RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente TAVERNA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,32).
Si dia lettura del processo verbale.
GIRO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.
Discussione del disegno di legge:
(2394) Conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening (Relazione orale)(ore 9,34)
Discussione e approvazione della questione di fiducia
Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2394.
La relatrice, senatrice Valente, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare la relatrice.
VALENTE, relatrice. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il provvedimento all'esame dell'Assemblea questa mattina reca misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e del lavoro privato, mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening. È inutile dire che avremmo voluto discuterlo e approvarlo in presenza di un altro contesto epidemiologico. Questa mattina non possiamo invece ignorare i dati odierni, che vedono di nuovo oltre 100.000 contagiati e la ripresa della pandemia: questo tipo di evoluzione della pandemia ha inevitabilmente influenzato la discussione in 1a Commissione. Ciononostante, credo che abbiamo fatto un buon lavoro, di cui voglio dare conto. Prima di farlo in maniera puntuale, articolo per articolo, rendendo conto all'Assemblea anche del contributo, secondo me prezioso e significativo della Commissione e dei singoli commissari, vorrei ringraziare tanto gli uffici, che ci hanno supportato in settimane lunghe e difficili, ma anche e soprattutto il Governo per il supporto prezioso, in modo particolare la sottosegretaria Accoto, che è qui in Aula con noi, la sottosegretaria Bergamini, il sottosegretario Sileri e soprattutto il ministro D'Incà, che ha coordinato i nostri lavori: grazie davvero a tutti.
È inutile dire che abbiamo provato a lavorare con l'obiettivo non di adottare l'obbligo generale della vaccinazione - questo è stato un punto di partenza chiaro a tutti - ma estendendo l'utilizzo del green pass con un provvedimento complesso, ma che mi sento di definire complessivamente equilibrato e, proprio per questo, a mio parere assolutamente condivisibile, che oggi ci accingiamo a convertire in legge.
Provo a dare conto del provvedimento, articolo per articolo.
Con gli articoli da 1 a 3 si apportano modifiche al testo del decreto-legge n. 52 del 2021, per disporre, nel periodo dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021, l'obbligo di possesso e di esibizione, su richiesta, di un certificato verde Covid-19 per accedere ai luoghi di lavoro, sia nel settore lavorativo pubblico, sia in quello privato. Nello specifico, l'articolo 1 concerne i dipendenti pubblici e gli altri soggetti che svolgono la propria attività lavorativa, di formazione o di volontariato presso le amministrazioni pubbliche, mentre l'articolo 3 concerne i lavoratori operanti nel settore privato. Il decreto-legge prevede, sia nell'ambito del lavoro pubblico che del privato, l'esenzione dal possesso del certificato verde per i soggetti di cui si attesti una controindicazione relativa alla vaccinazione contro il Covid. Nel caso in cui un lavoratore non esente comunichi di non avere la certificazione verde o ne risulti privo al momento dell'accesso al luogo di lavoro, il soggetto è considerato assente ingiustificato, fino alla presentazione della suddetta certificazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, ma con la sospensione della retribuzione o altri compensi. Queste norme sono state estese anche gli operatori del Servizio civile universale, che svolgono servizio presso enti pubblici accreditati.
Le norme poste per il settore pubblico e per quello privato sono in larghissima parte identiche. Fa eccezione, come sappiamo, la possibilità, per le imprese private con meno di 15 dipendenti, di sostituire provvisoriamente i lavoratori che non possono svolgere la prestazione, in quanto inadempienti all'obbligo di possesso o di esibizione su richiesta di un certificato verde Covid. Con una modifica in Commissione, il limite della sostituzione è stato portato a dieci giorni lavorativi, rinnovabili anche più volte fino al 31 dicembre.
Per quanto riguarda invece la scadenza del certificato in corso d'opera, sono state escluse conseguenze per i lavoratori a cui scade il green pass in giornata, durante l'orario di lavoro, il quale dunque può terminare il turno già avviato senza sanzioni di alcun tipo. Inoltre, durante l'esame in Commissione diverse questioni sono emerse, da parte di tutte le forze politiche, sul tema delle verifiche. Il decreto prevede infatti che sia a carico dei datori di lavoro la definizione delle modalità operative per le verifiche del green pass, nonché per il loro svolgimento.
Innanzitutto, per rafforzare questi passaggi con una modifica, si è voluta garantire un'adeguata comunicazione di queste modalità ai lavoratori, così come, per quanto riguarda i lavoratori in somministrazione, è stato chiaro che la verifica del rispetto delle prescrizioni spetti all'utilizzatore, mentre è onere del somministratore dare idonea informazione ai lavoratori. Soprattutto, con l'obiettivo di semplificare le verifiche, è stato previsto che i lavoratori, sia nel pubblico che nel privato, possano richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde, risultando così esonerati dai controlli successivi, naturalmente fino a scadenza della stessa.
L'articolo 2, attraverso una novella al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, prevede che i magistrati anche onorari - e da ora anche i giudici popolari - debbano possedere ed esibire certificazioni verdi per poter accedere agli uffici giudiziari. L'assenza dall'ufficio conseguente alla carenza o mancanza di esibizione della certificazione è considerata assenza ingiustificata, con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, ma senza retribuzione, né altro compenso o emolumento.
È stato poi previsto sempre in Commissione, fino al termine dello stato di emergenza, la compatibilità per alcune professioni sanitarie tra rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale e altri rapporti di lavoro dipendente, purché al di fuori dell'orario di lavoro ed entro un limite settimanale massimo di quattro ore.
L'articolo 4 reca misure urgenti per la somministrazione di test antigenici rapidi. In particolare, proroga dal 30 novembre al 31 dicembre 2021 la somministrazione a prezzi contenuti di test antigenici rapidi, stabilendo l'obbligo, per le farmacie e per tutte le strutture sanitarie autorizzate dalle Regioni ad effettuare tali test, di applicare il prezzo calmierato secondo il protocollo di intesa siglato dal Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19. In Commissione si è inoltre inserita la previsione di campagne informative a favore dei vaccini.
L'articolo 5 inserisce modifiche all'articolo 9 del citato decreto-legge n. 52, concernenti la disciplina generale delle certificazioni verdi.
L'articolo 6 disciplina l'utilizzo delle somme trasferite a Sport e Salute SpA per il pagamento delle indennità per i collaboratori sportivi connesse all'emergenza Covid-19 e non utilizzate.
L'articolo 7 trasferisce al Ministero della salute il servizio di contact center per l'acquisizione delle certificazioni verdi Covid-19, stanziando a tal fine un finanziamento aggiuntivo di 3 milioni di euro.
Infine, l'articolo 8 stabilisce che il 30 settembre 2021 il Comitato tecnico-scientifico esprima il proprio parere sulle misure di distanziamento, capienza e protezione nei luoghi nei quali si svolgono attività culturali, sportive, sociali e ricreative. È stato inoltre previsto che per le attività didattiche di teatro dei ragazzi, per quanto concerne l'impiego del green pass, si applichino le disposizioni per le attività didattiche.
In conclusione, signora Presidente, voglio aggiungere a margine una considerazione dal senso più strettamente politico. Il provvedimento in esame è il risultato di una complessa mediazione fatta dal Governo e ha comprensibilmente sollevato incertezze e anche timori sull'applicazione delle novità introdotte. È stato giusto, da parte del Parlamento e del Governo, dare attenzione a quegli allarmi e in alcuni casi siamo riusciti anche a dare risposte e soluzioni che, a mio avviso, si possono ritenere soddisfacenti. Tuttavia, è stato possibile fare ciò solo partendo da un dato di realtà e per questo voglio ringraziare tutta la composita maggioranza, ma anche le opposizioni per il contributo significativo e prezioso che hanno dato.
In questo caso - lo voglio dire con chiarezza - sono stati davvero gli italiani a fare la differenza attraverso i vaccini e, soprattutto, il rispetto degli altri e delle regole date fino a oggi. Sono gli italiani, in larghissima maggioranza, ad avere compreso che vaccino e green pass sono i soli strumenti con cui poter tornare a progettare il futuro dell'Italia (un futuro anche migliore di quello che era pensabile soltanto due anni fa). Tutto ciò a riprova del fatto che non si tratta di limitazioni e di discriminazioni della libertà dei cittadini al di fuori di uno Stato di diritto e, a maggior ragione, che non si tratta neppure di un modo per controllare surrettiziamente le vite dei nostri concittadini, come purtroppo pure ho sentito dire in maniera incauta in alcune delle audizioni che abbiamo svolto.
La certificazione verde sta dimostrando la sua efficacia di prevenzione nella realtà, compresa quella dei luoghi di lavoro. Questa è la strada che l'Italia, ma anche tanti altri Paesi democratici hanno intrapreso e probabilmente altri Paesi intraprenderanno. Il green pass è soprattutto uno strumento che è stato disciplinato cercando e trovando un equilibrio tra interessi dei lavoratori e interessi dell'impresa, tra diritto al lavoro, alla sicurezza e alla tutela dei dati personali. Si tratta, come è evidente, di interessi e diritti diversi, ma che mai una democrazia dovrebbe mettere in contrapposizione. È su questo terreno - e non su quello delle costruzioni ideologiche che nascondono la realtà dei fatti - che si misura per noi il livello democratico delle Istituzioni di un Paese, anche nei momenti di maggiore stress e difficoltà, come evidentemente è quello che stiamo vivendo.
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la questione pregiudiziale QP1.
Ha chiesto di intervenire il senatore Ciampolillo per illustrarla. Ne ha facoltà.
CIAMPOLILLO (Misto). Signor Presidente, con il collega senatore Martelli abbiamo presentato la questione pregiudiziale QP1 in ordine alla conversione del decreto-legge n. 127 del 2021.
Si evidenzia in premessa che il decreto-legge in esame introduce misure di straordinaria necessità ed urgenza in relazione all'emergenza Covid in ambito lavorativo, estendendo la necessità di esibizione del certificato verde a tutti i luoghi di lavoro pubblici e privati, identificando altresì un regime di controlli e sanzioni, controlli attuabili in alternativa alla scansione dei certificati eseguita dai soggetti preposti mediante l'utilizzo dell'applicazione C19, anche con appositi software o piattaforme. Al riguardo, si segnalano numerose criticità, alcune già evidenziate in occasione della conversione del decreto-legge n. 111 del 2021 che verranno reiterate, altre verranno a breve sollevate per la prima volta.
Si richiama innanzitutto una nota della Commissione europea già conosciuta a questa Assemblea, nella quale si evidenziava come l'utilizzo del certificato UE rilasciato ai sensi del regolamento (UE) 2021/953 per scopi domestici, ovvero diversi da quelli previsti dal regolamento, gli Stati membri possono effettivamente utilizzare il certificato digitale Covid dell'Unione europea per scopi nazionali, ma sono tenuti a fornire una base giuridica nel diritto nazionale. Tale diritto nazionale deve rispettare il diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati e dei principi di effettività, necessità e proporzionalità. Al riguardo, il decreto da convertire oggi risulta obiettivamente carente per quanto concerne i principi di proporzionalità e efficacia. La misura, che nasce a protezione dei lavoratori e a prevenzione della diffusione del contagio, non opera di fatto una differenziazione in base al rischio specifico di contagio a cui un lavoratore è soggetto e, per conseguenza, non appare proporzionata una disposizione che ponga sullo stesso piano soggetti a stesso rischio, lavoratori i cui compiti implichino inevitabilmente contatti stretti con altre persone e quelli che - a titolo di esempio - lavorano all'aperto in strutture così ampie, come ad esempio i capannoni, dove il distanziamento è insito nella organizzazione aziendale, ovvero individualmente in uffici senza contatti con il pubblico. Differenziare le misure per categorie di rischio non è soltanto regola di buonsenso e conformità con il principio unionale di proporzionalità, ma risulta altresì indispensabile per consentire di decongestionare il carico di lavoro di farmacie e punti tampone attualmente oberati di tali incombenze in misura tale da creare un'obiettiva difficoltà per gli utenti che necessitino di fornire prova dell'esame diagnostico ogni due giorni.
Per quanto concerne l'efficacia della misura, consentire la possibilità di controllo a campione ne fa venire evidentemente meno lo scopo sanitario, visto che i lavoratori che sanno di non essere soggetti a verifica al momento dell'ingresso potrebbero benissimo entrare accettando il rischio di una sanzione pur essendo sprovvisti del certificato Covid. Se obiettivo della misura sanitaria è quello di prevenire la diffusione del contagio, il controllo a campione non soddisfa il criterio dell'efficacia e se si aggiunge che tra i lavoratori in possesso del certificato Covid vi sono soggetti vaccinati non testati nelle ultime quarantotto ore, il rischio contagio tende ancora più ad aumentare, tenuto conto che è ormai acquisito al patrimonio conoscitivo il principio - fatto proprio anche dal Consiglio d'Europa nel paragrafo 8 della risoluzione 2383/21 - secondo cui il soggetto vaccinato (in quanto potenzialmente infettivo) non può andare esente dall'onere di esibire un recente test di negatività al virus SARS-CoV-2. Questo adempimento consentirebbe altresì il pieno rispetto della direttiva UE 54/2000 sulla protezione dei lavoratori dagli agenti biologici, tra i quali dal 2020 è incluso il predetto virus.
La nota della Commissione europea si sofferma poi sugli aspetti relativi alla protezione dei dati personali, esplicitando come la normativa nazionale non possa estendere il diritto di richiedere l'esibizione della certificazione Covid a soggetti diversi da quelli individuati dall'ultimo capoverso dell'articolo 10 del regolamento UE 953/2021 (soggetti autorizzati, in ambito "domestico", ai controlli in materia sanitaria sono, ad esempio, i reparti NAS dei Carabinieri e non certo i soggetti privati quali i datori di lavoro). Nella citata nota è scritto che la normativa interna deve essere conforme al diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati e non esclusivamente al GDPR. Pertanto l'articolo 10, comma 3 del regolamento (UE) 953/2021, quale disposizione del diritto unionale in materia di protezione dei dati personali, va senz'altro ricompreso tra le norme poste a presidio della privacy, il cui rispetto - come chiarito dalla Commissione - è condizione necessaria per consentire usi domestici dei certificati Covid.
Altro profilo di criticità, già evidenziato in sede di conversione del decreto-legge n. 111 del 2021, era quello inerente alla piattaforma software per il controllo dei certificati Covid in uso presso le scuole, ove l'utilizzo dei codici fiscali per verificare il possesso di un certificato valido ha consentito ai dirigenti di desumere implicitamente informazioni che il regolamento UE 953/2021 impedisce di condividere, in particolare quelle concernenti lo stato di vaccinazione.
Analogo rischio si pone con l'estensione di tale modalità di controllo in tutti gli ambiti lavorativi, anche perché la piattaforma verifica lo stato di validità del certificato dei lavoratori attraverso il loro codice fiscale ed è pertanto inverosimile che tale processo non finisca per raccogliere e conservare dati, pratica che il predetto regolamento dell'Unione europea vieta. Al riguardo, sembra invece che sia stato costituito presso Sogei un vero e proprio archivio dei dati relativi a vaccinazione, guarigione ed esito test, come confermato da Beppe Grillo in una recente intervista su «il Fatto Quotidiano».
Si spera che all'Assemblea non sfugga come le affermazioni rese lascino aperti interrogativi non da poco, quali il collegamento dei server della predetta piattaforma, chi li gestisca e a quali informazioni tali soggetti avrebbero accesso. Si tratta di dubbi che dovrebbero senz'altro venire dissipati prima di consentire l'ingresso della previsione normativa nell'ordinamento nazionale, visti i contrasti con la normativa europea che autorizza esclusivamente le applicazioni operanti in modalità di sola lettura del QR code. Al riguardo, anche l'utilizzo dell'applicazione C19 determina criticità nel momento in cui acquisisce il QR code sia perché i dati possono essere agevolmente oggetto di captazione da parte dell'operatore con, ad esempio, screenshot e lettura con App estere che accedono a tutto il dataset del codice QR, sia perché - si apprende - è necessaria la connessione alla Rete per verificare l'autenticità del code. Ciò implica inevitabilmente uno scambio dati con un server remoto e una banca dati. Questa pratica si appalesa essere in violazione dell'ultimo capoverso dell'articolo 10, comma 3, del regolamento UE 953/2021, ove previsto che: «I dati personali consultati a norma del presente paragrafo non sono conservati». Del resto, che la verifica dell'autenticità dei certificati non debba richiedere l'accesso remoto a un server è espressamente previsto dall'articolo 3, comma 2, del predetto regolamento, che così dispone: «Tali certificati sono di facile utilizzo e contengono un codice a barre interoperabile che consente di verificarne l'autenticità, la validità e l'integrità». Pertanto, l'autenticità del certificato è insita nel codice QR e non necessita di essere verificata on line interrogando un database remoto. In tale eventualità occorrerebbe la prestazione di consenso al dataset da parte dell'interessato.
Come anticipato dalla lettera della Direzione giustizia della Commissione europea si evince che l'uso domestico dei certificati Covid è consentito esclusivamente se conformi alle norme a presidio della protezione dei dati personali e non qualora si sia verificata una violazione di quest'ultima o alla violazione non sia possibile più porre rimedio (come è accaduto: i dirigenti scolastici ormai a conoscenza di quali dipendenti sono vaccinati e quali no, i dati dei QR code sono conservati presso database contenuti in server non esattamente localizzati, la loro lettura consentita con App freeware disponibili on-line che estraggono l'intero dataset delle informazioni in essi contenuti, l'utilizzo delle certificazioni Covid in modalità non conformi ai regolamenti UE 679/16 e 953/21, articolo 10, comma 3, deve essere immediatamente interrotto, impedendo che possano proseguire in ambito lavorativo verifiche affette e caratterizzate da un tal grado di illegalità.
Se tale modalità di controllo non è dunque legittima, non è neppure consentito votare in favore della conversione di un decreto-legge che autorizzi l'uso di tali tecnologie, le quali finirebbero inevitabilmente per avallare un sistema di raccolta dati personali in contrasto con le norme in materia.
Per queste ragioni e per tutte le altre già espresse in narrativa chiediamo al Senato di non procedere all'esame del decreto-legge n. 127 del 2021. (Applausi).
PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, nella discussione sulla questione pregiudiziale potrà intervenire un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.
Poiché nessuno intende intervenire, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della questione pregiudiziale QP1, presentata dai senatori Ciampolillo e Martelli.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Grassi. Ne ha facoltà. (Brusio).
GRASSI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, aspetto che l'Assemblea si acquieti, altrimenti rischio che nessuno mi ascolti. Mi dica lei, Presidente, se il brusio è accettabile.
PRESIDENTE. Io la invito a cominciare. I colleghi che si stanno allontanando ora lo faranno in maniera consona a permetterle di parlare.
GRASSI (L-SP-PSd'Az). Illustre Presidente, colleghi, voglio sottolineare che la Lega, durante i lavori in Commissione affari costituzionali per la conversione del decreto-legge oggi sottoposto all'esame dell'Assemblea ha presentato svariati emendamenti migliorativi del testo. Devo con rammarico constatare che da parte del Governo vi è stato un atteggiamento di scarsa disponibilità. (Brusio).
PRESIDENTE. Colleghi, rinnovo l'invito del senatore Grassi. Chi si deve allontanare, lo faccia in silenzio; chi rimane in Aula si appresti ad ascoltare l'intervento. Prego, senatore.
GRASSI (L-SP-PSd'Az). Grazie. Con rammarico abbiamo constatato che, durante i lavori, il Governo ha manifestato scarsa, se non inesistente, disponibilità ad accogliere gli emendamenti.
Non intendo annoiare l'Assemblea con una rassegna analitica delle proposte della Lega. Mi soffermerò, in particolare, su due emendamenti. Il primo è volto a consentire la concessione del green pass a coloro i quali siano in grado di dimostrare di aver contratto, ancorché in forma asintomatica, il Covid-19. La ratio alla base di questo emendamento è semplice e si basa su articoli pubblicati in più review e su riviste di alto ranking, come «Nature», per esempio. La scienza ha dimostrato che coloro i quali contraggono l'infezione, ancorché in forma asintomatica (dunque non se ne accorgono e non hanno modo di segnalarlo al sistema sanitario), sviluppano una memoria anticorpale paragonabile a quella che si consegue all'esito del vaccino. È aperta in campo scientifico la discussione sulla comparazione della memoria immunitaria che ne deriva, ma un dato è certo: al di là di ogni valutazione qualitativa e quantitativa, anche gli asintomatici guariti dispongono di un livello idoneo di difesa. Non vi è quindi ragione di negare la concessione della certificazione verde, magari prevedendo una durata minore e chiedendo un rafforzamento della protezione tramite la vaccinazione (perché, per onestà intellettuale, va detto che su «Nature» si menziona anche la necessità di provvedere alla vaccinazione dei soggetti che hanno già contratto l'infezione).
Il punto è che il Governo, su questo emendamento, ha espresso un granitico parere negativo e l'emendamento non è stato approvato. Non è razionale, non è coerente con la ratio e con la logica del green pass. Qual è il nostro obiettivo? L'obiettivo è di indurre alla vaccinazione, onde lasciarci alle spalle questa pandemia il più presto possibile. Bene, ma non è soltanto questo. L'obiettivo è anche quello di fermare la pandemia e i vaccinati sono in grado di rallentare il decorso della malattia, ma lo sono anche coloro i quali hanno già contratto l'infezione.
Dunque, da questo punto di vista, il no del Governo ci appare del tutto incomprensibile, espressione di un atteggiamento di chiusura verso ogni collaborazione nei confronti del Parlamento.
Ma vi è qualcosa in più, a mio giudizio ancor più grave, che rafforza il nostro convincimento circa la scarsa disponibilità a dialogare col Parlamento. Nel 2020 - e vi prego di prestare attenzione a questo passaggio - la Corte costituzionale, presieduta dall'attuale Ministro della giustizia, professoressa Cartabia, ha emesso una sentenza riguardo l'estensione dell'indennizzo per danni da vaccino ed emoderivati anche alle vaccinazioni fortemente raccomandate.
