Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00142

Atto n. 1-00142

Pubblicato il 23 aprile 2025, nella seduta n. 297

PAITA, RENZI, BORGHI Enrico, FREGOLENT, FURLAN, MUSOLINO, SBROLLINI, SCALFAROTTO

Il Senato,

premesso che:

il Presidente statunitense, Donald Trump, fin dal suo insediamento ha più volte paventato l’imposizione di dazi sulle merci europee (ivi incluse quelle italiane), seguendo la stessa politica adottata durante il suo primo mandato, nel quale aveva imposto dazi differenziati per categorie di beni e aliquote, che andavano dal 10 al 25 per cento del prezzo del prodotto;

il 12 marzo 2025 sono entrati in vigore i dazi del 25 per cento sulle importazioni negli USA di acciaio e alluminio, estesi anche a una serie di prodotti che contengono i due materiali, come racchette da tennis, biciclette, mobili e condizionatori;

in risposta la Commissione europea ha annunciato dazi su diversi prodotti statunitensi, per un valore complessivo di 26 miliardi di euro annui;

il successivo 27 marzo, il presidente Trump ha annunciato l’introduzione, dal 2 aprile, di dazi pari al 25 per cento sulle automobili importate negli USA. Nelle ore subito successive all’annuncio, ha dichiarato di essere pronto a introdurre ulteriori dazi nel caso in cui l’Unione europea e il Canada avessero adottato misure coordinate in risposta all’introduzione dei dazi statunitensi;

lo scorso 2 aprile, il presidente Trump ha annunciato un’ulteriore ampia e imponente introduzione di dazi, questa volta nei confronti di più di 100 Paesi, tra cui anche gli Stati membri dell’Unione europea, quindi inclusa l’Italia;

l’amministrazione Trump ha imposto queste aliquote partendo da un valore del 10 per cento, incrementato in chiave di “reciprocità” in misura diversa verso singoli Stati alla luce dei “dazi” o altre barriere in entrata che, secondo l’amministrazione americana, sarebbero stati scorrettamente applicati verso i prodotti americani;

nel caso degli Stati membri dell’Unione europea, compresa l’Italia, i dazi americani sono inizialmente entrati in vigore a partire dal 9 aprile in misura pari al 20 per cento, dando avvio a una guerra commerciale sulla base di presupposti errati e pretestuosi da parte dell’amministrazione statunitense;

in risposta all’introduzione dei dazi sui prodotti europei, lo scorso 3 aprile, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato “ulteriori contromisure commerciali” nei confronti dei prodotti USA: secondo la Commissione europea, i dazi americani comporteranno conseguenze terribili per milioni di persone in tutto il mondo, provocando incertezza per i mercati e per le imprese e danneggiando i cittadini più vulnerabili a causa dell’aumento dell’inflazione. Alla prima apertura dei mercati dopo l’annuncio dell'amministrazione americana, le borse europee hanno segnato un profondo ribasso: secondo alcune stime l’Italia rischia una perdita di crescita tra lo 0,3 e lo 0,6 per cento del PIL;

il 9 aprile il presidente Trump ha annunciato una sospensione temporanea di 90 giorni sui dazi imposti all’Unione europea e agli Stati membri, annunciando contestualmente l’innalzamento dei dazi verso la Cina sino al 145 per cento;

risulta peraltro evidente che le scelte del tutto soggettive e imprevedibili sulla sospensione dei dazi da parte di Trump, con annunci e smentite che si sono susseguiti a stresso giro, ha creato delle oscillazioni nei mercati finanziari che hanno consentito operazioni speculative sulla cui legalità vi sono molti dubbi;

il presidente Trump ha peraltro confermato che resteranno in vigore i dazi già previsti per alcuni prodotti come alluminio e acciaio e sulle automobili importate negli USA pari al 25 per cento, mentre dal 3 maggio scatteranno ulteriori dazi sulle componenti delle automobili;

in relazione alle mosse di Trump anche l’Unione europea ha deciso di sospendere a propria volta per 90 giorni i “controdazi” applicati ai prodotti statunitensi per poter negoziare con l’amministrazione americana che ha ribadito di voler trattare con l’Unione europea come unico blocco;

sul versante europeo, inoltre, la bilancia commerciale tra USA e Unione europea (nel suo complesso) oggi vede il vecchio continente esportare beni per circa 502 miliardi di euro, a fronte di importazioni USA per un valore di 346,5 miliardi di euro: un saldo decisamente compensato dal settore dei servizi, dove la UE esporta i medesimi negli USA per un valore pari a circa 292 miliardi di euro, contro i 396 miliardi importati dalla UE;

