Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-07539

Atto n. 4-07539

Pubblicato il 17 maggio 2017, nella seduta n. 825

MORRA , GIARRUSSO , CASTALDI , PUGLIA , MORONESE , PAGLINI , ENDRIZZI , CRIMI - Ai Ministri per gli affari regionali e dell'interno. -

Premesso che, per quanto risulta agli interroganti, il Movimento 5 Stelle di Corigliano Calabro (Cosenza) ha evidenziato gravi irregolarità che inficiano, ad avviso degli interroganti, il procedimento volto alla fusione dei Comuni di Corigliano Calabro e Rossano. Nell'ordine: a) il presidente della Regione Calabria, Mario Oliviero, in data 26 aprile 2017, ha emesso il decreto per l'indizione del referendum volto alla consultazione delle popolazioni di Corigliano e Rossano relativamente all'ipotizzata fusione; b) per ragioni mai rese pubbliche, detto decreto è stato emesso, nonostante fosse già da tempo scaduto il termine previsto per la sua adozione. Infatti, per l'art. 41 della legge regionale n. 13 del 1983, il decreto andava adottato entro 10 giorni dalla delibera del Consiglio regionale n. 177 del 27 gennaio 2017, mediante la quale veniva approvata la proposta di legge regionale n. 182/10 (con cui, in applicazione dell'art. 40 della legge regionale n. 13 del 1983, veniva stabilito d'indire il referendum consultivo);

considerato che, a parere degli interroganti:

l'illegittimità del decreto del presidente della Regione è destinata a riflettersi sulla validità della stessa consultazione referendaria;

il termine ristretto di 10 giorni, evidentemente, soddisfa l'esigenza che sia l'approvazione della proposta di legge che la consultazione referendaria vadano "contestualizzate", ossia rapportate a precisi requisiti su cui dovrebbe anche basarsi il preliminare giudizio cosiddetto di meritevolezza (giudizio peraltro mai espresso dalla Regione);

in caso di violazione del termine di 10 giorni ovvero d'indizione del referendum oltre detto termine, venendo meno la necessaria concentrazione e contestualità dei momenti procedurali (approvazione della proposta ed indizione del referendum), si corre il rischio di provocare la consultazione popolare in presenza di condizioni oggettivamente diverse da quelle esistenti nella fase in cui si colloca il giudizio regionale di meritevolezza (mai espresso) e ancor prima che, tramite delibera dei rispettivi Consigli comunali, hanno dato impulso al procedimento;

quando il Consiglio comunale di Corigliano Calabro, peraltro nella totale assenza di un presupposto "piano di fattibilità", ha dato il suo atto d'impulso, non era a conoscenza dei fatti che, di lì a breve, avrebbero portato alla nomina, da parte del prefetto, della commissione di accesso agli atti, al fine di verificare condizionamenti esterni nella vita dell'ente;

non essendo ancora conclusa l'attività della commissione né essendo noti i relativi risultati, sarebbe impossibile proseguire oltre in tale delicato procedimento, in quanto attivato da un organo posto sotto attenzione dallo Stato, la cui attività (delibera atto d'impulso) avrà un risvolto storico per la vita dell'ente in quanto destinato a ripercuotersi sulla sua stessa sopravvivenza;

la Regione, preso atto del mancato rispetto del predetto termine (da cui deriverebbe l'illegittimità della consultazione referendaria) e dei fatti gravi che, in corso di procedimento, hanno interessato il Comune di Corigliano Calabro, quanto meno per evidenti ragioni di opportunità avrebbe dovuto invitare gli enti interessati a rinnovare (se ed in quanto scongiurato lo scioglimento degli organi elettivi del Comune) gli atti d'impulso, magari in presenza di un preliminare studio di fattibilità, al fine di verificare le finalità ed i vantaggi effettivamente perseguiti da ciascun ente, nel rispetto delle normative di riferimento;

