenomeni nuovi e di grande interesse come il commercio equo e solidale.
Il disegno di legge consta di sei titoli e di 30 articoli.
Il primo titolo, denominato "Principi fondamentali e norme generali", all'articolo 1 espone le finalità della politica di cooperazione allo sviluppo, attualizzandole con riferimento alle recenti conferenze internazionali che hanno avuto ad oggetto lo "sviluppo sostenibile", lo sviluppo sociale e l'impatto di genere oltre che sull'infanzia.
Quindi, all'articolo 2, la proposta si sofferma su quelli che a nostro parere devono essere e rimanere gli ambiti, rigorosamente definiti, della cooperazione, da non confondersi con quelli di altre politiche, per il quale il nostro ordinamento giuridico predispone strumenti specifici.
In questo senso, il successivo articolo 3 configura il quadro direttivo della politica di cooperazione, delineando una "triangolazione" fra Governo, Parlamento ed un ente di nuova istituzione, dotato dei mezzi e delle professionalità necessarie a gestire gli interventi.
L'attribuzione al Governo dei poteri di definizione degli indirizzi della politica di cooperazione, lungi dal comportare una svalutazione del rilievo di politica estera degli interventi in questione, ne sottolinea al contrario l'importanza, tanto piú che si coniuga con l'attribuzione al Parlamento, mediante una apposita Commissione parlamentare bicamerale permanente, di importanti poteri di controllo e di indirizzo (articolo 4).
Ne consegue altresí la necessità dell'individuazione di una sede ministeriale apposita, strettamente coordinata con le altre amministrazioni titolari di poteri in materie affini, prima fra tutte il Ministero degli affari esteri con la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri.
Abbiamo voluto in tal modo, sancire il principio secondo il quale la cooperazione é parte della politica estera italiana e non certo suo strumento, come da qualche parte si prospetta con un evidente regressione rispetto alla stessa esperienza della legge 26 febbraio 1987, n. 49. La cooperazione infatti costituisce a ben vedere una delle basi fondamentali della politica estera del nostro Paese nei confronti dei Paesi impoveriti, ispirata al fondamentale principio pacifista ed internazionalista di cui all'articolo 11 della nostra Costituzione. Trova spazio, in questo quadro, l'attribuzione a regioni ed enti locali di poteri di iniziativa e di attuazione nel campo della cooperazione cosiddetta decentrata (articolo 23), da condurre ovviamente nel rispetto delle finalità della legge e degli indirizzi generali di politica estera approvati da Parlamento e Governo (articolo 3), con la previsione di un'apposita Commissione paritetica destinata a garantire una gestione per quanto possibile coordinata e concordata degli interventi. Analogo intento chiarificatore perseguono i successivi articoli 5 e 6, dedicati rispettivamente ai partner e agli esecutori della cooperazione, mentre gli articoli 7 e 8 disegnano, rispettivamente, l'oggetto e le modalità della politica di cooperazione. Sull'importanza di queste ultime, in particolare, non si insisterà mai abbastanza, dato il valore strategico che assumono i "piani-Paese" nei quali inserire organicamente gli interventi. Una scommessa che finora gli organismi preposti alle attività di cooperazione sono riusciti a vincere troppo raramente.
Il titolo II é dedicato alla struttura e alle funzioni dell'Ente di cooperazione allo sviluppo (articoli 9-15), mentre il titolo III (articoli 16-19) disciplina il finanziamento degli interventi, mediante un fondo unico, nel quale sono destinati a confluire gli stanziamenti finora sparsi in vari capitoli e tabelle del bilancio statale. Il Fondo viene gestito da un apposito Istituto di credito allo sviluppo.
Il necessario concorso della società civile alla progettazione e attuazione degli interventi é oggetto del successivo titolo IV (articoli 20, 21, 22), che é dedicato alle entità senza fini di lucro che operano nel settore e allo status dei cooperanti.