Badate bene: la sentenza non concerneva le vaccinazioni anti-Covid-19. Aveva riguardo ad un altro tipo di vaccinazione, una vaccinazione in uso da anni, verso la quale lo Stato italiano esercita una sorta di pressione a favore della vaccinazione, per mezzo di una forte raccomandazione a vaccinarsi.
Ebbene la Corte, enucleando un principio che io oserei definire di diritto naturale, anche per abbreviare il mio intervento (perché le ragioni tecnico giuridiche sono molte e convincenti, ma non è qui il caso di esporle), ed enucleando i principi costituzionali di base, ha detto: quando lo Stato induce la popolazione a vaccinarsi a vantaggio di tutti, i costi che il singolo deve sopportare all'esito di questa scelta sanitaria a vantaggio della collettività devono ricadere sulla collettività, cioè sullo Stato. (Applausi).
Dunque, ha detto la Corte, quando il vaccino è fortemente raccomandato, la legge che consente l'indennizzo per danno da vaccino e da emoderivati rispetto alle vaccinazioni obbligatorie egualmente trova applicazione. Ora, nessuno di noi ha difficoltà a capire che tra un obbligo tout court e il green pass l'affinità è notevole e di certo, col green pass, siamo oltre a quello che si possa definire vaccino fortemente raccomandato. Possiamo parlare, forse, di un vaccino fortissimamente raccomandato. E se il più contiene il meno, è agevole comprendere che la sentenza della Corte costituzionale, presieduta da un membro di questo Governo, ha già sostanzialmente introdotto nel nostro ordinamento la norma secondo cui coloro i quali avranno dei danni all'esito di questi vaccini meriteranno di essere indennizzati dallo Stato. La norma è già nel sistema. (Applausi).
La norma è già nel nostro ordinamento grazie all'intervento della Corte costituzionale. E non devo ricordare a voi il valore delle sentenze della Corte costituzionale, anche quando sono manipolative, cioè in grado di innovare l'ordinamento. Il nostro emendamento si limitava a rendere palese ciò che è già nel nostro ordinamento. La disposizione, tecnicamente, non era fonte normativa, perché una disposizione è fonte normativa quando introduce una regola nuova. Quando, invece, la disposizione è meramente ricognitiva, non può meritare la qualifica di fonte normativa.
Il Governo su questo emendamento ha espresso parere negativo e l'emendamento non è stato votato o, meglio, è stato oggetto di un voto contrario. Ebbene, noi riteniamo particolarmente grave questo atteggiamento, nonché miope, perché dimostra, innanzitutto, in ordine alla gravità, che questo Governo non intende mantenere un rapporto di leale collaborazione con i suoi cittadini, perché evidentemente la preoccupazione del Governo è di mantenere celata questa norma. Il Governo, cioè, non vuole far capire agli italiani che, se si vaccinano, per eventuali danni risponde lo Stato. Ed è miope perché, rendendo celata questa norma, non si assicura fiducia nella vaccinazione.
Quindi è vero che magari nell'immediato vi possa essere un risparmio di spesa non erogando le somme richieste, ma alla lunga questo risparmio si risolve in un danno, perché si rallenta la vaccinazione, perché aumentano le contestazioni, perché diminuisce la fiducia verso lo Stato.
Pertanto, avviandomi alla conclusione del mio intervento, ritengo che la Lega faccia bene, come sta facendo, a muovere un'esortazione al Governo affinché sia recuperato un rapporto di leale collaborazione con questo Parlamento e dunque col popolo italiano che questo Parlamento rappresenta (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Maffoni. Ne ha facoltà.
MAFFONI (FdI). Signor Presidente, senatrici e senatori, nonostante i due anni di pandemia appena trascorsi abbiano distrutto e messo in ginocchio le aziende italiane che sono eccellenze nel mondo in molteplici settori, oggi siamo ancora qui in Aula a discutere un disegno di legge che ha la conseguenza di colpire ancora di più gli imprenditori e i lavoratori.
A oggi la situazione è la seguente: introdurre l'obbligo del green pass nei luoghi di lavoro e nei rapporti di lavoro ha comportato maggiori costi per le imprese e per gli stessi lavoratori, nonché un danno sociale inclassificabile per i soggetti a cui verrà negato il lavoro.
Cerchiamo di essere chiari fin dall'inizio: siamo tutti favorevoli a valutare ogni possibile soluzione per combattere la diffusione del Covid-19 e non tolleriamo in alcun modo che qualcuno ci indichi come coloro che hanno una posizione opaca sul contrasto al coronavirus. Siamo favorevoli ai vaccini, ascoltiamo con attenzione il mondo scientifico, ma nel medesimo momento abbiamo il diritto e il dovere di valutare se gli strumenti che la politica adotta sono utili al Paese. Per questo siamo qui oggi ad esprimere le nostre perplessità, che nascono dopo un confronto che nelle scorse settimane abbiamo più volte fatto con i lavoratori, le associazioni sindacali e il mondo aziendale. Non possiamo non considerare che le imprese, nella misura in cui è necessario predisporre delle misure di controllo per la lettura del green pass, e i lavoratori e le lavoratrici che vorranno rifarsi al tampone, si troveranno ora a subire costi importanti a causa della normativa vigente. È paradigmatico che sul tema le posizioni tendenzialmente divergenti di Confindustria e dei vari sindacati trovino anche un punto di incontro. Il costo dei tamponi, come sottolineato dall'Unione nazionale di imprese, verrà con ogni probabilità assunto dal datore di lavoro, data la difficoltà nel sostituire i dipendenti sprovvisti di green pass, ed è pacifico che un onere del genere possa dare il colpo di grazia alle migliaia di piccoli e medi imprenditori che sono le fondamenta del nostro Paese già in difficoltà. Anche i maggiori sindacati del nostro Paese, d'altro canto, sono della stessa opinione e ciò è sinonimo del fatto che l'obbligo, come è ora concepito, è liberticida per entrambe le fazioni.
A questo si aggiunge il tema della disparità di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri, i quali non sono soggetti alla medesima regolamentazione. A titolo esemplificativo possiamo considerare che un camionista su quattro non ha il green pass, pertanto deve restare fermo e spesso viene sostituito da un veicolo straniero, il cui conducente è esonerato dal certificato grazie alla circolare dei Ministri della salute e delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del 14 ottobre 2021. È chiaro che i committenti, anche ora mentre sto parlando, si rivolgano all'estero.
Come sottolineato da tutte le associazioni di categoria, tra cui Confartigianato trasporti, il Governo fa un doppio errore: da un lato, aumenta la rabbia dei soggetti che vengono penalizzati da questa norma e, dall'altro, favorisce la concorrenza sleale degli altri Stati. Un colpo basso per molte, moltissime aziende italiane che, in una fase delicata come quella che stiamo vivendo, hanno il diritto di poter vivere in un momento in cui le Istituzioni e la politica si mettono a loro disposizione per facilitare una ripresa economica che si respira nell'aria, ma è ancora tutta da concretizzare.
Se è superfluo in quest'Aula citare le numerosissime sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo che stabiliscono la parità di lavoro a livello europeo, è però opportuno sottolineare che l'Europa, sempre sulla bocca di una considerevole parte del Parlamento, stabilisce a chiare lettere i diritti dei lavoratori e non si legge da nessuna parte che dei lavoratori, uomini e donne di un dato Paese, possano e anzi debbano essere sostituiti con altri di altri Paesi.
Se però la base scientifica che si interroga sulla validità del green pass sui luoghi di lavoro non basta ai rappresentanti del Governo, c'è anche un'evidente base che potremmo definire costituzionale. Come già ampiamente detto e ribadito in quest'Aula e come detto dai colleghi senatori del mio partito, la nostra Carta costituzionale ha posto all'articolo 1 e all'articolo 4 il valore del lavoro nella Repubblica italiana.
Questa scelta redazionale non corrisponde meramente ad una numerazione statica, bensì a un preciso valore attribuito ai citati articoli dai Padri costituenti. Sebbene il diritto alla salute sia fondamentale nelle forme in cui viene concepito dall'articolo 32 della stessa Costituzione, si trova ben poco di esso nei principi fondanti lo Stato, che deve occuparsi dei diritti dei cittadini.
Se parliamo di diritti dei cittadini, bisogna affrontare il tema del valore del green pass nell'ambito del più generico diritto alla salute nei confronti di se stesso e degli altri. Quanto ai primi non si può negare un'importante valenza del green pass in quanto è un dato incontrovertibile e scientifico la minore incidenza di fenomeni patologici legata al Covid-19 nei soggetti vaccinati. Quanto ai secondi, tuttavia, allo stato si registrano risultanze scientifiche discordanti sul punto di minor carica virale del soggetto vaccinato rispetto a quello privo di vaccinazione. Sotto questo profilo risulta quindi pacificamente evidente che lo strumento del green pass, così come concepito, non è utile per tutelare gli altri da se stessi.
Con riferimento al diritto alla salute, sancito dal già citato articolo 32, dalla scelta costituzionale e successivamente da quella legislativa, si è andati chiaramente nella direzione di lasciare alla libertà del singolo il diritto alla determinazione del proprio stato di salute, con riferimento ai trattamenti sanitari nel limite di quanto individuato dalla Costituzione relativamente al diritto alla salute, considerato diritto indispensabile dell'essere umano.
Concludo, Presidente e gentili colleghi, parlando non tanto da senatore, ma da imprenditore che conosce bene le difficoltà a cui tutti i giorni un'azienda deve far fronte. Proprio per questo nutro molte perplessità sulla legge al nostro esame che rischia di penalizzare e quindi discriminare una parte dei lavoratori e delle lavoratrici italiani, mettendo in difficoltà un tessuto economico e sociale che già oggi è in forte difficoltà. Sarebbe un grave e imperdonabile gesto che non possiamo assolutamente compiere. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Boldrini. Ne ha facoltà.
BOLDRINI (PD). Signor Presidente, gentili colleghi, il certificato vaccinale o green pass, reso obbligatorio quale strumento necessario per ridurre i casi di letalità, evitare la trasmissione del virus, contenere i ricoveri, riavviare tutte le attività - scolastiche, sportive e ricreative, quali il cinema e il teatro - è sinonimo della riacquisizione della libertà, libertà di movimento e di scelta. Tutto ciò avviene con il green pass, garanzia della tutela della comunità.
Inoltre l'alto numero di vaccinazioni, grazie alla volontà della maggioranza dei cittadini, permette di evitare che si generino ulteriori varianti che sappiamo essere un'altra sfida da vincere.
D'altro canto, l'emergenza in cui siamo ancora - purtroppo i contagi continuano a salire, ma per fortuna molto meno i decessi - richiede, per definizione, di essere affrontata con rimedi emergenziali (lo dice la parola stessa), come l'obbligo del green pass nei luoghi chiusi, nei luoghi di lavoro - stiamo parlando dell'obbligo sul lavoro - e in ogni luogo dove il virus può contagiare ulteriormente.
Anch'io cito la Costituzione e i nostri Padri costituenti, che sono stati lungimiranti: nel secolo scorso affrontarono infatti eventi pandemici come la spagnola e il vaiolo che causarono innumerevoli decessi; non avevano ciò di cui disponiamo noi adesso, ossia il vaccino, però avevano già pensato alla tutela della salute. La Costituzione tutela infatti non solo la salute del singolo, quindi non solo un diritto individuale, ma anche l'interesse della collettività. Vale più l'articolo 1 sul lavoro o vale di più la salute? Senza salute non c'è lavoro. La frase ormai nota è che da soli non ci si salva, ed è quanto di più vero nel caso della pandemia. Inoltre, la comunità che si protegge ha un valore aggiunto, che è quello di proteggere chi non può vaccinarsi per seri motivi di salute, quindi il principio di solidarietà per tutelare i più deboli.
Ricordo inoltre, onorevoli colleghi, che dobbiamo tutelare anche quegli operatori sanitari che tutti i giorni, in maniera indefessa da un anno e mezzo a questa parte, sono in corsia a fare il loro lavoro (Applausi), e dobbiamo essere consapevoli e coscienti che attraverso la vaccinazione proteggiamo anche loro. Come stiamo vedendo, il numero dei ricoverati in terapia intensiva, seppur in maniera meno importante dell'anno scorso, aumenta.
Vi è anche un altro principio di cui vorrei parlarvi, quello della ragionevolezza, che di questi tempi pare essere scomparso. Sì, perché abbiamo visto atti vandalici nei confronti degli operatori sanitari: distruggere una macchina delle USCA è una cosa vergognosa! Tali atti vandalici, le macchine distrutte e le aggressioni nei pronto soccorso non hanno nulla a che fare con la ragionevolezza.
Aumenti dei casi di contagio e dei ricoveri, come vedete, si verificano purtroppo anche in tanti altri Paesi dell'Europa; è un problema grossissimo, ma devo dire che in questi giorni si può notarlo ancor di più a Trieste: aumento dei contagi e aumento dei ricoveri. Allora perché lasciare che si dica che si fa in virtù di una libertà? Libertà per cosa? Libertà senza che le persone vengano aiutate? Bisogna lasciare tutto così? I commercianti non ne possono più; hanno sofferto tantissimo, con il green pass hanno avuto la possibilità di riaprire con garanzie di sicurezza e non vogliono assolutamente che si torni indietro. Anche in questo caso manca quindi la ragionevolezza; per fortuna, ribadisco che abbiamo tanti cittadini che invece sono ragionevoli e si sono vaccinati.
Il lavoro è un diritto costituzionale, certamente, ma se per non perdere il lavoro dobbiamo rimetterci in salute credo che davvero non ci siamo; quindi non dobbiamo assolutamente rischiare che ci possano essere dei casi di questo genere. Devo dire che bene fa il Viminale a stabilire delle restrizioni per i cortei che si stanno facendo. A tal proposito, non si può organizzare un corteo lungo un percorso ma poi imboccare un'altra strada; lo sappiamo: se si evitano le regole, alla fine si pagano le conseguenze.
Come dicevo, per fortuna tanti cittadini hanno mostrato ragionevolezza accettando, consapevolmente e non supinamente, le regole del vivere civile e del bene collettivo. A questo dobbiamo tendere anche noi parlamentari, dando un segnale: sono quindi contenta che si debba avere il green pass ogni volta che si entra in Parlamento, perché si dà un segnale e un messaggio importante a tutta la popolazione. Non possiamo fare le leggi per gli altri e poi disattenderle. Sono dunque convinta che sia una regola più che ragionevole. (Applausi).
Purtroppo devo dire che abbiamo visto lisciare il pelo a manifestanti no green pass e no vax in virtù di un consenso effimero, di un consenso politico che con dati alla mano viene meno perché finalmente la ragionevolezza prende il sopravvento.
Allora, cari colleghi noi, in virtù di un altro principio che è quello della responsabilità cui accennavo prima, dobbiamo tutti cercare - come stiamo facendo responsabilmente - di sostenere anche questo Governo per aiutare chi ha dei dubbi ed esita a vaccinarsi. Dobbiamo tutti noi, consapevolmente, aiutare chi ha dei dubbi, perché è lecito che si possano avere dei dubbi, ma questo non vuol dire che dobbiamo abbandonare queste persone. Aiutiamo quelli che esitano e che hanno dei problemi anche di salute; aiutiamoli a confrontarsi con i professionisti sanitari. Questo è il nostro dovere. Non aiutiamoli a dire no e basta. Questo è un altro grado di consapevolezza che dobbiamo avere. Bisogna ottemperare, come tanti hanno fatto, a quel dovere etico e morale - come ha ben detto il nostro Presidente della Repubblica, che ogni giorno ci regala delle perle di saggezza - di vaccinarsi; tutti noi dobbiamo tendere a questo, in virtù di una libertà che non deve essere effimera e per se stessi, ma deve essere della collettività.
In altri Paesi europei, meno incisivi nelle regole, adesso stanno ricorrendo all'obbligo e a un nuovo lockdown. Credo che essere stati così incisivi nel nostro caso abbia pagato moltissimo. Adesso sta a tutti noi cercare di mettere a frutto le norme e osservare le regole, perché è importante farlo. Tutte le norme che stiamo portando avanti potrebbero sembrare discriminanti, ma se andiamo a vedere - credetemi - nelle pieghe di tutte queste norme, esse non sono discriminanti, perché tengono in considerazione il valore del bene più importante che abbiamo, che è la salute.
Torno a ribadire: vi è un altro valore importante che sembra essere contrastante, quello dell'economia e del lavoro, ma non ci sarebbe alcuna economia e non ci sarebbe alcun lavoro se non tutelassimo la nostra salute. Quindi, questi provvedimenti, quali il green pass obbligatorio anche nei luoghi di lavoro, con tutte le cautele e le accortezze che ci devono essere, sono importanti per una grande ripresa del nostro Paese.
Abbiamo altre sfide importanti - lo sapete molto bene - come la messa in pratica del PNRR. Solo attraverso questi atti riusciremo a portare a casa anche quei provvedimenti importanti che abbiamo delineato nei nostri progetti. Solo così riusciremo davvero a vincere questa sfida, che è mondiale.
Tanti Paesi vorrebbero avere il vaccino, ma non ce l'hanno, perché purtroppo sono in condizioni di povertà. Ogni volta che un cittadino esita e dice che non si vuole vaccinare, mi domando se stia pensando a coloro che vorrebbero a tutti i costi vaccinarsi e non lo possono fare. Questo è un altro pensiero che bisogna fare per mantenere quella solidarietà, responsabilità e consapevolezza necessari per il vivere comune. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Crucioli. Ne ha facoltà.
CRUCIOLI (Misto). Signor Presidente, non parlerò delle discriminazioni evidenti e non apparenti - come ho appena sentito dire dalla collega del PD - contenute in questo provvedimento di estensione del green pass. È infatti fattuale e oggettivo che si discrimina, peraltro in base al censo, tra chi può permettersi la libertà di scelta vaccinale, pagandosi i tamponi, e chi invece non può permettersi tale libertà.
Non parlerò nemmeno della divisività di questo provvedimento, che in seno alle famiglie mette vaccinati contro non vaccinati, aizza odi degli uni contro gli altri. Voglio parlare invece dell'inefficacia e dell'assoluta sproporzionalità di questo provvedimento; inefficacia su basi scientifiche. Devo dire che mi sono approcciato a questo tema con assoluta disponibilità; ero agnostico, volevo vedere i dati, volevo sentire le opinioni degli scienziati in merito. Infatti, ho ascoltato con molta attenzione le audizioni che sono state svolte qui in Senato. Le ho ascoltate tutte e ho visto, da un lato, professori e medici con importanti incarichi di governo che asserivano determinate tesi, anche con affermazioni oggettivamente erronee o intuitivamente scorrette. Dall'altra parte, professori e medici, che non erano assolutamente in conflitto di interessi, dichiaravano di non aver mai preso soldi dalle case farmaceutiche e di non avere alcun incarico governativo che potesse in qualche modo portarli ad avallare scelte governative o a controdedurle. Ebbene, questi hanno fatto affermazioni molto diverse da quelle dei primi. In particolare, il professor Locatelli ha affermato contro il vero, con una disarmante... (Il microfono inizia a lampeggiare).
Mi scusi, Presidente, non avevo otto minuti a disposizione?
PRESIDENTE. A me ne sono stati comunicati tre, e li sta terminando.
CRUCIOLI (Misto). Ma il Presidente del Gruppo Misto mi aveva detto otto minuti; mi sono stati ridotti? Va bene, ne prendo atto.
PRESIDENTE. No, no, io non le ho ridotto nulla. Mi sono stati comunicati tre minuti e quelli le ho assegnato; quindi, le consento ancora un minuto perché ci siamo interrotti, ma giunga alla conclusione.
CRUCIOLI (Misto). Mi consente di parlare ancora almeno cinque minuti? Avrei alcune cose da dire che non sarebbero dette da alcun altro collega, visto che siamo così pochi a dire la verità qua dentro.
PRESIDENTE. Io non ho il potere di fare accordi che spetterebbero al suo Capogruppo, mi dispiace. Non è nelle mie facoltà.
Prego, vada avanti.
CRUCIOLI (Misto). Mi riferivo, per quanto riguarda le espressioni palesemente contro il vero, a quelle, ad esempio, del coordinatore del Comitato tecnico scientifico, che ha asserito che la stima di capacità del vaccino di ridurre il contagio sarebbe stata effettuata anche sulla base della valutazione del differente numero di tamponi effettuati nelle platee dei vaccinati e non. In realtà, a leggere i documenti e a sentire anche le dichiarazioni del professor Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità, questa dichiarazione è palesemente errata, se non falsa.
La facilità con cui, davanti al Senato, persone con questi incarichi hanno mentito è sconcertante, così come è sconcertante che il presidente dell'Istituto superiore di sanità affermi in audizione che il numero di tamponi non è stato preso in considerazione per calmierare le due platee semplicemente perché si presuppone che vaccinati e non vaccinati facciano lo stesso numero di tamponi. Questo è evidentemente scorretto perché è chiaro che i non vaccinati ne fanno un numero di gran lunga maggiore, quindi, dove più cerchi, più trovi casi di positività.
Abbiamo commissionato una perizia medica, un parere pro veritate a un professore ordinario, e i risultati hanno parlato chiaro: dicono che il presupposto scientifico di capacità del vaccino di ridurre la catena dei contagi viene meno dopo sei mesi, sulla base dei più importanti test e studi scientifici internazionali e nazionali. Quindi, è falso che il green pass possa creare luoghi sicuri; anzi, consente, ahimè, purtroppo - questo è l'aspetto più grave - che persone che possono essere portatori del virus e potenzialmente contagiose abbiano una sorta di patentino e possano così comportarsi in maniera più disinvolta, contribuendo a diffondere il virus.
