Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 1667

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 1667


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori RUSSO SPENA, MARINO, ALBERTINI, BERGONZI, CAPONI, CÓ, CRIPPA, MANZI, MARCHETTI e SALVATO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 NOVEMBRE 1996

Riorganizzazione della cooperazione allo sviluppo







ONOREVOLI SENATORI. - Il presente disegno di legge che presentiamo si ispira al principio generalissimo che le attività di cooperazione costituiscono, per la Repubblica nel suo complesso, oggetto di un dovere internazionale di solidarietà, reso oggi piú che mai attuale dall'approfondirsi dei rapporti tra i popoli e tra gli Stati e dalla crescita delle disparità nei livelli e nelle condizioni di vita, ripetutamente evidenziata dai rapporti delle organizzazioni internazionali.
L'attuazione di politiche di cooperazione allo sviluppo da parte dei paesi economicamente piú avanzati, tra i quali indubbiamente si colloca il nostro, non puó costituire un optional , ma costituisce l'adempimento di un elementare dovere giuridico, previsto dagli articoli 1, paragrafo 3, 55 e 56 della Carta delle Nazioni Unite.
La realizzazione di tali politiche, d'altronde, obbedisce a un imperativo di buon senso, data la sempre maggiore e piú approfondita dipendenza tra le varie economie e società. La stessa presenza ed immagine del nostro Paese sulla scena internazionale appare meglio garantita, a nostro avviso, da una politica di cooperazione allo sviluppo congrua, efficace e coerente, che da altri mezzi.
É dunque nostro compito dotarci di strumenti normativi ed organizzativi adeguati al perseguimento di tali scopi. L'esperienza compiuta in questo settore negli ultimi anni, pur non priva di episodi e fatti positivi, ha dimostrato, a nostro parere, l'esigenza di una radicale riforma, che si sostanzi in profonde e importanti modifiche dei meccanismi preposti alla decisione, alla attuazione ed al controllo della cooperazione allo sviluppo. Questo non solo per evitare il ripetersi di episodi criminosi, che pure ci sono stati, ma piú in generale per far sí che il perseguimento delle grandi finalità di alto valore morale e civile internazionale che deve proporsi l'intervento di cooperazione non sia ostacolato e soffocato dal prevalere di logiche con esse contraddittorie. Va oggi decisamente invertita la tendenza alla costante diminuzione degli impegni finanziari, che non riguarda solo il nostro Paese, ma l'insieme dei Paesi dell'Occidente, anche se da noi tale fenomeno ha assunto un'ampiezza tale da farci precipitare agli ultimi posti della classifica dei Paesi donatori.
Le cifre fornite di recente dal sottosegretario onorevole Rino Serri, sono eloquenti: l'aiuto pubblico allo sviluppo erogato dallo Stato italiano é precipitato da 2.404 milioni di dollari nel 1986 a 1.521 nel 1995. La diminuzione é ancora piú evidente se espressa in termini di percentuale sul prodotto interno lordo, che, per gli stessi anni, retrocede dallo 0,40 allo 0,14.
Tutto ció rappresenta un ingiustificabile passo indietro che mina a fondo la credibilità del nostro Paese in tutte le sedi internazionali.
Per tutti questi motivi, si rivela oggi necessaria ed urgente un'ampia riforma della cooperazione allo sviluppo. Le politiche fin qui perseguite, infatti, oltre a dar luogo a taluni scandali sui quali la magistratura appare ancora lungi dall'aver fatto una luce piena e soddisfacente, hanno mostrato limiti e carenze evidenti. Su tutto ció vi é ormai una ricca e concorde pubblicistica. Bisogna d'altronde tornare a sottolineare il lavoro compiuto dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'attuazione della politica di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, conclusosi con una relazione cui il nostro gruppo ha voluto aggiungere, per irrinunciabili esigenze di chiarezza, una propria relazione integrativa.
Il disegno di legge elaborato dal gruppo Rifondazione comunista-progressisti rappresenta, a nostro avviso, l'unico tentativo organico e completo fin qui compiuto di ri formare e razionalizzare la cooperazione allo sviluppo, superando le gravi carenze che hanno portato negli anni scorsi, oltre che al proliferare di gravi scandali, a numerosi episodi di inefficienza, compromettendo la credibilità della relativa politica sia nei confronti dei Paesi partner che in quelli dell'opinione pubblica.
Essa costituisce, al tempo stesso, un contributo a un dibattito che ci auguriamo si arricchisca di nuovi contributi, al fine di pervenire a una riforma effettiva in tempi brevi.
Si é, in primo luogo, ritenuto che andassero distinti fra loro, per elementari esigenze di buona amministrazione, tre momenti fondamentali:

1) indicazione delle linee politiche di fondo con l'identificazione dei Paesi e dei settori prioritari;
2) programmazione ed attuazione degli interventi;
3) controllo degli effetti degli interventi.

