Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-00768

Atto n. 4-00768

Pubblicato il 12 ottobre 2023, nella seduta n. 113
Risposta pubblicata il 16 novembre 2023 nel fascicolo n. 39

GASPARRI - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

con sentenza n. 8711, in data 9 gennaio 2023, la VI sez. pen. di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso presentato dall’on. Mario Landolfi avverso la sentenza della Corte d'Appello di Napoli n. 401/22 che confermava (per relationem) la condanna nei confronti dello stesso comminata in data 23 dicembre 2019 dalla II sez., collegio B, del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (sent. n. 7065) per il reato di cui agli artt. 110 e 319 del Codice penale, con esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991 e con concessione dei benefici della sospensione della pena e della non menzione del casellario giudiziale;

nel 2007 la DDA di Napoli aveva accusato limputato di aver concorso nella corruzione di Massimo Romano, consigliere comunale di Mondragone (Caserta), inducendolo a poco più di un mese dalla scadenza naturale del civico consesso a barattare le proprie dimissioni con lassunzione simulata della moglie nella società ECO4, braccio operativo del CE4 (Consorzio obbligatorio per lo smaltimento dei rifiuti), al fine di assicurare sostegno alla giunta del sindaco Ugo Alfredo Conte. La circostanza aggravante, poi esclusa grazie anche alle testimonianze rese dai magistrati Raffaele Cantone e Alfredo Mantovano, originava dalla circostanza che lECO4 versava mensilmente una tangente alla camorra;

sin dall’inizio il Landolfi aveva dichiarato di rinunciare alla prescrizione per tutti i reati ascrittigli;

la sentenza di 1° grado doveva in realtà essere emessa il 18 novembre 2019, ma in quella data, dopo sei ore di camera di consiglio, i giudici del Tribunale disponevano lescussione ex art. 507 del Codice di procedura penale del collaboratore di giustizia Giuseppe Valente, unico accusatore di Landolfi, nonostante già sentito in precedenza e nonostante lacquisizione al dibattimento di ben 29 verbali di interrogatorio dallo stesso resi sull’identico tema in altri processi (Alfani Remo, Cosentino Nicola, Andreozzi Salvatore);

l’escussione del teste da parte del Presidente del Collegio giudicante si sostanziava, a parere dell’interrogante, di domande suggestive e tendenziose in palese violazione del divieto contenuto nell’art. 499, comma 2 del Codice di procedura penale e del principio di terzietà e imparzialità del giudice (pagg. 25-30-31 del verbale di ud. 25 novembre 2019);

al di là del ricorso all’art. 507, il cui utilizzo dovrebbe essere residuale ed eccezionale in un processo tendenzialmente accusatorio come quello descritto, preme all’interrogante evidenziare come il tortuoso iter logico-argomentativo seguito dai giudici di 1° grado per emettere la sentenza abbia come fine esclusivo la preservazione della credibilità del collaboratore di giustizia, impegnato come teste anche in altri processi istruiti dalla procedente DDA, nonostante le vistose falle del suo narrato;

ne fa fede, tra le altre, la decisione del giudice-estensore di ignorare le contraddittorie dichiarazioni («io questo non lo ricordo e credo di non avergliene parlato», «non escludo di averglielo detto», «sinceramente non me lo ricordo») rese ex art. 507 del Codice di procedura penale da Valente nell’udienza del 9 dicembre 2019 (pagg. 14 e 15) su una circostanza “gemella” di quella incriminata e di sostituirle con altre, provenienti dal processo Cosentino (udienza del 15 gennaio 2015, pag. 52), da egli previamente “amputate”;

a pag. 67 delle motivazioni scrive infatti il giudice-estensore: «Non è vero che (Valente, nda) non informò il Landolfi della corruzione del consigliere Russo Michele (attraverso il posto di lavoro in Eco4 offerto al figlio in cambio del suo passaggio in sostegno alla maggioranza per compensare la perdita di Vito Verna); si tratta anche in questo caso di una vicenda analoga a quella per cui si procede, e il Valente non dice che non informò Landolfi, ma il suo ricordo sul punto è dubitativo, sebbene più orientato al positivo che alla negativa (credo ne avessi parlato anche con Landolfi”) »;

la frase riportata tra parentesi nella sua versione integrale suona però in tutt’altro modo: «No, di questa operazione lunica persona che era informata era Nicola Cosentino. Ci mancherebbe. Perché in termini politici mi rapportavo direttamente con lui. Credo che ne avessi parlato anche con Landolfi». Il che rende difficile come valutare come «più orientato al positivo che alla negativa» il ricordo del collaboratore di giustizia, dal momento che l’incipit della risposta ne contraddice in termini la conclusione;

siamo, invece, nel campo della mera arbitrarietà allorquando (pagg. 108 e 109 delle motivazioni) il giudice-estensore sopperisce con ipotesi probabilistiche alle lacune narrative del collaboratore di giustizia e alla mancanza di riscontri oggettivi alle sue propalazioni. È il caso di una telefonata (individuata come prova del concorso materiale del Landolfi) riferita dal collaboratore di giustizia, ma di cui non vera traccia nel fascicolo delle conversazioni trasmesse dal GUP di Napoli alla Camera dei Deputati per la necessaria autorizzazione alla loro utilizzazione [«potrebbe aver contattato Landolfi con un’utenza diversa da quella intercettata (…) oppure potrebbe avergli parlato a voce»];

l’obiettivo pro collaboratore di giustizia si palesava anche in riferimento al concorso morale dell’imputato, allorquando il giudice-estensore non esitava a conferire dignità probatoria a considerazioni meramente ipotetiche, come quelle poste da Valente a base del preventivo avallo di Landolfi alla corruzione del Romano, spacciato come indispensabile (ud. 25 novembre 2019 pag. 30) al mantenimento della maggioranza di centrodestra nel Comune di Mondragone: Se non era interessato, veniva meno la maggioranza anche perché non ci stavano più i consiglieri di Alleanza Nazionale, quindi loperazione era inutile farla”;

addirittura temeraria diventa l’assenza di terzietà del giudice-estensore nel momento in cui (pag. 15) richiama (giustamente) il principio «che esclude un automatico recepimento degli accertamenti contenuti nelle sentenze irrevocabili» salvo poi disattenderlo platealmente al fine di aggirare le insuperabili controdeduzioni della difesa circa l’inesistenza dell’effetto-domino sul CE4 in caso di scioglimento anticipato del Consiglio Comunale di Mondragone. Scrive, infatti (pag. 149), che «in ogni caso si tratta di valutazioni superate dal fatto che vi è precedente giudicato in ordine alla sussistenza dello specifico reato ascritto, nonché del suo movente»;

il Valente era stato dichiarato «non pienamente attendibile» dai giudici del collegio C del medesimo Tribunale nella sentenza n. 694 del 1° febbraio 2019 (pag. 29 delle motivazioni),

si chiede di sapere:

se risponda a vero quanto riportato in premessa;

in caso affermativo, se il Ministro in indirizzo non ritenga siano stati violati gli articoli 27 comma 2 (presunzione dinnocenza) e 111 (giusto processo) della Costituzione, nonché il principio della condanna oltre ragionevole dubbio” ex art. 533 del Codice di procedura penale;

se, conseguentemente, non ritenga che tale condotta possa configurare un illecito disciplinare;

in caso affermativo, infine, se non ritenga di dover promuovere lazione disciplinare ex articolo 107 della Costituzione, onde verificare l’eventuale applicabilità di una delle sanzioni previste dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.