Per questo motivo, il dibattito scientifico dovrebbe essere più libero, come più libera dovrebbe essere la possibilità di manifestare.
Apprendo veramente con grande dispiacere che alcuni colleghi abbiano applaudito la scelta del Governo di limitare la possibilità di dissentire nel Paese, di limitare i cortei. È una situazione che non si riscontra in alcun altro Paese democratico o che si dice tale.
La mia preoccupazione è non soltanto per l'incapacità di questo provvedimento di tutelare la salute pubblica o per le discriminazioni che introduce, ma proprio per il tasso di antidemocraticità dell'attuale Governo. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rizzotti. Ne ha facoltà.
RIZZOTTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, colleghi, giustamente sono state appena citate perizie mediche; certo, sono d'accordo, le estenderei moltissimo, magari anche in quest'Aula, esattamente come il green pass che orgogliosamente possiedo.
Il decreto-legge all'esame dell'Assemblea, che introduce l'obbligo del green pass per l'accesso nei luoghi di lavoro, rappresenta un ulteriore passo verso la più ampia estensione delle vaccinazioni anti-Covid per la popolazione.
Si è dibattuto a lungo, anche tra le parti sociali, sulle modalità più idonee per raggiungere questo risultato. La scelta del Governo a cui plaudo è quindi ricaduta sulla previsione di obbligo del possesso del green pass nella totalità dei luoghi di lavoro, in coerenza con il percorso già avviato lo scorso anno attraverso la previsione dell'obbligo di vaccinazione in determinati contesti lavorativi a più alto rischio di contagio.
Questa opzione, seppure da condividere per il contributo alla capillare diffusione delle vaccinazioni, certamente comporta delle conseguenze di carattere organizzativo e gestionale di un certo rilievo per i datori di lavoro, chiamati a ottemperare agli obblighi contenuti nella normativa. Le aziende non si sono mai tirate indietro e la pubblica amministrazione, grazie al Governo e al ministro Brunetta, si è data le sue regole. Dal 15 ottobre abbiamo visto ripartire completamente in presenza quei servizi pubblici che tanto sono mancati ai cittadini, con un danno a causa delle pratiche inevase e dell'impossibilità di farlo con il cosiddetto smart working. Non ultimo, finalmente un respiro a tutto l'indotto intorno ai luoghi di lavoro, come bar e ristoranti, che per mesi e mesi sono stati chiusi.
In questi mesi e soprattutto nelle ultime settimane si è scatenato un acceso dibattito - ahimè, troppo sopra le righe - con interventi che hanno addirittura paragonato, in un modo veramente inaccettabile, questa misura di prevenzione ad altri orridi esempi di soppressione della libertà. Io sono sicura che, tra tutti coloro che inneggiano a questa libertà o che negano l'importanza di quello che è successo e che continua a succedere con il Covid, nessuno ha avuto familiari o amici perduti a causa di questo virus. Purtroppo i morti sono stati tanti e siamo stati toccati un po' tutti; i negazionisti sono stati fortunati a poter andare in piazza a dire sciocchezze.
Noi di Forza Italia - come più volte ribadito - abbiamo compreso molto bene le inquietudini che solleva un semplice certificato e anche gli elementi critici che esso può rappresentare. Siamo convinti che il Governo non può puntare tutto su questo strumento, perché ci devono essere ampi spazi di convincimento di una larga fascia di non vaccinati. Faccio un esempio: perché vediamo pochissimi spazi televisivi in cui si spiega come funzionano i vaccini e in cosa differiscono dagli altri? In cui si risponde in modo semplice alle domande, anche le più strane, che giustamente le persone si pongono, a loro volta impaurite e confuse dalle sciocchezze che si possono leggere soprattutto in rete? C'è sicuramente un gruppo di mestatori fanatici e pericolosi, che vanno bloccati con tutti i mezzi leciti. Ma c'è anche un vasto gruppo di persone che non si vaccina per paure varie e perché si fa poca informazione corretta. Di questo me ne rendo conto, perché ad esempio presso il mio studio medico (al di là del fatto che, essendo uno studio privato, posso chiedere l'accesso con il green pass alle mie pazienti) alcune pazienti che non erano convinte della vaccinazione, sentendo dire cose molto semplici, si sono convinte e si sono vaccinate. Quindi grazie alla credibilità di chi parla di cose che conosce, le persone si possono facilmente convincere.
Come rappresentanti anche dei cittadini più confusi, credo che ci si debba chiedere se questo può essere uno strumento efficace e - perché no? - anche efficiente per contenere l'epidemia. Togliamo subito di mezzo quella che forse è stata la ragione principale che ha portato all'obbligo di green pass, cioè l'incentivo alla vaccinazione. Ci si deve vaccinare perché è giusto, per noi e per gli altri. Si deve dire che il green pass non può dare certezza, perché è vero che un titolare può anche portare il contagio; ma noi sappiamo perfettamente che non esiste vaccino al mondo che dia la copertura al 100 per cento e che non esiste farmaco al mondo che sia efficace al 100 per cento. Come mai allora tutti questi grandi pensatori e tutti questi medici e scienziati improvvisati dicono di non volersi vaccinare perché il vaccino non li copre? Intanto si è coperti all'80, al 90 e anche al 95 per cento, a seconda dell'età e di altre condizioni personali, e poi soprattutto lo si vede dai numeri. L'efficacia del green pass non sta nella certezza di non contagiosità, ma nella drastica riduzione della sua probabilità. Per raggiungere quella che viene chiamata immunità di gruppo, non si può pensare di usare misure che rendano i contagi impossibili, ma misure che li rendano molto improbabili, in modo che si riducano via via fino ad esaurirsi.
Sappiamo quanto si sia abbassata l'incidenza del virus negli ospedali, soprattutto nelle terapie intensive degli ospedali. Vorrei ricordare, ad esempio, che proprio ieri a Singapore, in uno Stato che comunque mi sembra piuttosto democratico, è stato deciso che chi volutamente non si è vaccinato e si ammala di Covid deve pagarsi le spese sanitarie. Da noi ciò è giustamente improponibile, però poi non si possono fare gli esempi, dicendo che nel resto del mondo sono tutti liberi e nessuno si ammala, perché la realtà non è questa. Il green pass può avere un effetto molto efficace nella diminuzione della probabilità di contatto tra un contagioso e un contagiabile. Se la probabilità diminuisce, diminuiscono anche i contagiati, diagnosticati e non, che a loro volta, grazie al green pass, potranno contagiare di meno e così via. Bene, dunque, le forme sanzionatorie contenute nel decreto-legge, perché creano sia svantaggi, sia limitazioni per chi non accetta di non creare maggiori rischi nella società, ma ciò che è importante è la comunicazione istituzionale, chiara e convincente. Ringrazio per questo il presidente Draghi, per il cambio di passo, anche nella comunicazione, che ha impresso il suo Governo, rispetto ai precedenti. Mi dispiace ad esempio che, quando si parla di sanità, il ministro Speranza non sia mai in Aula, ma sarà comunque sicuramente informato.
Ci sono certamente dei no green pass che basano la loro opinione su valori almeno in via molto teorica rispettabili, ma ci sono anche molti che seguono solo dei cattivi maestri, che per varie ragioni, non certamente nobili, non certamente etiche, scelgono di lavorare contro lo sforzo che il Governo sta facendo per controllare l'epidemia. Spero che le forze di polizia, anche grazie alla popolazione, riescano ad identificare costoro come tali e passino quindi ad isolarli. Impariamo a comunicare che il green pass ha il ruolo di semplice invito alla vaccinazione e vedrete che gli italiani inizieranno a considerarlo uno tra i comportamenti più opportuni da seguire, vivendo in una comunità. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bagnai. Ne ha facoltà.
BAGNAI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, secondo il rapporto sull'epidemia da Covid-19 dell'Istituto superiore di sanità, aggiornato al 3 novembre, nei trenta giorni che vanno dal 4 ottobre al 3 novembre la Covid-19 ha causato 416 decessi tra i non vaccinati e 423 tra i vaccinati, che arrivano a 450, considerando anche quelli con ciclo incompleto. Quindi il vaccino è inefficace, visto che nei due gruppi abbiamo lo stesso numero di vittime? No, non funziona così, per il semplice motivo che la platea dei vaccinati è molto più ampia di quella dei non vaccinati. I vaccinati con ciclo completo sono 42.672.767, quelli con ciclo incompleto 2.653.423, per un totale di 45.326.190, a fronte di 8.638.749 non vaccinati. Ne consegue che i decessi sono 4,8 ogni 100.000 non vaccinati, e uno ogni 100.000 vaccinati con ciclo completo, il che significa che un non vaccinato rischia di morire di Covid 4,8 volte di più di un vaccinato. Con la stessa logica si dimostra che un non vaccinato rischia di finire in terapia intensiva 11 volte più di un vaccinato.
Non discuto se i dati di partenza siano o meno corretti. Purtroppo la comunità scientifica, la stampa e come vedremo, ahimè, alcune istituzioni hanno fatto molto per screditare se stesse, ma non metteremmo rimedio ad un simile scellerato degrado, proponendo una lettura completamente falsa di dati forse non completamente veritieri. Con questo caveat aggiungo un dato: se a settembre i contagi erano 690 ogni 100.000 non vaccinati e 125 ogni 100.000 vaccinati, ora sono rispettivamente 408 (-40 per cento), e 96 (-23 per cento). Quanto alle terapie intensive, oggi il sito dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) ci ricorda che esse risultano occupate al 5 per cento, ben sotto la soglia del 30 per cento.
La lettura corretta dei dati ci dice quindi che i vaccini funzionano, ma proprio questo rende ancora più incomprensibile la scelta di adottare una strategia basata su un miscuglio inopportuno di obbligo surrettizio e risposta repressiva, che - non ci voleva molto ad immaginarlo - si sta rivelando controproducente sotto almeno due profili: quello dell'efficacia, perché l'estensione del green pass non ha determinato un sensibile incremento delle inoculazioni, piuttosto il contrario, e quello della tenuta del corpo sociale, lacerato dalla decisione di demonizzare chi vuole esercitare la propria libertà di scelta. (Applausi).
Aggiungo che il green pass causa sensibili problemi di moral hazard, per il semplice motivo che conferisce a chi lo detiene, causa vaccinazione, un del tutto ingiustificato senso di immortalità. Abbiamo visto che purtroppo le vittime ci sono anche tra i vaccinati con ciclo completo: occorre mantenere alta la guardia e rispettare le precauzioni.
Il punto è che uno Stato che vuole essere autorevole comunica in modo trasparente, non contraddittorio e inclusivo. Quindi, cominciamo con il parlare di trasparenza. Io appartengo a una categoria screditata che è quella non dei virologi, ma degli economisti e mi pongo una domanda. Un fondamento dell'economia è che non esistono pasti gratis e nulla è intrinsecamente solo buono o solo cattivo. Per questo motivo, si parla di analisi costi-benefici.
Chiedo pertanto a me e voi: questo vaccino è un pasto gratis? Possibile che non abbia effetti avversi? E se li ha, quando vogliamo parlarne seriamente nell'interesse della collettività? Qualsiasi farmaco, anche il più banale, ha effetti collaterali. Chi ci dà la certezza che i vaccini contro la Covid, di cui oggettivamente non sappiamo ancora molto perché da poco sono stati messi in commercio, siano gli unici farmaci al mondo senza effetti collaterali?
Con un certo sconcerto ho letto, a trecentonove giorni dal vaccine day che ha segnato l'inizio della campagna vaccinale, il primo tweet in cui l'AIFA esortava i pazienti a segnalare eventuali reazioni avverse, senza peraltro indicare la pagina web in cui farlo, che - lo ricordiamo, visto che nessuno lo fa - è www.vigifarmaco.it. Ripeto, l'AIFA non la ricorda.
Non è chiaro perché, in un contesto caratterizzato da tanta incertezza, l'onere di segnalare eventuali effetti avversi sia stato lasciato ai cittadini, senza informarli sulle corrette procedure per farlo e inducendoli ad autocensurarsi per paura di vedersi appioppare lo stigma infamante e discriminatorio di no vax.
Oggi la scienza è tenuta in grande considerazione, soprattutto da parte di chi non sa che cosa sia perché non appartiene, a differenza mia, alla comunità scientifica. Noto allora che il comportamento omissivo dell'AIFA, che non ha disposto una farmacovigilanza attiva e ha sostanzialmente disincentivato quella passiva, è radicalmente anti-scientifico. (Applausi). La scienza non può progredire e le case farmaceutiche non possono migliorare i loro prodotti se non vengono raccolti i dati sugli effetti avversi. Questa scandalosa opacità e questo negazionismo non contribuiscono all'autorevolezza.
Parliamo allora di non contraddittorietà. Sappiamo ormai che la copertura fornita dai vaccini (purtroppo non completa, come è stato ricordato) è anche labile nel tempo, visto che svanisce dopo circa sei mesi. Ce lo conferma il fatto stesso che si parli di terza dose a un po' meno di dodici mesi dal vaccine day; viceversa, si stanno accumulando evidenze circa il fatto che l'immunità naturale duri almeno un anno. Perché dico almeno un anno? Semplicemente perché il poco tempo decorso dall'inizio della pandemia non ci consente di verificare che l'immunità naturale duri di più, così come di accertare gli effetti a lungo termine delle varie terapie proposte.
Fatto sta che, a fronte di un'immunità naturale che dura almeno un anno, viene rilasciato un green pass che dura solo sei mesi, mentre, a fronte di un'immunità vaccinale che dura sei mesi, abbiamo un green pass che dura un anno. (Applausi). Capite bene che è molto difficile afferrare la logica di un simile provvedimento. Ciò non contribuisce all'autorevolezza.
Allo stesso modo, non contribuiscono all'autorevolezza le dichiarazioni di membri del Comitato tecnico-scientifico che, senza alcun dato, con un fare da imbonitori di fiera paesana, ci garantiscono sui giornali dieci anni di immunità con la terza dose e, forse, anche un set di pentole antiaderenti. (Applausi). Ma si può fare così?
Parliamo allora di inclusione. Partirei da qui, da questo ennesimo voto di fiducia con cui ci viene impedito di valutare, fra i vari emendamenti, quello che aiuterebbe il Governo a sanare la contraddizione che ho appena evidenziato, portando a un anno la durata del green pass anche per i guariti che - voglio sottolinearlo - sono i grandi dimenticati del dibattito. Forse sono scomodi? Non so.
Ricordo a me stesso che stiamo parlando di un provvedimento che, in buona sostanza, accolla un onere economico a chi vuole esercitare il diritto al lavoro e questo per il fatto non di aver trasgredito a un obbligo, o violato una norma, ma di stare esercitando un proprio diritto. Disturba che su un provvedimento di questa portata, visti anche i risultati non brillantissimi in termini di incentivo alla campagna vaccinale, non sia stato permesso un esame parlamentare approfondito.
Inoltre, all'inizio del mio intervento ho spiegato come si leggono i dati (ossia - lo dico per i secchioni come me - analizzando le frequenze relative) e come funziona la farmacovigilanza (cosa che nessuno ha fatto e nessuno sa). Mi pongo la seguente domanda. Chi ha spiegato queste cose alle persone schernite, vilipese, discriminate e represse anche con la violenza, che qui e nel dibattito televisivo vengono etichettate come no vax? Chi avrebbe dovuto farlo? Lo ha notato anche la collega Rizzotti, da cui molto ci separa, ma a cui siamo vicini su un punto: le istituzioni preposte hanno fallito nello svolgere questo compito pedagogico.
Devo dire poi con la massima compostezza, ma anche con il massimo rammarico, che il Daspo a Puzzer è una delle cose più brutte e meno intelligenti che abbia visto accadere negli ultimi dieci anni. Non è stato un bello spettacolo vedere applicare una simile misura coercitiva a una persona che proietta un'immagine di mitezza e questo a pochi passi da dove una persona sottoposta a Daspo per ben più fondati motivi aveva potuto spadroneggiare indisturbata su una piazza e aggredire altrettanto indisturbata la sede della CGIL. (Applausi). Ma quello che preoccupa di questo gesto incomprensibile, come pure della fiducia oggi posta su questo provvedimento, è che questi gesti sono segni di debolezza. All'inizio del mio intervento, ho sottolineato i risultati positivi della campagna vaccinale e riconosco quindi volentieri che questo Governo ha fatto il bene del Paese; tuttavia, un Governo che non ha sufficiente autorevolezza - perché la perde per i motivi che ho esposto - per convincere i cittadini a vaccinarsi, ma al contempo non ha sufficiente autorità per costringerli a vaccinarsi, forse avrà reso un buon servizio al Paese, ma certamente non lo ha reso all'immagine dello Stato.
Vorrei attirare la nostra attenzione su questo punto: è giunto il momento di cambiare orientamento e nulla, in quello che sta accadendo, giustifica ulteriori inasprimenti o ulteriori proroghe delle misure restrittive che finora hanno manifestato efficacia, ma che nei dati nulla ci suggerisce che debbano essere prolungate. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Binetti. Ne ha facoltà.
BINETTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, ci troviamo davanti al problema più importante di questa legislatura: forse nessuno di noi lo aveva previsto quando ci siamo insediati all'inizio di marzo del 2018, ma in realtà fare i conti con la pandemia e soprattutto cercare di capire in cosa consista questo fenomeno ha rappresentato per tutti noi una sorta di dorsale che giorno per giorno ha in qualche modo condizionato le nostre scelte, i nostri giudizi, i nostri interventi. Ciò in modo particolare per tutti noi che siamo nella 12a Commissione, che di fatto si occupa del grande tema della salute e in definitiva della salute pubblica. Oggi la riflessione che siamo chiamati a fare per la quarta volta sul tema del Covid ci pone davanti alla difficoltà di tenere insieme le direttive più importanti che attraversano il mondo della salute e che riguardano la relazione di cura, di cui è parte integrante una diagnosi corretta, quindi sapere se questo paziente ha o non ha la malattia, se questo paziente risulta positivo o negativo rispetto al test a cui viene sottoposto. Ma la relazione di cura prevede anche interventi adeguati, che nel nostro caso si condensano sostanzialmente nel vaccino, perché rispetto agli interventi terapeutici siamo ancora in una prospettiva avveniristica, non sappiamo se serviranno, quando serviranno e quando saranno realmente disponibili in Italia.
Accanto alla relazione di cura, l'altro filone direttivo importante è quello della ricerca ed è il tema emerso oggi: sia una ricerca come metodo, sia una ricerca oggettiva che porti risultati sufficientemente credibili. Quanto alla ricerca come metodo, abbiamo visto la molteplicità degli interventi televisivi che prima quasi quotidianamente, a Camere riunite, per venti, trenta, quaranta minuti rallegravano o appesantivano tutti i nostri sabato sera o comunque i fine settimana, ora diciamo che questi interventi si sono ridotti, sono praticamente pillole di interventi, ma il contenuto specifico di queste pillole è sempre lo stesso e richiama - a chi di noi è abituato a frequentare la sala Maccari e ama le belle rappresentazioni della storia romana - quel famoso senatore che appariva tutti i giorni in Senato ricordando che delenda est Carthago.
Allo stesso modo i nostri esperti appaiono in televisione solo per dire una cosa: vaccinatevi, vaccinatevi, vaccinatevi, come se fosse un'operazione di marketing. Occorre vaccinarsi, ma la ricerca non è solo quella scientifica, quella biologica, è anche la ricerca che in qualche modo affronta, ad esempio, il tema della comunicazione e affronta anche il tema della formazione, che è il terzo filone su cui mi voglio soffermare.
Lo slogan: «Vaccinarsi, vaccinarsi!» è un contrasto che si va esasperando con le manifestazioni di stress - sembra proprio diventato uno stress test - che colpiscono la nostra popolazione. La stragrande maggioranza è convinta che vaccinarsi faccia bene; forse qualcuno di voi ricorda che all'inizio della pandemia avevo chiesto, come rispetto per la sanità pubblica, che tutti i senatori venissero vaccinati. Non sto qui a dire quali furono allora le reazioni, come se si trattasse di una casta da proteggere mentre oggi c'è la rincorsa al non vaccinarsi. Io credo profondamente che vaccinarsi faccia bene. Parlo del vaccinarsi una, due e tre volte, ma non credo all'ipotesi avveniristica riportata dal collega che mi ha preceduto secondo cui vaccinarsi fa bene per i prossimi dieci anni. Non ci crede nessuno. (Applausi). Tutti sappiamo che il vaccino varrà per un tempo determinato.
Qual è allora la chiave di volta dell'interpretazione che non ha un fondamento teorico e documentato da chissà quali indagini tecnico-scientifiche? Ha la forza - che non è poca cosa - del dato sperimentale: chi si vaccina può ancora ammalarsi, ma certamente si ammala meno, muore meno e, quindi, conviene vaccinarsi. Non so perché faccia bene; so però che in qualche modo fa bene. Assumo pertanto per me e per chi mi sta vicino questa decisione. Questo è un concetto facile da rappresentare, che non richiede ideologie né in un senso, né nell'altro. È un criterio sperimentale.
Di fronte a ciò succede che molte famiglie, per esempio, si trovano obbligate a ricorrere a una serie di tamponi se il figlio è positivo, se qualcuno nella classe era positivo, se qualcuno della famiglia era positivo per dimostrare che sono negativi. L'operazione tampone sta diventando molto cara per le famiglie, tanto è vero che nella riflessione che abbiamo fatto nella 12a Commissione su questo argomento una delle cose che chiedevamo proprio di valutare era esattamente a carico di chi doveva essere. Perché se faccio un'analisi del sangue o una conta di globuli rossi il sistema sanitario nazionale mi passa questa indagine e se faccio un tampone non me lo passa? Perché è fuori, se è una misura di salute e tanto più se è una misura di salute pubblica?
