Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01939
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Atto n. 3-01939
Pubblicato il 28 maggio 2025, nella seduta n. 309
MISIANI, SENSI, RANDO, LA MARCA, ROJC, IRTO, D'ELIA, VERDUCCI, DELRIO, ALFIERI, NICITA, BASSO, CAMUSSO, FRANCESCHELLI, ZAMBITO, BAZOLI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
in data 22 maggio 2025, il “Ways and means committee” della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una proposta di legge fiscale, denominata “One big beautiful bill act” dal presidente Donald Trump, che prevede la proroga di tagli fiscali e riduzioni selettive della spesa pubblica per un valore complessivo di circa 2.700 miliardi di dollari;
secondo la "Tax foundation", think tank fiscale con sede a Washington, oltre l’80 per cento degli investimenti diretti esteri negli USA proviene da Paesi che rientrano nel perimetro della nuova misura approvata dalla Camera e passata all’esame del Senato statunitense. Tale riforma prevede l’inserimento nell’Internal revenue code (il codice fiscale USA) di una nuova sezione 899 intitolata “Enforcement of remedies against unfair foreign taxes”, che si traduce in una super tassa ritorsiva pensata per alterare in modo strutturale i rapporti fiscali tra gli USA e i loro partner economici. L’obiettivo dichiarato è di difendere le multinazionali americane da imposte considerate discriminatorie. La section 899 introduce un meccanismo automatico di penalizzazione secondo il quale per ogni anno in cui un Paese mantiene in vigore una delle imposte ritenute ingiuste, le aliquote fiscali statunitensi su specifiche tipologie di redditi destinati a soggetti di quel Paese aumentano del 5 per cento fino a un massimo del 20 per cento. Viene quindi previsto che l’aliquota maggiorata sarà applicata a interessi, dividendi, royalty, redditi da partecipazione, utili realizzati da branch americane di società estere, rendite immobiliari e ai redditi delle fondazioni e dei fondi sovrani che oggi beneficiano di esenzioni specifiche ai sensi della section 892 sempre dell’Internal revenue code;
la riforma interesserebbe quattro tipi di prelievi fiscali: il primo rappresentato dalle digital services tax, come quella italiana che prevede un’imposta del 3 per cento sui ricavi da determinati servizi digitali; il secondo è l’undertaxed profits rule, uno dei pilastri del pillar II dell’accordo OCSE sulla tassazione minima globale che permette agli Stati di tassare la quota di profitti che una multinazionale ha trasferito in giurisdizioni dove paga meno del 15 per cento di imposte; il terzo tipo di norma è la diverted profits tax, che punta a tassare i profitti che un’impresa devia artificialmente da un Paese all’altro per abbattere il carico fiscale; il quarto riguarda una clausola aperta che consente al Tesoro americano di estendere l’applicazione della section 899 anche a qualunque altro regime fiscale estero ritenuto discriminatorio nei confronti delle imprese americane. Il testo della riforma chiarisce che la section 899 potrà prevalere sulle convenzioni fiscali già in vigore;
il 22 marzo scorso il presidente Trump ha firmato un memorandum presidenziale che ordina all’USTR di riaprire le indagini sulle digital tax introdotte da Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Austria, Turchia e Canada. Il memorandum accusa i governi di aver imposto imposte extraterritoriali su imprese americane appropriandosi di entrate che dovrebbero contribuire al benessere degli USA;
nel 2020 l’USTR aveva concluso che la digital tax italiana colpiva in modo sproporzionato le aziende statunitensi, dal momento che oltre il 62 per cento dei soggetti interessati dalla tassa erano americani, mentre meno del 7 per cento erano imprese italiane, sottolineando quella che veniva ritenuta una sproporzione nell’impatto, perché la struttura dell’imposta viene calcolata sul fatturato e non sugli utili ed applicata anche a soggetti privi di una presenza fisica stabile in Italia e potenzialmente cumulativa con altre imposte. Nel 2021 l’amministrazione Trump, per reazione, aveva annunciato dazi del 25 per cento su beni italiani per un valore complessivo di 140 milioni di dollari, colpendo prodotti della moda, accessori, caviale e acciughe. Quei dazi non entrarono mai in vigore grazie alla sospensione disposta dal presidente Biden, in attesa di un’intesa multilaterale in sede OCSE (primo pilastro);
se l’Italia sarà formalmente inserita nella lista dei Paesi ostili dal Dipartimento del Tesoro americano, i flussi finanziari dagli USA verso soggetti italiani potrebbero subire, come si è detto, un’imposizione fiscale aggiuntiva tra il 5 e il 20 per cento. Questo vale per dividendi e interessi, ma anche per i pagamenti di royalty legati a brevetti e proprietà intellettuale, per le rendite da immobili statunitensi e per qualsiasi altra forma di partecipazione economica. L’esenzione fiscale oggi garantita dalla section 892 verrebbe revocata anche a soggetti istituzionali italiani come Cassa depositi e prestiti, fondi regionali o università, rendendo più onerosi gli investimenti pubblici italiani sul mercato americano a cui si sommerebbe l’estensione automatica della “base erosion and anti abuse tax” (BEAT) alle controllate statunitensi di gruppi italiani. La BEAT, imposta minima alternativa pensata per contrastare la riduzione della base imponibile attraverso pagamenti infragruppo, nella sua versione standard si applica solo a società con oltre 500 milioni di dollari di ricavi, ma con la nuova section 899 quella soglia potrebbe essere abbattuta per le azioni di Paesi ostili, portando l’aliquota al 12,5 per cento ed escludendo le deduzioni per pagamenti infragruppo con il risultato di un’impennata dei costi fiscali per tutte le operazioni cross border, con effetti potenzialmente destabilizzanti anche per settori infrastrutturali a basso margine;
in data 18 aprile 2025, durante il vertice bilaterale a Washington, la Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e il presidente Donald Trump hanno firmato una dichiarazione d’intenti per promuovere un ambiente fiscale “non discriminatorio” per i servizi digitali. Ma la nuova section 899 rende di fatto nulla la Convenzione tra Italia e Stati Uniti contro le doppie imposizioni, per cui le riduzioni d’imposta previste in questa convenzione, così come il riconoscimento del credito d’imposta estero, rischiano di saltare del tutto;
nelle scorse settimane la presidenza polacca del Consiglio UE ha ipotizzato in un documento riservato la possibilità di limitare l’applicazione della global minimum tax proprio per accontentare la Casa Bianca, ma al tempo stesso Consiglio e Commissione stanno valutando l’introduzione di una digital tax comunitaria per raccogliere fondi con cui finanziare il prossimo bilancio pluriennale e ripagare il debito contratto per finanziare il “Next generation EU”,
si chiede di sapere:
se il Governo sia in grado di fornire una stima degli effetti per l’Italia derivanti dall’approvazione del “One big beautiful bill act”;
se non ritenga che la nuova section 899 renda di fatto nulla la Convenzione tra Italia e Stati Uniti, per cui le riduzioni d’imposta previste, così come il riconoscimento del credito d’imposta estero, rischiano di saltare del tutto;
se intenda prevedere misure o iniziative volte a limitare gli effetti della riforma su soggetti istituzionali italiani, a partire da Cassa depositi e prestiti;
se intenda sostenere l’iniziativa del Consiglio e della Commissione europea in merito all’introduzione di una digital tax comunitaria per raccogliere fondi con cui finanziare il prossimo bilancio pluriennale e ripagare il debito contratto per finanziare il Next generation EU;
se ritenga che l’accordo bilaterale siglato il 18 aprile comporti la necessaria abrogazione della web tax italiana.