l’attuale sospensione dei dazi ha provocato una contrazione dei traffici commerciali, alimentando un clima di incertezza a livello globale che rischia di catapultare l’economia in una nuova fase di grave recessione;

il Presidente della Repubblica non ha esitato a definire l’imposizione dei dazi statunitensi “un errore profondo” cui dare “una risposta compatta, serena, determinata” per difendere gli interessi nazionali ed europei con misure e risposte adeguate;

l’associazione europea dell'industria delle auto ha sottolineato, per prima, il grave impatto che i dazi possono avere per il settore, sia in termini di posti di lavoro sia per le prospettive di tenuta di interi comparti collegati alla produzione di automobili. A seguito dell’introduzione dei dazi i titoli in borse delle cosiddette big three del settore automobilistico, General motors, Ford e Stellantis, sono diminuiti rispettivamente del 6,6 per cento, 3,1 e del 2,9 per cento, con flessioni inevitabilmente producono conseguenze sui consumatori europei e sulle imprese;

l’Italia è il tredicesimo partner commerciale degli USA, con uno scambio commerciale pari a circa 92 miliardi di euro: il valore delle esportazioni italiane negli USA è pari a 67 miliardi di euro, mentre quello delle importazioni è pari a 24 miliardi di euro, con un saldo positivo pari a 43 miliardi di euro annui;

la filiera italiana dell’automotive (industria e servizi), in Italia, conta 1.28 milioni di lavoratori, con un impatto diretto sull’economia reale (in termini di compensi e salari) pari a 28,8 miliardi di euro, con un fatturato complessivo pari a 346.4 miliardi di euro, pari ali 19,4 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Si tratta di un settore strategico per il nostro Paese, ora fortemente a rischio per i dazi introdotti dalla nuova amministrazione statunitense, da cui rischia di derivare per il nostro Paese una perdita netta di 11.1 miliardi di euro annui;

l’Italia è il primo Paese UE per l’export dell’agroalimentare negli USA: le esportazioni dell’agroalimentare italiano verso gli USA costituiscono infatti una componente fondamentale per la crescita del Paese, rappresentando il 15 per cento delle esportazioni totali e con una crescita pari al 18 per cento nell’ultimo anno e al 158 per cento negli ultimi 10 anni, per un valore di 7.8 miliardi di euro solo nell’anno 2024;

gli USA sono il terzo Paese (e il primo “non europeo”) di destinazione delle merci italiane in assoluto, la cui origine si ha prevalentemente nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Piemonte, che da sole producono più di due terzi delle esportazioni complessive: l’applicazione di dazi su beni e servizi italiani da parte degli USA rappresenta un concreto pericolo per le prospettive di crescita del Paese, nonché per la tenuta di interi settori che già patiscono l’aumento dell’inflazione e dei costi dell’energia;

diverse imprese del made in Italy, infatti, hanno già avanzato serie preoccupazioni dopo l’introduzione di dazi americani sui prodotti di eccellenza italiana come vino, basilico, olio, formaggi e pasta: i dazi del 20 per cento sui nostri prodotti provocheranno, di fatto, conseguenze che ricadranno in modo drammatico sui fatturati delle imprese italiane e sull’occupazione del Paese, fattori che si sommeranno ai costanti dati negativi della produzione italiana;

l’impatto territorialmente concentrato dei dazi rappresenta un rischio concreto per l’intera filiera: solo il settore del vino, che nel 2024 ha portato al sistema Paese 1.2 miliardi di euro grazie alle esportazioni negli USA, vede il 48 per cento dei vini bianchi esportati prodotti in Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia e il 71 per cento dei rossi prodotti tra Toscana e Piemonte. A seguito dell’annuncio americano, l’Unione italiana vini ha infatti dichiarato come l’introduzione dei dazi americani rischi di causare per il settore una perdita di 323 milioni di euro di ricavi all'anno, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni;

le ripercussioni economiche derivanti dall’imposizione di dazi nel settore agroalimentare rischiano di essere drammatiche per quelle filiere che dipendono quasi interamente dalle esportazioni, come il pecorino DOP prodotto in Sardegna, il cui export è destinato per circa la metà al mercato statunitense, ma anche la Toscana, che negli USA il 33 per cento della propria produzione di vini e il 42 per cento di quella di olio extravergine d’oliva, e il Lazio, che di olio esporta circa il 58 per cento della propria produzione;

