Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00125

Atto n. 1-00125 con procedimento abbreviato

Pubblicato il 12 febbraio 2025, nella seduta n. 272

LOREFICE, PATUANELLI, BEVILACQUA, DAMANTE, FLORIDIA Barbara, SCARPINATO, ALOISIO, BILOTTI, CATALDI, CROATTI, DI GIROLAMO, GAUDIANO, LICHERI Ettore Antonio, LICHERI Sabrina, LOPREIATO, MAIORINO, MARTON, MAZZELLA, NATURALE, NAVE, PIRONDINI, PIRRO, SIRONI, TURCO, ALFIERI, CAMUSSO, FINA, GIACOBBE, LA MARCA, MALPEZZI, NICITA, RANDO, ROJC, ROSSOMANDO, SENSI, SPAGNOLLI, CUCCHI, DE CRISTOFARO, MAGNI, MUSOLINO, MATERA, POGLIESE, RUSSO, SALLEMI, TERNULLO

Il Senato,

premesso che:

la disciplina dei lavori socialmente utili (LSU) è stata introdotta con la legge 11 marzo 1988, n. 67, la quale, all'articolo 23, ha previsto "lo svolgimento di attività di utilità collettiva mediante l'impiego a tempo parziale di giovani privi di occupazione";

la Regione Siciliana, recependo la suddetta normativa, ha adottato diverse leggi regionali che hanno progressivamente regolamentato e ampliato l’ambito dei lavori socialmente utili: la legge regionale 21 settembre 1990, n. 36; la legge regionale 15 maggio 1991, n. 27; la legge regionale 20 marzo 1992, n. 5; e, infine, la legge regionale 1° settembre 1993, n. 25;

a livello nazionale, con il decreto-legge 23 dicembre 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 febbraio 1995, n. 451, si è evoluto il sistema dei lavori socialmente utili, ridefinendone finalità e modalità di attuazione. Successivamente, con il decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e il decreto-legge 13 marzo 2000, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 maggio 2000, n. 144, è stata fornita una disciplina organica per i diritti e gli obblighi di tali lavoratori;

considerato che:

originariamente, i lavori socialmente utili erano intesi come strumenti temporanei per l'inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro attraverso progetti formativi o di riqualificazione professionale;

in Sicilia, a causa di carenze croniche di personale nelle pubbliche amministrazioni, i lavoratori socialmente utili (successivamente denominati ASU) sono stati utilizzati come sostituti del personale stabile, violando le finalità formative previste dalla normativa;

tale utilizzo improprio ha determinato che gli ASU svolgessero mansioni ordinarie, spesso identiche a quelle dei dipendenti di ruolo, senza però godere delle medesime tutele contrattuali, retributive e previdenziali;

gli ASU percepivano un compenso mensile inizialmente pari a 480.000 lire, poi incrementato a 600 euro, senza tredicesima, TFR o contributi previdenziali adeguati. Tali somme risultano sproporzionate rispetto alle responsabilità e ai carichi di lavoro effettivi;

la circolare INPS n. 33 del 5 marzo 2010 ha ulteriormente evidenziato la disparità di trattamento contributivo per i periodi di impiego in LSU precedenti al 31 luglio 1995, durante i quali non sono stati riconosciuti contributi utili al calcolo della misura pensionistica, limitandone il conteggio ai fini del diritto a pensione;

rilevato che:

l'assenza di un versamento regolare dei contributi previdenziali e la mancata valorizzazione dei periodi di lavoro LSU ai fini pensionistici costituiscono un grave danno economico per i lavoratori coinvolti;

gli ex LSU, dopo anni di precariato, sono stati in parte stabilizzati solo tra il 2006 e il 2012, ma il danno previdenziale accumulato è rimasto irrisolto;

i lavoratori ex LSU rischiano di andare in pensione con trattamenti insufficienti, nonostante abbiano contribuito in maniera continuativa e significativa alle attività delle pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo:

1) ad introdurre una normativa specifica che riconosca ai fini pensionistici i periodi di lavoro svolti come LSU, garantendo che tali anni siano considerati nel calcolo del trattamento pensionistico con il sistema retributivo. Tale normativa dovrà prevedere il riconoscimento e la valorizzazione dei contributi figurativi mancanti, nonché l’attestazione dei periodi di lavoro da parte degli uffici provinciali del lavoro, assicurando inoltre che nessun lavoratore ex LSU sia penalizzato da omissioni o ritardi contributivi, con l'adozione di misure compensative per i danni subiti;

2) a monitorare l’applicazione delle norme di stabilizzazione per evitare il ripetersi di situazioni di precarietà e disparità di trattamento lavorativo nelle pubbliche amministrazioni, promuovendo così condizioni di lavoro più stabili ed eque per tutti i lavoratori coinvolti;

3) ad avviare tavoli tecnici con i rappresentanti sindacali e le istituzioni locali per discutere soluzioni adeguate alla valorizzazione dell’esperienza professionale maturata dagli LSU;

4) ad adottare iniziative per favorire la piena inclusione lavorativa e previdenziale di tutti i lavoratori precari ancora in attesa di stabilizzazione.