Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01156
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Atto n. 3-01156 (in 10ª Commissione)
Pubblicato il 21 maggio 2024, nella seduta n. 191
D'ELIA, CAMUSSO, CRISANTI, GIACOBBE, ROJC, TAJANI, VALENTE, VERDUCCI, ZAMBITO - Al Ministro della salute. -
Premesso che:
l’articolo 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194, prevede che le regioni, d'intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovano l'aggiornamento del personale sanitario “sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza”;
tuttavia, a quindici anni dalla possibilità di ricorrere, nel nostro Paese, alla procedura farmacologica per l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG), questa non è ancora pienamente accessibile a tutte le donne;
il 12 agosto 2020, il Ministero della salute ha diffuso la circolare sull'aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine, passate al vaglio del Consiglio Superiore di Sanità, che il 4 agosto ha espresso parere favorevole al ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico con le seguenti modalità: fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale e presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital;
come sottolineato nella suddetta circolare del 12 agosto 2020: “Successivamente al parere del Consiglio superiore di sanità, è stata emanata la Determina n. 865 del 12 agosto 2020 dell’Agenzia Italiana del Farmaco “Modifica delle modalità di impiego del Medicinale Mifegyne a base di mifepristone (RU486) ” nella quale vengono superate le precedenti limitazioni (…). Con la nuova Determina AIFA, risulta annullato il vincolo relativo all’utilizzo del farmaco Mifegyne in regime di ricovero dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla conclusione del percorso assistenziale”;
secondo le citate Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine, la procedura farmacologica prevede che per il 1° giorno “l’accesso ambulatoriale/ ricovero in day hospital” che si conclude con l’”invio a domicilio della paziente dopo 30 minuti dalla somministrazione del mifepristone” e per il 2° giorno “La donna è a domicilio. Si raccomanda alla donna di contattare il servizio cui si è rivolta (consultoriale o ospedaliero) in caso di necessità”;
il 4 agosto 2020, il Consiglio superiore di sanità aveva evidenziato come: “Nel Nostro Paese il ricorso all’aborto farmacologico varia molto da Regione a Regione sia per quanto riguarda il numero di interventi che per il numero di strutture che lo effettuano (Ministero della Salute, 2019). Valori percentuali e più elevati si osservano nell’Italia Settentrionale in particolare4 in Piemonte (44,1 % di tutte le IVG nel 2018), Liguria (38%), Emilia Romagna (36,9), Toscana (29,3%) e Puglia (27,8). Queste percentuali aumentano se si considerano solo le IVG effettuate entro 7 settimane di gestazione (epoca gestazionale massima in cui si raccomanda, ad oggi, di usare questa metodica in Italia), con un intervento su sue fatto con tale metodica; dalla raccolta dati ad hoc effettuata nel 2010/2011 si era rilevato che, sebbene la gran parte delle Regioni e delle strutture avessero adottato come regime di ricovero quello ordinario con l’ospedalizzazione, molte donne (76%) hanno richiesto la dimissione volontaria dopo la somministrazione di mifepristone o prima dell’espulsione completa del prodotto abortivo, con successivi ritorni in ospedale per il completamento della procedura (Ministero della sSalute, 2019). Comunque nel 95% dei casi queste donne sono tornate al controllo nella stessa struttura. Inoltre nel 96,9%dei casi non vi era stata nessuna complicazione immediata e la necessità di ricorrere per terminare l’intervento isterosuzione o per revisione della cavità uterina si era presentata nel 5,3%dei casi. Anche al controllo post dimissione nel 92,9 % dei casi non era stata riscontrata nessuna complicanza (Ministero della Salute, 2019). Questi dati sono simili a quanto rilevato in altri Paesi e a quelli riportati in letteratura e sembrano confermare la sicurezza di questo metodo (Ministero della Salute, 2019)”;
ed ancora: “(…) il mifepristone può essere somministrato, sia in Consultorio che nell’Ambulatorio ospedaliero dedicato al momento del primo accesso. (…) Dopo la somministrazione di mifepristone la donna può essere rinviata a casa”;
ciò nonostante, nella maggior parte delle regioni le suddette modalità non sono consentite;
ciò contrasta non solo con il principio dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie secondo il quale, come riportato dall’allegato 2C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 - Definizione dei livelli essenziali di assistenza, sono “inappropriati i casi di ricovero ordinario o in day hospital che le strutture sanitarie possono trattare in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minore impiego di risorse”, ma soprattutto con il diritto delle donne a poter ricorrere a una procedura riconosciuta e disciplinata dall’ordinamento,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare, nell’ambito delle proprie competenze, affinché le Regioni garantiscano l’attuazione di quanto previsto dalle Linee di indirizzo del Ministero della salute sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine.