Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-09408

Atto n. 4-09408

Pubblicato il 22 settembre 2005
Seduta n. 868

MALABARBA - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. -

Premesso che:

alla notizia della possibile pandemia di influenza aviaria, i consumi di carne di pollo sono drasticamente ridotti in questi giorni, in particolare del 40% circa al Sud e del 25-30% al Nord;

un disastro annunciato è comprensibile, i prezzi del pollo vivo sono da tre settimane al sotto dei costi di oltre il 35% e siamo solo all'inizio della campagna prevista dal OMS di comunicazione della prossima influenza aviaria. Le grandi aziende industriali del settore si stanno muovendo per chiedere al Governo lo stato di crisi; non così, purtroppo, le piccole aziende, in particolare del biologico, troppo deboli e piccole per essere visibili politicamente;

le grandi aziende agroindustriali, pur avendo anche loro contratto le vendite, si difendono meglio nella congiuntura perché offrono una gamma di prodotti vastissima, in particolare gli elaborati pronti a cuocere, dove il margine è altissimo e dove l'agroindustria la fa da padrona perché queste sono produzioni che ha in esclusiva in quanto abbisognano di strutture produttive molto costose e dove il pollo perde la sua identità e risulta semplicemente una componente, quindi non subisce l'effetto della paura dei consumatori. In questo segmento le quote di mercato sono controllate dalle grandi aziende agroindustriali di cui solo l’AIA nel nostro paese ha una quota di mercato di oltre il 50%;

si è notato un aumento dei consumi succitati prodotti perché, per una fascia di consumatori, l'elaborazione esalta il ruolo igienico del prodotto e quindi la sicurezza alimentare, dando ragione a un vecchio quanto falso cavallo di battaglia delle produzioni industriali contro le produzioni dei piccoli agricoltori ed allevatori;

in questa ottica le grandi industrie, pur non avendo in passato mai accettato di redigere volontariamente un disciplinare di allevamento dei polli da carne che ponesse al centro la biosicurezza, oggi accettano l'etichettatura dell'origine delle produzioni;

per le grandi aziende agroindustriali del settore, l’AIA in particolare (tra l'altro si parla solo di polli portatori dell' influenza e non dei tacchini che sono di gran lunga più sensibili dei polli, forse perché l'AIA detiene una quota di mercato del 70%), l'unica cosa che conta è che non si mettano in discussione le necessarie regole di biosicurezza applicate ai territori e agli allevamenti e che si continui a chiudere un occhio sul fatto che si possa continuare a produrre impunemente 250 kg di carne di pollo al metro quadro annui, con lo stesso modello produttivo, la stessa razza, la stessa qualità di carne in tutta Europa, come in Brasile, in Thailandia e in Cina;

l'etichettatura delle carni richiesta dalla Coldiretti e sbandierata dal Governo è una cosa semplicemente dovuta e non rappresenta una conquista. Essa in realtà è ben lungi dal dare una benché minima speranza di maggiore biosicurezza delle produzioni; ancor meno serve ad indicare un radicale cambiamento nel metodo d'allevamento che possa influire sulla qualità delle carni;

in realtà l’etichettatura rafforza temporaneamente le politiche di difesa dei profitti delle agroindustrie italiane, che sono rimaste nel nostro paese solamente in tre;

altro problema riguarda le importazioni, soprattutto da Romania, Polonia o Brasile, in particolare attraverso distributori quali Lidl, Prix o Metro; l’AIA, tra l'altro, delocalizza in Polonia le produzioni di tacchino per reimportarle in Italia;

le agroindustrie aviarie hanno ben capito ormai che se i loro modelli di allevamento creano i problemi, come i virus influenzali, derivati logicamente dai loro scriteriati sistemi produttivi, non verranno mai chiamate a rispondere dei danni ambientali, economici e sociali di cui sono responsabili, ma paga lo Stato, come già avvenuto con le varie influenze dal 1999 ad oggi, e se proprio va male e scoppia la pandemia pagano i consumatori cittadini. Oggetto di critiche è la PAC, a cui spetta il compito di indirizzo produttivo e la vigilanza sulla sicurezza dei metodi di allevamento. Spetta, infatti, all'Europa, con l'Agenzia per la Sicurezza Alimentare, dare indicazioni in merito, ma ad oggi in realtà l'Agenzia, a due anni dal suo insediamento, rischia di essere solo un baraccone clientelare;

la politica della PAC è risultata fallimentare perché spiana la strada ad un modello produttivo e ad un mercato in cui è cancellata ogni possibile alternativa alla logica produttiva dell'agroindustria, in particolare quella del delicato ed importante settore avicolo che fornisce, con il maiale, le proteine nobili alle fasce sociali più deboli nel nostro paese e nel mondo,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga che la possibile pandemia di influenza aviaria possa derivare da un modello di allevamento intensivo, che genera frequenti malattie ed infezioni tra gli animali;

se non ritenga che una possibile influenza aviaria possa mettere in serie difficoltà il settore avicolo (100.000 posti di lavoro) e cancellare le piccole aziende e le produzioni biologiche e di qualità;

quali provvedimenti intenda adottare per preservare le produzioni avicole virtuose, in particolare quelle che si sviluppano nelle piccole aziende;

quali misure intenda intraprendere per tutelare i lavoratori del settore avicolo da una possibile crisi di mercato causata dall’eventuale pandemia di influenza aviaria e quali provvedimenti urgenti intenda assumere per garantire la qualità del prodotto e la sicurezza alimentare.