Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-07593
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Atto n. 4-07593
Pubblicato il 30 maggio 2017, nella seduta n. 832
CENTINAIO - Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. -
Premesso che:
il Tribunale amministrativo del Lazio ha bocciato la nomina di 5 dei 20 direttori dei maggiori musei italiani. Le nomine bloccate sono quelle delle Gallerie estensi di Modena, del museo archeologico nazionale di Taranto, del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, del museo archeologico nazionale di Napoli, del palazzo ducale di Mantova; il ricorso era stato presentato anche contro la nomina del direttore del parco archeologico di Paestum, che si è salvato unicamente per un errore di notifica del provvedimento;
da ora, tutte le nomine fatte nel 2015 sono a rischio, soprattutto le 7 degli stranieri, perché il Tar del Lazio contesta in particolare proprio la selezione di candidati non italiani;
Giovanna Paolozzi Strozzi, una delle ricorrenti, adesso sovrintendente ad archeologia, belle arti e paesaggio di Parma e Piacenza aveva fatto ricorso perché riferisce: «In Italia ci sono delle norme che devono essere rispettate. Invece di fare polemica bisognerebbe, invece, chiedersi se le cose sono state fatte in modo corretto»;
nel 2015 la riforma voluta dal Ministro in indirizzo portò a una vera e propria rivoluzione nel sistema dei musei pubblici italiani, per i quali, per la prima volta, furono nominati 7 direttori stranieri su 20. La riforma ha anche assegnato ai musei la piena autonomia organizzativa, scientifica, finanziaria e contabile. Una scelta voluta, nonché annunciata, dal Governo quando il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Renzi annunciò che il bando sarebbe stato pubblicato sull'"Economist";
il giudice amministrativo ha invece dato torto al Ministero, in primo luogo sul criterio di valutazione: l'assegnazione delle lettere A, B e C, invece dei punteggi numerici, che «non consente di comprendere il reale punteggio attribuito a ciascun candidato, anche in ordine al criterio di graduazione di ogni singolo punto dei 20 da assegnare all'andamento della prova orale, a conclusione del colloquio sostenuto». In secondo luogo, il giudice ha fatto notare che i colloqui di valutazione si sono svolti a porte a chiuse: «Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, al fine di assicurare il rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento tra i candidati di una selezione pubblica occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale, ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e, quindi, non soltanto a terzi estranei, ma anche e soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti, atteso che ciascun candidato è titolare di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri candidati, al fine di verificare di persona il corretto operare della commissione»;
infine, il tribunale amministrativo ha affrontato l'ultimo punto, spiegando che «le disposizioni speciali introdotte dall'art. 14, comma 2-bis, del d.l. 84/2014, convertito in l. 106/2014, non si sono spinte fino a modificare o derogare l'art. 38 d.lgs. 165/2001». Ovvero, la legge di riforma voluta dal Governo e dal Ministro non ha modificato la legge che impediva a cittadini non italiani di partecipare alle selezioni per l'assegnazione di un incarico di funzioni dirigenziali in una struttura amministrativa nel nostro Paese, perché, se lo avesse fatto, la nomina di direttori stranieri sarebbe stata perfettamente valida;
il ministro Franceschini ha annunciato l'intenzione di fare subito appello al Consiglio di Stato, essendo preoccupato non solo per il grave danno di immagine per l'Italia, ma anche per le conseguenze pratiche, perché da oggi alcuni musei si ritrovano senza un direttore e saranno sostituiti ad interim;
pur condividendo il fatto che la nostra amministrazione pubblica si deve liberare dei vincoli burocratici che le impediscono di stare al passo con altri Paesi e che la scelta di un direttore di un museo deve prescindere dalla nazionalità di un candidato, ma basarsi solo su criteri di competenza e meritocrazia,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, anziché criticare l'operato del giudice amministrativo, non intenda piuttosto fare un'umile autocritica sull'operato del suo dicastero e sulla capacità dei suoi collaboratori nello scrivere norme di legge, visto che, con una semplice modifica delle norme sugli incarichi dirigenziali, tutto tale caos amministrativo non si sarebbe verificato, ma soprattutto si sarebbe scongiurato questo grave danno d'immagine, anche al livello internazionale, per il nostro Paese.