Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00094

Atto n. 1-00094

Pubblicato il 23 aprile 2024, nella seduta n. 182

MAIORINO, BEVILACQUA, BILOTTI, CASTELLONE, CROATTI, D'ELIA, FLORIDIA Barbara, LOPREIATO, LOREFICE, NATURALE, SIRONI, UNTERBERGER, VALENTE

Il Senato,

premesso che:

la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 48/104 del 20 dicembre 1993, definisce la stessa come “qualsiasi atto di violenza di genere che provoca o possa provocare danni fisici, sessuali o psicologici alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che si verifichi nella vita pubblica o privata”. Il lento cammino intrapreso dal nostro Paese al fine di addivenire ad una compiuta legislazione volta all’effettivo contrasto alla violenza contro le donne prende le mosse dalla legge n. 66 del 1996. Punto nevralgico di questa riforma, a lungo attesa, è stato il mutamento dell’oggettività giuridica dei reati: relegati dal “codice Rocco” nella categoria dei reati contro la moralità pubblica e il buon costume, essi hanno assunto dignità di reati contro la persona in conseguenza dell’acquisita consapevolezza che la libertà sessuale costituisce un insopprimibile corollario della libertà individuale;

la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza, cosiddetta convenzione di Istanbul, aperta alla firma l’11 giugno 2011, è stata sottoscritta dall’Italia il 27 settembre 2012 e ratificata con la legge n. 77 del 2013. Partendo da tale impulso sono stati molteplici gli interventi del legislatore volti ad armonizzare la normativa interna ai principi derivanti dalla Convenzione. Il primo, in tal senso, è stato operato dal decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica, che ha apportato rilevanti modifiche in ambito penale e processuale ed ha previsto l'adozione periodica di piani d'azione contro la violenza di genere. Tuttavia, è da ricordare che anche in precedenza erano stati adottati provvedimenti che andavano in tale direzione, come il decreto-legge n. 11 del 2009, riguardante misure in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori;

il procedimento virtuoso già avviato a partire dalla XVII Legislatura ha trovato compimento nella legge n. 69 del 2019, altrimenti nota come "codice rosso”, che, oltre a collazionare i testi depositati dalle altre forze parlamentari afferenti al medesimo tema, all’articolo 3 specifica che “con l’espressione violenza nei confronti delle donne si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”;

considerato che:

nell’ambito della legislazione italiana, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’affermare che i maltrattamenti contro familiari e conviventi (puniti ai sensi dall’articolo 572 del codice penale), le violenze sessuali (art. 609-bis, 609-ter e 609-octies) e le condotte persecutorie (art. 612-bis) sono comunemente considerati tra i principali delitti in materia di violenza di genere;

in particolare, il reato di atti persecutori, introdotto dal decreto-legge n. 11 del 2009 in accoglimento dell’istanza di maggior tutela delle donne vittime di violenza e in assenza di una fattispecie di reato ad hoc che sanzionasse condotte lesive riconducibili alla sfera della persecutorietà, viene considerato il principale “reato spia” dei femminicidi;

come riportato dall’Istituto italiano di statistica, a marzo 2022 la 53a sessione della Statistical commission ha approvato lo “Statistical framework for measuring the gender-related killing of women and girls (also referred to as ‘femicide/feminicide’)” definendo gli omicidi di genere, comunemente detti femminicidi, quali uccisioni di una donna in quanto donna. Nello stesso anno, in Italia, la legge n. 53 del 2022 recante disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere ha aperto la strada a una maggiore comprensione del fenomeno che, in precedenza, non era stato oggetto di indagini specifiche, anche a causa della mancanza di una definizione condivisa del concetto di femminicidio;

considerato, ancora, che:

gli omicidi di donne nel nostro Paese, avvenuti in ambito familiare o affettivo e per mano di partner o ex partner sono stati 101 nel 2019, 106 nel 2020, 104 nel 2021, 106 nel 2022 e 109 al 3 dicembre 2023;

l’11 dicembre 2023 la Direzione centrale polizia criminale ha presentato il report “Il Punto - Il pregiudizio e la violenza contro le donne”, elaborato dal servizio di analisi criminale sulla base delle informazioni contenute nella banca dati delle forze di polizia. Sebbene il report, per quanto concerne i reati spia della violenza di genere, tra gennaio e settembre 2023 (e rispetto allo stesso periodo del 2022) abbia evidenziato una diminuzione degli atti persecutori (13 per cento in meno), oltre che dei maltrattamenti contro familiari e conviventi e delle violenze sessuali, nel più ampio periodo 2013-2022, secondo i dati raccolti dal Dipartimento della pubblica sicurezza, Direzione centrale della polizia criminale, si è registrato un incremento del 105 per cento dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, del 48 per cento degli atti persecutori, e del 40 per cento delle violenze sessuali, mostrando inoltre una pressoché invariata incidenza di tali crimini sulle donne, con una media dell’81 per cento per i maltrattamenti contro familiari e conviventi, del 91 per cento per le violenze sessuali e del 75 per cento per gli atti persecutori, a conferma della centralità del fattore di genere nell’analisi dei reati presi in rassegna;

