Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00218
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Atto n. 1-00218
Pubblicato il 19 febbraio 2020, nella seduta n. 193
BINETTI , RIZZOTTI , DE POLI , MALAN , SACCONE , FLORIS , GALLONE , MALLEGNI , MINUTO , CALIENDO , DAMIANI , ALDERISI , TESTOR , GASPARRI , MASINI , FANTETTI , CALIGIURI , GIAMMANCO , CRAXI , TOFFANIN , SCIASCIA , MODENA , MESSINA Alfredo , STABILE , DAL MAS , PAPATHEU , FERRO , PEROSINO , DE SIANO , BARBONI
Il Senato,
premesso che:
le malattie rare, spesso con andamento cronico, possono generare in molti pazienti che ne sono affetti condizioni di disabilità che comportano la necessità di un'assistenza domiciliare integrata (ADI), organizzata secondo un nuovo modello di presa in carico dei pazienti che tenga conto dei bisogni e delle complesse problematiche legate alla malattia rara;
i PDTA (percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali) sono strumenti che permettono di delineare, rispetto ad una o più patologie o ad un problema critico, il miglior processo di presa in carico totale del paziente e della sua famiglia, caregiver, all'interno di un'organizzazione o diverse organizzazioni dal punto di vista terapeutico ed assistenziale;
secondo la definizione dell'Institute of medicine (IOM, 2016), la qualità dell'assistenza viene descritta come il grado con cui i servizi sanitari riescono a garantire agli individui e alla popolazione il raggiungimento degli auspicati risultati in salute in rapporto con il livello delle evidenze scientifiche disponibili;
secondo i dati elaborati dall'Osservatorio farmaci orfani (OSSFOR), contenuti nelle "Proposte per la strutturazione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali delle malattie rare", solo per alcune Regioni l'individuazione dei PDTA è risultata immediata, mentre in altre sono state pubblicate delibere che regolano la costruzione dei percorsi per le malattie croniche, esplicitandone anche la struttura che viene poi di fatto estesa anche ai percorsi per malattia rara;
da una recente indagine è emerso come i punti critici della qualità dell'assistenza siano il tipo di terapia e il luogo della cura. Ma se il tipo di cura è strettamente funzionale ai progressi scientifici e tecnologici del momento, il luogo della cura dipende non solo dai modelli organizzativi del SSN, includendo la relazione tra strutture ospedaliere e assistenza territoriale, ma anche dai cambiamenti socio-culturali che hanno caratterizzato l'evoluzione del modello famiglia;
l'integrazione socio-sanitaria non può però essere intesa solo come contrasto alla solitudine, anche perché è cresciuto il numero dei pazienti con gravi patologie ad alta complessità assistenziale dei quali, per scelte anche giustificabili, l'ospedale non può farsi carico, in quanto è strutturato per dare risposte nei casi di acuzie o di interventi d'elezione, ma non sempre riesce a farsi carico degli aspetti tipici della cronicità e della disabilità, che vanno presi in carico dalla sanità territoriale;
la necessità di contenere la spesa sanitaria e di razionalizzarne le risorse ha comportato un aumento esponenziale del carico di lavoro sui territori, che non sono sempre in grado di garantire la continuità delle cure, talvolta per carenza di risorse umane e finanziare, talvolta per assenza da parte del personale sanitario coinvolto di conoscenze specifiche, in termini anche organizzativi, riguardanti le diverse patologie;
secondo quanto riportato nel position paper "Cure territoriali e malattie rare" prodotto dall'Alleanza malattie rare, il paziente, se debitamente assistito tra le proprie mura domestiche sperimenta un importante miglioramento della performance psicologica, che lo aiuta a reagire al suo stato di malattia. Questo, in un quadro teorico e ideale, spesso si scontra con la realtà di un labirinto amministrativo-burocratico, dove in molti casi il paziente e la sua famiglia vengono lasciati soli;
le cure domiciliari assumono una peculiarità specifica se si considera che per le malattie rare i pazienti e le loro famiglie hanno difficoltà ad essere seguiti in modo appropriato, mancando collegamenti tra i centri di riferimento per lo studio delle malattie rare e chi dovrebbe provvedere a fornire assistenza con percorsi terapeutici specifici, su indicazioni degli stessi centri. Appare, in questo contesto, quanto mai necessario disporre di mezzi organizzativi per l'applicazione di piani terapeutici sperimentali, sostituendo o affiancando in parte le aziende farmaceutiche produttrici di farmaci orfani e sperimentali, che ad oggi hanno impiegato delle risorse per supplire alla mancanza di un'organizzazione territoriale;