É nostra opinione, fondata su anni di esperienza, che il primo compito debba spettare al Parlamento e al Governo nel suo complesso. Se infatti insostituibile resta, come é ovvio, il ruolo del Ministero degli affari esteri, é altresí evidente che la politica di cooperazione, per le sue implicazioni, non puó essere delegata a un settore, per quanto importante, dell'amministrazione statale, quale il Ministero degli affari esteri, del quale é a sua volta urgente la riforma e che assomma già rilevanti incombenze e responsabilità. In questo senso, l'identificazione di un Ministro senza portafoglio della cooperazione allo sviluppo, oltre a corrispondere a un modello abbastanza diffuso in ambito europeo, sembra garantire meglio le esigenze della politica di cooperazione, che sono al tempo stesso di collegamento e rapporto costante con un insieme complesso e ramificato di altre politiche verso i Paesi terzi, e di autonomia e rilevanza specifica degli obiettivi perseguiti e degli interessi da soddisfare. La programmazione ed attuazione degli interventi va, d'altro canto, affidata a un unico centro, dotato dei necessari livelli di autonomia e professionalità. Proponiamo a tal fine l'istituzione di un ente apposito, l'Ente per la cooperazione allo sviluppo, nella cui direzione e gestione possano armonicamente ricomporsi le differenti e molteplici componenti, sia provenienti dall'amministrazione pubblica dello Stato e degli enti territoriali, sia piú diretta espressione della società.
Il controllo, infine, va delegato a organi diversi da quelli chiamati a programmare ed attuare la politica, in particolare istituendo, in conformità ad una proposta emersa con consenso pressoché unanime dalla Commissione parlamentare d'inchiesta, una Commissione parlamentare permanente e prevedendo la massima trasparenza delle scelte e degli atti.
In secondo luogo, la politica di cooperazione, per la sua importanza strategica e le sue motivazioni peculiari, rappresenta un proprium che non puó essere confuso con altre politiche, come quella di promozione del commercio estero. La politica di cooperazione deve essere svolta in modo efficiente, tenendo presenti le sue finalità specifiche ed esclusive. Ció vale anche nei confronti delle politiche di aiuto umanitario d'emergenza, le quali vanno distinte da quelle di cooperazione allo sviluppo. Ecco perché il nostro disegno di legge non prende in specifica considerazione gli aiuti d'emergenza, cui potrà essere dedicata una specifica disciplina.
Va comunque prestata estrema attenzione nell'evitare il ripetersi degli errori del passato con la moltiplicazione dei centri e delle procedure di spesa, con i conseguenti effetti in termini di irrazionalità, ingestibilità e incontrollabilità dell'insieme delle politiche prestate nei confronti dei Paesi impoveriti.
Va attribuita infine la massima attenzione e possibilità di agire ai diversi settori sociali, incentivando la cooperazione decentrata svolta dagli enti territoriali, eliminando l'idoneità per le organizzazioni non governative intesa come requisito di casta, e sostituendola con un criterio di ammissibilità dei programmi, cosí come avviene attualmente in sede di Unione europea, dando una voce in capitolo anche alle popola zioni dei Paesi partner , esaltando il ruolo degli immigrati, vero e proprio cordone ombelicale fra la nostra società e quelle dei Paesi di provenienza, dando spazio a fenomeni nuovi e di grande interesse come il commercio equo e solidale.
Il disegno di legge consta di sei titoli e di 30 articoli.
Il primo titolo, denominato "Principi fondamentali e norme generali", all'articolo 1 espone le finalità della politica di cooperazione allo sviluppo, attualizzandole con riferimento alle recenti conferenze internazionali che hanno avuto ad oggetto lo "sviluppo sostenibile", lo sviluppo sociale e l'impatto di genere oltre che sull'infanzia.
Quindi, all'articolo 2, la proposta si sofferma su quelli che a nostro parere devono essere e rimanere gli ambiti, rigorosamente definiti, della cooperazione, da non confondersi con quelli di altre politiche, per il quale il nostro ordinamento giuridico predispone strumenti specifici.
In questo senso, il successivo articolo 3 configura il quadro direttivo della politica di cooperazione, delineando una "triangolazione" fra Governo, Parlamento ed un ente di nuova istituzione, dotato dei mezzi e delle professionalità necessarie a gestire gli interventi.
L'attribuzione al Governo dei poteri di definizione degli indirizzi della politica di cooperazione, lungi dal comportare una svalutazione del rilievo di politica estera degli interventi in questione, ne sottolinea al contrario l'importanza, tanto piú che si coniuga con l'attribuzione al Parlamento, mediante una apposita Commissione parlamentare bicamerale permanente, di importanti poteri di controllo e di indirizzo (articolo 4).
Ne consegue altresí la necessità dell'individuazione di una sede ministeriale apposita, strettamente coordinata con le altre amministrazioni titolari di poteri in materie affini, prima fra tutte il Ministero degli affari esteri con la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri.
Abbiamo voluto in tal modo, sancire il principio secondo il quale la cooperazione é parte della politica estera italiana e non certo suo strumento, come da qualche parte si prospetta con un evidente regressione rispetto alla stessa esperienza della legge 26 febbraio 1987, n. 49. La cooperazione infatti costituisce a ben vedere una delle basi fondamentali della politica estera del nostro Paese nei confronti dei Paesi impoveriti, ispirata al fondamentale principio pacifista ed internazionalista di cui all'articolo 11 della nostra Costituzione. Trova spazio, in questo quadro, l'attribuzione a regioni ed enti locali di poteri di iniziativa e di attuazione nel campo della cooperazione cosiddetta decentrata (articolo 23), da condurre ovviamente nel rispetto delle finalità della legge e degli indirizzi generali di politica estera approvati da Parlamento e Governo (articolo 3), con la previsione di un'apposita Commissione paritetica destinata a garantire una gestione per quanto possibile coordinata e concordata degli interventi. Analogo intento chiarificatore perseguono i successivi articoli 5 e 6, dedicati rispettivamente ai partner e agli esecutori della cooperazione, mentre gli articoli 7 e 8 disegnano, rispettivamente, l'oggetto e le modalità della politica di cooperazione. Sull'importanza di queste ultime, in particolare, non si insisterà mai abbastanza, dato il valore strategico che assumono i "piani-Paese" nei quali inserire organicamente gli interventi. Una scommessa che finora gli organismi preposti alle attività di cooperazione sono riusciti a vincere troppo raramente.
Il titolo II é dedicato alla struttura e alle funzioni dell'Ente di cooperazione allo sviluppo (articoli 9-15), mentre il titolo III (articoli 16-19) disciplina il finanziamento degli interventi, mediante un fondo unico, nel quale sono destinati a confluire gli stanziamenti finora sparsi in vari capitoli e tabelle del bilancio statale. Il Fondo viene gestito da un apposito Istituto di credito allo sviluppo.
Il necessario concorso della società civile alla progettazione e attuazione degli interventi é oggetto del successivo titolo IV (articoli 20, 21, 22), che é dedicato alle entità senza fini di lucro che operano nel settore e allo status dei cooperanti.
Il titolo V (articoli 23, 24, 25) si sofferma poi su taluni fenomeni che presentano grandi potenzialità: la cooperazione decentrata, la partecipazione degli immigrati dei Paesi delle periferie del mondo, il commercio equo e solidale. Quest'ultimo, in particolare si presenta come elemento di costruzione di nuovi rapporti tra Paesi del nord e del sud del mondo o, meglio, tra centri e periferie del sistema economico mondiale, in quanto esprime relazioni di lunga durata tra organizzazioni senza fini di lucro dei Paesi sviluppati e gruppi di produttori dei Paesi partner con l'obiettivo di sostenere i processi di autosviluppo di queste realtà produttive.
Il disegno di legge si conclude con un titolo VI (articoli 26-30), che contiene alcune disposizioni transitorie, destinate a garantire il necessario avvio dei nuovi meccanismi, nonché una disposizione finale di abrogazione delle norme incompatibili.





DISEGNO DI LEGGE



TITOLO I
PRINCIPI FONDAMENTALI E

NORME GENERALI



Art. 1.

(Finalità della politica di cooperazione
allo sviluppo)


1. É compito della Repubblica promuovere, organizzare ed attuare una politica di cooperazione allo sviluppo che si ispiri alle seguenti finalità:

a) la promozione di relazioni pacifiche, collaborative, eque e solidali tra i popoli, le comunità e gli Stati, anche al fine di prevenire i conflitti, in conformità alla Costituzione repubblicana e alla Carta delle Nazioni Unite;
b) il soddisfacimento dei diritti umani fondamentali in conformità ai Patti delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, nonché alla Convenzione europea sui diritti umani, con particolare attenzione alla salvaguardia della vita umana ed al soddisfacimento dei bisogni primari, al diritto all'alimentazione, all'eliminazione della miseria, alla lotta all'emarginazione sociale, alla promozione e difesa della democrazia e dei diritti civili e politici, in particolare delle categorie piú deboli e svantaggiate, come previsto dalle deliberazioni del vertice mondiale di Copenaghen sullo sviluppo sociale del marzo 1995;
c) la salvaguardia e la promozione dei diritti della donna, fin dall'infanzia e la rimozione di ogni ostacolo alla sua piena partecipazione alla vita sociale, economica e politica, cosí come previsto dalle deliberazioni della conferenza di Pechino del settembre 1995;
d) la salvaguardia e la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, come previsto dalla Convenzione internazionale del 26 gennaio 1990 e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
e) la promozione di istituzioni democratiche, realmente rappresentative dell'insieme della popolazione e che prevedano adeguate garanzie per le minoranze etniche, linguistiche e religiose;
f) la realizzazione di uno sviluppo basato sulla tutela dlel'ambiente inteso come bene globale, la valorizzazione delle risorse naturali e umane locali, la partecipazione democratica delle popolazioni interessate, come previsto dalle deliberazioni della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992;
g) la lotta all'analfabetismo, la promozione dell'educazione di base e la formazione professionale.