la filiera agroalimentare si contraddistingue per la presenza di aziende di grandi dimensioni, così come di micro imprese, e di realtà cooperative che rappresentano veri e propri modelli di sviluppo sostenibile, inclusivo e innovativo, la cui operatività rischia di essere pregiudicata fortemente dall’imposizione di dazi che, oltre a cagionare gravi perdite economiche, si ripercuotono sulla pianificazione degli investimenti;

in questa prospettiva occorre approntare un piano europeo per la semplificazione e la previsione di misure nazionali ed eurounitarie legate all’internazionalizzazione delle produzioni italiane, ma soprattutto dare avvio da subito ad un’operazione di sburocratizzazione nel nostro Paese e di concreto sostegno alle nostre aziende, anche piccole e medie, per la penetrazione in nuovi mercati che possano compensare la contrazione delle esportazioni verso gli USA;

secondo le stime di Confindustria, la produzione di macchinari e impianti rischia una perdita di fatturato pari a 12.4 miliardi di euro annui, quella farmaceutica una perdita di 8 miliardi annui, quella chimica di 2,9 miliardi annui e il settore della moda, già fortemente provato da anni di extracosti per via del caro energia e caro materiali, una perdita di circa 2.4 miliardi di euro: un colpo ferale per un comparto ritenuto unanimemente un’eccellenza mondiale;

le esportazioni italiane verso gli USA rappresentano circa il 3 per cento del PIL. I settori maggiormente interessati dai dazi sono quello dei macchinari, dei prodotti chimici e dei manufatti finiti, che insieme valgono rispettivamente il 77 e l’82 per cento: il settore dei macchinari e delle attrezzature, in particolare, rappresenta la fetta più consistente delle esportazioni verso il mercato statunitense (circa 24 miliardi di euro, il 38 per cento del totale);

Confindustria ha calcolato che dazi americani al 25 per cento (di poco superiori a quelli effettivi) sui prodotti italiani porteranno ad una riduzione dello 0,4 per cento di PIL nel 2025 e di 0,6 per cento di PIL nel 2026 erodendo di fatto tutta la crescita;

a questi dati preoccupanti si somma il rischio che l’Europa e l’Italia diventino mercato privilegiato dei prodotti cinesi o di altri Paesi a seguito della politica dei dazi americani che spingerà Cina ed altri ad aggredire mercati diversi da quello statunitense con prodotti a prezzi molto bassi;

una delle finalità dichiarate da Trump connessa alla politica dei dazi è il trasferimento in USA di aziende straniere e molte realtà italiane hanno già manifestato tale intenzione per aggirare i dazi con evidenti ricadute sugli investimenti nel nostro Paese e soprattutto sui livelli occupazionali;

l’aumento dei prezzi legato ai dazi imposti da Trump, l’inflazione, le delocalizzazioni in USA, la concorrenza dei prodotti cinesi e la perdita di posti di lavoro porteranno ad un impoverimento complessivo delle nostre famiglie oltre che ad un indebolimento della nostra economia;

l’imposizione di dazi sui prodotti italiani ne aumenta inevitabilmente il prezzo per il consumatore statunitense, penalizzando il produttore che si vedrà sottrarre quote di mercato da aziende che non risentono della medesima sovraimposizione e possono offrire prezzi maggiormente competitivi;

le prospettive di una guerra commerciale con gli Stati Uniti d’America non rappresentano in alcun modo una sorta di “opportunità” e “occasione”, come inspiegabilmente prospettato da alcuni esponenti della maggioranza di governo: a fronte delle crescenti e fondate preoccupazioni delle imprese e lavoratori italiani il Governo è chiamato a dare risposte rapide e concrete, mettendo in sicurezza il tessuto economico-produttivo del Paese nel suo complesso;

l’attuale contesto di incertezza impone un’attenta valutazione delle ricadute delle proposte dell’amministrazione Trump sul piano della totale deregulation degli scambi commerciali a fronte della riduzione o cancellazione dei dazi, ponderando i rischi connessi all’incremento delle vendite dei prodotti “Italian sounding” e i danni per la nostra economia, oltre che dall’impatto dell’ingresso in Europa di nuove merci, soprattutto laddove queste ultime rispondono a standard qualitativi e controlli inferiori rispetto a quelli europei, generando effetti negativi su tutte le corrispondenti filiere del mercato interno e con riguardo, ad esempio, al settore agroalimentare, anche un maggior rischio per la salute dei cittadini;