senonché, anziché rispettare la normativa richiamata, la Regione Calabria si è prodigata (a decadenza già avvenuta) in un'attività legislativa volta, ad avviso degli interroganti, a dilatare (ovvero ad eludere) il termine di 10 giorni (che deve intercorrere tra la data di approvazione della proposta di legge ed il decreto presidenziale d'indizione del referendum). Infatti, l'art. 41 della legge regionale n. 13 del 1983 (che contempla il termine) è stato modificato con legge regionale n. 10 del 6 aprile 2017 (entrata in vigore l'8 aprile) con cui il termine di 10 giorni è stato elevato a 90 giorni. Pertanto sarebbe lecito chiedersi se fosse proprio necessaria la dilatazione (ex post) del termine, quali interessi siano stati perseguiti, e, ammesso e non concesso che la dilatazione dei termini sia legittima, se servirà a restituire legittimità al decreto presidenziale 26 aprile 2017 di indizione del referendum (a suo tempo adottato in violazione del termine di 10 giorni);

stante il principio di irretroattività della legge, la nuova versione dell'art. 41 (che allunga il termine da 10 a 90 giorni) non può essere applicata, secondo gli interroganti, al decreto adottato dal presidente Oliverio in data 26 aprile 2017. Infatti, risalendo la delibera consiliare n. 177 (per l'approvazione della proposta di legge sulla fusione) al 27 gennaio 2017, il termine all'epoca applicabile era quello di 10 giorni, visto che il termine di 90 giorni si applica alle sole proposte deliberate dopo la sua entrata in vigore;

è ingiustificabile la modifica di una legge regionale, dettata dall'intento di eludere una decadenza già avvenuta (ossia salvare il decreto d'indizione del referendum, già affetto da nullità non più sanabile), ed è di scarsa comprensione la logica a cui devono ascriversi simili gravi comportamenti;

altra anomalia è costituita dalla circostanza che, presso le sedi istituzionali proposte alla gestione del procedimento di fusione, è stata registrata la presenza e partecipazione (peraltro enfatizzata dalla stampa) di un sedicente "comitato 100 Associazioni", di cui non si conosce né la sottostante compagine sociale né quali possano essere le relative finalità statutarie;

la Regione Calabria, ancora, è venuta meno, ad avviso degli interroganti, all'attività di controllo ad essa riservata dalla legge regionale n. 13 del 1983 in quanto, in applicazione degli artt. 13 e 10 di detta legge, avrebbe dovuto dichiarare (attraverso il proprio ufficio di presidenza) l'inammissibilità della delibera del Consiglio comunale di Corigliano Calabro n. 3 del 1° febbraio 2016, con cui si dava impulso al procedimento di fusione. Infatti, proprio al fine di garantire la contestualità delle motivazioni che dovrebbero spingere gli enti interessati all'attivazione del procedimento di fusione, all'art. 13, comma 5, n. 2, è stato previsto che debba intercorrere un intervallo non superiore a 7 mesi tra le delibere degli enti interessati. Senonché, pur scadendo detto intervallo il 7 agosto 2015 (risalendo la prima delibera, cioè la n. 1 adottata dal Consiglio comunale di Rossano in data 16 gennaio 2015), la delibera del Consiglio comunale di Corigliano Calabro, come detto, è stata adottata il 1° febbraio 2016. Anche nella relazione illustrativa della proposta di legge regionale n. 182/10 in data 31 ottobre 2016 (avente ad oggetto l'approvazione della fusione), nel darsi atto della data di approvazione delle due delibere, viene apertamente disattesa l'applicazione delle richiamate disposizioni (artt. 10 e 13 della legge regionale n. 13 del 1983). Inoltre, pur in presenza di tali macroscopiche violazioni ed in assenza dei relativi presupposti, detta legge è stata considerata urgente e come tale approvata, ed entrata in vigore nel giorno successivo alla sua pubblicazione,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

se intendano attivarsi, con le procedure previste dall'ordinamento, affinché siano chiariti i motivi e le ragioni per cui la Regione Calabria, nell'esercizio delle funzioni rientranti nelle competenze ad essa garantite costituzionalmente, abbia agito con le modalità descritte e, a parere degli interroganti, in violazione di norme;

se non ritengano di attivare, per quanto di propria competenza, gli opportuni organi di controllo, anche di carattere giurisdizionale.