2. La Repubblica considera con particolare favore le iniziative volte a promuovere una società multiculturale, utilizzando l'apporto professionale degli immigrati provenienti dai Paesi delle periferie del mondo ai progetti di cooperazione allo sviluppo.
3. La Repubblica, ottemperando alla risoluzione del Parlamento europeo n. A3-0373/93, riconosce il commercio equo e solidale come parte integrante di una cooperazione socialmente ed ecologicamente sostenibile fra Nord e Sud del mondo e si impegna a sostenere le iniziative degli organismi che svolgono questa attività.

Art. 2.

(Ambito di applicazione)

1. Rientrano nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che concorrono al raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1.
2. Non rientrano nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che abbiano carattere militare o di polizia.
3. Sono da considerare interventi militari o di polizia quelli svolti in altri Paesi da contingenti delle Forze armate e delle forze addette al mantenimento dell'ordine pubblico, sia pure nell'ambito di operazioni decise ed attuate da o nel quadro di organizzazioni internazionali.
4. Non rientrano, altresí, nell'ambito di applicazione della presente legge gli interventi che abbiano ad oggetto la promozione del commercio o degli investimenti italiani all'estero.

Art. 3.

(Organizzazione e governo della cooperazione
allo sviluppo)


1. Alla politica di cooperazione allo sviluppo sovrintende il Ministro senza portafoglio della cooperazione allo sviluppo, che propone al Consiglio dei ministri per l'approvazione, gli indirizzi e le finalità di tale politica, assicurando anche il coordinamento fra le attività bilaterali, multilaterali, multibilaterali e quelle attuate dall'Unione europea, dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni internazionali.
2. É istituito l'Ente per la cooperazione allo sviluppo (ECS), ente pubblico cui é attribuito il compito di programmare, promuovere, finanziare, attuare, coordinare, controllare gli interventi svolti per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1, fatte salve le attività svolte autonomamente dalla associazioni senza fine di lucro e dalle società cooperative di cui al titolo IV, nonché quelle di cooperazione decentrata di cui all'articolo 23.
3. Gli indirizzi generali della cooperazione allo sviluppo sono stabiliti ed aggiornati ogni anno dal Consiglio dei ministri e approvati dal Parlamento, su proposta del Ministro della cooperazione allo sviluppo, che si avvale della collaborazione dell'ECS. Nello stabilire tali indirizzi il Consiglio dei ministri tiene conto in particolare della valenza di politica estera degli interventi di cooperazione.
4. L'ECS elabora ogni anno una relazione previsionale e programmatica, sulla base degli indirizzi generali di cui al comma 3.
5. Entro il mese di giugno di ogni anno l'ECS predispone il consuntivo delle attività svolte nell'anno precedente, che viene trasmesso dal Ministro della cooperazione allo sviluppo al Parlamento per l'approvazione, unitamente a una dettagliata relazione illustrativa di tutte le attività realizzate e di tutti i finanziamenti accordati.
6. Le regioni, le province, i comuni e le comunità montane possono attuare in piena autonomia interventi di cooperazione allo sviluppo, promuovendo, nei loro rispettivi ambiti territoriali, la sensibilizzazione e la partecipazione organizzata della società civile. La commissione paritetica per la cooperazione decentrata, di cui all'articolo 23, detta apposite linee direttive per quanto riguarda il coordinamento e la razionalizzazione di tali interventi. Le regioni stabiliscono normative quadro in materia di cooperazione allo sviluppo che, nel rispetto degli articoli 1 e 2, nonché dell'autonomia degli enti territoriali infraregionali, puntino al massimo coinvolgimento dei soggetti politici, sociali ed economici presenti sul territorio regionale.

Art. 4.

(Controllo della cooperazione allo sviluppo e istituzione della Commissione parlamentare bicamerale permanente per la cooperazione allo sviluppo)

1. Le attività di cooperazione allo sviluppo e i relativi regolamenti e atti di indirizzo sono soggetti al controllo e alla verifica della Commissione parlamentare bicamerale permanente per la cooperazione allo sviluppo, composta da dieci deputati e dieci senatori nominati dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in rappresentanza e proporzionalmente ai vari gruppi parlamentari e con almeno un rappresentante ai vari gruppi parlamentari e con almeno un rappresentante per ogni gruppo.
2. La Commissione di cui al comma 1 si avvale di una struttura formata da un congruo numero di esperti cui viene attribuito il compito di vigilare sull'ECS, al fine di garantire il rispetto delle finalità di cui all'articolo 1, nonché delle norme amministrative, contabili e di buona amministrazione. A tal fine gli esperti possono accedere alla documentazione in possesso dell'ECS e redigere in ogni momento, anche a titolo individuale, relazioni, osservazioni e pareri su ogni aspetto dell'attività dell'ECS e sui singoli interventi.
3. La Commissione é tenuta ad esaminare le relazioni, osservazioni e pareri di cui al comma 2 ed a pronunciarsi in merito entro tre mesi dalla relativa trasmissione.
4. Per valutare gli effetti degli interventi e delle politiche di cooperazione la Commissione puó avvalersi anche dell'ausilio di soggetti specializzati esistenti a livello nazionale e internazionale.
5. I fondi necessari al funzionamento della Commissione e della struttura di esperti gravano per metà sul bilancio della Camera dei deputati e per metà su quello del Senato della Repubblica.

Art. 5.

(Soggeti beneficiari della cooperazione
allo sviluppo)


1. Possono beneficiare degli interventi previsti dalla presente legge i soggetti, pubblici o privati, residenti nei Paesi partner , nonché le popolazioni e le comunità destinatarie di specifiche previsioni di tutela e promozione in ambito internazionale o comunque individuate dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4.
2. Non possono essere destinatari degli interventi previsti dalla presente legge e decadono da ogni beneficio da essa previsto, i Governi che, a giudizio della Commissione parlamentare di cui all'articolo 4:

a) si rendano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani;
b) non garantiscano la libertà di associazione e di sciopero da parte delle lavoratrici e dei lavoratori;
c) non contrastino con ogni mezzo lo sfruttamento del lavoro minorile e la riduzione in schiavitú;
d) destinino alla spesa militare o di polizia un finanziamento che risulti eccessivo rispetto a quello sostenuto per soddisfare i bisogni sociali della popolazione.