Sono le contraddizioni del sistema a diventare irritanti per l'opinione pubblica. Lo stesso dicasi per il lavoratore in smart working: perché si deve pretendere che in quanto lavoratore abbia il suo green pass e che i costi relativi all'eventuale verifica dei test successivi debbano essere a carico del datore di lavoro? Se sono a casa e sono già vaccinato e ho il mio green pass, per quale ragione devo essere sollecitato a dimostrare continuamente nuove possibilità ad excludendum di rischio di contrarre l'infezione da virus?
La 12a Commissione ha inserito nella relazione delle osservazioni che ha presentato alle Commissioni di merito e quindi anche al Governo. Il fatto che venga messa la fiducia ci impedisce di presentare gli emendamenti, di ragionare nel concreto su questi aspetti e di migliorare la normativa. Arriverà la macchia nera di una fiducia che si sta un po' consumando perché se ne sente una sorta di abuso.
Un altro elemento interessante - ça va sans dire - ed evidente per tutti è che occorre una maggiore e migliore comunicazione scientifica, da modulare nei modi opportuni, sia che si tratti della scuola media inferiore o della media superiore, dell'università o di quella formazione continua cui qualunque persona che lavora deve essere sottoposta. La cosa interessante è che, quando si parla di questo tema, la dimensione scientifica dell'argomentazione è totalmente messa sullo sfondo rispetto alla dimensione - chiamiamola così - un po' di pancia, emotiva, che nasce dal fastidio: il fastidio della terza dose, il fastidio del tampone, il fastidio rispetto a questa sensazione di essere sotto un bombardamento di informazioni che cadono in flagrante contraddizione le une con le altre.
Concludo, Presidente, e la ringrazio. Noi ci vaccineremo, in modo convinto e sicuro; ma che non ci diano false argomentazioni e che non ne venga fatta una battaglia demagogica. Il tema è complesso, non sappiamo ancora tutto quanto dovremmo sapere e ci vorranno probabilmente degli anni. Che non ci impongano, quindi, false teorie per giustificare una cosa che, sperimentalmente, comunque vale la pena fare. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Riccardi. Ne ha facoltà.
RICCARDI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, colleghe, colleghi, i provvedimenti che, come membri del Senato, ci onoriamo di poter esaminare e che giungono in quest'Aula sono tutti egualmente importanti, meritevoli e delicati. Ma ce ne sono alcuni che, per portata, per ripercussioni o per impatto sociale, finiscono inevitabilmente per diventare più importanti di altri. Questo è sicuramente il caso dell'Atto Senato 2394 «Conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127».
Sembra passato molto tempo da quando, lo scorso 1° luglio, la comunità europea ha introdotto il certificato verde per permettere la ripresa della circolazione in sicurezza dei cittadini negli Stati membri, lasciando ampia discrezionalità ai Paesi di imporre il proprio modello di certificato. Oggi, dopo pochi mesi, ci troviamo qui a ratificare nel nostro ordinamento l'ultima estensione di portata del certificato, che dal 15 ottobre è divenuto necessario anche per recarsi sul proprio posto di lavoro, pubblico o privato che sia.
Vede, Presidente, non ho la presunzione di asserire con assoluta certezza che questa estensione sia corretta o di dire se, invece, possa risultare, sotto certi aspetti, eccessiva. Quello che posso e voglio dire con forza è che, quando un provvedimento incide così nel profondo della vita di una comunità, è giusto e doveroso che ciò venga fatto con tutte le dovute accortezze, senza lasciare alcuna possibilità di dubbio o di fraintendimento.
Due anni di pandemia hanno portato i cittadini allo stremo delle forze sotto tutti i punti di vista, nessuno escluso, da quello fisico a quello psicologico, a quello economico. È proprio in questa fase che il ruolo dello Stato riveste un'importanza ancora più grande, come padre responsabile della propria comunità in difficoltà. Il suo compito, delicato e complicato, parte da una base ineluttabile, che è quella sulla quale la Lega si batte e si è sempre battuta: la necessità di una corretta e puntuale informazione.
Signor Presidente, fin dagli albori di questa pandemia, come Lega ci siamo accorti di quanto male ha fatto e poteva continuare a fare un'informazione sbagliata, confusionaria e talvolta perfino contraddittoria. La Lega si è sempre battuta su questo punto e siamo stati vittime di critiche strumentali, di chi voleva farci passare per chi non siamo e metterci in bocca parole che non ci appartengono. (Applausi).
I vaccini e le terapie sono importantissimi. Il green pass è uno strumento essenziale per la ripresa economica e sociale del nostro Paese. È così e lo ribadisco con forza, come ho sempre fatto e sempre sostenuto. Ma le persone devono essere aiutate, fornendo loro i giusti strumenti e le giuste nozioni. Non è ammissibile leggere e sentire tutto e il contrario di tutto; non sono ammissibili incongruenze che esasperano gli animi già feriti e mettono in fermento un impianto sociale già precario. Il Governo deve spiegare l'utilità e il valore del sistema vaccinale nell'affrontare la pandemia, andando oltre le contraddizioni, che non arrivano dalla politica, ma che sono venute dal mondo dell'informazione. Deve agire in modo tale che il green pass possa essere visto dai nostri connazionali come uno strumento utile e di buon senso, uno strumento di guida e non di controllo. (Applausi).
È difficile comprendere talune, assurde, illogiche contraddizioni che si sono create in questi mesi. Probabilmente si tratterà di una mia mancanza o di un mio limite, ma reputo personalmente inspiegabile il motivo per il quale nei tribunali si prevede che il giudice e i cancellieri debbano avere il green pass e i testimoni e gli imputati no. Così come per recarsi al bar non è prevista la necessità di certificato per le consumazioni in piedi al chiuso, a differenza di chi decide, invece, di sedersi. Per accedere ai pubblici uffici non è richiesto il green pass agli utenti, mentre è stato bocciato l'emendamento della collega Rivolta, che chiedeva di permettere l'accesso alle biblioteche a chi non ha il green pass per il solo ritiro e la restituzione del libro: emendamento che faceva seguito a un ordine del giorno sul green pass 3, precedentemente approvato da tutte le forze politiche.
Al di là della bontà o meno della specifica decisione, sono storture queste che non aiutano ad infondere nei cittadini quel senso di fiducia nelle decisioni prese e imposte, che invece si rende essenziale in questo momento.
Cari colleghi, tutti noi, come Parlamento, abbiamo il dovere di lavorare assieme affinché nessun cittadino possa vedere compressa anche una sola delle sue libertà. E siamo chiamati ad agire al fine di mantenere bilanciati i diritti previsti dalla nostra Costituzione. Chiarezza, trasparenza e completezza di informazione: questa deve essere la strada maestra da seguire, per far sì che lo Stato e i cittadini possano davvero diventare un corpo unico che si muove verso la stessa direzione, quella della ripresa e del riscatto.
Torno a rivolgermi al Governo, come ho già fatto in precedenza, per rimarcare un altro tema che reputo di primaria importanza. Di recente, si è spesso deciso di far confluire nei decreti, come quello che stiamo ora esaminando, un decreto successivo, che si occupa di temi simili. È stata paventata una simile ipotesi anche per questo decreto-legge. Non voglio entrare ora nel merito, perché avremo modo nei prossimi giorni di parlare diffusamente del decreto-legge n. 139, un decreto che merita totale attenzione, perché introduce delicate e importanti novità sul fronte del trattamento dei dati dei cittadini italiani e interviene con decisione anche sui poteri preventivi del Garante della privacy, rimodulandone portata e possibilità di azione.
In questa fase voglio limitarmi ad una piccola e costruttiva critica sul modus operandi. Ritengo che l'unione di decreti così importanti, così impattanti sull'equilibrio sociale del nostro Paese, non sia mai una buona operazione, perché non permette al Parlamento di svolgere in modo ottimale il proprio compito e perché è un qualcosa che finisce inevitabilmente per acuire il grado di confusione, che già di per sé è eccessivamente elevato.
Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, sento il dovere, infine, di manifestare il mio disappunto per il fatto che quasi tutte le proposte emendative del Gruppo Lega sono state bocciate. Emendamenti presentati non a scopo ostruzionistico, ma volti a semplificare e migliorare un testo nel quale rileviamo forti incongruenze; emendamenti dettati sia dall'ascolto delle istanze dei cittadini che dalle criticità emerse in sede di audizioni. La Lega sente forte la responsabilità di chi ha riposto in noi la propria fiducia e si pone come baluardo per la salvaguardia di tutti i cittadini italiani, dei loro diritti e delle loro libertà. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zaffini. Ne ha facoltà.
ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, il primo punto sul quale volevo richiamare l'attenzione dei colleghi è la prassi, che assegna atti come questo, che hanno una prevalente se non totale consistenza sanitaria, alla Commissione affari costituzionali in sede referente, come unica sede, rinunciando così alla possibilità di esaminare il testo in sede di Commissioni riunite.
Io ringrazio, evidentemente, tutti i colleghi della 1a Commissione, i quali, però, non hanno seguito la vicenda sanitaria, non avendo avuto la possibilità, ad esempio, di ascoltare le molteplici audizioni svolte dalla 12a Commissione, la Commissione di merito, fin dal suo insediamento.
Signor Presidente, mi permetto perciò di osservare da subito un problema che non è proprio di poco conto, perché alla fine la discussione unica, quella che resta agli atti, è quella che avviene in Commissione. Quindi, assegnare questo tipo di atti alla 1a Commissione in modo assolutamente acritico ed esclusivo, senza utilizzare la possibilità dell'assegnazione alle Commissioni riunite, significa impedire a chi questa materia sanitaria la segue da inizio legislatura di dare un contributo concreto e fattuale. Dopodiché, succede quello che succede. Succede ad esempio, come è capitato ieri sera, che alcuni emendamenti assolutamente sacrosanti sono stati bocciati; sono stati respinti addirittura degli ordini del giorno che facevano richieste sulle quali si deve aprire un dibattito, come l'obbligatorietà del passaporto sotto i dodici anni. Come si può bocciare un ordine del giorno che propone di evitarne l'obbligatorietà fino agli undici anni?
Questo, colleghi, non è solo un problema tecnico e di forma, ma di sostanza. Infatti, impedire un dibattito tra colleghi che hanno impegnato a lungo il proprio tempo ad approfondire le vicende della pandemia evidentemente non va bene; non so a cosa si possa fare riferimento, ma comunque a me personalmente non piace.
Ho ascoltato gli interventi dei colleghi e mi complimento con tutti; in particolare, però, approfitto di un passaggio dell'intervento della collega Binetti per ragionare su una circostanza che vorrei sottoporre al dibattito in Assemblea, non avendo la possibilità di farlo in altra sede, come ad esempio in una Commissione d'inchiesta, la cui istituzione è stata impedita e continua ad essere impedita, mentre sarebbe il luogo ideale per poter affrontare certi argomenti.
Il collega Bagnai, giustamente, ha parlato di un vaccino che dura dieci anni e, dall'alto della sua capacità analitica, non lo ha detto a caso. L'Unione europea, infatti, ha comprato 4,6 miliardi di dosi di vaccino; lo sapevate che tra comprate, opzionate e consegnate le dosi sono 4,6 miliardi? A cosa servono 4,6 miliardi di dosi, posto che la popolazione europea è circa di 446 milioni di abitanti? Evidentemente, facendo dei conti molto banali, ci sono circa dieci dosi di vaccino a testa. A cosa servono, se non a vaccinarsi per i prossimi dieci anni? Posto che le 817 milioni di dosi già consegnate hanno coperto in doppia somministrazione circa il 75 per cento della popolazione europea, è del tutto evidente che qualcosa non è chiaro e chi deve capire cosa non è chiaro di tutte queste faccende che accadono, se non il Parlamento italiano? Chi lo deve capire e quindi a sua volta spiegare ai cittadini, che qualcuno reputa tali, mentre qualcun altro considera ancora sudditi, ai quali deve essere propinato il verbo (come ho ascoltato in alcuni interventi)? I cittadini, invece, devono essere correttamente informati rispetto all'utilità e al perché l'Unione europea compra circa 10 dosi di vaccino a testa. Cosa ci fa, quale fonte scientifica sta dietro a questa decisione? Si potrebbe poi parlare dei contratti, che sono tutti secretati, quindi non si sa quanto sono costati, che tipo di vaccini sono; conosciamo i fornitori e la tecnologia dei vaccini, ma non sappiamo se, ad esempio, sono vaccini in sviluppo. Una risposta intelligente mi auguro possa essere quella per cui le dosi opzionate tengono conto di eventuali sviluppi del vaccino, che deve coprire anche le varianti, come accade per quello influenzale.
Tutte queste vicende, però, non possiamo lasciarle alla fantasia o alla buona volontà dell'intelletto del singolo senatore o parlamentare; queste cose vanno indagate all'interno di un'apposita Commissione che evidentemente, non so perché, qualcuno ha paura di istituire.
Altra vicenda che voglio porre alla vostra attenzione, colleghi, è che attualmente si registra ancora una fascia di circa sette milioni di cittadini che non ha ricevuto neanche la prima dose del vaccino. I dati relativi si possono estrapolare dagli elementi conoscitivi che vengono diramati dal report settimanale della Presidenza del Consiglio dei ministri. In base all'ultimo del 5 novembre scorso, suddividendo le persone per fascia di età, tra i non vaccinati ci sono oltre 200.000 italiani over 80, quindi ad altissimo rischio, quasi mezzo milione nella fascia 70-79, anch'essi ad altissimo rischio; altri 760.000 nella fascia di età 60-69 e 1.200.000 nella fascia di età 50-59. Questo è un problema che non si risolve con il passaporto vaccinale. Se infatti si poteva risolvere con tale strumento, a quest'ora sarebbe stato risolto. È del tutto evidente che ci serve altro, che è necessario un percorso per capire il motivo per cui questi soggetti non si fidano dello Stato, dei messaggi propinati continuamente dai mezzi di informazione, dai social, dai politici, sostanzialmente da tutti. È del tutto evidente che c'è una reazione avversa, che non accetta questo tipo di messaggi.
Voglio concludere con una proposta per evitare che ancora una volta tutti i nostri interventi, che pongono domande sacrosante, vengano etichettati come interventi che disturbano il mainstream. I medici di medicina generale sono stati fino ad oggi semplici spettatori di tutto quanto è accaduto nella gestione pandemia e nella gestione della campagna vaccinale. In realtà, i medici di medicina generale sono i naturali interlocutori degli ultracinquantenni e ultrasettantenni, perché molti di loro, l'80 per cento degli ultrasettantenni soffre di patologie croniche. Il medico di medicina generale rappresenta il percorso attraverso il quale noi possiamo riuscire a colmare questo gap di oltre sette milioni di cittadini che non hanno ricevuto la prima dose di vaccino. Queste domande però voi non ve le fate.
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 11,12)
(Segue ZAFFINI). Queste domande voi che vivete di certezze, trasferite acriticamente, non ve le fate. È questo il danno vero cui stiamo andando incontro. Purtroppo, infatti, chiunque fa domande viene etichettato con la solita formula della Sinistra che quando non ha argomenti ti etichetta; a volte ti etichetta omofobo, altre fascista, altre ancora No vax. Questa è la vostra formula. I danni però, continuando a percepire la cosa pubblica in tal modo, li state facendo agli italiani. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fedeli. Ne ha facoltà.
FEDELI (PD). Signor Presidente, permettetemi anzitutto di ringraziare la relatrice del provvedimento, anche perché credo che nel presentare il provvedimento che voteremo nella giornata di oggi, dal punto di vista della mia esperienza precedente alla presenza in questa Aula, ha affrontato una questione che vorrei appartenesse a tutti: è tempo nel nostro Paese di non mettere più in contrapposizione l'articolo 1 della Costituzione, che parla di una democrazia fondata sul diritto al lavoro, con il diritto alla salute. È una contrapposizione che ha fatto danni nella storia del Paese. Questo è invece il punto di snodo importante con cui dal mio punto di vista andrebbero valutate sempre le scelte che facciamo.
La scelta che il Governo ha fatto di estendere a tutto il mondo del lavoro l'obbligo del green pass va esattamente in una direzione utile, moderna e necessaria per poter riaprire il Paese e le attività economiche, e per poter spingere verso la crescita, la qualità del lavoro, gli investimenti; significa esattamente farlo in un'ottica di sicurezza. La sicurezza sul lavoro, quindi l'obbligo del green pass sul luogo di lavoro, vuol dire questo.
Vorrei che nessuno di noi - e so che non se ne dimentica nessuno di noi - dimenticasse cosa abbiamo alle spalle. Lo dico non solo in termini di morti, ma anche del numero di posti di lavoro persi e di quale difficoltà avremo se non proseguiremo nella scelta e nel proseguimento della campagna vaccinale. È vero, nessuno ha certezze, ma cosa vuol dire non avere certezze? Significa sapere che si segue anche la ricerca scientifica, che di volta in volta porta in avanti; e nello stesso tempo bisogna contemperare una scelta politica fondamentale, che è quella in base a cui, di fronte alle varianti o alle condizioni che si determinano con l'aumento dei contagi, non si arretra.
Siamo in quella fase di passaggio in cui la scelta della campagna vaccinale ci ha portato esattamente a riaprire il Paese e a garantire i posti di lavoro. Ma se non stiamo attenti alle variabili di questo contesto e di questa fase, rischiamo di regredire e poi ci ritroveremo in quest'Aula a porci il problema dei posti di lavoro, della crescita e di tutto ciò di cui noi, al di là di questa giornata, continuiamo giustamente a discutere e a porre al centro del dibattito (perché è questo che le italiane e gli italiani ci chiedono). Per questo credo che l'estensione dell'obbligo del green pass sia una scelta politica seria, una scelta per l'economia e per la convivenza democratica, una scelta che ridà futuro e speranza a questo Paese. Non dobbiamo abbandonarla.
Permettetemi anche di dire che, a quindici giorni dall'ingresso effettivo dell'obbligo nei luoghi di lavoro, tutte le grandi questioni che venivano minacciate prima non sono avvenute. Voglio quindi esprimere anche in quest'Aula un ringraziamento particolare alle imprese (a tutti i livelli per la responsabilità assunta) e a chi organizza il lavoro (quindi alle organizzazioni sindacali), perché, nonostante le difficoltà e la complessità dell'attuazione di questo obbligo, si sono adoperati esattamente per renderlo fattivo.
Da questo punto di vista ringrazio anche per l'approvazione dell'insieme degli emendamenti in Commissione, poiché hanno teso, raccogliendo alcune difficoltà nell'attuazione di questa complessità, ad aiutare processi di efficientamento e di semplificazione, e a facilitare alcune cose che in modo intelligente potevano essere facilitate: penso, ad esempio, alla verifica e all'utilizzo dello stesso green pass.
Proprio per questa ragione, però, mi permetto in questa sede di dire anche che quando si assume come condizione per garantire il lavoro in sicurezza questa scelta, che è davvero una scelta di libertà, dobbiamo sostenerla tutti insieme combattendo, a proposito di formazione e comunicazione la disinformazione. Non voglio tuttavia confondere in quest'Aula la disinformazione, che crea tensioni, con una corretta e legittima - non la condivido, ma è legittima - opinione differente su questi processi. Voglio però ricordare in quest'Aula quanto avviene nelle nostre piazze - non voglio citare i luoghi, perché è un fenomeno diffuso a macchia di leopardo in questo Paese - in termini di attacco violento e di contrasto di chi si assume la responsabilità di attuare l'obbligo del green pass nel posto di lavoro; ricordo quello più clamoroso, ossia l'attacco alla sede della CGIL (bisogna ricordarlo sempre). Permettetemi in quest'Aula di esprimere ancora una volta piena solidarietà a Saverio Tommasi, a «Fanpage» e a tutti i giornalisti che, mentre esercitano il diritto di cronaca e il diritto di informazione, che è un bene prezioso di un Paese democratico (Applausi), vengono insultati, minacciati, aggrediti. Questa non è libertà di manifestazione, ma esattamente il contrario: significa impedire legittimamente anche un punto di vista critico sui processi e sulle decisioni del Parlamento.
Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 11,21)
L'Aula del Senato e il Parlamento devono sempre condannarli, non dobbiamo mai avere reticenza su questo, neanche per sbaglio, indipendentemente dalle criticità che in quest'Assemblea ho ascoltato. (Applausi).
Guardate che questo significa aiutare anche la capacità di conoscenza, la competenza e gli strumenti critici delle persone. Questo è parte della comunicazione pubblica. Poi abbiamo sicuramente dei ritardi e dobbiamo migliorare, però questo è un altro elemento assolutamente importante.
Sono molto appassionata, perché sento mie le parole che ha detto ieri il presidente Mattarella, che ringrazio anche qui. Ieri, davanti a tutti i rappresentanti delle autonomie locali, il presidente Mattarella ha pronunciato parole importanti: «Le forme legittime di dissenso non possono mai sopraffare il dovere civico di proteggere i più deboli: dobbiamo sconfiggere il virus, non attaccare gli strumenti che lo contrastano e lo combattono». Ciò vuol dire esattamente che non dobbiamo attaccare l'obbligo del green pass, perché è lo strumento di contrasto che abbiamo.
Ancora, è tempo di responsabilità, ma questo lo sappiamo e - ne voglio dare atto - noi tutti esercitiamo la responsabilità. Non sono mai ammissibili le violenze e siccome sono giornate molto complesse, in questa fase, rispetto alle violenze di piazza, penso che il Parlamento, in particolare il Senato, dovrebbe essere unanime nell'accogliere la proposta del Viminale di regolare con equilibrio le manifestazioni di piazza all'interno di un contesto nel quale c'è anche il lavoro che sta andando avanti. Per cui le scelte della ministra Lamorgese sono da collocare correttamente in questo itinerario, che esclude gli elementi di violenza, che non dice «no» alle manifestazioni, ma le regolamenta. Questo è un altro punto di serietà democratica e di equilibrio.