il bisogno di avere una struttura ben identificabile, che segue costantemente i pazienti, facilita lo scambio delle informazioni e permette quell'integrazione concreta tra ospedale e territorio sempre più necessaria vista la complessità dei pazienti. La specialistica ambulatoriale, soprattutto quando si riferisce alle malattie rare e rappresenta veri e propri centri di riferimento, secondo la dinamica hub-spoke, ha tutti i requisiti per essere punto di riferimento dell'équipe che ha in carico il paziente affetto da una malattia rara nel servizio di cure domiciliari;
l'incremento esponenziale dei pazienti presi in carico e da prendere in carico in cure domiciliari necessita di un'attenta riflessione sulla disponibilità effettiva delle figure professionali, tenendo conto che si tratta comunque di patologie croniche, spesso progressive, che creano un flusso di lavoro in crescita continua;
la mission delle cure domiciliari obbliga a dover considerare due aspetti, il primo di ordine etico, in quanto al malato ricoverato con una patologia grave che viene trasferito al proprio domicilio si deve garantire quello di cui necessita senza alcuna restrizione o, peggio, senza metterlo davanti a farraginosi percorsi burocratici, situazioni queste non presenti nel percorso ospedaliero. Il trasferimento del paziente con gravi patologie al proprio domicilio mira a contenere i costi di degenza ospedaliera a fronte di costi più contenuti per le cure domiciliari e per rendere psicologicamente più sopportabile lo stato di malattia, ma questo trasferimento deve assicurare percorsi quanto più semplificati e privi di carichi burocratici per le famiglie dei malati. Il secondo aspetto è la necessità di garantire un'organizzazione capace di far fronte a qualsiasi evenienza che un quadro clinico complesso può presentare,
impegna il Governo a valutare l'opportunità di:
1) garantire un'adeguata assistenza domiciliare a tutti i malati di patologie rare che ne abbiano bisogno e ne facciano una richiesta documentata, mettendo in evidenza, tra tutti i potenziali vantaggi, l'integrazione degli aspetti clinico-assistenziali con quelli socio-sanitari;
2) creare unità operative semplici o complesse (UOS o UOC), opportunamente strutturate ed integrate, con équipe multi-professionali dedicate, per far fronte alle esigenze dei malati rari di un determinato territorio;
3) fare in modo che tutti i pazienti affetti da malattia rara ricevano l'assistenza domiciliare prevista nella quantità di ore e nella qualità dei servizi adeguata alle loro esigenze;
4) sollecitare una formazione continua soprattutto in chiave di aggiornamento per quanto riguarda le malattie rare presenti in un determinato distretto, in stretta collaborazione con i centri di riferimento specifici nazionali ed internazionali (si vedano le reti di riferimento europee);
5) valutare la possibilità di fare delle convenzioni per fornire assistenza domiciliare qualificata anche a pazienti fuori regione che si appoggiano a strutture di accoglienza specificamente destinate all'accoglienza di pazienti e familiari (come casa amica, eccetera);
6) potenziare politiche per l'assistenza socio-economico-culturale che rendano possibile per i pazienti affetti da malattia rara e per le loro famiglie risolvere in modo meno estenuante le pratiche burocratiche necessarie per accedere ai servizi a cui hanno diritto;
7) facilitare attraverso l'assistenza domiciliare la possibilità per i pazienti affetti da malattia rara di continuare a svolgere il loro lavoro professionale, usufruendo delle facilitazioni di legge previste;
8) sostenere attraverso i servizi di assistenza domiciliare i caregiver impegnati nell'azione di sostegno ai malati rari che ne hanno bisogno, suggerendo anche forme alternative quando il familiare è stressato o in rischio di burnout;
9) predisporre servizi domiciliari per l'aggiornamento diagnostico, in modo da evitare al paziente pesanti forme di attesa in ospedale e di spostamento dal domicilio alla struttura di riferimento;
10) favorire attraverso le diverse forme di volontariato la possibilità di integrare i servizi di assistenza domiciliare in quelle aree che richiedono meno competenza specifica di natura tecnico-scientifica, anche per valorizzare la relazione umana come forma di umanizzazione delle cure e di accompagnamento qualificato;
11) proporre, attraverso enti ed agenzie specializzate, protocolli di ricerca che consentano di ottenere una piattaforma esaustiva dei bisogni espressi esplicitamente dai pazienti e dai loro familiari e di quelli finora inespressi per un miglioramento continuo della qualità dei servizi di assistenza domiciliare integrata.