3. Anche nei casi di cui al comma 2 é tuttavia possibile attuare, mediamente i soggetti di cui all'articolo 20, interventi che abbiano come dirette destinatarie le popolazioni civili e vengano discussi e negoziati con i diretti rappresentanti di tali popolazioni.

Art. 6.

(Organismi esecutori di progetti
di cooperazione allo sviluppo)


1. Possono richiedere contributi all'ECS per le attività di cooperazione, le associazioni senza fini di lucro e le società cooperative di cui all'articolo 20, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane o loro consorzi, le università e gli altri enti pubblici.
2. Nella realizzazione delle attività di cooperazione, l'ECS puó avvalersi della collaborazione dei soggetti di cui al comma 1 e di altri soggetti, pubblici o privati.
3. Nell'esecuzione dei progetti di cooperazione deve essere promossa la partecipazione dei soggetti appartenenti ai Paesi partner e devono essere utilizzati i mezzi e le capacità, anche organizzative presenti in loco o in aree geografiche limitrofe. Particolare favore deve essere in questo senso attribuito alle iniziative attuate da soggetti associati che prevedano la partecipazione delle comunità e delle popolazioni locali. Ogni affidamento in subappalto deve essere esplicitamente previsto nella formulazione del progetto e le relative condizioni e modifiche devono essere specificatamente approvate dall'ECS.
4. Non possono avere accesso ai finanziamenti e decadono immediatamente dai finanziamenti concessi, gli enti e le imprese che si rendano responsabili di violazioni di norme destinate a tutelare il lavoro dei propri dipendenti, l'ambiente o la salute, nonché di gravi irregolarità amministrative e contabili. Gli enti e le imprese devono garantire comunque il rispetto dei contratti collettivi di lavoro.

Art. 7.

(Oggetto dell'attività di cooperazione)

1. Nel quadro di rapporti di mutualità e di interscambio tra popoli, rientrano fra l'altro nell'attività di cooperazione:

a) la realizzazione di progetti di sviluppo integrato e l'attuazione delle iniziative atte a perseguire, nei Paesi partner , le finalità di cui all'articolo 1;
b) lo studio, la progettazione, la fornitura e la costruzione di impianti, infrastrutture, attrezzature e servizi;
c) la formazione di base e la formazione professionale di cittadini dei Paesi partner e del personale destinato a svolgere attività di cooperazione allo sviluppo;
d) la realizzazione in Italia di programmi educativi e di sensibilizzazione alla cooperazione allo sviluppo e la realizzazione di iniziative volte a promuovere gli scambi sociali, culturali e sportivi fra l'Italia e i Paesi partner , nel quadro della promozione di una cultura e di una educazione multietnica e di una solidarietà mutua tra comunità locali;
e) la realizzazione di iniziative volte a promuovere lo scambio commerciale equo e solidale fra l'Italia e i Paesi partner , in base all'articolo 25;
f) la realizzazione di interventi nei Paesi partner a sostegno e per lo sviluppo locale di un'autonoma capacità di ricerca scientifica e tecnologica, con specifico riguardo alle esigenze locali e alla necessità di mettere a punto tecnologie appropriate ad ogni specifico contesto locale ed ambientale;
g) il sostegno, anche attraverso programmi di informazione e comunicazione, ad iniziative che favoriscano una maggiore partecipazione delle popolazioni e delle comunità ai processi democratici, a livello locale e nazionale, nei Paesi partner ;
h) le iniziative di cooperazione decentrata ed orizzontale che promuovano il collegamento tra regioni, comuni, province e altri enti locali o soggetti italiani ed omologhi soggetti dei Paesi partner ;
i) l'assistenza tecnica, l'amministrazione la gestione, la valutazione e il monitoraggio dell'attività di cooperazione allo sviluppo, anche attraverso l'impiego di personale qualificato per tali compiti.

2. Gli interventi di cooperazione allo sviluppo sono finanziati mediante doni e crediti d'aiuto a condizioni particolarmente agevolate. I crediti d'aiuto, cosí come i doni, non possono essere in nessun modo legati, né associabili a strumenti finanziari a condizioni di mercato o meno favorevoli. Il ricorso ai crediti d'aiuto é possibile nell'ambito di programmi complessi che prevedano anche il ricorso a finanziamento a dono, tenendo comunque presente la necessità di spendere in loco o nei Paesi limitrofi almeno il 50 per cento dei finanziamenti a credito.
3. Gli interventi miranti a promuovere attività produttive, finanziati mediante crediti di aiuto, devono in ogni caso avere livelli di redditività tali da garantire in sé la capacità di restituzione del debito contratto dal Paese, ma non superiori ai limiti stabiliti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per l'accesso ai crediti d'aiuto.
4. I crediti vantati dall'Italia nei confronti dei Paesi partner a piú basso reddito e maggiormente indebitati, concessi a titolo di aiuto allo sviluppo a norma delle leggi 24 maggio 1977, n. 277, 9 febbraio 1979, n. 38, 3 gennaio 1981, n. 7, e 26 febbraio 1987, n. 49, possono essere annullati nei limiti e nei modi previsti dalla legge 28 marzo 1991, n. 106.

Art. 8.

(Modalità delle attività di cooperazione)

1. Per ogni Stato destinatario di interventi di cooperazione l'ECS redige un piano-Paese, da aggiornare periodicamente. Qualora lo ritenga opportuno l'ECS redige inoltre piani regionali comprendenti territori situati in piú Stati o nel medesimo Stato.
2. Il piano-Paese di cui al comma 1 deve essere discusso con i soggetti governativi e non governativi della cooperazione italiana presenti nel Paese e, salvo che nei casi di cui all'articolo 5, comma 2, deve essere negoziato con i rappresentanti del Governo del Paese partner. Il piano-Paese deve rispettare le finalità del piano generale di sviluppo del Paese partner, assicurando in particolare il coordinamento con le decisioni e con le attività degli attori internazionali.
3. Ogni intervento di cooperazione allo sviluppo deve essere discusso con i rappresentanti, eletti o designati con metodo democratico, della popolazione o della comunità direttamente destinataria dei relativi benefici. In ogni caso nella valutazione degli interventi deve essere data rilevanza alla capacità di coinvolgimento partecipativo delle popolazioni interessate.
4. Ogni intervento di cooperazione allo sviluppo deve essere sottoposto ad accertamento di compatibilità ambientale, ai sensi della direttiva n. 337/85/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, e successivi accoglimenti e note tecniche; tale valutazione deve, inoltre, essere estesa al medio e lungo periodo. Particolare attenzione deve essere dedicata, nella verifica di tale impatto, alle tecnologie utilizzate che devono essere appropriate alla situazione socio-economica del Paese in cui si svolge l'intervento, e sostenibili dal punto di vista dei loro effetti, anche di lungo e lunghissimo termine, in base alle reali possibilità di futura gestione autonoma con l'impiego delle risorse locali.
5. Ogni intervento di cooperazione deve altresí essere sottoposto a una valutazione di impatto di genere secondo i criteri conte nuti nella Dichiarazione e nel Programma di azione adottati dalla quarta conferenza mondiale sulle donne di Pechino 1995.
6. Gli interventi devono, inoltre, essere sottoposti a valutazione di impatto sull'infanzia, secondo i criteri contenuti nella Convenzione internazionale sull'infanzia del 26 gennaio 1990 e della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo del 1989.