A cosa ci porta questo? Noi siamo in una fase prossima al cambio, anche se non dobbiamo abbandonare questa fase. Discutiamone: il Partito Democratico è tra quelli che sostengono che, se serve, andiamo avanti con l'emergenza, come diceva anche prima la collega Boldrini, perché dobbiamo accompagnare questa fase di riapertura dell'economia e dei luoghi di lavoro, la ripresa della socialità e della vita delle persone. Siamo infatti al punto in cui dobbiamo far vivere concretamente alle persone, accompagnate con l'elemento della salute e della sicurezza, quindi con l'obbligo del green pass, quegli investimenti che creano lavoro di qualità e la modernizzazione del nostro Paese, creando così le condizioni per la ripresa economica.
Guardate che nessuno in giro per il Paese si dimentica, perché lo sta vivendo ancora oggi, di essere insicuro sul futuro del lavoro, per se stesso, i propri figli e i propri nipoti. Penso che la responsabilità oggi sia questo e che pertanto sia davvero importante il voto odierno. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Granato. Ne ha facoltà.
GRANATO (Misto). Signor Presidente, ceduti i beni pubblici si è passati, senza colpo ferire, ai corpi degli italiani. Quali interessi reali si celano dietro questa pandemia? Di certo, non sfugge a nessuno che stiamo subendo pressioni enormi, difficili da spiegare e da giustificare razionalmente, per l'assunzione di farmaci che hanno seguito un trial preclinico meno accurato di quello di un qualunque cosmetico e che si vogliono spacciare per efficaci e sicuri, non con dati scientifici che mancano, ma con statistiche suggestive, rilevate su campioni improbabili, senza mai fornire dati grezzi. Se questi fossero stati farmaci efficaci e sicuri, perché sarebbe stato necessario imporli con la compressione dei diritti costituzionali?
Con studi preclinici del tutto insufficienti, questi farmaci sono stati autorizzati e sono praticamente imposti a tutta la popolazione, utilizzando sistemi inediti, a cui nessuno di noi era abituato, col pretesto di un'emergenza sanitaria a cui ormai è anche difficile credere, dato che un pericolo di questa portata si sarebbe dovuto contrastare con ogni mezzo, non con un'arma spuntata come quella dei vaccini, che fanno circolare i contagi, fanno ammalare e morire la gente di Covid.
Farmaci che dovrebbero prevenire il Covid, e poi lasciano circolare i contagi anche con la terza dose - nelle RSA si contagiano anche gli ospiti con la terza dose, come attestano ormai tutte le fonti mediatiche - come possono essere imposti con la compressione del diritto al lavoro con questa modalità assurda?
In assenza, quindi, di studi preclinici, viene prescritta con ricatto economico anche a malati di cancro, di malattie cardiovascolari, di malattie autoimmuni, a donne in gravidanza e in allattamento, a breve finanche ai bambini, addirittura la somministrazione di questi farmaci per poter ottenere che cosa? Per ottenere un certificato che non attesta la sicurezza sanitaria di chi lo esibisce. Dovete sapere infatti - lo sanno tutti - che il green pass non viene neanche sospeso nel caso in cui un vaccinato sia risultato positivo a un tampone. Un obbligo, poi, che porta a cosa? All'immunità di gregge? Manco per niente! Porta solo alla dipendenza da dosi successive, somministrate in base non all'effettiva esigenza di tutelare le persone, ma all'esigenza logistica dei somministratori.
Un farmaco si somministra solo se fa bene alla persona e non perché altrimenti ti tolgono la possibilità di entrare sul posto di lavoro o di andare al cinema o di partecipare a un viaggio d'istruzione e finanche di vivere. Ci sono addirittura alcuni medici che si rifiutano di visitare i pazienti non vaccinati. A questo siamo arrivati in questo Paese grazie a voi, grazie alla maggioranza che tiene in piedi un Governo abusivo, venduto alle multinazionali del farmaco e che ha venduto noi, i nostri corpi, alle multinazionali del farmaco.
PRESIDENTE. Senatrice, lei si assume la responsabilità di quello che dice, ovviamente.
GRANATO (Misto). Come avete fatto a dare a 26 morti di Covid al giorno un peso logistico ed economico spropositato rispetto ai 490 pazienti che muoiono in media al giorno di cancro e ai 613 che muoiono in media di patologie cardiovascolari?
Con 4.000 contagi al giorno dov'è l'emergenza sanitaria per cui ci imponete restrizioni folli e per cui magari pensate di poter prorogare ad libitum, fino a quando, cioè, non avrete esaurito tutte le scorte - scorte che nessuno vi ha autorizzato ad acquistare - di prodotti che non sono autorizzati neanche in via definitiva perché, appunto, non hanno seguito tutti i trial di sperimentazione a cui avrebbero dovuto essere sottoposti.
Inoltre, sugli effetti avversi non vi è alcuna farmacovigilanza attiva: vi sono solo farmacovigilanza passiva, con un caso su 100 che viene segnalato, e lo scudo penale sui medici che ovviamente non consente nemmeno a chi viene colpito dagli effetti avversi di far valere le proprie ragioni. Addirittura dal pubblico ministero di Padova è stata presentata richiesta di archiviazione per il caso del decesso del maresciallo maggiore dei Carabinieri Pietro Taurino, che ormai si è accertato essere deceduto a causa dell'inoculazione del farmaco - sottolineo farmaco perché non è un vaccino, ne è un farmaco - AstraZeneca.
A tutti i parlamentari di questa maggioranza che si stanno facendo complici di siffatta politica criminale, della involuzione della società italiana imposta a colpi di decreto, attraverso la distruzione dei diritti e di una civiltà (conquiste di oltre settantacinque anni di democrazia), io mi limito a far notare che fine hanno fatto i sindacati confederali quando hanno indossato la giacca e la cravatta e hanno abbracciato il tecnocrate delle multinazionali: sono stati in masticati e sputati, perché ormai, avendo perso qualsiasi credibilità, non servono più. Cosa possono minacciare? Uno sciopero la cui efficacia essi stessi hanno accettato di limitare a suo tempo? Sciopero che nessuno farà più, perché ormai la fiducia i lavoratori l'hanno persa da tempo.
La stessa cosa avverrà con tutti voi; ve lo ha anticipato quel 60 per cento di persone che non è andato a votare. Pensate che questo vostro ennesimo atto di servilismo che oggi vi apprestate a compiere, probabilmente votando con la fiducia questo provvedimento (incostituzionale sotto tutti gli aspetti), vi salverà, perché vi sarete guadagnati la benevolenza delle multinazionali? Magari alcuni di voi, quelli che vi dirigono a sbattere contro un muro, avranno trattato individualmente la loro buonuscita. Ma voi, quando tornerete a casa - di certo almeno un terzo di noi tornerà a casa - nemmeno potrete farvi vedere in giro. Perlomeno noi ci potremo far vedere in giro.
Abbiamo ridotto questo Paese a una repubblica delle banane (Commenti) e la responsabilità è di questa maggioranza di Governo, una maggioranza ormai completamente distaccata dal Paese e da tutto quello che è utile all'interesse pubblico. Qua non si sta perseguendo l'interesse pubblico, ma si sta lavorando semplicemente per destinare, in maniera scientifica e permanente, una quota parte del nostro bilancio alle multinazionali del farmaco, sottraendola alla sanità pubblica, che era l'unica arma che avevamo per contrastare efficacemente la pandemia. Anche i vaccinati sono costretti a curarsi, proprio perché questo farmaco comunque non impedisce alle persone che si vaccinano e che lo assumono di finire in ospedale e, quindi, di ammalarsi di Covid.
Qual era l'unica soluzione intelligente e logica da prendere? Era quella di potenziare la sanità pubblica e di portare avanti le terapie domiciliari precoci, che avrebbero garantito comunque una profilassi per tutti e avrebbero garantito a tutti di essere curati, vaccinati e non. Invece il fatto di aver puntato sulle terapie preventive consente esclusivamente alle multinazionali del farmaco di gonfiare i propri bilanci, potendoli ostentare sul mercato azionario e quindi ricevendo un beneficio nel rialzo delle loro quotazioni. Non abbiamo capito che qua dentro ci sono degli insider trading che stanno favorendo questi processi sui nostri corpi? Non avete capito che la gente non è stupida e quella che manifesta in piazza sta lottando per la propria vita, per la propria sopravvivenza, e che a furia di fare dosi qua non si sa dove andremo a finire? Non lo sanno neanche gli scienziati, in quanto questi prodotti non hanno un sufficiente livello di sperimentazione per poter essere accertatamente... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatrice Granato, la Presidenza non intende certamente richiamare o commentare i contenuti degli interventi dei senatori. Allo stesso tempo, tuttavia, ricorda che ciascuno si assume la responsabilità delle proprie affermazioni e le accuse destituite di fondamento rispondono a tale criterio.
È iscritto a parlare il senatore Romeo. Ne ha facoltà.
ROMEO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, ci tengo a sottolineare che il mio sarà un intervento prevalentemente a titolo personale, visto che su questo tema ci sono comunque delle sensibilità diverse. Sarà un po' inusuale che un Capogruppo faccia un intervento a titolo personale. Tuttavia, un Capogruppo ha anche la sua coscienza ed ha giustamente la volontà di esprimere i propri pensieri e le proprie idee. La dichiarazione di voto poi verrà fatta dal collega Augussori, che rappresenterà un po' la posizione di tutto il Gruppo.
Il 15 settembre, in occasione della conversione in legge del precedente decreto-legge in materia di green pass, dissi: «L'invito che facciamo è di cercare tutti almeno di abbassare i toni: c'è il rischio, come purtroppo sta avvenendo, che le posizioni - su green pass sì, green pass no, vaccini sì, vaccini no - si radicalizzino sempre di più. Se l'obiettivo è quello di vaccinare il più possibile la popolazione, sarebbe più opportuno abbassare i toni, discutere, informare, spiegare, essere il più possibile trasparenti nei dati (...), proprio perché costrizioni e obblighi rischiano di rafforzare i dubbi». Dopo più di un mese da quel momento, effettivamente è aumentata la resistenza e si è radicalizzato lo scontro, sempre più ideologico, tra no vax e ultra vax. Forse, se si fosse dato retta, abbassando i toni, avremmo evitato manifestazioni, assembramenti, contagi, cluster e via dicendo. (Applausi).
Il green pass non ha probabilmente ottenuto gli effetti sperati. Le prime dosi sono salite solo del 6 per cento e comunque i contagi in qualche modo stanno aumentando. Si sono alimentate le divisioni, anche perché molti cittadini hanno fatto rilevare - per esempio - che per noi cittadini c'è il green pass più duro d'Europa, ma poi a chi arriva dall'estero - ne sono stato testimone - viene controllato poco, soprattutto nel caso di voli che arrivano dagli altri Paesi europei. Gli immigrati continuano a sbarcare, alcuni dei quali infetti, e sono liberi di continuare a circolare e sono permessi i rave party, con sballo e droga, in barba a tutte le norme di tutela della salute. (Applausi). Come nella migliore tradizione dello Stato italiano, si è forti con i deboli e deboli con i forti. Quindi, se le regole devono essere messe, per favore valgano per tutti, e non solo per i buoni e gli onesti.
Forse il Governo sta sottovalutando le tensioni sociali, che non sono solo nelle piazze: ho letto l'intervista a un imprenditore, secondo cui il Governo sbaglia a sottovalutare la tenuta sociale, perché nei reparti viene meno la solidarietà per colpa di una misura che alimenta tensioni in azienda, ma non solo - e lo può assicurare - anche nei luoghi di lavoro in generale e in molte famiglie. La domanda è se tutte queste tensioni e divisioni faranno bene alla nostra economia, per cui si spera ci siano un miglioramento e una ripresa. Non lo so: pongo questa domanda.
Sarebbe bene invece - come diciamo da tempo - usare una linea di accompagnamento e di convincimento. Gli indecisi vanno convinti con i ragionamenti, con calma e senza contraddizioni, tenendo conto che un 10 per cento o un 15 per cento di persone che non si vaccina è fisiologico, come si è visto in tutta la storia dell'umanità, da quando sono arrivati i vaccini. Lo si può fare utilizzando l'aiuto dei medici di base e dei farmacisti, che possono spesso e volentieri aiutare a convincere le persone a vaccinarsi. Lo si può fare con la trasparenza dei dati: avevamo detto che bisognava provvedere in tal senso, ma non è stato fatto e ciò ha alimentato dubbi e sospetti. Dal momento che si dice che il 90 per cento delle persone in terapia intensiva è non vaccinato, quando si fa il bollettino giornaliero si scrivano questi dati. Sembrava che si dovesse partire, e invece non è stato fatto. Se non si dà la comunicazione, si alimentano dubbi e sospetti e si regalano argomenti ai no vax: non mi sembra una cosa molto intelligente.
Lo si può fare inoltre con il confronto e con la coesione. Ricordiamo che siamo in un Governo di unità nazionale, che dovrebbe unire e non dividere (Applausi) e con un confronto politico in Parlamento, che non c'è stato. Anche sul decreto-legge in esame verrà posta l'ennesima fiducia, con emendamenti di buonsenso che non sono stati presi minimamente in considerazione, addirittura sul tema del sierologico, che era portato avanti anche da altri Gruppi, e sul tema del green pass per i guariti. Erano emendamenti che non scardinavano il decreto-legge, ma lo miglioravano e cercavano di allentare e renderlo più di buonsenso. Addirittura ci hanno preso in giro: sull'emendamento per riconoscere lo Sputnik, per consentire di venire in Italia anche ai cittadini di San Marino, la risposta è stata che lo si riconosce, ma occorre fare una dose di Pfizer. Siamo veramente al limite e mi fermo qui.
La mia domanda è, dunque, se siamo sicuri che stiamo facendo tutto in modo giusto. Siamo sicuri di essere infallibili o che il Governo sia infallibile, o forse serve un confronto, anche scientifico, che è importante e non c'è mai stato?
Il Comitato tecnico-scientifico è il nuovo tempio e Locatelli e company sono i sacerdoti della nuova religione. Molti esperti avevano chiesto un confronto anche sul tema delle cure precoci, che sarebbe potuto essere un'arma in più. Niente: porta sbarrata e censura. Figuriamoci: si arriva persino a voler censurare la trasmissione «Report» e ciò la dice lunga su quello che sta succedendo in questo Paese. (Applausi). Chiedo scusa.
Guai a dissentire! Del resto - come ci spiega la storia - la scienza per poter essere tale si deve nutrire di dubbi, domande e informazioni ed evitare soprattutto che sia accentrata nelle mani delle multinazionali e diventare un dogma. È giusto ciò che ha detto il presidente Mattarella: no a derive antiscientifiche. Lo sottoscrivo e lo condivido, ma aggiungerei anche: no a derive scientiste, che è un'altra cosa ed è giusto sottolineare.
C'è poi una cosa che mi disgusta. Sono contento che la collega Fedeli dica di avere rispetto per le idee degli altri. Non condivido l'intervento della senatrice Granato, ma io ho la cultura di rispetto delle idee degli altri e mi ha un po' disgustato - glielo dico, collega Fedeli - sentire certe affermazioni che mi fanno rabbrividire, soprattutto dopo anni di lezioni su come combattere le discriminazioni, tutelare le minoranze e cercare in tutti i modi di contrastare l'odio; abbiamo addirittura istituito una Commissione.
Ho ascoltato tante dichiarazioni tese a negare le cure e l'assistenza legale ai non vaccinati, oppure a togliere loro la patria potestà o a prevedere il lockdown solo per loro. Addirittura un'azienda mette i non vaccinati a lavorare nel deposito. Ma siamo sicuri che sono questi i messaggi che dobbiamo dare alla popolazione, cercando di convincere le persone a vaccinarsi e della bontà delle nostre idee? (Applausi).
Io ho i brividi. Non si può dire: lascio libertà di scelta ma, se scegli di non vaccinarti, ti devo ostacolare e addirittura arrivo a perseguitarti. Ciò non fa parte della cultura democratica del nostro Paese. (Applausi). Anzi, penso che stiamo andando verso un imbarbarimento della società. Altro che solidarietà, carità e tante altre parole. Non stiamo forse un po' esagerando?
È un po' come il tema della pandemia dei non vaccinati. Stiamo attenti anche qui perché, tra l'altro, coloro che si controllano di più sono proprio quelli che fanno il tampone. Stamattina, in una trasmissione televisiva, ho sentito il Presidente della Regione Marche sostenere che la metà dei contagi nella Regione riguarda persone vaccinate. Io sono vaccinato e il consiglio che dò a tutti i vaccinati è di fare un po' di tamponi in più, continuare a mettere la mascherina e smettere di andare in giro pensando che si può fare ciò che si vuole solo perché si è vaccinati. (Applausi). Anche noi, infatti, possiamo contribuire a diffondere il contagio.
Dobbiamo essere seri, anche da questo punto di vista, nei messaggi e nella comunicazione, anche perché - sinceramente - chi ha paura del non vaccinato è il primo che mette in dubbio l'efficacia dei vaccini. Io sono vaccinato e non ho paura di chi non è vaccinato; casomai è lui che deve avere paura e non io. Oggi chi teme di più il non vaccinato? Proprio chi ha spacciato il vaccino come se fosse una pozione magica. Solo che, anziché rasserenare il clima cercando di ascoltare qualche suggerimento e consiglio - calmiamoci, lavoriamo e vacciniamoci - in realtà si rischia di alimentare ulteriormente la divisione. Adesso si parte infatti alla carica con il vaccino per gli under dodici. Altro che regolamentare le manifestazioni e vietarle nei centri! Ciò susciterà ulteriori divisioni nel Paese e nelle famiglie e un aumento delle tensioni e dei problemi.
In tema di scuola, chiedo al Governo come mai non si è partiti con i test salivari. Il tracciamento promesso è svanito nel nulla e i test salivari autorizzati dall'Istituto superiore di sanità nel mese di maggio, adesso, dopo essere stati autorizzati, vengono ritenuti assolutamente inattendibili. Quello sarebbe stato lo strumento per fare test a tappeto e controllare le scuole senza parlare direttamente di vaccini. (Applausi). Così rischiamo di regalare un altro argomento ai no vax. Qualcuno si chiederà come mai nelle scuole non sono stati fatti i test e c'è chi potrà rispondere: forse perché volevano vaccinarli? Così si alimentano solo dubbi. Questo è il punto.
Quanto agli esperti, anche oggi in una trasmissione televisiva è stato detto che da loro si leva un coro unanime sulla sicurezza e sul fatto che i bambini under dodici nella fascia sei-undici anni, debbano essere vaccinati, ma a me non risulta. A tal proposito, consegnerò un elenco di tutti gli esperti, anche abbastanza famosi, cui si è fatto riferimento in questi anni di pandemia, che dicono esattamente il contrario. Crisanti dice che servono dati prima di toccare i bambini di quell'età, che una sperimentazione su 2.200 soggetti dice poco e che ce ne vorrebbero almeno 30 o 40.000. Burioni dice che lo studio condotto secondo lui è criticabile, perché è stato eseguito su un numero troppo esiguo di soggetti. Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani, dice che il punto è sempre il calcolo tra rischi e benefici e che la strategia corretta è evitare il rischio quando, anche se basso, non è indispensabile e che, se un bambino ha già di suo delle altre patologie, conviene vaccinarlo; se invece è sano, non vede la necessità di vaccinarlo. Sergio Bernasconi, ordinario di pediatria e già direttore dell'università di Modena e di Parma, dice che storicamente prima di vaccinare si sono sempre valutati i rischi e i benefici e, se questi ultimi sono superiori agli effetti avversi, si vaccina. Un tempo si discuteva se rendere obbligatorio il siero contro il morbillo, ma le encefaliti causate da quel virus si vedevano, così pure i bimbi malati di poliomelite o di difterite e non c'erano dubbi sul vantaggio maggiore che avrebbero avuto dal vaccino. Per il Covid, invece, non ci sono ancora dati chiari su rischi e benefici nei bambini. Gian Vincenzo Zuccotti, preside della facoltà di medicina dell'università statale di Milano - non sto citando no vax o chissà quali fenomeni che ci sono in giro - dice che vaccinare i bambini non è la priorità, tranne che per le categorie a rischio. C'è un appello pubblicato su «il Fatto Quotidiano» di molti medici e studiosi di Oxford che invitano a limitare la vaccinazione solo ai soggetti vulnerabili. John Ioannidis, uno degli epidemiologi più citati al mondo, in un articolo sui bambini ha mostrato che in Italia e in Europa i decessi per Covid-19 dei minori sono pari a circa tre per milione. I rischi a lungo termine dei nuovi vaccini anti-Covid sui bambini sono invece al momento sconosciuti e conclude l'appello di medici e di esperti: «Ci domandiamo e ci ridomandiamo che conseguenze nefaste potrebbe avere un ipotetico errore di questo genere su un'intera popolazione di età pediatrica». Uno studio dell'università della California di metà settembre, ripreso anche dal «The Guardian» - quindi sto parlando di giornali e riviste importanti - arriva alla conclusione che i ragazzi tra i dodici e i diciassette anni sono più a rischio di effetti collaterali dopo il vaccino rispetto al Covid. Due studi britannici sostengono che il long-Covid nei minori sia quasi inesistente (ho qui l'elenco completo delle fonti, che poi consegnerò alla Presidenza per evitare di perdere tempo). Il Murdoch children's research institute dell'università di Friburgo, oltre che le associazioni pediatriche tedesche, consigliano prudenza. La rivista americana «Time» riporta che almeno il 40 per cento di bambini probabilmente ha contratto il Covid in maniera asintomatica e questo renderebbe ancora più inutile la vaccinazione di massa. In Nuova Zelanda alcuni ricercatori hanno richiesto, dopo una serie di studi, lo stop all'immunizzazione anti-Covid nei confronti di minori e donne incinte, ritenendo che le stime dei rischi fossero viziate da alcuni errori. Non si può quindi affermare che tutta la comunità scientifica sia unanime sul tema dei vaccini agli under dodici. Se vogliamo parlare di corretta informazione, io ho dato anche un altro punto di vista. (Applausi).