Il titolo V (articoli 23, 24, 25) si sofferma poi su taluni fenomeni che presentano grandi potenzialità: la cooperazione decentrata, la partecipazione degli immigrati dei Paesi delle periferie del mondo, il commercio equo e solidale. Quest'ultimo, in particolare si presenta come elemento di costruzione di nuovi rapporti tra Paesi del nord e del sud del mondo o, meglio, tra centri e periferie del sistema economico mondiale, in quanto esprime relazioni di lunga durata tra organizzazioni senza fini di lucro dei Paesi sviluppati e gruppi di produttori dei Paesi partner con l'obiettivo di sostenere i processi di autosviluppo di queste realtà produttive.
Il disegno di legge si conclude con un titolo VI (articoli 26-30), che contiene alcune disposizioni transitorie, destinate a garantire il necessario avvio dei nuovi meccanismi, nonché una disposizione finale di abrogazione delle norme incompatibili.
DISEGNO DI LEGGE |
TITOLO I
NORME GENERALI
Art. 1. (Finalità della politica di cooperazione 1. É compito della Repubblica promuovere, organizzare ed attuare una politica di cooperazione allo sviluppo che si ispiri alle seguenti finalità: a) la promozione di relazioni pacifiche, collaborative, eque e solidali tra i popoli, le comunità e gli Stati, anche al fine di prevenire i conflitti, in conformità alla Costituzione repubblicana e alla Carta delle Nazioni Unite; 2. La Repubblica considera con particolare favore le iniziative volte a promuovere una società multiculturale, utilizzando l'apporto professionale degli immigrati provenienti dai Paesi delle periferie del mondo ai progetti di cooperazione allo sviluppo. |
Art. 2. (Ambito di applicazione) 1. Rientrano nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che concorrono al raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1. |
Art. 3. (Organizzazione e governo della cooperazione 1. Alla politica di cooperazione allo sviluppo sovrintende il Ministro senza portafoglio della cooperazione allo sviluppo, che propone al Consiglio dei ministri per l'approvazione, gli indirizzi e le finalità di tale politica, assicurando anche il coordinamento fra le attività bilaterali, multilaterali, multibilaterali e quelle attuate dall'Unione europea, dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni internazionali. |
Art. 4. (Controllo della cooperazione allo sviluppo e istituzione della Commissione parlamentare bicamerale permanente per la cooperazione allo sviluppo) 1. Le attività di cooperazione allo sviluppo e i relativi regolamenti e atti di indirizzo sono soggetti al controllo e alla verifica della Commissione parlamentare bicamerale permanente per la cooperazione allo sviluppo, composta da dieci deputati e dieci senatori nominati dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in rappresentanza e proporzionalmente ai vari gruppi parlamentari e con almeno un rappresentante ai vari gruppi parlamentari e con almeno un rappresentante per ogni gruppo. |
Art. 5. (Soggeti beneficiari della cooperazione 1. Possono beneficiare degli interventi previsti dalla presente legge i soggetti, pubblici o privati, residenti nei Paesi partner , nonché le popolazioni e le comunità destinatarie di specifiche previsioni di tutela e promozione in ambito internazionale o comunque individuate dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4. a) si rendano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani; 3. Anche nei casi di cui al comma 2 é tuttavia possibile attuare, mediamente i soggetti di cui all'articolo 20, interventi che abbiano come dirette destinatarie le popolazioni civili e vengano discussi e negoziati con i diretti rappresentanti di tali popolazioni. |
Art. 6. (Organismi esecutori di progetti 1. Possono richiedere contributi all'ECS per le attività di cooperazione, le associazioni senza fini di lucro e le società cooperative di cui all'articolo 20, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane o loro consorzi, le università e gli altri enti pubblici. |