TITOLO II

COMPITI E STRUTTURA DELL'ENTE

PER LA COOPERAZIONE

ALLO SVILUPPO (ECS)



Art. 9.

(Compiti dell'ECS)

1. L'ECS promuove, finanzia, coordina ed esegue gli interventi di cui all'articolo 7, comma 1, tenendo presente il quadro piú generale delle attività di cooperazione allo sviluppo svolte a vari livelli dagli altri Stati, dall'Unione europea, dagli organismi e istituti afferenti al sistema delle Nazioni Unite e da altre organizzazioni internazionali.
2. L'ECS svolge un ruolo di orientamento e informazione degli operatori dello sviluppo e degli Stati, enti, organi e cittadini, italiani o stranieri interessati alla cooperazione allo sviluppo, in conformità al principio di trasparenza dell'attività amministrativa.

Art. 10.

(Direttore generale)

1. Il direttore generale dell'ECS é nominato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cooperazione allo sviluppo. La nomina viene approvata dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4. Il direttore generale dura in carica cinque anni.
2. Il direttore generale sovrintende alle attività dell'ECS vigilando, sotto la propria re sponsabilità, sul costante perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e sul rispetto dei vincoli e delle procedure previsti dalla presente legge.
3. Il direttore generale esercita le funzioni di rappresentanza interna ed esterna, anche processuale, dell'ECS.

Art. 11.

(Consiglio di amministrazione)

1. Il consiglio di amministrazione dell'ECS é composto dal direttore generale e da dieci membri, di cui un membro nominato dal Ministro della cooperazione allo sviluppo, un membro nominato dal Ministro del tesoro, un membro nominato dal Ministro degli affari esteri, tre membri nominati dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, un membro nominato dal personale dell'ECS addetto alla valutazione, attuazione e sorveglianza dei progetti, un membro nominato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, un membro nominato dall'Unione province d'Italia e un membro nominato dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. Alle riunioni del consiglio d'amministrazione partecipano di diritto quattro nominati dal comitato direttivo della Consulta per la cooperazione allo sviluppo, di cui all'articolo 21, senza diritto di voto.
2. I membri del consiglio di amministrazione durano in carica cinque anni e non sono rieleggibili. Il consiglio elegge nel suo seno un presidente che dura in carica cinque anni e non é rieleggibile.
3. I membri del consiglio di amministrazione vigilano, sotto la loro personale responsabilità, sul costante perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 e sul rispetto dei vincoli e delle procedure previsti dalla presente legge.
4. Il consiglio di amministrazione approva annualmente la relazione previsionale e programmatica e la relazione dettagliata sull'attività di cooperazione.
5. Il consiglio di amministrazione delibera sull'approvazione dei progetti sottoposti all'ECS e puó rifiutare, con propria decisione motivata, l'approvazione dei progetti sottoposti all'ECS. É escluso il ricorso alla trattativa privata per gli interventi, affidati ad imprese private, di importo superiore ai tre miliardi di lire.
6. Il consiglio di amministrazione approva i piani-Paese, di cui all'articolo 8, e delibera l'istituzione delle unità locali di cooperazione nei Paesi partner di cui all'articolo 15, nonché delle rappresentanze dell'ECS presso le organizzazioni internazionali.
7. Il consiglio di amministrazione delibera le procedure relative al funzionamento dell'ECS, entro sei mesi dal suo insediamento, ivi comprese quelle di reclutamento del personale, di affidamento delle consulenze, di gestione e di valutazione dei progetti. Tali procedure sono adottate, previo parere favorevole della Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, entro tre mesi dalla loro presentazione.
8. Gli atti del consiglio di amministrazione sono pubblici. Di essi viene data notizia attraverso il bollettino dell'ECS, nonché per via telematica e televisiva, tramite il sistema di televideo.

Art. 12.

(Collegio dei revisori dei conti)

1. Presso l'ECS é istituito un collegio dei revisori dei conti, presieduto da un magistrato della Corte dei conti, e composto da cinque membri, di cui tre nominati dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, uno nominato dal Ministro del tesoro e uno nominato dal consiglio di amministrazione dell'ECS su proposta del direttore generale.
2. Il collegio dei revisori dei conti vigila sul buon andamento amministrativo, finanziario e contabile dell'ECS, tenendo presenti le finalità di cui all'articolo 1 e approva il consuntivo di cui all'articolo 3, comma 5.

Art. 13.

(Organizzazione dell'ECS)

1. L'ECS é strutturata in divisioni geografiche, in una divisione multilaterale e in una divisione del personale.
2. Le divisioni geografiche sono preposte alla conduzione dei negoziati bilaterali, alla formulazione delle proposte di programmazione finanziaria e tecnica, alla valutazione, gestione e coordinamento dei progetti e alla supervisione sull'attuazione della programmazione bilaterale. Da esse dipendono le unità locali di cooperazione di cui all'articolo 15.
3. La divisione multilaterale consta di tre uffici, denominati: sistema Nazioni Unite, fondi e banche di sviluppo, Unione europea. Essa é preposta ai seguenti compiti:

a) gestione dei rapporti con gli organismi delle Nazioni Unite;
b) gestione dei rapporti con l'Unione europea, per tutte le tematiche attinenti alla cooperazione allo sviluppo;
c) formulazione della proposta annuale per la concessione dei contributi volontari agli organismi ed agli istituti afferenti al sistema delle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni internazionali. Tale proposta, approvata dal consiglio d'amministrazione dell'ECS, é sottoposta all'approvazione della Commissione parlamentare di cui all'articolo 4;
d) gestione dei contributi volontari;
e) valutazione, gestione, monitoraggio e coordinamento dei programmi e progetti multilaterali non attribuibili a una specifica area geografica.

4. La definizione della tipologia degli interventi finanziabili sui canali multilaterale e multibilaterale é contenuta nel regolamento di esecuzione della presente legge.
5. La divisione del personale é preposta alla gestione del personale dell'ECS, con particolare riguardo al reclutamento, alla carriera, alle missioni e ai trasferimenti all'estero.
6. Uno specifico ufficio dell'ECS é incaricato dei servizi di informazione interna e al pubblico, documentazione e banca dati, nonché della redazione del bollettino dell'ECS.
7. Uno specifico ufficio dell'ECS é incaricato delle attività di formazione di cui all'articolo 7, comma 1.

Art. 14.

(Personale dell'ECS)

1. Il personale dell'ECS é inquadrato in appositi ruoli stabiliti sulla base del negoziato fra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministro della cooperazione allo svilupp e organizzazioni sindacali entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino alla definizione della nuova normativa sono applicate le disposizioni contrattuali già in vigore per il personale della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri.
2. Lo status del personale dipendente dell'ECS deve tener conto dell'esigenza di tutelarne e valorizzarne l'indipendenza, l'imparzialità e la professionalità.