Molti sono concordi sul fatto che siano necessari altri studi, magari con campioni di più grandi dimensioni. Quindi, forse sarebbe meglio aspettare e andare con prudenza perché, se la comunità scientifica è divisa, cosa dovrebbe ispirarci? Forse sarebbe saggio rispettare il principio di massima precauzione, e invece sappiamo bene che sarà già tutto pronto e stabilito; sarà pronto probabilmente anche il green pass per i minori, per i bambini. Il nostro Ministro non vedrà l'ora di partire con questa misura.
Si dice che bisogna vaccinare i bambini nell'interesse di altre persone, ma la mia riflessione è che una società che mette a rischio i bambini per proteggere adulti e anziani perlopiù già con due dosi, che faranno probabilmente la terza, a mio giudizio è, oltre che egoista, anche senza ragione. Già facciamo pochi figli; almeno tuteliamo quelli che abbiamo, se non siamo assolutamente certi che ciò che inoculiamo sia effettivamente sicuro. Questo è il messaggio. (Applausi).
Ho fatto un intervento pacato. Ve lo chiedo con garbo e gentilezza: per favore, non mettete obblighi surrettizi. Lasciate stare i bambini o quantomeno usate un po' più di prudenza per alcune fragilità. È giusto e gli esperti lo testimoniano. Non tirate troppo la corda, perché altrimenti si spezza. Fermatevi un attimo e ragionate finché siete in tempo. Bisogna discutere, ragionare e confrontarsi. Io non amo e non ho mai amato i deliri di onnipotenza. (Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza a consegnare l'elenco delle fonti completo che ha prima chiesto di allegare.
È iscritto a parlare il senatore Pagano. Ne ha facoltà.
PAGANO (FIBP-UDC). Signor Presidente, intanto rassicuro il collega Vitali sul fatto che non farò dichiarazioni di voto o, meglio, la farò non per il Gruppo, ma per me stesso.
Siccome abbiamo già votato tre decreti sul green pass - questo viene infatti definito decreto green pass 4 - devo ammettere che l'intervento che farò oggi sembrerà essere controcorrente rispetto alla maggioranza degli interventi che mi hanno preceduto, che sono - lo dico con dispiacere, perché ho opinioni molto diverse - di critica all'impostazione del green pass. La maggior parte dei colleghi che mi ha preceduto, escluso quelli appartenenti al mio Gruppo, che ringrazio, come le senatrici Rizzotti e Binetti, hanno fatto interventi che prescindono dal merito di questo decreto green pass 4, che prevede la salvaguardia della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro sia nel pubblico che nel privato. Dico con molta franchezza che a me l'impiego del certificato verde nei luoghi di lavoro appare come una decisione di buonsenso che tiene conto della cornice giuridica emergenziale in cui essa si colloca e opera un ragionevole bilanciamento tra il diritto al lavoro e la tutela della salute pubblica.
Purtroppo, ciò che è emerso dalla maggioranza degli interventi di chi mi ha preceduto è che sfugge completamente questo aspetto e, cioè, che il certificato verde è stato pensato e ideato - a mio giudizio correttamente e giustamente - per cercare non solo il recupero della salute ai cittadini italiani, ma anche il ritorno a un'economia forte. Se le cose vanno bene, infatti, la gente non si ammala e probabilmente l'economia cresce. E i risultati si stanno vedendo.
Io appartengo all'80 per cento di italiani che crede nel certificato verde. Certo, ascoltando i colleghi mi sento in minoranza. Lo ammetto. La maggior parte dei colleghi ha parlato in modo critico rispetto a questo provvedimento, ma non la penso così. Credo che l'Italia sia in migliori condizioni rispetto agli altri Paesi perché, attraverso la collaborazione con la sua comunità scientifica, ma anche per la creatività e il buonsenso che il Governo ha saputo trovare con questo tipo di provvedimenti, si è creata una situazione - mi pare che gli altri colleghi abbiano completamente taciuto questo aspetto - migliore di quella di tantissimi altri Paesi che non hanno adottato le stesse misure di contenimento e il certificato verde non solo nei luoghi di lavoro, ma ove è possibile farlo.
Devo ammettere che mettere ancora in dubbio l'utilità del certificato verde; mettere ancora in dubbio addirittura la fondamentale necessità della massima diffusione del vaccino, anche tra i più piccoli, va contro il buon senso e contro la volontà dell'intera comunità scientifica. Io non sono un virologo, né uno scienziato e non citerò alcuna dichiarazione, alcun articolo di «Nature» o di altri virologi che si sono espressi, perché in questa sede faccio il parlamentare e sono in grado di poter dare un giudizio politico su ciò che il Governo sta facendo.
Devo dire, cari colleghi, che sono assolutamente lieto di avere un Governo che ha saputo affrontare la situazione con questa decisione e senza adottare l'obbligo vaccinale, che pure avrebbe potuto adottare; ma lo ha fatto per dare la possibilità a chi la pensa diversamente di non vaccinarsi, di avere un atteggiamento differente rispetto all'utilità del vaccino. Tenete conto, tuttavia, che noi siamo ormai arrivati, anche per merito dell'adozione del certificato verde, all'84 per cento della popolazione che ha completato l'intero ciclo vaccinale e all'87 per cento che ha fatto almeno una somministrazione. Vorrei dire a tutti coloro i quali ritengono questo tipo di soluzione non adeguata, non utile; una soluzione che non fa bene al Paese, alla salute, alla libertà, all'economia - tutto il contrario di quello che pensa il sottoscritto - che comunque solo il 13 per cento degli italiani non ha assunto alcuna somministrazione di vaccino. Sostanzialmente, chi si sbraccia, si spertica, si agita nel dire che tutto questo è sbagliato rappresenta il 13 per cento degli italiani e ha contro l'87 per cento degli italiani. Ho la sensazione che tutto questo si smarrisca.
Ho sentito un collega affermare che l'adozione di questi provvedimenti - sottolineo che sono provvedimenti che ci stanno ora copiando altri Paesi anche vicini, come l'Austria o la Germania, che ci ha fatto i complimenti; ho letto un'agenzia di qualche minuto fa in cui è scritto che la comunità scientifica tedesca sta affermando che l'adozione del certificato verde sarà una necessità anche per quel Paese - avrebbe addirittura reso più deboli e meno autorevoli il nostro Paese, lo Stato e le istituzioni. Io penso l'esatto opposto. Penso che, invece, il nostro Paese, con l'adozione di questi provvedimenti abbia ovviamente stimolato i cittadini italiani e si sono raggiunte percentuali di vaccinati ai vertici mondiali. Siamo infatti il terzo Paese in Europa come numero di vaccinati, abbondantemente sopra la Germania e anche la Francia e il Regno Unito, che - guarda caso - adesso devono affrontare una serie di provvedimenti causati dalla nuova diffusione e da una possibile quarta ondata di virus Covid-19. Tutto questo ha rafforzato l'autorevolezza di questo Governo anche a livello internazionale. È l'esatto contrario di quanto è stato affermato oggi in Aula.
Io resto stupito per aver ascoltato in discussione generale in Senato così tante voci critiche su un provvedimento che, invece, tutela la salute degli italiani, tutela l'economia di questo Paese e la rilancia. (Applausi).
Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 12)
Non dimentichiamo che stiamo arrivando al 6,3 per cento di crescita e ciò era impensabile soltanto poco tempo fa. (Applausi).
Concludo dicendo che mi auguro che chi ha criticato questo decreto lo abbia fatto a parole, ma poi voti a favore. Se tanto mi dà tanto, infatti, dovrebbe essere bocciato: per quello che ho sentito dire, per l'enorme e incredibile quantità di critiche che è stata pronunciata in questa Aula nei confronti del testo.
Sappiate che questo mi spaventa. Io affermo di votare sì al decreto green pass 4, dopo aver già votato a favore dei precedenti tre decreti sul green pass, ribadendo che la penso esattamente come l'80 per cento degli italiani. (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Romano. Ne ha facoltà.
ROMANO (M5S). Signor Presidente, ci accingiamo a convertire in legge un decreto certamente necessario a fronteggiare efficacemente l'emergenza pandemica che affligge, ormai da quasi due anni, il mondo intero e sembra non dare tregua; un decreto che ha esteso l'uso del green pass ai luoghi di lavoro pubblici e privati e che ha prodotto un dibattito spesso svilito, contaminato, immiserito da atteggiamenti faziosi e intolleranti, che hanno fatto perdere di vista il fulcro vero della discussione, ossia la ricerca di un equilibrato punto di caduta tra le politiche di prevenzione sanitaria, tese a proteggere la salute dei cittadini, e altri diritti fondamentali, come quello alla tutela del lavoro e della produzione economica, posti in un rapporto di integrazione reciproca.
Il percorso parlamentare, reso maturo e costruttivo dal confronto che ne è nato, ha colmato alcuni squilibri dettati dalla non celata esigenza di persuadere i nostri connazionali a intraprendere la strada della vaccinazione come percorso non obbligato, ma pressoché indispensabile, allo stato delle evidenze scientifiche sperimentali, per tutelare la propria e l'altrui salute, favorendo l'uscita definitiva dal tunnel della pandemia.
In particolar modo, persistendo la libertà di scelta rispetto alla volontà di usufruire del vaccino, l'esigenza era ed è quella di non produrre occasioni di discriminazione che non risultino strettamente necessarie a preservare la salute collettiva e la tenuta del Sistema sanitario.
Su questo fronte, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo prodotto una serie di emendamenti, alcuni dei quali sono andati a buon fine, come quello sulla non sanzionabilità dei lavoratori il cui green pass venga a scadere durante lo svolgimento della prestazione lavorativa: una previsione di buon senso, che contribuirà a dare maggiore serenità e fluidità alla complessa gestione dei luoghi di lavoro soggetti all'obbligo della certificazione verde; ancora, un emendamento sulla campagna di informazione e sensibilizzazione, tesa a sviluppare quella consapevolezza e quel senso di responsabilità che sono elementi indispensabili di coesione sociale e di contrasto alla diffusione della malattia.
Ricordo poi l'emendamento sulla ulteriore calmierizzazione del prezzo del tampone per le fasce deboli, cui segue la richiesta di esonerare dall'obbligo coloro che lavorano all'aperto o in modalità isolata, ovvero in tutti i casi in cui l'esigenza di rendere il rischio di contagio prossimo allo zero di fatto non sussiste, perché non esiste una occasione di contatto interpersonale; emendamenti questi che poi sono stati trasformati in ordini del giorno.
Il green pass è dunque un utile strumento, che ha permesso al nostro Paese di procedere sulla strada della ripartenza, rilanciando la crescita e consentendo di ritrovare la socialità quotidiana, violentata e compromessa dalla pandemia. Abbiamo condotto una campagna vaccinale storica, che ci pone in una condizione di moderato ottimismo. Non possiamo fermarci, né vanificare gli sforzi, ma non dobbiamo neanche assumere le vesti di un principe che vive di certezze. Noi siamo legislatori e il nostro compito è quello di trovare soluzioni che rispondano all'esigenza di un ragionevole e proporzionale bilanciamento degli interessi in gioco, tenendo conto che ogni scelta di merito non può mai essere del tutto discrezionale, ma dovrà muoversi nel solco di un equo contemperamento dei diritti e delle libertà fondamentali.
È per questo che chiari, certi e trasparenti devono essere i criteri di valutazione che giustificano la ragionevolezza e la proporzionalità delle misure di prevenzione sanitaria in atto, rispetto a una situazione epidemiologica e a un percorso vaccinale in continuo divenire. Non dobbiamo dimenticare che la libertà di scelta rispetto al diritto di vaccinarsi, in linea con quanto raccomandato dall'Unione europea, ci impone di orientare i cittadini verso decisioni consapevoli e informate, ma anche di calibrare adeguatamente ogni strumento di precauzione rispetto alle reali esigenze di emergenza, senza cadere nella trappola dell'antagonismo, che alimenta le resistenze ideologiche, l'ignoranza superstiziosa e il menefreghismo individualista.
Mi sia consentita un'ultima digressione. Per sgomberare ogni dubbio sul paventato tornaconto economico legato alla pandemia e non scaricarne sui cittadini la gestione, due sono gli obiettivi da perseguire con forza e determinazione: la sospensione dei brevetti sui vaccini e una maggiore trasparenza sui dati e sulla ricerca. (Applausi).
D'ARIENZO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ARIENZO (PD). Signor Presidente, la discussione generale è stata molto interessante e approfondita e rispetto ad essa sono possibili delle riflessioni anche in previsione della Conferenza dei Capigruppo che si terrà alle ore 15,30.
Con l'accordo di tutti i Capigruppo, si chiede pertanto una sospensione dei lavori dell'Assemblea fino al termine della Conferenza dei Capigruppo, per favorirne un ordinato svolgimento.
PRESIDENTE. Stante la richiesta, che mi sembra assolutamente condivisa e unanime, sospendo la seduta fino alla conclusione dei lavori della Conferenza dei Capigruppo, che inizierà alle ore 15,30, quindi orientativamente fino alle ore 16,30 circa.
La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 12,08, è ripresa alle ore 16,45).
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI
Il relatore e il rappresentante del Governo non intendono intervenire in sede di replica.
Comunico che è pervenuto alla Presidenza - ed è in distribuzione - il parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verrà pubblicato in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Ha chiesto di intervenire il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.
D'INCA', ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo sottopone alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 161, comma 3-ter, del Regolamento del Senato, il testo di un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, che recepisce integralmente le proposte emendative approvate dalla Commissione, sul quale, previa autorizzazione del Consiglio dei ministri, intende porre la questione di fiducia.
PRESIDENTE. In conformità all'articolo 161, comma 3-ter, del Regolamento, la Presidenza si riserva di valutare il testo dell'emendamento ai sensi e per gli effetti degli articoli 8 e 97 del Regolamento e lo trasmette, ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento, alla 5ª Commissione permanente, che è fin da ora autorizzata a convocarsi e i cui lavori dovrebbero avere una durata di circa un'ora.
Sulla rivolta di Ungheria del 1956
LA RUSSA (FdI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LA RUSSA (FdI). Signor Presidente, l'apposizione della fiducia rende dubbia la mia volontà di intervento su un argomento che avrei voluto poter svolgere in un'Aula non dico piena, ma un po' più affollata.
Tuttavia, è già molto se oggi in quest'Aula mi è consentito svolgere un intervento di pochi minuti su una ricorrenza che mi sta molto a cuore, riferita al 10 novembre 1956, quando terminò, repressa nel sangue, quella che è passata alla storia con il nome di rivolta d'Ungheria.
Nel 1956 l'Ungheria decise di ribellarsi al giogo sovietico comunista e, nonostante le minacce dell'Unione Sovietica, di uscire dal Patto di Varsavia. Scesero in piazza migliaia e migliaia di ungheresi che sfidarono i carri armati che nel frattempo erano entrati nel loro Paese. Una sola cifra fa capire tutto: 200.000 soldati russi e 400 carri armati entrarono in Ungheria.
Dopo il 10 novembre 250.000 ungheresi lasciarono l'Ungheria per non incorrere nella repressione comunista che portò a una purga incredibile: uccisioni, arresti e un numero infinito di cittadini radiati. Erano caduti 2.700 ungheresi e morti 720 soldati russi, ma - quello che più conta - il 10 novembre 1956 moriva la speranza di un popolo europeo di poter contrastare la decisione assunta alla Conferenza di Yalta, con cui il mondo era stato diviso in due zone di influenza.
Quello che allora mi colpì (ero un ragazzo di nove anni, ma lo ricordo benissimo) fu la reazione degli studenti italiani nelle scuole e nelle università dove molto forte era la presenza dei giovani di destra della Giovane Italia e del Fronte universitario d'azione nazionale, che solidarizzarono, come in nessun'altra parte d'Europa, con quel popolo e quei giovani che combattevano a mani nude contro i carri armati sovietici.
Quello che ancora oggi rimane importante nella nostra storia italiana è l'esempio di come si possa non restare inermi anche di fronte a un'imposizione e a una violenza come quella che i carri armati comunisti sovietici misero allora in atto, con 200.000 uomini, contro un popolo inerme.
L'altro dato che negli anni non abbiamo mai smesso di ricordare è la pavidità dell'Occidente, che non intervenne. Gli insorti ungheresi si aspettavano che Stati Uniti, inglesi, francesi, coloro che non molti anni prima avevano vinto la guerra, potessero intervenire in difesa del popolo magiaro e ciò non avvenne. Avvenne invece - ha fatto bene il presidente Napolitano a chiedere sostanzialmente scusa e a rivedere la sua posizione di quegli anni - che «l'Unità» e gli esponenti italiani comunisti solidarizzarono con gli invasori russi. I titoli de «l'Unità» sono lì a testimoniarlo, Togliatti addirittura disse che quel giorno aveva bevuto un bicchiere di vino in più.
Presidente, il fatto che questa Assemblea oggi possa ricordare il sacrificio del popolo ungherese e la sua lotta contro i carri armati e il dominio sovietico comunista è un segno di quella libertà che dobbiamo continuare tutti insieme sempre a difendere. (Applausi).
ZANDA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signor Presidente, nel 1956, quando scoppiò la rivolta d'Ungheria, io avevo quattordici anni, ero iscritto al liceo Tasso a Roma e partecipai ad una manifestazione vastissima in cui furono coinvolte tutte le scuole romane. Fummo caricati dalla Polizia a Piazza Venezia ed io poi venni sospeso da scuola per la partecipazione a quello sciopero. Ricordo tutto questo per dire che furono dei fatti tragici che colpirono in modo penetrante anche i più giovani, in un momento in cui l'Europa era molto divisa e credo che faccia bene oggi il Senato della Repubblica a ricordarlo.
Con questo stesso spirito, dico anche, però, al senatore La Russa, che sa bene quanta considerazione io abbia nei suoi confronti, che dobbiamo fuggire sempre la tentazione di fare storia facendo anche politica, perché la storia è cosa diversa dalla politica dell'oggi e sbaglieremmo noi della sinistra a ricordare le tragedie che hanno insanguinato l'Europa per colpa delle formazioni della destra traendone conseguenze sull'oggi e credo che faccia male alla democrazia se, all'inverso, oggi la destra ricordi il 1956 e l'Ungheria di allora per dare un giudizio nei confronti della sinistra oggi. (Applausi).
CALIENDO (FIBP-UDC). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIENDO (FIBP-UDC). Signor Presidente, ringrazio Ignazio La Russa, che ci fa discutere di un momento forte di libertà nel nostro mondo.
Quanto a ciò che fecero i ragazzi di Ungheria a Budapest in quei giorni, io, oggi senatore Zanda, allora facevo il quarto ginnasio e ricordo ancora che avevo una tonsillite ed ero a letto con la febbre. Quella mattina stavo ascoltando il giornale radio e, quando sentii che i carri armati russi entravano a Budapest e sparavano sui ragazzi, cominciai a piangere. Nel mio liceo avevo partecipato ad alcune riunioni, perché, come liceo classico "Giosuè Carducci" di Nola, avevamo partecipato a un certamen di latino e greco in Germania, pertanto avevamo una serie di raccordi con quelle realtà e conoscevamo quanto stava avvenendo e il grande desiderio di libertà di quei ragazzi. Sapere che si stesse sparando su quei giovani senza alcuna necessità e che si facessero intervenire i carrarmati era una tragedia. Allora non si sapeva ancora nulla di quanto accaduto nel mondo dell'Est e per quelli della mia età era una tragedia sapere quanto stava avvenendo.
Grazie a Dio, la forza delle idee e della libertà si è imposta, creando anni dopo l'Unione europea, che era stata realizzata all'inizio, ma che restava un'Unione europea diversa dall'altra, quella dell'Europa dell'Est. Oggi speriamo di riuscire a realizzare i principi e i valori per cui si batterono quei ragazzi, che sono di tutta l'Europa. (Applausi).
ERRANI (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERRANI (Misto-LeU-Eco). Signor Presidente, credo sia giusto ricordare l'invasione dell'Ungheria, che diede un colpo micidiale all'esperienza avviata da Imre Nagy e che avrebbe segnato, a mio parere, un aspetto di profonda novità.
Allora il Partito Comunista prese una posizione sbagliata. Successivamente, partì il dibattito del 1956, con il XX congresso del Partito Comunista dell'Unione sovietica (PCUS), e il Partito Comunista Italiano avviò una profonda revisione, che portò alla condanna dell'invasione della Cecoslovacchia e del successivo colpo di Stato in Polonia e alla famosa affermazione di Enrico Berlinguer sull'esaurimento della spinta propulsiva della rivoluzione d'ottobre.
Non ho alcuna difficoltà a ricordarlo, perché nel 1956 avevo un anno, quindi di tale percorso e di queste affermazioni non ho memoria; posso ricordare però che in questi ultimi trent'anni mi sono ritrovato più volte a ragionare sull'esperienza di Imre Nagy, a condannare quell'invasione e anche a riflettere. Sono d'accordo con il collega Zanda, infatti: queste cose ci devono far riflettere su una vicenda storica, non per usare politicamente questo o quello contro quest'altro e quell'altro. La riflessione storica potrebbe servire per ragionare. Imre Nagy infatti non era un pericoloso liberale, dal punto di vista della loro esperienza, ma un comunista. Ci furono anche altre vicende, ma adesso non voglio perdere troppo tempo: vorrei dire però ai colleghi che hanno introdotto questo tema che non ho alcuna difficoltà - lo sottolineo con convinzione - e da questo punto di vista forse ci sarebbero spunti di riflessione storica molto interessanti per tutti. (Applausi).