Art. 7. (Oggetto dell'attività di cooperazione) 1. Nel quadro di rapporti di mutualità e di interscambio tra popoli, rientrano fra l'altro nell'attività di cooperazione: a) la realizzazione di progetti di sviluppo integrato e l'attuazione delle iniziative atte a perseguire, nei Paesi partner , le finalità di cui all'articolo 1; 2. Gli interventi di cooperazione allo sviluppo sono finanziati mediante doni e crediti d'aiuto a condizioni particolarmente agevolate. I crediti d'aiuto, cosí come i doni, non possono essere in nessun modo legati, né associabili a strumenti finanziari a condizioni di mercato o meno favorevoli. Il ricorso ai crediti d'aiuto é possibile nell'ambito di programmi complessi che prevedano anche il ricorso a finanziamento a dono, tenendo comunque presente la necessità di spendere in loco o nei Paesi limitrofi almeno il 50 per cento dei finanziamenti a credito. |
Art. 8. (Modalità delle attività di cooperazione) 1. Per ogni Stato destinatario di interventi di cooperazione l'ECS redige un piano-Paese, da aggiornare periodicamente. Qualora lo ritenga opportuno l'ECS redige inoltre piani regionali comprendenti territori situati in piú Stati o nel medesimo Stato. COMPITI E STRUTTURA DELL'ENTE PER LA COOPERAZIONE
ALLO SVILUPPO (ECS) |
Art. 9. (Compiti dell'ECS) 1. L'ECS promuove, finanzia, coordina ed esegue gli interventi di cui all'articolo 7, comma 1, tenendo presente il quadro piú generale delle attività di cooperazione allo sviluppo svolte a vari livelli dagli altri Stati, dall'Unione europea, dagli organismi e istituti afferenti al sistema delle Nazioni Unite e da altre organizzazioni internazionali. |
Art. 10. (Direttore generale) 1. Il direttore generale dell'ECS é nominato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cooperazione allo sviluppo. La nomina viene approvata dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4. Il direttore generale dura in carica cinque anni. |
Art. 11. (Consiglio di amministrazione) 1. Il consiglio di amministrazione dell'ECS é composto dal direttore generale e da dieci membri, di cui un membro nominato dal Ministro della cooperazione allo sviluppo, un membro nominato dal Ministro del tesoro, un membro nominato dal Ministro degli affari esteri, tre membri nominati dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, un membro nominato dal personale dell'ECS addetto alla valutazione, attuazione e sorveglianza dei progetti, un membro nominato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, un membro nominato dall'Unione province d'Italia e un membro nominato dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. Alle riunioni del consiglio d'amministrazione partecipano di diritto quattro nominati dal comitato direttivo della Consulta per la cooperazione allo sviluppo, di cui all'articolo 21, senza diritto di voto. |
Art. 12. (Collegio dei revisori dei conti) 1. Presso l'ECS é istituito un collegio dei revisori dei conti, presieduto da un magistrato della Corte dei conti, e composto da cinque membri, di cui tre nominati dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, uno nominato dal Ministro del tesoro e uno nominato dal consiglio di amministrazione dell'ECS su proposta del direttore generale. |
Art. 13. (Organizzazione dell'ECS) 1. L'ECS é strutturata in divisioni geografiche, in una divisione multilaterale e in una divisione del personale. a) gestione dei rapporti con gli organismi delle Nazioni Unite; 4. La definizione della tipologia degli interventi finanziabili sui canali multilaterale e multibilaterale é contenuta nel regolamento di esecuzione della presente legge. |
Art. 14. (Personale dell'ECS) 1. Il personale dell'ECS é inquadrato in appositi ruoli stabiliti sulla base del negoziato fra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministro della cooperazione allo svilupp e organizzazioni sindacali entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino alla definizione della nuova normativa sono applicate le disposizioni contrattuali già in vigore per il personale della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. |
Art. 15. (Unità locali di cooperazione) 1. L'ECS provvede all'istituzione di unità locali di cooperazione (ULC) con sede propria nei Paesi partner . a) nella conduzione dei negoziati con le autorità centrali e locali del Paese partner relativamente alla definizione e realizzazione dei piani-Paese e dei progetti di cooperazione; FINANZIAMENTO DELLA
COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO |
Art. 16. (Autonomia finanziaria dell'ECS) 1. Alla gestione delle attività dirette alla realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1 si provvede in deroga alle norme sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. |
Art. 17. (Fondo unico per la cooperazione 1. Il fondo unico per la cooperazione allo sviluppo destinato all'attuazione delle iniziative previste dalla presente legge é costituito: a) dagli stanziamenti quinquennali iscritti nell'apposita rubrica del fondo unico; 2. Gli stanziamenti destinati alla realizzazione delle attività di cooperazione sono determinati in sede di legge finanziaria. Essi sono stabiliti per il quinquennio successivo senza possibilità di riduzioni al fine di garantire l'assunzione di impegni certi per la realizzazione delle iniziative di cooperazione che hanno per lo piú durata pluriennale. Per il finanziamento di dette iniziative non é pertanto richiesta l'autorizzazione del Ministro del tesoro. I residui non utilizzati sono riportati negli esercizi successivi. |
Art. 18. (Istituto di credito per lo sviluppo) 1. Ai fini della gestione finanziaria e contabile del fondo unico di cui all'articolo 17 é costituito l'Istituto di credito per lo sviluppo (ICS). |
Art. 19. (Esenzioni fiscali e versamento 1. I singoli contribuenti possono devolvere, mediante apposita dichiarazione allegata alla denuncia annuale dei redditi, al fondo unico di cui all'articolo 17 e ai soggetti di cui all'articolo 20 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Le relative modalità sono stabilite con decreto del Ministro delle finanze, di concerto col Ministro della cooperazione allo sviluppo. ASSOCIAZIONI SENZA FINE DI
LUCRO PER LA COOPERAZIONE ALLO
SVILUPPO, SOCIETÁ COOPERATIVE E
STATUS DEI COOPERANTI |
Art. 20. (Associazioni senza fine di lucro e società cooperative per la cooperazione allo sviluppo) 1. Possono presentare all'ECS progetti volti a perseguire le finalità di cui all'articolo 1 le associazioni o gruppi di associazioni che presentino i seguenti requisiti: a) siano costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile; 2. Possono altresí presentare all'ECS progetti di cooperazione, volti a perseguire le finalità di cui all'articolo 1, le società cooperative che presentino i seguenti requisiti: a) abbiano tra i propri fini statutari la realizzazione di attività di cooperazione allo sviluppo; 3. La capacità di intervento dei soggetti di cui al presente articolo é valutata dall'ECS in relazione alle specifiche caratteristiche dei progetti presentati. |
Art. 21. (Consulta per la cooperazione allo sviluppo) 1. É istituita la Consulta per la cooperazione allo sviluppo, di cui fanno parte le associazioni senza fini di lucro e le società cooperative di cui all'articolo 20 che ne facciano richiesta e che presentino i requisiti previsti dal medesimo articolo. |
Art. 22. ( Status dei cooperanti) 1. Sono considerati cooperanti coloro che, italiani e non, in possesso delle conoscenze tecniche e delle qualità personali necessarie, nonché dell'idoneità psicofisica e, prescindendo da fini di lucro e ispirati dai valori della solidarietà e della cooperazione internazionale, stipulino un contratto avente ad oggetto la prestazione di attività di lavoro nell'ambito delle iniziative previste dalla presente legge, ivi comprese quelle finanziate nell'ambito dell'Unione europea, delle Nazioni Unite o di altre organizzazioni internazionali. a) al collocamento in aspettativa senza assegni, se dipendenti di ruolo o non di ruolo da amministrazioni statali o da enti pubblici. Il periodo di tempo trascorso in aspettativa é computato per intero ai fini della progressione della carriera, della attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. Il diritto al collocamento in aspettativa senza assegni spetta anche al dipendente il cui coniuge o convivente sia in servizio di cooperazione come cooperante; 5. Alle imprese private e agli enti pubblici che concedano ai cooperanti da essi dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni é data la possibilità di assumere personale sostitutivo con contratto a tempo determinato. COOPERAZIONE DECENTRATA,