Art. 15.

(Unità locali di cooperazione)

1. L'ECS provvede all'istituzione di unità locali di cooperazione (ULC) con sede propria nei Paesi partner .
2. I compiti delle ULC consistono:

a) nella conduzione dei negoziati con le autorità centrali e locali del Paese partner relativamente alla definizione e realizzazione dei piani-Paese e dei progetti di cooperazione;
b) nel mantenimento dei rapporti attinenti alle iniziative di cooperazione con le autorità centrali e locali del Paese partner , con la popolazione locale, nonché con gli altri soggetti che attuano interventi di cooperazione in loco ;
c) nella predisposizione e nell'invio all'ECS di ogni elemento di informazione utile alla gestione, valutazione e coordinamento delle iniziative di cooperazione intraprese, nonché alla redazione e modifica dei piani-Paese o di singoli progetti;
d) nella supervisione e nel controllo tecnico delle iniziative di cooperazione in atto;
e) nello sdoganamento, controllo, custodia e consegna delle attrezzature e dei beni inviati dall'ECS;
f) nell'espletamento di ogni altro compito atto a garantire il buon andamento delle iniziative di cooperazione.

TITOLO III
FINANZIAMENTO DELLA

COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO



Art. 16.

(Autonomia finanziaria dell'ECS)

1. Alla gestione delle attività dirette alla realizzazione delle finalità di cui all'articolo 1 si provvede in deroga alle norme sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.
2. L'ECS gode di propria autonomia finanziaria, che esercita attingendo al fondo di cui all'articolo 17.
3. Per quanto riguarda gli aspetti amministrativi e contabili l'ECS é soggetta al controllo del collegio dei revisori dei conti di cui all'articolo 12.

Art. 17.

(Fondo unico per la cooperazione
allo sviluppo)


1. Il fondo unico per la cooperazione allo sviluppo destinato all'attuazione delle iniziative previste dalla presente legge é costituito:

a) dagli stanziamenti quinquennali iscritti nell'apposita rubrica del fondo unico;
b) dagli eventuali apporti conferiti, in qualsivoglia valuta, dai Paesi partner , da altri Stati, da enti od organismi internazionali per la cooperazione allo sviluppo;
c) da fondi a ció destinati da regioni, province, comuni ed altri enti locali;
d) dai fondi destinati alle iniziative bilaterali e multibilaterali da finanziare a dono, ivi inclusi e distinti quelli per le iniziative di cooperazione decentrata e quelli per le iniziative promosse dalle associazioni e società cooperative di cui all'articolo 20;
e) dai mezzi finanziari destinati alla costituzione del fondo rotativo per il finanziamento delle iniziative bilaterali a credito di aiuto ed dai relativi rientri;
f) dai fondi destinati, per le sole finalità e nei limiti della presente legge, ai contributi, obbligatori e volontari, alle organizzazioni internazionali, alla partecipazione italiana al capitale di banche e fondi internazionali di sviluppo nonché alla cooperazione allo sviluppo svolta dall'Unione europea;
g) da donazioni, lasciti, legati o liberalità;
h) da qualsiasi altro provento derivante dall'esercizio delle attività dell'ECS, comprese le eventuali restituzioni comunitarie.

2. Gli stanziamenti destinati alla realizzazione delle attività di cooperazione sono determinati in sede di legge finanziaria. Essi sono stabiliti per il quinquennio successivo senza possibilità di riduzioni al fine di garantire l'assunzione di impegni certi per la realizzazione delle iniziative di cooperazione che hanno per lo piú durata pluriennale. Per il finanziamento di dette iniziative non é pertanto richiesta l'autorizzazione del Ministro del tesoro. I residui non utilizzati sono riportati negli esercizi successivi.

Art. 18.

(Istituto di credito per lo sviluppo)

1. Ai fini della gestione finanziaria e contabile del fondo unico di cui all'articolo 17 é costituito l'Istituto di credito per lo sviluppo (ICS).
2. Il direttore dell'ICS é nominato di concerto dal Ministro della cooperazione allo sviluppo e dal Ministro del tesoro. La nomina deve essere approvata dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4.
3. Il consiglio di amministrazione dell'ICS é composto di sette membri, di cui uno nominato dal Ministro della cooperazione allo sviluppo, uno dal Ministro del tesoro, due dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, uno nominato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, uno nominato dall'Unione province d'Italia e uno dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. Alle riunioni del consiglio di amministrazione partecipano a pieno diritto due membri nominati dal comitato direttivo della Consulta per la cooperazione allo sviluppo, senza diritto di voto.
4. Presso l'ICS é istituito un collegio dei revisori dei conti, presieduto da un magistrato della Corte dei conti, e composto da cinque membri, di cui: tre nominati dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, uno nominato dal Ministro del tesoro e uno nominato dal consiglio di amministrazione dell'ICS su proposta del direttore generale.
5. L'ICS é altresí soggetto al controllo della Banca d'Italia, esercitato nel rispetto delle finalità della presente legge.
6. Le competenze previste dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, relative all'erogazione di crediti di spettanza del Mediocredito centrale e della Sezione speciale per l'assicurazione del credito all'esportazione (SACE) sono trasferite all'ICS.

Art. 19.

(Esenzioni fiscali e versamento
di una quota dell'IRPEF)


1. I singoli contribuenti possono devolvere, mediante apposita dichiarazione allegata alla denuncia annuale dei redditi, al fondo unico di cui all'articolo 17 e ai soggetti di cui all'articolo 20 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Le relative modalità sono stabilite con decreto del Ministro delle finanze, di concerto col Ministro della cooperazione allo sviluppo.
2. I contributi, le donazioni e le obbligazioni erogati da persone fisiche e giuridiche in favore dei soggetti di cui all'articolo 20, sono deducibili dal reddito netto imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui al titolo I del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche di cui al titolo II del medesimo testo unico nella misura massima del 2 per cento di tale reddito.
3. Il Ministro della cooperazione allo sviluppo e il Ministro delle finanze dettano o propongono, di concerto fra loro, le norme necessarie a garantire ulteriori sgravi fiscali a beneficio delle attività di cooperazione allo sviluppo disciplinate dalla presente legge.

TITOLO IV
ASSOCIAZIONI SENZA FINE DI

LUCRO PER LA COOPERAZIONE ALLO

SVILUPPO, SOCIETÁ COOPERATIVE E

STATUS DEI COOPERANTI



Art. 20.

(Associazioni senza fine di lucro e società cooperative per la cooperazione allo sviluppo)

1. Possono presentare all'ECS progetti volti a perseguire le finalità di cui all'articolo 1 le associazioni o gruppi di associazioni che presentino i seguenti requisiti:

a) siano costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile;
b) abbiano tra i propri fini statutari la prestazione di attività di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale;
c) non perseguano finalità di lucro;
d) non risultino in alcun modo collegati con enti aventi finalità di lucro, italiani o stranieri;
e) possano dimostrare di aver svolto attività di cooperazione allo sviluppo negli ultimi due anni;
f) svolgano le attività di rendicontazione e presentino i rapporti di attività richiesti dall'ECS.

2. Possono altresí presentare all'ECS progetti di cooperazione, volti a perseguire le finalità di cui all'articolo 1, le società cooperative che presentino i seguenti requisiti:

a) abbiano tra i propri fini statutari la realizzazione di attività di cooperazione allo sviluppo;
b) non risultino in alcun modo collegate con entità aventi fini di lucro, italiane o straniere;
c) possano dimostrare di aver svolto attività di cooperazione allo sviluppo negli ultimi due anni;
d) svolgano attività di rendicontazione e presentino i rapporti di attività richiesti dalla presente legge.

3. La capacità di intervento dei soggetti di cui al presente articolo é valutata dall'ECS in relazione alle specifiche caratteristiche dei progetti presentati.
4. Le operazioni effettuate nei confronti delle amministrazioni dello Stato, delle associazioni e delle società cooperative di cui al presente articolo che provvedono, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze, all'acquisto, al trasporto e alla spedizione di beni all'estero, nonché all'utilizzo di servizi in attuazione di finalità umanitarie ivi comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo, non sono imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Analogo beneficio compete all'esportazione di beni destinati alle medesime finalità, nonché all'acquisto di biglietti aerei per missioni all'estero nel quadro di progetti di cooperazione.
5. Le attività di cooperazione allo sviluppo o che comunque rispettino le finalità di cui agli articoli 1 e 2, svolte dai soggetti di cui al presente articolo, rientranti nel quadro di collaborazione tra l'Italia e le Nazioni Unite o l'Unione europea, sono da consi derarsi, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale. Le relative norme sono dettate di concerto tra il Ministro della cooperazione allo sviluppo e il Ministro delle finanze.

Art. 21.

(Consulta per la cooperazione allo sviluppo)

1. É istituita la Consulta per la cooperazione allo sviluppo, di cui fanno parte le associazioni senza fini di lucro e le società cooperative di cui all'articolo 20 che ne facciano richiesta e che presentino i requisiti previsti dal medesimo articolo.
2. La Consulta é convocata dal Ministro della cooperazione allo sviluppo entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I componenti della Consulta eleggono il comitato direttivo, composto da undici membri, che rimangono in carica per un anno. I membri del comitato direttivo sono rieleggibili per un massimo di tre mandati.
3. Il comitato direttivo propone un regolamento di funzionamento della Consulta, che deve essere successivamente approvato, con eventuali modifiche, dalla Consulta stessa, entro tre mesi dalla sua prima convocazione da parte del Ministro della cooperazione allo sviluppo.
4. Il comitato direttivo nomina quattro rappresentanti, senza diritto di voto, che partecipano ai lavori del consiglio di amministrazione dell'ECS, nonché due rappresentanti, senza diritto di voto, che partecipano ai lavori del consiglio di amministrazione dell'ICS.
5. Allo scopo di recepire e discutere le indicazioni espresse dalla Consulta, il Ministro della cooperazione allo sviluppo si riunisce con il comitato direttivo della Consulta almeno due volte l'anno.
6. Al fine di una valutazione generale sulle attività e sugli indirizzi, il Ministro della cooperazione allo sviluppo convoca, una volta l'anno, una conferenza generale sulla cooperazione allo sviluppo, a carattere consultivo, cui partecipano le associazioni, le società cooperative, le regioni, gli enti locali e gli altri soggetti che svolgono attività di cooperazione allo sviluppo.
7. La Consulta ha diritto a propri spazi autogestiti negli strumenti d'informazione e di pubblicità previsti dalla presente legge.
8. Il comitato direttivo della Consulta ed ogni suo membro, anche a titolo individuale, possono presentare alla Commissione parlamentare, di cui all'articolo 4, relazioni, osservazioni e pareri su ogni aspetto dell'attività dell'ECS e dell'ICS, come su singoli interventi.
9. La Commissione parlamentare di cui all'articolo 4 é tenuta ad esaminare le relazioni, osservazioni e pareri di cui al comma 8 ed a pronunciarsi in merito entro tre mesi dalla loro presentazione.

Art. 22.

( Status dei cooperanti)

1. Sono considerati cooperanti coloro che, italiani e non, in possesso delle conoscenze tecniche e delle qualità personali necessarie, nonché dell'idoneità psicofisica e, prescindendo da fini di lucro e ispirati dai valori della solidarietà e della cooperazione internazionale, stipulino un contratto avente ad oggetto la prestazione di attività di lavoro nell'ambito delle iniziative previste dalla presente legge, ivi comprese quelle finanziate nell'ambito dell'Unione europea, delle Nazioni Unite o di altre organizzazioni internazionali.
2. Il contratto di cooperazione deve prevedere il programma nel quale si inserisce l'attività di cooperazione e il trattamento economico.
3. I contenuti del contratto di cui al comma 2 sono definiti dal consiglio di amministrazione dell'ECS tenendo conto delle valutazioni e delle proposte del comitato direttivo della Consulta di cui all'articolo 21.
4. Coloro ai quali sia riconosciuta con apposita registrazione la qualifica di cooperanti hanno diritto:

a) al collocamento in aspettativa senza assegni, se dipendenti di ruolo o non di ruolo da amministrazioni statali o da enti pubblici. Il periodo di tempo trascorso in aspettativa é computato per intero ai fini della progressione della carriera, della attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. Il diritto al collocamento in aspettativa senza assegni spetta anche al dipendente il cui coniuge o convivente sia in servizio di cooperazione come cooperante;
b) al riconoscimento del servizio prestato. A tal fine l'ECS rilascia, al termine del servizio, un apposito attestato che costituisce titolo nei concorsi pubblici di qualsivoglia natura;
c) alla conservazione del proprio posto di lavoro, secondo le disposizioni del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 303, e successive modificazioni, relative ai lavoratori chiamati alle armi per il servizio di leva, qualora beneficino del rinvio del servizio militare ai sensi della presente legge;
d) al rinvio e alla definitiva dispensa dal servizio militare di leva.

5. Alle imprese private e agli enti pubblici che concedano ai cooperanti da essi dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni é data la possibilità di assumere personale sostitutivo con contratto a tempo determinato.
6. Gli obiettori di coscienza hanno diritto a prestare il proprio servizio civile lavorando come cooperanti nelll'ambito dei progetti di cooperazione. Sono considerate attività di cooperazione le missioni di carattere umanitario o di mantenimento della pace effettuate esclusivamente da organizzazioni civili.
7. Le condizioni di ammissione ai rinvii e alla dispensa definitiva dal servizio di leva previste dal presente articolo sono stabilite con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro della cooperazione allo sviluppo, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
8. Qualora un cooperante in servizio civile, pur avendo tempestivamente iniziato il servizio all'estero, non raggiunga il compimento di un anno di servizio, decade dal beneficio della dispensa. Tuttavia, se l'interruzione avviene per rimpatrio disposto dal Ministro degli affari esteri o per documentati motivi di salute o di forza maggiore, il tempo trascorso nel Paese di destinazione é computato ai fini del servizio civile.
9. I cooperanti sono iscritti alle assicurazioni per l'invalidità, l'anzianità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, nonché all'assicurazione per le malattie. Termini e modalità del versamento dei contributi sono definiti dal regolamento di esecuzione della presente legge, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia.
10. I contributi previdenziali e assistenziali di cui al comma 9, gli importi dei quali sono commisurati ai compensi convenzionali determinati con apposito decreto interministeriale, sono posti integralmente a carico del fondo unico di cui all'articolo 17. L'ECS provvede direttamente all'accredito dei contributi presso il fondo pensioni dei lavoratori dipendenti. I cooperanti e i loro familiari a carico sono anche assicurati contro i rischi di infortuni, sequestro, morte e malattia con polizza a loro favore. L'ECS provvede al pagamento dei premi per massimali che sono determinati con delibera del consiglio di amministrazione su proposta del comitato direttivo della Consulta di cui all'articolo 21.