di fronte a fenomeni globali, come appunto il rischio di una possibile guerra commerciale, l’ipotesi di adottare un approccio bilaterale tra Italia e USA, al di fuori del dialogo con l’Unione europea e gli altri Stati membri, non solo sconfessa i valori europeisti che hanno portato il nostro Paese a fondare la UE, ma colloca l’Italia al di fuori di ogni prospettiva futura di integrazione. Porsi al di fuori, o persino contrastare, di una strategia coordinata e concordata a livello europeo nella speranza di ottenere un qualche vantaggio esclusivo di brevissimo periodo rischia di esporre le nostre imprese a ulteriori incertezze, posto che i nostri principali partner commerciali si trovano sul territorio europeo;

in vista delle prossime trattative tra la UE e gli USA in materie di dazi e politiche commerciali, risulta fondamentale che l’Unione europea sia compatta, solida e autorevole: pertanto è necessario che la stessa UE inizi a interloquire con gli USA tramite una “voce” unitaria, rappresentata da un leader autorevole, credibile e forte della sua competenza come Mario Draghi. Un approccio frammentato, con iniziative diplomatiche unilaterali da parte degli Stati membri, risulterebbe estremamente controproducente per gli interessi europei: la nomina di Draghi come inviato speciale per la UE nelle trattative con gli USA risulterebbe la giusta soluzione affinché l’Unione europea possa risultare un soggetto ascoltato e autorevole in uno dei dossier più complicati in politica estera, come appunto quello dei dazi introdotti dagli USA;

va scongiurato il pericolo concreto che le imprese italiane, nel medio-lungo periodo, possano ricorrere a forme di delocalizzazione volte ad aggirare i dazi, in ossequio a una strategia che impoverisce il Paese e le famiglie, giacché delocalizzare significa licenziare i lavoratori e pregiudicare l’indotto e le filiere di riferimento;

al fine di mitigare gli effetti negativi dei dazi sul sistema economico e scongiurare la delocalizzazione delle imprese occorre elaborare senza indugio un piano industriale volto a rilanciare la produzione italiana a livello nazionale e mondiale, rafforzando le forme di incentivazione alla competitività come il piano “Industria 5.0”, ma anche realizzando interventi di semplificazione normativa e amministrativa volti ad alleggerire gli oneri burocratici (e i relativi costi) patiti dalle imprese;

è necessario attivare un quadro normativo europeo che consenta, in linea con l’esperienza maturata nell’ambito del temporary framework durante la pandemia, di sospendere il divieto di aiuti di Stato, nonché favorire il rientro del capitale umano italiano che nel corso degli anni, soprattutto per mancanza di competitività e prospettive, è espatriato;

è altresì fondamentale che il Governo riconosca la centralità di una risposta condivisa a livello europeo che porti all’elaborazione di una strategia comune europea in risposta ai dazi introdotti dalla nuova amministrazione statunitense, elaborando misure coordinate e concrete che forniscano risposte concrete e certezze ai comparti interessati, oltre a misure volte a garantire liquidità alle imprese nel breve periodo e a sostenerne l’operatività nel medio-lungo periodo anche attraverso interventi volti a ridurre i costi di produzione, in primis sul versante energetico;

è indispensabile promuovere la centralità di un’azione europea condivisa, per tutelare l’economia europea e nazionale, nonché i lavoratori e le imprese, salvaguardando i settori interessati dai nuovi dazi statunitensi;

ogni giorno, peraltro, il presidente Trump annuncia l’ipotesi di nuovi dazi su singoli mercati a prodotti (dai chip al settore farmaceutico) che generano un diffuso senso di incertezza negli operatori e quindi di stallo negli investimenti,

impegna il Governo:

1) a riconoscere la centralità di una risposta condivisa a livello europeo che porti all’elaborazione di una strategia comune europea in risposta ai dazi statunitensi, abbandonando qualsivoglia iniziativa che rischi di rendere ancora più incerte e difficili le prospettive per le imprese nazionali, anche in rapporto ai partner europei;

2) a non ostacolare le iniziative europee elaborate nell’ambito delle istituzioni e volte a riequilibrare i rapporti commerciali con gli USA, al fine di scongiurare uno scenario di incertezza che si presta a discriminazioni tra Stati e settori commerciali, oltre che a ulteriori ritorsioni sul piano economico;

3) a richiedere in sede europea la nomina di Mario Draghi come inviato per la UE in vista del possibile negoziato con gli USA in materia di politiche commerciali, al fine di consentire alla stessa UE di interloquire con il presidente Trump tramite una “voce” unitaria, credibile e autorevole;

