Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-02202
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Atto n. 3-02202
Pubblicato il 15 ottobre 2025, nella seduta n. 354
ROSSOMANDO, GIORGIS, VALENTE, ZAMPA, TAJANI, VERDUCCI, LOSACCO, LA MARCA, RANDO, CAMUSSO, VERINI, MALPEZZI, ROJC, SENSI, D'ELIA, ZAMBITO, MARTELLA, MANCA, GIACOBBE - Al Ministro dell'interno. -
Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
con la sentenza n. 9257/2025 assunta il 4 agosto 2025 e pubblicata l’8 agosto, il Tribunale di Torino ha pronunciato un provvedimento con il quale ha accertato che il modello organizzativo adottato dall’ufficio immigrazione della Questura di Torino, riguardante i cittadini stranieri che intendono formalizzare la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, integra una discriminazione diretta, individuale e collettiva;
la causa, promossa dall’Associazione studi giuridici per l’immigrazione, secondo quanto pubblicato sul proprio sito “Asgi.it”, “ha portato all’attenzione del Tribunale il fatto che a Torino, per presentare domanda di protezione internazionale, le persone migranti sono (state) costrette a mettersi in coda per mesi fuori dagli uffici della Questura sin dalle prime ore della notte nella speranza di essere selezionate e poter così formalizzare le proprie richieste. Ogni giorno, davanti ad una platea di un centinaio di richiedenti, solo circa 10 persone possono presentare la domanda di asilo dal momento che il sistema non prevede alcuna possibilità di prenotazione e, soprattutto, non ci sono criteri trasparenti per comprendere in base a quali parametri avvenga la selezione per l’ingresso”;
nella sentenza viene invero evidenziato che “L’accesso al servizio pubblico erogato dalla Questura di Torino non solo non assicura il risultato preteso dalla legge (la formalizzazione della domanda entro il termine previsto dall’art. 26 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25) ma impone anche mortificanti condizioni per gli aspiranti richiedenti asilo che non sono imposte dalle necessità prospettate (la necessità di identificare gli aspiranti richiedenti protezione internazionale)”;
considerato che:
il giudice ha riconosciuto nella prassi “effetti discriminatori che possono essere qualificati come discriminazione”; ne deriva pertanto, secondo la sentenza, la sussistenza della “discriminazione, ai sensi dell’art. 43 d.lgs. n. 286/1998, per motivi nazionali, consumata in contrasto con le norme che impongono la parità di trattamento tra i cittadini italiani e i cittadini stranieri, nonché tra i cittadini stranieri di diversa nazionalità”;
ed ancora si legge che: “È di tutta evidenza che la mancata possibilità di formalizzare la domanda di protezione internazionale ha un effetto sul godimento di diritti fondamentali: in modo diretto, per quanto riguarda l’accesso al servizio pubblico erogato dalla Pubblica amministrazione e per quanto riguarda l’accesso al diritto di presentare domanda di asilo; in modo indiretto, in conseguenza del fatto che la mancata formalizzazione della domanda costituisce ostacolo al godimento di altri diritti fondamentali”;
e invero, sempre secondo quanto si legge sul sito Asgi.it, se “da una parte si configura una discriminazione tra cittadini stranieri, poiché chi viene escluso dalla selezione mattutina non riesce a regolarizzare la sua posizione sul territorio e, in questo modo, gli viene impedito l’accesso ai diritti sociali e sanitari garantiti per legge ai richiedenti asilo e alle persone straniere regolarmente soggiornanti, creando una disparità di trattamento rispetto a coloro che riescono a formalizzare la domanda di permesso di soggiorno, dall’altra, si realizza una discriminazione anche tra cittadini stranieri e cittadini italiani, per i quali l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione è sempre immediato e libero o in ogni caso sottoposto ad un meccanismo di prenotazione o accesso regolamentato. Non esiste, infatti, nessun caso in cui ai cittadini italiani sia precluso addirittura l’accesso alla richiesta di una procedura amministrativa che ha ad oggetto una prestazione o il riconoscimento di un diritto da parte della PA”;
considerato infine che:
con la sentenza, il Tribunale ha ordinato altresì alla Questura di Torino di strutturare un diverso modello organizzativo entro 4 mesi dalla sua pubblicazione per ridurre i tempi di attesa per la richiesta del permesso di soggiorno, stabilendo che la durata eccessiva delle procedure costituisce una violazione dei diritti degli immigrati e delle norme che garantiscono un accesso celere ai permessi;
tale sentenza si inserisce in un contesto generale di crescente preoccupazione riguardo alla lentezza delle pratiche amministrative relative alla gestione dei permessi di soggiorno, che spesso comportano gravi difficoltà anche per gli stranieri residenti, impedendo loro di accedere a servizi fondamentali e di regolarizzare la propria posizione nel Paese; la problematica riguarda non solo la Questura di Torino, ma si estende ad altre questure su tutto il territorio nazionale, dove i ritardi e la complessità delle procedure non solo danneggiano i diritti dei richiedenti, ma creano anche una percezione di inefficienza delle istituzioni italiane,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e delle iniziative intraprese in ottemperanza del dispositivo della sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino;
se intenda porre in atto azioni di monitoraggio, nell’ambito delle proprie competenze, al fine di verificare il rispetto dei tempi di rilascio del permesso di soggiorno e del riconoscimento della protezione internazionale in tutto il territorio nazionale, evitando che si creino situazioni di ingiustificato disagio per gli immigrati in attesa della regolarizzazione della propria posizione.