TITOLO V
COOPERAZIONE DECENTRATA,

PARTECIPAZIONE DEGLI IMMIGRATI,

COMMERCIO EQUO E SOLIDALE



Art. 23.

(Cooperazione decentrata)

1. Le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e altri enti locali possono attuare in piena autonomia interventi di cooperazione allo sviluppo. L'ECS favorisce la cooperazione decentrata tra realtà locali italiane e dei Paesi partner , contribuendo finanziariamente in tutto o in parte ai pro getti presentati dai soggetti di cui al presente comma, anche attraverso loro consorzi, che rispondano alle finalità di cui all'articolo 1, nonché fornendo assistenza e servizi direttamente o mediante organismi esecutori esterni.
2. É istituita una commissione paritetica per la cooperazione decentrata composta da dieci membri, di cui cinque nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, tre dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, uno dall'Unione delle province d'Italia e uno dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. Tale commissione é presieduta dal Ministro della cooperazione allo sviluppo o da un suo delegato e alle sue riunioni partecipano il direttore generale dell'ECS o un suo delegato.
3. Nel caso di richiesta di contributo finanziario da parte dei soggetti di cui al comma 1, la commissione paritetica discute e presenta proposte in ordine alle attività di cooperazione allo sviluppo promosse, organizzate ed attuate ai sensi dell'articolo 3, comma 6, che assicurino il coordinamento tra le attività nel pieno rispetto della loro autonomia, stabilendo fra l'altro la quota del fondo unico per la cooperazione allo sviluppo da destinare annualmente a tali attività.
4. La associazioni senza fini di lucro e le società cooperative di cui agli articoli 20 e 24 possono presentare richiesta di contributi alle regioni e agli enti territoriali per progetti di cooperazione allo sviluppo.

Art. 24.

(Partecipazione degli immigrati provenienti dai Paesi delle periferie del mondo)

1. Le associazioni e le società cooperative di immigrati, a parità di condizioni con i soggetti italiani, possono presentare progetti di cooperazione allo sviluppo all'ECS, alle regioni e agli altri enti territoriali, in conformità all'articolo 20 o alle normative regionali di settore.

Art. 25.

(Commercio equo e solidale)

1. La Repubblica riconosce il valore del commercio equo e solidale in quanto forma di cooperazione volta a realizzare scambi commerciali con i produttori dei Paesi partner , che tendano a valorizzarne le produzioni, tradizioni e culture autoctone, con particolare riguardo alle coltivazioni biologiche e alle altre attività produttive che si indirizzano all'obiettivo dello sviluppo sostenibile.
2. I soggetti di cui all'articolo 20 che praticano gli scambi di cui al comma 1 sono iscritti, su propria richiesta, in appositi albi o registri tenuti a livello nazionale e regionale, e beneficiano di agevolazioni fiscali ed esenzioni dai tassi di importazione, stabilite con decreto del Ministro delle finanze, di concerto col Ministro della cooperazione allo sviluppo.
3. Possono essere iscritte, negli albi di cui al comma 1, le associazioni e le società cooperative che:

a) siano costituite con atto pubblico ai sensi del codice civile;
b) abbiano come fine statutario lo svolgimento dell'attività di commercio equo e solidale, nonché obiettivi di solidarietà internazionale e di cooperazione allo sviluppo;
c) non risultino in alcun modo collegate con entità aventi finalità di lucro, italiane o straniere;
d) possano dimostrare di aver svolto attività di commercio equo e solidale negli ultimi due anni.

4. Ai fini di cui al presente articolo sono valutate con particolare attenzione le iniziative che, oltre ad incrementare la partecipazione del movimento cooperativo dei Paesi partner , salvaguardino altresí i diritti dei lavoratori che prestano la loro opera in tali attività.

TITOLO VI
NORME TRANSITORIE E FINALI



Art. 26.

(Personale dell'ECS)

1. Nei ruoli dell'ECS sono inquadrati di preferenza, a loro richiesta, e sulla base di procedure di reclutamento appositamente decise dal consiglio di amministrazione ed approvate dalla Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, coloro che abbiano prestato o prestino, alla data di entrata in vigore della presente legge, la loro opera alle dipendenze della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri.

Art. 27.

(Indirizzi programmatici)

1. Gli indirizzi programmatici della cooperazione allo sviluppo sono stabiliti, in sede di prima applicazione della presente legge, dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la cooperazione allo sviluppo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
2. L'ECS procede alla redazione della relazione previsionale e programmatica entro tre mesi dalla data di approvazione degli indirizzi di cui al comma 1.

Art. 28.

(Finanziamento del fondo unico)

1. Tutti gli stanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo, ivi compreso il fondo rotativo esistente presso il Ministero del tesoro, con i relativi rientri, confluiscono, all'atto della sua istituzione, nel fondo unico di cui all'articolo 17.

Art. 29.

(Gestione delle attività pregresse e direttive alle ambasciate)

1. Presso il Ministero degli affari esteri é soppressa la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 10 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.
2. Alle dirette dipendenze del Segretario generale del Ministero degli affari esteri é istituito l'ufficio di coordinamento con le politiche di cooperazione allo sviluppo, con i seguenti compiti:

a) assicurare il completamento delle iniziative di cooperazione approvate prima della data di entrata in vigore della presente legge, sino al termine delle attività operative e degli eventuali contenziosi. Per sopperire alle eventuali necessità di personale tecnico é previsto il ricorso a personale comandato da altre amministrazioni dello Stato o da enti pubblici;
b) emanare, su richiesta ed in accordo con l'ECS le direttive per la definizione o la revisione degli accordi quadro, in merito alle procedure e alle modalità delle attività di cooperazione allo sviluppo destinate alle rappresentanze diplomatiche italiane nei Paesi partner .

3. Il Segretario generale del Ministero degli affari esteri provvede ogni anno a presentare, in merito allo svolgimento delle attività di cui al comma 2, una relazione che il Ministro degli affari esteri sottopone all'esame della Commissione parlamentare di cui all'articolo 4, fino al completo adempimento dei compiti di cui alla lettera a) del comma 2.

Art. 30.

(Abrogazione della normativa incompatibile)

1. Ogni disposizione incompatibile con la presente legge é abrogata.