la materia anagrafica è regolata dalla legge n. 1228 del 1954, recante “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente e dal relativo regolamento di attuazione”, e attuata tramite il decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989 che, all’articolo 33, ha previsto che l’ufficiale di anagrafe debba rilasciare, a chiunque ne faccia richiesta e fatte salve le limitazioni di legge, i certificati di residenza e lo stato di famiglia. Inoltre, il decreto-legge n. 179 del 2012, in ragione di quanto disposto dall’articolo 2, ha istituito un’unica anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR). Il combinato disposto di tali disposizioni imporrebbe anche alle donne che hanno subito violenza di fornire precise informazioni, dovutamente tracciate e reperibili relativamente alla propria residenza, con possibilità di accesso agli atti da parte di qualsiasi soggetto giuridicamente interessato;

considerato, ulteriormente, che:

l’articolo 282-bis del codice di procedura penale dispone in capo al giudice l’obbligo di “prescrivere all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza autorizzazione”, al fine di offrire un’immediata protezione nonché di prevenire il pericolo di commissione di reati di violenza in seno alla famiglia. Tali finalità sono ulteriormente perseguite dal comma 2 che testualmente recita: “Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa”. Al fine di offrire una maggior tutela alle persone offese dal reato, la violazione dei provvedimenti cautelari di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa costituisce un'autonoma fattispecie di reato così come previsto dall'articolo 387-bis del codice penale. Quest’ultimo introdotto dalla legge n. 69 del 2019, il “codice rosso”;

la Convenzione di Istanbul, tra i molteplici principi contenuti, ha previsto per gli Stati aderenti la predisposizione di “servizi specializzati di supporto immediato, nel breve e lungo periodo, per ogni vittima di un qualsiasi atto di violenza che rientra nel campo di applicazione”, al fine di offrire un'adeguata e pronta protezione alle vittime di violenza. Successivamente alla sua ratifica, è in virtù del già citato decreto-legge n. 93 del 2013, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, che si è voluto dare attuazione a quanto disposto dalla Convenzione per mezzo di quanto disposto dall’articolo 5, a mente del quale è stata prevista l'adozione di un “piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, stabilendo inoltre al comma 2, lett. d), di “potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza”. Il successivo articolo 5-bis, al fine di dare attuazione a quanto disposto dal precedente, razionalizza le previsioni relative ai centri antiviolenza e alle case rifugio. Discendono, inoltre, da tale provvedimento legislativo il primo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e il piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 e, successivamente, il terzo piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023;

considerato, infine, che:

il 7 dicembre 2023 il Consiglio regionale della Toscana ha approvato all’unanimità la mozione n. 1493, a prima firma della consigliera del Gruppo Movimento 5 Stelle Irene Galletti, “in merito all'adozione di un indirizzo di residenza fittizio per le donne vittime di ogni forma di violenza”. L’atto impegna la Giunta della Regione Toscana a intervenire in Conferenza Stato-Regioni per favorire l’istituzione di una normativa nazionale unica di riferimento, finalizzata alla realizzazione di “residenze fittizie” in tutto il territorio italiano, analogamente alle iniziative già intraprese nei Comuni di Roma, di Torino e in altre amministrazioni comunali che hanno deliberato ai fini della realizzazione di un sistema di protezione e di tutela per le donne vittime di violenza e per i loro figli, da realizzare attraverso la creazione di una residenza anagrafica sicura, alternativa a quella effettiva, presso cui far recapitare la corrispondenza di natura burocratica e amministrativa, mantenendo riservato il reale indirizzo di residenza;

la creazione di un istituto anagrafico che consenta di secretare i dati nel momento in cui la vita della donna permane in uno stato di pericolo appare una scelta oramai improcrastinabile e ciò per duplici ragioni: si garantisce la tutela della persona offesa e, allo stesso tempo, la residenza anagrafica necessaria per il rilascio di tutte le certificazioni;

non di rado, l’intento di tutela dell’incolumità personale induce le donne vittime di violenza a modificare le proprie abitudini di vita e, talvolta, anche il luogo di vita, dunque l’indirizzo di residenza, nel tentativo di sottrarsi a possibili, ulteriori azioni lesive da parte dell’attuatore della condotta criminosa, esperendo al contempo intensi livelli di stress, stati di ipervigilanza e disturbi della sfera ansiosa;

secondo i risultati dello studio presentato nel 2023 dall’Osservatorio nazionale sullo stalking, il 30 per cento dei soggetti denunciati per atti persecutori mostra condotte recidivanti, reiterando la condotta persecutoria anche dopo la denuncia della vittima;

in conseguenza di quanto già esposto in materia di normativa anagrafica in riferimento al rilascio dei certificati di residenza a chiunque ne faccia richiesta, la stessa normativa presenta notevoli criticità, con il rischio di neutralizzare l’azione di protezione esercitata sulle donne vittime di violenza e sui loro figli,

impegna il Governo a sostenere le iniziative parlamentari volte ad introdurre disposizioni normative finalizzate a rendere effettivo, in tutto il territorio nazionale, per le donne vittime di violenza e per i loro figli, l’istituto delle residenze fittizie, secondo il modello già applicato dai Comuni, ai fini di una maggior tutela dei soggetti fragili oggetto del presente atto di indirizzo.