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
ANGRISANI (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGRISANI (Misto). Signor Presidente, gentili colleghe e colleghi, il 25 ottobre 2005 un ragazzo di quattordici anni, Francesco Paolillo, perse la vita cadendo da un palazzo abbandonato, uno dei tanti inagibili a seguito dei danni causati dal terremoto del 1980. La tragedia si consumò in via De Meis, ora viale Carlo Miranda, nel quartiere Ponticelli a Napoli. Oggi, nel luogo in cui perse la vita Francesco sorge un cantiere in disuso, che sarebbe più opportuno definire una discarica, dove restano ancora in piedi i piloni e le fondamenta di quell'edificio dal quale cadde il piccolo Francesco.
Francesco è un eroe dimenticato, perché, cari colleghi, dovete sapere che cadde mentre si arrampicava per aiutare un compagno di gioco, di poco più giovane, che non riusciva a scendere.
Il degrado di questo luogo di dolore è uno schiaffo a tutta la comunità del quartiere Ponticelli, un'offesa alla memoria di Francesco e alla sua famiglia. Nel tempo si sono susseguite tante battaglie per la bonifica e la messa in sicurezza di questa zona. Tutto è andato al vento, come inascoltata è rimasta la forte volontà della famiglia, che chiede da tempo un segnale dalle istituzioni che onori il coraggio del loro piccolo angelo.
In via Carlo Miranda il 3 agosto 2017 furono portati alla luce quintali di rifiuti; il 21 ottobre fu scoperta all'interno dell'area una postazione adibita al bracconaggio e al maltrattamento di volatili; il 14 ottobre 2021 è avvenuto l'ennesimo incendio nell'area, abbandonata al degrado, dove morì Francesco.
A sedici anni dalla morte di Francesco niente è cambiato in viale Miranda a Ponticelli. L'area dove il quattordicenne perse la vita è rimasta insicura e inaccessibile a chiunque. Anche le giostre, costruite in memoria di Francesco, mai inaugurate, sono esempio di degrado e non un ricordo della sua morte. I bambini del quartiere sono costretti a giocare in una strada abbandonata e piena di pericoli, mentre si potrebbe riqualificare questo spazio e destinarlo a ospitare un parco giochi.
Ponticelli, così come quasi tutta l'area Est di Napoli, è stata dimenticata dalle istituzioni, che non hanno mai risposto alle richieste di aiuto della famiglia. È dal 2005 che la famiglia di Francesco, in particolar modo il fratello, chiede che la sua morte non venga dimenticata e per far ciò non ci può essere miglior modo, colleghi e colleghe, che impegnarsi affinché quest'area della città di Napoli sia bonificata, messa in sicurezza e riqualificata, per poi essere intitolata al sacrificio di Francesco Paolillo. (Applausi).
QUARTO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUARTO (M5S). Signor Presidente, il 30 ottobre, a Barletta, in una notte di movida, è stato assassinato per futili motivi il ventiquattrenne Claudio Lasala, brutalmente accoltellato da un diciottenne. Claudio era un giovane garbato e pieno di speranze, che studiava per entrare nelle Forze armate. Non oso pensare al dolore dei familiari, ai quali mi stringo. La coltellata - mortale, per Claudio - è stata inferta a tutta la comunità cittadina e non solo: è una coltellata alla nostra umanità e alla nostra sicurezza. Di colpo ci siamo sentiti prede inermi della prepotenza e della violenza gratuita, privati di rispetto, giustizia, dignità, fratellanza e bellezza, che sono il sangue dell'uomo. È mai possibile che un drink in un bar si trasformi nell'occasione per incontrare la morte?
Possiamo mai tollerare la banalità del male? Penso anche alle coltellate, per fortuna non letali, inferte da un ragazzo all'inguine di un coetaneo, sempre per futili motivi, in una discoteca di Bisceglie. Mai potremo tollerare che vincano la paura e il silenzio!
È per questo che oggi riporto in Senato il grido di dolore di una grande comunità, sana, operosa e solidale, che si ribella a ogni forma di violenza. È pur vero che la risposta dello Stato per azione prefettizia è stata immediata e forte, ma occorre mobilitarci tutti per debellare il male. Le istituzioni e la società civile devono prendere a cuore la questione giovanile.
Facendo mio il proverbio citato da Papa Francesco, che per educare un figlio ci vuole un villaggio, dico che tutti insieme dobbiamo prodigarci a favore dei giovani su tre fronti: educazione, formazione e lavoro. Per impedire poi che la cultura della violenza si infiltri velenosamente nella società, bisogna intervenire al più presto con politiche preventive e poi anche repressive. Non trascuriamo il crescente disagio giovanile, anche a causa di droga e alcol.
Ricordo a noi parlamentari la responsabilità di creare le condizioni per una società migliore, che opti per il progresso e il benessere di tutti, con speciale riguardo ai giovani. Solo così i nostri figli potranno crescere in una società giusta, in cui prepotenza e violenza non possano attecchire mai! (Applausi).
LEONE (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEONE (M5S). Signor Presidente, quest'oggi intervengo per sottoporre all'attenzione dell'Assemblea la condizione degli istituti penitenziari in materia sanitaria, perché, a seguito di tante visite nelle strutture, da Nord a Sud, è emerso che la gestione sanitaria, nella fattispecie, lascia molto a desiderare.
Più in particolare, il mio intervento vuol essere una disperata segnalazione, rivolta ai dirigenti sanitari penitenziari e al ministro Cartabia, al fine di evitare un possibile suicidio. Nel caso specifico, mi riferisco al detenuto Salvatore Sparacio.
In premessa, ricordo che le norme nazionali e sovranazionali stabiliscono che i cittadini hanno diritto alla tutela della salute e all'effettivo accesso alle cure, che i cittadini detenuti hanno lo stesso diritto, che non può essere né compresso né lasciato alla discrezionalità amministrativa, e che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Torniamo però al detenuto Salvatore Sparacio, il quale, a seguito di accertamenti, in occasione di molte perizie psichiatriche effettuate dall'aprile scorso, è risultato affetto da patologie legate a disturbi paranoidi e depressivi, con turbe comportamentali e stato di schizofrenia paranoide.
Il detenuto Sparacio manifesta una dichiarata volontà, già da mesi, non solo di non assumere cibo solido, ma di suicidarsi. Ha già tentato di farlo svariate volte, attraverso l'impiccagione con le lenzuola del suo letto, per cui è stato ritenuto opportuno farlo dormire con lenzuola di carta e sottoporlo alla somministrazione di oppiacei.
Personalmente, ho visto Salvatore Sparacio e ho parlato con lui. Le sue condizioni sono davvero allarmanti. Presenta difficoltà di deambulazione, dovuta anche a un forte stato di debilitazione, con perdita di equilibrio, per cui è costretto a restare in sedia a rotelle, con un piantone. Attualmente, le sue condizioni sono ancora più preoccupanti. Venerdì scorso, dal carcere di Siracusa è stato trasferito in quello di Benevento. Sabato mattina è stato portato in ospedale e in giornata riportato in carcere.
Sparacio è entrato in carcere il 9 aprile 2021. Al suo ingresso pesava 84 chili. Oggi, in circa sette mesi, ne ha persi 30 e ne pesa 54, con ipotrofia muscolare diffusa, problematiche neurologiche degenerative e deperimento organico. È chiaro che la misura detentiva è incompatibile col suo stato psicofisico.
Concludo con l'auspicio di una maggiore e tempestiva sensibilizzazione da parte dei dirigenti sanitari e del ministro Cartabia: agite, prima che sia troppo tardi per lui, caso emblematico di tanti altri detenuti.
Voglio altresì ricordare che solo ad oggi, per l'anno in corso, sono 47 i suicidi all'interno delle carceri. Nell'ultima settimana del mese di ottobre ce ne sono stati tre.
Il 25 ottobre un detenuto di trentasei anni si è tolto la vita a Pavia; il 30 ottobre è stata la volta di un internato presso la casa di reclusione di Isili e il 31 ottobre quella di un recluso nella casa circondariale di Monza. Lo Stato è responsabile non solo della privazione della libertà, ma anche della tutela dei diritti del detenuto e della sua salute. (Applausi).
CORTI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORTI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, intervengo oggi per stigmatizzare l'articolo apparso due giorni fa sul quotidiano «Gazzetta di Modena», in cui l'Associazione nazionale partigiani d'Italia (ANPI) ha attaccato il partigiano bianco Romano Levoni, decorato e insignito di medaglie dalle truppe di liberazione brasiliane che hanno preso parte ai combattimenti della linea gotica.
Ebbene, l'ANPI di Sassuolo scrive che il partigiano Levoni non può essere al tempo stesso sostenitore della Resistenza e fan di chi, come Bolsonaro, ha una visione violenta della politica, fa della prevaricazione e dell'intimidazione strumenti di gestione del potere ed esprime una leadership spiccatamente antidemocratica e autoritaria. Questa è l'Associazione nazionale partigiani d'Italia che, invece di fare storia, fa solamente strumentalizzazione politica. Se Bolsonaro non fosse stato un presidente regolarmente eletto e non rappresentasse la destra, forse non si sarebbero scandalizzati che il partigiano bianco Levoni abbia partecipato alla commemorazione a Pistoia dei caduti delle forze di liberazione brasiliane.
Tuttavia l'ANPI di Sassuolo non si ferma qui e afferma che è ormai fantasia distorta quella di Levoni, un anziano che manipola la realtà costruendo narrazioni che non hanno alcun fondamento; addirittura l'associazione invita l'amministrazione comunale di Sassuolo a garantire che durante eventi ufficiali non si verifichino più situazioni di questo tipo.
Vi rendete conto che l'ANPI, che dovrebbe rappresentare la democrazia e la libertà di espressione, cerca di tappare la bocca a un testimone oculare della guerra civile? (Applausi). È incredibile constatare come pretendano di censurare questo ex partigiano giovanissimo, della classe 1929, che nel 1943 raggiunse la banda del partigiano monarchico Rossi, che venne ucciso dagli stessi partigiani comunisti nella località di Montemolino, nel Comune di Montefiorino. Se la sua colpa è quella di essere stato testimone oculare delle tante nefandezze compiute da partigiani rossi, o presunti tali, noi crediamo che questa non sia una colpa, ma una verità storica, che persone come lui possono testimoniare.
Come sapete, sono di Montefiorino: noi, che in montagna viviamo e abbiamo ascoltato con attenzione le testimonianze dei nostri nonni proprio sulla guerra civile nella cosiddetta zona della Repubblica di Montefiorino, sappiamo bene come andarono le cose. Sono proprio le zone che hanno visto come martiri il seminarista Rolando Rivi, da poco beatificato, e don Luigi Lenzini di Pavullo nel Frignano, assassinato dai partigiani comunisti dopo la Liberazione.
Noi pensiamo che non si possa chiudere la bocca a un giovanissimo partigiano decorato al valore dalle forze brasiliane. Se questa è la democrazia dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, credo che si debbano assolutamente prendere le distanze dalle dichiarazioni che l'ANPI di Sassuolo ha fatto nei confronti di questo giovanissimo patriota. Credo che vada valorizzato il testimone lucido di un periodo storico su cui ancora pesa un'ombra fortemente ideologica e che non lo si possa far passare come un anziano da zittire soltanto perché conosce la verità storica. (Applausi).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta fino alle ore 18.
(La seduta, sospesa alle ore 17,14, è ripresa alle ore 18,12).
Presidenza del vice presidente CALDEROLI
Colleghi, mi comunicano che la Commissione bilancio non ha concluso i propri lavori, ovvero non li ha cominciati; sospendo quindi la seduta, che riprenderà alle ore 18,40.
(La seduta, sospesa alle ore 18,12, è ripresa alle ore 18,52).
Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2394 (ore 18,52)
PRESIDENTE. La Presidenza ha valutato l'emendamento presentato dal Governo e lo ritiene ammissibile ai sensi degli articoli 8 e 97 del Regolamento.
Invito il senatore Segretario a dare lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sull'emendamento 1.8000, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione.
GIRO, segretario. Do lettura del parere della 5a Commissione permanente ai sensi dell'articolo 102-bis del Regolamento in ordine al disegno di legge: «Conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening».
«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l'emendamento del Governo 1.8000, relativo al disegno di legge in titolo, trasmesso dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, alla sostituzione dell'articolo 3-quater con il seguente:
«Art. 3-quater. (Misure urgenti in materia di personale sanitario)
1. Fino al termine dello stato di emergenza di cui all'articolo 1 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105 convertito con modificazioni dalla legge 16 settembre 2021, n. 126 agli operatori delle professioni sanitarie di cui all'articolo 1 della legge 1 febbraio 2006, n. 43 appartenenti al personale del comparto sanità, al di fuori dell'orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a 4 ore, non si applicano le incompatibilità di cui all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. In ogni caso gli incarichi di cui al comma 1, per i quali non trovano applicazione gli articoli 15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1192, n. 502, sono previamente autorizzati, al fine di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale, nonché di verificare il rispetto della normativa sull'orario di lavoro, dal vertice dell'amministrazione di appartenenza, il quale attesta che la predetta autorizzazione non pregiudica l'obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all'emergenza pandemica».
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.
D'INCA', ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, recepiamo le condizioni della 5a Commissione e quindi a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione dell'emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2394 di conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127.
PRESIDENTE. La Presidenza prende atto dell'apposizione della questione di fiducia sull'approvazione dell'emendamento interamente sostitutivo presentato dal Governo e convoco la Conferenza dei Capigruppo (che sarà molto breve) per organizzare il relativo dibattito.
La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 18,56, è ripresa alle ore 19,04).
Sui lavori del Senato
Organizzazione della discussione della questione di fiducia
PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha stabilito che, in ordine alla questione di fiducia posta dal Governo sull'emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del decreto-legge in materia di sicurezza sul lavoro ed estensione della certificazione verde Covid-19, si passerà direttamente alle dichiarazioni di voto e alla chiama nella seduta di questa sera.
Nella seduta di domani saranno discussi il disegno di legge di conversione del decreto-legge sul contenimento degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas e, dalla sede redigente, il disegno di legge di proroga del termine di conclusione della Commissione di inchiesta sulla comunità «Il Forteto».
Ove presentato dal Governo il disegno di legge di bilancio, il provvedimento sarà immediatamente deferito alla 5a Commissione permanente per il parere da rendere alla Presidenza ai fini delle comunicazioni ai sensi dell'articolo 126, commi 3 e 4, del Regolamento.
Ove reso in tempo utile il parere della Commissione bilancio, le predette comunicazioni avranno luogo nella seduta di venerdì 12, alle ore 10.
Il calendario della prossima settimana prevede la discussione dei seguenti provvedimenti: decreto-legge giustizia e proroghe, attualmente in corso di esame presso la Camera dei deputati; decreto-legge capienze; disegno di legge in materia di libertà sindacale del personale militare, approvato dalla Camera dei deputati, per il quale i Capigruppo hanno unanimemente concordato la deroga ai sensi dell'articolo 126, comma 12, del Regolamento.
La Conferenza dei Capigruppo tornerà a riunirsi martedì 16 novembre, dalle ore 15,30 alle ore 16,30.
Calendario dei lavori dell'Assemblea
PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi oggi, con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 18 novembre:
Mercoledì | 10 | novembre | h. 9,30-20 | - Seguito disegno di legge n. 2394 - Decreto-legge n. 127, Sicurezza lavoro e certificazione verde COVID-19 (scade il 20 novembre)
- Disegno di legge n. 2401 - Decreto-legge n. 130, Contenimento aumenti prezzi settore elettrico e gas (scade il 26 novembre)
- Disegno di legge n. 2326 - Proroga termine Commissione di inchiesta comunità «Il Forteto» (dalla sede redigente)
- Comunicazioni del Presidente, ai sensi dell'articolo 126, commi 3 e 4, del Regolamento, sul disegno di legge di bilancio (*) (ove trasmesso in tempo utile) |
Giovedì | 11 | " | h. 9,30 | |
Venerdì | 12 | " | h. 10 (se necessaria) |
(*) Dopo le Comunicazioni del Presidente, il disegno di legge di bilancio sarà assegnato alla 5ª Commissione permanente in sede referente e alle altre Commissioni in sede consultiva. Da quel momento avrà inizio la sessione di bilancio.
Martedì | 16 | novembre | h. 16,30-20 | - Disegno di legge n. … - Decreto-legge n. 132, Giustizia e proroghe (ove approvato dalla Camera dei deputati) (scade il 29 novembre)
- Disegno di legge n. 2409 - Decreto-legge n. 139, "Capienze" (ove concluso dalla Commissione) (scade il 7 dicembre)
- Disegno di legge n. 1893 e connessi - Libertà sindacale personale militare (approvato dalla Camera dei deputati) |
Mercoledì | 17 | " | h. 9,30-20 | |
Giovedì | 18 | " | h. 9,30 |
I termini per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. … (Decreto-legge n. 132, Giustizia e proroghe) saranno stabiliti in relazione ai tempi di trasmissione dalla Camera dei deputati.
Gli emendamenti al disegno di legge n. 1893 e connessi (Libertà sindacale personale militare) dovranno essere presentati entro le ore 13 di venerdì 12 novembre.
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2401
(Decreto-legge n. 130, Contenimento aumenti prezzi settore elettrico e gas)
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatori |
| 40' |
Governo |
| 40' |
Votazioni |
| 40' |
Gruppi 5 ore, di cui |
|
|
M5S |
| 54' |
L-SP-PSd'Az |
| 49' |
FIBP-UDC |
| 42' |
Misto |
| 41'+5' |
PD |
| 37' |
FdI |
| 29'+5' |
IV-PSI |
| 26' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 23' |
Dissenzienti |
| da stabilire |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 132, Giustizia e proroghe)
(4 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatori |
| 20' |
Governo |
| 20' |
Votazioni |
| 20' |
Gruppi 3 ore, di cui |
|
|
M5S |
| 32' |
L-SP-PSd'Az |
| 29' |
FIBP-UDC |
| 25' |
Misto |
| 25'+5' |
PD |
| 22' |
FdI |
| 17'+5' |
IV-PSI |
| 16' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 14' |
Dissenzienti |
| da stabilire |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2409
(Decreto-legge n. 139, "Capienze")
(7 ore, escluse dichiarazioni di voto)
Relatori |
| 40' |
Governo |
| 40' |
Votazioni |
| 40' |
Gruppi 5 ore, di cui |
|
|
M5S |
| 54' |
L-SP-PSd'Az |
| 49' |
FIBP-UDC |
| 42' |
Misto |
| 41'+5' |
PD |
| 37' |
FdI |
| 29'+5' |
IV-PSI |
| 26' |
Aut (SVP-PATT, UV) |
| 23' |
Dissenzienti |
| da stabilire |
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2394
e della questione di fiducia (ore 19,07)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.8000 (testo corretto), presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente,signori rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, tante polemiche hanno accompagnato l'emanazione di questo decreto sull'obbligo di green pass nei luoghi di lavoro e sulla non gratuità dei tamponi. Dobbiamo pagare per poter lavorare? È la sintesi delle proteste che hanno unito sindacati, lavoratori e anche alcuni datori di lavoro, mentre la politica straniera guardava con stupore e ammirazione alla fermezza delle decisioni del nostro Governo.
A qualche settimana di distanza, basta vedere quello che sta succedendo negli altri Paesi per dire che la via italiana era quella giusta. La Germania sta registrando il record dei casi giornalieri; la Gran Bretagna conosce ancora un numero alto di decessi, per non dire della Bulgaria, dove la situazione è completamente fuori controllo.
Stiamo vivendo la quarta ondata e i numeri dimostrano che si tratta della pandemia dei non vaccinati: più basso è il tasso delle vaccinazioni, più alto il numero delle nuove infezioni.
La principale differenza tra l'Italia e i Paesi maggiormente colpiti è proprio che questi non se la sono sentiti di introdurre il green pass anche per i luoghi di lavoro. In particolare nel mondo tedesco, i contagi di questa quarta ondata sono più alti che mai e la politica è costretta a prendere misure molto più dure di quelle che abbiamo oggi in Italia. In Austria, dall'8 novembre vale la regola del 2G. In ristoranti, stadi, piste da sci, cinema, ma anche negozi e parrucchieri possono entrare solo i vaccinati e i guariti e non le persone che hanno fatto solo il tampone. Si limitano le attività non necessarie legate al tempo libero e allo svago per i non vaccinati e si premia chi ha fatto il vaccino.
Un grande effetto questa misura l'ha già avuta: le code davanti ai punti vaccinali sono aumentate in maniera esponenziale. Il fenomeno ha già un nome: panico da schnitzel. Purtroppo, il tasso di vaccinazioni complete è del 67 per cento in Germania e del 63 per cento in Austria, contro il 76 per cento dell'Italia. Questa maggiore resistenza contro i vaccini è un fenomeno culturale, che si manifesta anche in Sudtirolo, dove ha addirittura radici storiche. Tra i motivi di malcontento che portarono alla rivolta tirolese del 1809 contro la Francia, guidata da Andreas Hofer, c'era anche l'opposizione all'obbligo di vaccino contro il vaiolo. Insomma, è una questione di mentalità. Le popolazioni che abitano fuori dai centri urbani percepiscono meno la gravità della situazione. A questo si aggiunge la grande fiducia dei sudtirolesi nel proprio sistema sanitario.
Tutto questo comporta che oggi la provincia di Bolzano è a un passo dal cambio di colore. Siamo al primo posto per nuovi contagi e all'ultimo per vaccinati in Italia, con percentuali di vaccinazioni molto simili a quelle di Germania e Austria. Tutto lascia quindi pensare che presto ci ritroveremo nella loro stessa situazione.