PARTECIPAZIONE DEGLI IMMIGRATI,
COMMERCIO EQUO E SOLIDALE |
Art. 23. (Cooperazione decentrata) 1. Le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e altri enti locali possono attuare in piena autonomia interventi di cooperazione allo sviluppo. L'ECS favorisce la cooperazione decentrata tra realtà locali italiane e dei Paesi partner , contribuendo finanziariamente in tutto o in parte ai pro getti presentati dai soggetti di cui al presente comma, anche attraverso loro consorzi, che rispondano alle finalità di cui all'articolo 1, nonché fornendo assistenza e servizi direttamente o mediante organismi esecutori esterni. |
Art. 24. (Partecipazione degli immigrati provenienti dai Paesi delle periferie del mondo) 1. Le associazioni e le società cooperative di immigrati, a parità di condizioni con i soggetti italiani, possono presentare progetti di cooperazione allo sviluppo all'ECS, alle regioni e agli altri enti territoriali, in conformità all'articolo 20 o alle normative regionali di settore. |
Art. 25. (Commercio equo e solidale) 1. La Repubblica riconosce il valore del commercio equo e solidale in quanto forma di cooperazione volta a realizzare scambi commerciali con i produttori dei Paesi partner , che tendano a valorizzarne le produzioni, tradizioni e culture autoctone, con particolare riguardo alle coltivazioni biologiche e alle altre attività produttive che si indirizzano all'obiettivo dello sviluppo sostenibile. a) siano costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile; 4. Ai fini di cui al presente articolo sono valutate con particolare attenzione le iniziative che, oltre ad incrementare la partecipazione del movimento cooperativo dei Paesi partner , salvaguardino altresí i diritti dei lavoratori che prestano la loro opera in tali attività. NORME TRANSITORIE E FINALI |
Art. 26. (Personale dell'ECS) 1. Nei ruoli dell'ECS sono inquadrati di preferenza, a loro richiesta, e sulla base di procedure di reclutamento appositamente decise dal consiglio di amministrazione ed approvate dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, coloro che abbiano prestato o prestino, alla data di entrata in vigore della presente legge, la loro opera alle dipendenze della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. |
Art. 27. (Indirizzi programmatici) 1. Gli indirizzi programmatici della cooperazione allo sviluppo sono stabiliti, in sede di prima applicazione della presente legge, dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la cooperazione allo sviluppo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa. |
Art. 28. (Finanziamento del fondo unico) 1. Tutti gli stanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo, ivi compreso il fondo rotativo esistente presso il Ministero del tesoro, con i relativi rientri, confluiscono, all'atto della sua istituzione, nel fondo unico di cui all'articolo 17. |
Art. 29. (Gestione delle attività pregresse e direttive alle ambasciate) 1. Presso il Ministero degli affari esteri é soppressa la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 10 della legge 26 febbraio 1987, n. 49. a) assicurare il completamento delle iniziative di cooperazione approvate prima della data di entrata in vigore della presente legge, sino al termine delle attività operative e degli eventuali contenziosi. Per sopperire alle eventuali necessità di personale tecnico é previsto il ricorso a personale comandato da altre amministrazioni dello Stato o da enti pubblici; 3. Il Segretario generale del Ministero degli affari esteri provvede ogni anno a presentare, in merito allo svolgimento delle attività di cui al comma 2, una relazione che il Ministro degli affari esteri sottopone all'esame della Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, fino al completo adempimento dei compiti di cui alla lettera a) del comma 2. |
Art. 30. (Abrogazione della normativa incompatibile) 1. Ogni disposizione incompatibile con la presente legge é abrogata. |