4) ad adottare ogni iniziativa utile in sede europea volta a calmierare i costi dell’energia e a rivedere la normativa ETS sull’anidride carbonica e il decoupling del prezzo del gas e dell’energia elettrica per contrastare l’aumento delle tariffe, oltre a rivedere la normativa eurounitaria di riferimento in un’ottica di semplificazione per le imprese;

5) ad attivare in ambito nazionale strumenti volti a ridurre e stabilizzare il costo dell’energia per le imprese, incrementando il mix delle fonti energetiche anche in un’ottica di elaborazione di una strategia di politica industriale di medio-lungo periodo;

6) a sollecitare la sospensione del divieto di aiuti di Stato al fine di predisporre ogni intervento utile per sostenere le imprese italiane, ivi compresa l’attivazione di un fondo nazionale per l’accesso a finanziamenti agevolati e con ampi piani rimborso, così da favorire la liquidità e gli investimenti per i comparti maggiormente colpiti dai dazi;

7) ad adottare ogni iniziativa utile volta a compensare economicamente e a salvaguardare le imprese e i settori interessati, nonché il tessuto economico-produttivo del Paese nel suo complesso e il potere di acquisto delle famiglie rispetto all’imposizione di dazi sulle merci italiane;

8) a predisporre un piano di interventi di sostegno economico e supporto all’internazionalizzazione per i settori maggiormente colpiti dai dazi statunitensi, in particolare elaborando, per il comparto agroalimentare, interventi di semplificazione (come la riduzione al 50 per cento degli obblighi di rendicontazione degli incentivi dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo concessi alle imprese impegnate sul mercato statunitense) e soluzioni di lungo periodo che possano garantire flussi di mercato a condizioni eque e non discriminatorie, nonché misure immediate volte a sostenere, anche in termini di liquidità, le imprese già colpite dal calo degli ordini dovuto alle forti incertezze ingenerate sul piano del commercio internazionale;

9) ad elaborare, con il pieno coinvolgimento delle Camere e in particolare delle opposizioni, un piano industriale volto a rilanciare la competitività del sistema produttivo nazionale, anche attraverso la revisione del piano Industria 5.0 e la rivisitazione delle misure di incentivazione vigenti coerentemente con le modalità di fruizione introdotte dal Governo Renzi con Industria 4.0, nonché a rafforzare e semplificare i contratti di sviluppo e sbloccare i progetti già approvati;

10) a favorire l’internazionalizzazione dei settori colpiti dai dazi statunitensi per rafforzare l’export verso gli altri Paesi del continente americano, dell’India e dei Paesi arabi, promuovendo, altresì, la ratifica degli accordi economici e commerciali tra l’Unione europea e il Canada (CETA) e con l’America latina (Mercosur);

11) a salvaguardare nell’ambito delle trattative il principio di reciprocità su qualità e controlli per evitare, con particolare riguardo al settore agroalimentare, che l’ingresso in Europa di nuove merci con standard qualitativi e controlli inferiori generino effetti negativi su tutte le corrispondenti filiere;

12) ad incrementare la capacità di spesa delle risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di compensare, sia pure parzialmente, la contrazione dell’export delle imprese italiane col pieno sfruttamento delle risorse ottenute;

13) a predisporre ogni misura utile a scongiurare qualsiasi forma di delocalizzazione delle imprese al fine di salvaguardare il sistema Paese, l’occupazione e le famiglie, oltre che il futuro della azione;

14) a ripristinare il “regime agevolato” per il rientro dei cervelli con le regole, requisiti e condizioni previsti alla sua introduzione con il Governo Renzi, al fine di favorire il ritorno in patria di quell’immenso capitale umano italiano trasferitosi all’estero e che può rivestire un ruolo cruciale nel rilancio della competitività e della politica industriale nazionale;

15) ad adottare le iniziative necessarie a diminuire gli oneri burocratici a carico delle imprese, nonché a semplificare e accelerare le procedure di realizzazione degli investimenti pubblici e privati al fine di rimuovere ostacoli di natura procedimentale alla crescita del Paese;

16) a richiedere misure urgenti in sede europea che vadano a tutelare un asset decisivo per il nostro Paese come quello dell’automotive, colpito dai dazi introdotti dall’amministrazione Trump, anche attraverso la creazione di un campione europeo volto a garantire maggiore competitività al comparto e l’occupazione.