Per questo da noi si è cominciato a discutere di misure simili a quelle austriache, perché non è giustificabile che i vaccinati debbano subire altre restrizioni a causa di quelli che negano la scienza e si rifiutano di fare quello che senza ombra di dubbio si dovrebbe fare. Non è inoltre accettabile che dappertutto i partiti di destra, proprio quelli che di solito predicano law and order, strizzino l'occhio ai complottisti e alle resistenze contro i vaccini. Bisogna ascoltare i virologi e dare ai territori che lo richiedono la possibilità di introdurre norme che distinguano tra persone vaccinate e persone che non lo sono, premiando i primi, e di intervenire anche nelle zone bianche con restrizioni puntuali, se necessario. Per questo ci vuole una base giuridica statale che a mio avviso non avrebbe problemi di costituzionalità: in una fase d'emergenza pandemica il diritto alla salute prevale sulla presunta restrizione della libertà individuale. Tutto questo deve essere fatto nella cornice più generale di un nuovo impulso alla campagna vaccinale in vista delle terze dosi e alla possibile apertura delle vaccinazioni agli under 12.
È giusta la decisione di questi giorni di vietare i cortei nei centri cittadini (16 solo nell'ultimo fine settimana), che si svolgono tra le proteste dei commercianti per il clima di tensione che tiene i cittadini e i turisti lontani dai negozi; allo stesso modo è importante intensificare i controlli: appena 900 multe dal 15 ottobre su tutto il territorio nazionale fanno pensare che non si stia procedendo con la dovuta attenzione.
Per concludere, signor Presidente, siamo in un passaggio molto delicato che rischia di esserlo soprattutto per i territori di montagna che si apprestano a vivere la prima stagione turistica dopo due anni di chiusure; una stagione che in ogni caso deve essere garantita con gli alberghi e gli impianti di risalita aperti. Pertanto questa fase va affrontata con la stessa determinazione di questi mesi. Il Governo vada avanti sulla strada di un graduale ma costante aumento degli incentivi per la vaccinazione per arrivare a una copertura del 90 per cento e permetta ai territori con grandi resistenze al vaccino, come l'Alto Adige, di intraprendere misure più restrittive per i non vaccinati.
È con questo auspicio che annuncio il voto favorevole del Gruppo per le Autonomie al provvedimento in esame. (Applausi).
PARENTE (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARENTE (IV-PSI). Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, il green pass lavoro è una misura di solidarietà, coesione sociale e anche di fratellanza, oltre che una decisione giusta dello Stato per tutelare la salute pubblica.
Il lavoro, come abbiamo imparato tutti (io a poco più di vent'anni, quando ho avuto il mio primo impiego), è il posto dove si cresce, ci si arricchisce, avviene lo scambio di collaborazione tra le persone, anche tra datori di lavoro, lavoratrici e lavoratori e con la cittadinanza (pensiamo a tutto il lavoro nei servizi). Per questo riprendo i ringraziamenti che la collega Fedeli stamattina conferiva a tutte le imprese, ai rappresentanti dei lavoratori, ai professionisti, ai lavoratori autonomi per il grande sforzo che stanno compiendo nell'attuazione del decreto-legge n. 127 del 2021, che stiamo convertendo in legge, ma che è già in vigore.
All'inizio le critiche sono state molto rumorose, come ricordava adesso la collega Unterberger, ma silenziosamente e in estrema compostezza ogni giorno in migliaia di luoghi di lavoro si controlla il green pass, che è testimonianza di quanto la mia sicurezza personale sia reciprocamente condivisa con gli altri da noi stessi. Così si è ripreso a lavorare, ad acquistare, l'economia dà buoni segnali e anche le occasioni culturali e di divertimento gradatamente stanno rientrando nella nostra vita. L'Italia è avanti nella campagna vaccinale, con la realtà del Governo Draghi e del generale Figliuolo, e il green pass è esempio anche per Paesi come la Germania (lo si ricordava prima), che in questi giorni sta assistendo a un aumento dei contagi.
Durante la conversione in legge del decreto-legge n. 127, il Senato ha opportunamente semplificato e razionalizzato le procedure di controllo del green pass per accedere ai luoghi di lavoro grazie ad emendamenti di colleghi, anche della relatrice. Un esempio per tutti: per i lavoratori in somministrazione si specifica che è l'azienda utilizzatrice che deve assumere l'onere del controllo, mentre l'agenzia è tenuta a informare correttamente il lavoratore e la lavoratrice circa l'obbligo del possesso del green pass. Dobbiamo sempre aggiornare l'applicazione della norma per eventuali dubbi interpretativi che attengono alla differenza tra chi si reca nei luoghi di lavoro e chi invece lavora in contesti non riconducibili a questa affermazione, andando sul posto della prestazione senza passare dalla propria azienda. Risolveremo singolarmente questi casi.
Siamo inoltre particolarmente contenti dell'approvazione di un emendamento di Italia Viva che ha affrontato il tema della carenza del personale infermieristico nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) quando gli infermieri sono stati assunti nel pubblico, superando parzialmente l'incompatibilità, certamente tenendo conto dei vincoli di orario, consentendo anche agli infermieri nel comparto sanità di fare quattro ore settimanali per recarsi nelle RSA. Rimane fermo il principio che il rispetto reciproco della salute è il fondamento valoriale del green pass.
Ho ascoltato stamattina dai colleghi alcune questioni non condivisibili. Il senatore Bagnai ha parlato di valore pedagogico. È esattamente questo il valore pedagogico e in queste Aule bisognerebbe avere una voce univoca perché la tenuta sociale è garantita dall'alto grado di adesione alla vaccinazione della nostra cittadinanza.
Il presidente Mattarella ha affermato ieri che il nemico da vincere è il virus e non gli strumenti che lo combattono. Con ciò possiamo dire che tutto è a posto? Certamente no, abbiamo detto tutti che assistiamo alla ripresa dei contagi per vari ordini di motivi ed è necessario agire su alcuni ambiti. Il primo ambito è la vaccinazione nel mondo. Alle nostre porte, in Bulgaria e in Romania, c'è un bassissimo livello di adesione alla vaccinazione, così nel mondo generalmente. Al G20 sono stati fatti ulteriori passi avanti per fornire i vaccini ai Paesi più in difficoltà.
Il secondo ambito è la necessità della terza dose che dovremo fare al più presto perché i vaccini prevedono dei richiami. È la scienza che lo dice.
Ho trovato molto bella un'intervista dei due ragazzi di origine turca e di nazionalità tedesca, della start up BioNtech, che hanno inventato il vaccino Pfizer. Dobbiamo essere grati a loro, ai loro studi, alle loro ricerche, e ai ricercatori del mondo perché la tecnologia mRNA potrà curare tumori, come il melanoma o quello del colon retto, le malattie autoimmuni, l'HIV, la malaria. Tutto ciò grazie a questa tecnologia.
Il terzo ambito riguarda i trasporti: vorrei dire al Governo che dobbiamo fare di più sulla questione dei trasporti, perché dobbiamo garantire ai lavoratori, alle lavoratrici e agli studenti di entrare e uscire dal luogo di lavoro in sicurezza per raggiungere il luogo di lavoro, le università e le scuole. Dovremmo predisporre un grande piano sui tempi delle città.
Il quarto ambito è costituito dai sistemi regionali che continuano a non parlarsi. È questo il motivo del ritardo nell'emanazione del green pass.
L'ultima questione che abbiamo discusso anche nella Commissione che mi onoro di presiedere riguarda i test sierologici. Spero siano fatti passi avanti anche nella ricerca scientifica per fornire attendibilità ai test sierologici e anche all'attestato di tali test soprattutto per andare incontro ad alcune istanze dei guariti dal Covid.
In conclusione, Presidente, annunciando il voto favorevole del Gruppo Italia Viva-PSI, mai così convintamente, mi preme sottolineare che da parte nostra c'è una ferma condanna, senza esitazioni, delle manifestazioni di piazza senza mascherine e distanziamento in epoca di pandemia. Anche per le ripercussioni che esse hanno sull'economia, pensiamo ad esempio a quelle che hanno avuto sui negozi dei centri storici delle città. Siamo convinti che le restrizioni annunciate dalla Ministra dell'interno siano importantissime.
Rivolgo inoltre un pensiero di solidarietà agli operatori socio-sanitari, soprattutto della città di Trieste, che hanno visto duplicare i malati di Covid. Nelle terapie intensive della città sono ricoverati quasi solo non vaccinati, che occupano posti letto che sono importanti anche per chi ha altre patologie, per chi ha avuto un infarto o un incidente.
Non possiamo più permetterci di non curare i malati non Covid: quante volte l'abbiamo detto in queste Aule.
Concludo chiedendo: cosa possiamo fare oggi? Qualche ora fa con la senatrice Rizzotti abbiamo presentato un libro qui in Senato, «Fiat Vax», che è una testimonianza dei medici e del personale sanitario del Niguarda di Milano. Mi piace ricordare una frase di questa testimonianza: quando ci si chiede «Cosa possiamo fare oggi?», la risposta è la seguente: «Non dimenticare. Non dobbiamo dimenticare i nostri morti, perché il loro sacrificio ha permesso ad altri di vivere. Per favore non banalizziamo il futuro che ci attende». È solo dal rispetto reciproco, a partire dalla comunità del lavoro, che potremo andare avanti, costruire il futuro e scongiurare altre restrizioni.
Camus in un suo bellissimo romanzo scriveva: «La peste non muore mai». Ma il Covid-19 ci ha fatto riscoprire il senso della vita; teniamocelo stretto, andiamo orgogliosi del nostro Paese e del nostro Governo e andiamo avanti per combattere questa epidemia. (Applausi).
MALAN (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (FdI). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi senatori, in un momento così difficile per la Nazione, il Governo dovrebbe lavorare per creare coesione e inclusione, per far sentire tutti gli italiani nella stessa squadra; il Governo dovrebbe mostrarsi ed essere affidabile, proporre misure ragionevoli, senza voler fare i primi della classe in qualsiasi forma di estremismo; dovrebbe spiegare queste norme e dovrebbe essere trasparente; in altre parole, dovrebbe dire la verità.
Ieri in Commissione, nell'esaminare questo provvedimento, che si è potuto esaminare solo in Commissione perché anche questa volta il Governo impone la fiducia impedendo all'Assemblea, ossia ad oltre il 90 per cento dei senatori, di esprimersi (si sono potuti esprimere solo i componenti della Commissione), abbiamo ottenuto qualche piccola cosa, ossia di poter ritenere valido il green pass da tampone fino alla fine del turno di lavoro, per evitare le cose che irresponsabilmente già sono accadute in queste settimane, come ad esempio treni che si devono fermare a metà corsa perché il macchinista ha esaurito le quarantotto ore di validità del suo green pass. Inoltre, si è ottenuto di evitare che ogni giorno il datore di lavoro debba chiedere il green pass a un lavoratore che il datore sa avere un green pass che vale, ad esempio, per due mesi.
Ma è troppo poco, perché per il resto abbiamo ricevuto solo dei no a proposte ragionevolissime, avanzate non soltanto da noi, ma anche da altri esponenti del centrodestra, e non solo. Il no è stato fisso: no all'esenzione dal green pass per i lavori all'aperto, dove non c'è pericolo di contagio; no all'esenzione dal green pass per chi lavora da solo, isolato; abbiamo avuto un no dal Governo per l'accesso alle biblioteche perlomeno per ritirare o depositare libri in spazi riservati; abbiamo avuto un no alla proposta di avere accesso agli impianti sportivi per i minori di diciotto anni; no all'equiparazione dei bus turistici agli altri autobus, come se quelli turistici fossero particolarmente accoglienti per il virus e gli altri no, dove magari c'è la gente pigiata. Abbiamo inoltre ricevuto dal Governo il rifiuto di concedere il green pass per chi ha avuto un'infezione da Covid rilevabile con i test anticorpali.
C'è stato un no anche su una proposta non soltanto ragionevolissima, ma basata su evidenze scientifiche menzionate durante le audizioni in Commissione. Abbiamo chiesto di portare a dodici mesi la validità del green pass per i guariti, poiché risulta in tantissimi studi in tutto il mondo, anche molto dettagliati, che la guarigione da Covid dà una resistenza al contagio molto più affidabile e molto più lunga, anche contro le varianti, rispetto a quella da vaccino.
Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità e ascoltatissimo dal ministro Speranza su tutti questi temi, in audizione qui al Senato il 7 ottobre ha detto queste precise parole: confermo che i dati scientifici ci dicono che l'immunità naturale, come peraltro è fisiologico anche per altre infezioni, ha una maggiore persistenza rispetto a quella vaccinale. Abbiamo fatto presenti queste parole al sottosegretario Sileri, che aveva espresso parere contrario sul nostro emendamento che chiedeva di estendere a dodici mesi la validità del green pass per i guariti.
Il sottosegretario Sileri dice di aver telefonato al professor Brusaferro, il quale ha negato di aver pronunciato queste parole, ma lui le ha dette e c'è un video, reperibile sul sito del Senato, che tutti possono vedere.
Il Parlamento serve a questo, a parlare e a dire cose davanti a tutti, ma forse qualcuno preferisce fare le discussioni all'interno di oscuri CTS e comitati vari, di trattative di corridoio che evitano di portare, per esempio, la legge di bilancio al Senato nei tempi previsti. Noi siamo invece per fare le cose davanti a tutti, però ci è stato detto di no. (Applausi). È successo anche di peggio: è stato bocciato un ordine del giorno che chiedeva di scongiurare - questa era l'espressione - l'imposizione del green pass ai bambini al di sotto dei dodici anni. Ci hanno detto di no.
Il senatore Romeo ha depositato - e chiedo formalmente che venga pubblicato negli atti allegati alla seduta - un elenco di studi di altissima qualificazione che dicono che è ingiustificabile, non è necessaria ed è sconsigliabile la vaccinazione dei bambini al di sotto dei dodici anni, salvo i casi particolari, come quelli degli immunodepressi e simili. Questo però non è stato sufficiente.
Cito soltanto una persona, il professor Vaia, direttore dello Spallanzani, l'istituto di punta nel nostro Paese nella cura delle malattie infettive, particolarmente distintosi nella lotta al Covid, il quale proprio oggi dice che non vede la necessità di vaccinare i bambini al di sotto dei dodici anni. Chiedere solidarietà sociale a bambini al di sotto dei dodici anni rasenta l'ideologia e il fanatismo. Questo è quanto è stato detto da uno studioso serio. (Applausi).
Chi stai invece dall'altra parte? Pfizer e Moderna naturalmente; ti pare che dicono che le loro cose non vanno bene? Tra parentesi, ci sono parecchie cose di Pfizer che nel passato non sono state molto corrette. Quanto al vaccino Moderna, ci sono sei importanti Paesi europei che lo stanno vietando ai soggetti al di sotto dei trent'anni, mentre lo si vuole introdurre addirittura per i bambini di cinque. Ma dove sta la ragionevolezza, dove sta il rispetto degli italiani e dei bambini? (Applausi).
Tra i principali sostenitori della vaccinazione dei bambini c'è Walter Ricciardi, il quale proprio oggi ribadisce di essere assolutamente certo che vadano vaccinati i bambini al di sotto dei dodici anni, citando dati totalmente inventati sull'andamento dell'epidemia in Inghilterra: parla di decine di morti tra i bambini, peccato che il sito ufficiale dell'istituto per la sanità parli di sei vittime in tre mesi e sotto i diciotto anni, ma forse i bambini di diciotto anni sono un'altra cosa.
Lo stesso Ricciardi si è distinto per varie cose; in particolare pochi giorni fa, il 22 ottobre, partecipando a una trasmissione televisiva ha detto che chi aveva fatto il vaccino Johnson&Johnson doveva rifarlo entro due mesi. Su richiesta di chiarimento da parte della conduttrice del programma, ha dichiarato che doveva essere rifatto subito, a distanza di due mesi. Su questa incredibile affermazione hanno convenuto Franco Locatelli, coordinatore del CTS, Guido Rasi, tra i principali consiglieri del ministro Speranza e lo stesso sottosegretario Sileri. Poi, però, che cosa è successo? Si scopre il documento della FDA (Food and drug administration) americana - o meglio, lo scopre la professoressa Gismondo, che è andata a vedere - in cui si diceva che il richiamo del vaccino Johnson&Johnson andava fatto almeno due mesi dopo la prima somministrazione: «at least two months after». Non dico che è stato un errore di traduzione; il problema è che non si è capito il senso della frase e, sulla base di una frase mal letta e mal tradotta, coloro che hanno in mano i destini della nostra sanità e dei nostri bambini hanno fatto affermazioni incredibili e, anziché essere mandati via, continuano a stare lì.
Potremmo poi citare tutta la serie di scienziati, come si dice particolarmente in questa città, che nel febbraio 2020 dicevano che il Covid non rappresentava nessun pericolo e che era più facile morire colpiti da un fulmine e così via.
Parliamo però un momento di Brusaferro, cioè di colui che, insieme al ministro Speranza, ha portato avanti un'azione durissima - parole dello stesso Ministro - nei confronti dell'Organizzazione mondiale della sanità perché occultasse il documento in cui si dimostrava che l'Italia era in grave ritardo sul piano pandemico, non avendolo aggiornato dal 2006, e non avendolo fatto scattare a tempo dovuto. Una carenza che probabilmente è costata migliaia di morti, tanto è vero che l'Italia ha avuto una mortalità molto più alta degli altri Paesi, specialmente nella prima fase.
La grande preoccupazione del ministro Speranza e di Brusaferro è stata di occultare il documento; dopodiché, il ministro Speranza, proprio qui al Senato, ha detto che non aveva fatto alcuna pressione nei confronti dell'Organizzazione mondiale della sanità, e abbiamo la sua stessa testimonianza, pubblicata da «Report», che dice di aver appena parlato con il direttore regionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità, Kluge. (Applausi).
Ebbene, negli Stati Uniti chi mente davanti al Congresso rischia fino a cinque anni di carcere; noi a Speranza chiediamo soltanto che se ne vada (Applausi) e che lasci il posto a una persona che sia in grado di gestire una situazione così delicata. Non possiamo obbligare le persone a vaccinare i bambini sulla base di dichiarazioni di persone che si dimostrano bugiarde davanti al Senato. (Applausi).
Chiediamo che si attuino tutte le misure che servono; vogliamo una Commissione di inchiesta seria, non come è stata ristretta nel suo ambito; chiediamo di attivare le cure domiciliari e tutto quello che serve.
Fratelli d'Italia vuole il bene comune, vuole lavorare per le misure che servono e non per fare un po' di copertina, per fare un po' di sfarzo.
Vogliamo difendere i bambini rispetto a un trattamento non giustificato da evidenze scientifiche. (Applausi).
PARRINI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARRINI (PD). Signor Presidente, gentili colleghi e colleghe, il Gruppo Partito Democratico è a favore del provvedimento oggi in votazione. Siamo mossi, come componenti di questo Gruppo, da alcune convinzioni, la prima delle quali vorrei esprimere con molta forza.
Continuiamo a domandarci che cosa sarebbe accaduto nel nostro Paese se, invece di prevalere una linea di intelligente rigore, fosse prevalsa una linea di irresponsabilità, di cui abbiamo avuto, purtroppo, anche oggi in quest'Aula ulteriori esempi. (Applausi). Penso che questa domanda dovrebbe essere alla base di ogni nostra valutazione.
Nella retorica no vax, boh vax, anti-vax, così come in quella no pass, boh pass e anti-pass, c'è un qualcosa di irresponsabile - lasciatemelo dire, colleghi - non soltanto per i suoi contenuti intrinseci, che sono gravi, ma per il fatto che credo venga sparsa in maniera così disinvolta perché tanto si sa che quelle idee malsane, per fortuna, in Italia non saranno mai maggioritarie (Applausi) e non saranno mai messe alla prova. E, allora, in questa irresponsabilità c'è anche una componente di viltà, che ancora una volta vorrei denunciare dai banchi del Senato. L'ho fatto in tanti interventi sul contrasto al Covid.
Colleghi, è facile maturare la convinzione che dalla comprensione sia legittimo passare anche a un sentimento di insofferenza, per tutto questo rumore di fondo (Applausi) così davvero poco rispettoso di un interesse pubblico che va difeso sempre, quello della salute collettiva, della protezione delle persone più deboli.
Vedete, si parla con leggerezza - l'ho sentito fare anche oggi - di Commissioni di inchiesta. Una commissione di inchiesta la vorrei fare anche - ce ne dovremmo occupare, tra l'altro - su tutto quel pazzesco meccanismo di diffusione di fake news che crea grandi problemi alla nostra democrazia. (Applausi). Altro che Commissione di inchiesta sulla gestione del Covid! Ce ne vorrebbe una sulla propalazione sistematica di fake news nella loro versione cospirazionista, nella loro versione più greve e volgare. Credo che questo sia un grande problema.
L'Italia oggi può costituire un modello per gli altri Paesi - e tutti ce lo riconoscono, se guardiamo i dati delle scorse settimane - proprio perché si è scelta la strada del rigore intelligente. Cosa significa rigore intelligente? Significa certamente partire da un approccio severo, significa sapere che soltanto la fermezza ci può permettere di battere il virus, significa fare tutte quelle concessioni e quegli allentamenti che sono possibili senza venir meno a questa linea generale e significa andare avanti sulla base di un'attenta valutazione delle evidenze scientifiche che sono sotto i nostri occhi. Tali evidenze scientifiche non possono essere un esercizio di bricolage e di autonomia nella raccolta dei dati e di equiparazione tra vera scienza e falsa scienza, perché questa è la fake news più grande.
Credo infine che sia estremamente pericoloso il tentativo, che viene portato avanti da mesi, di insinuare dubbi sulla credibilità delle conclusioni raggiunte dalla comunità scientifica, di picconare giornalmente quello che ci viene detto da chi ha la responsabilità grave e pesante, ma essenziale, di dirci cosa possiamo fare, cosa è prudente fare e quali trattamenti sanitari sono estremamente consigliabili e necessari.
Vorrei fare un appello, dopo una discussione durata diversi giorni all'interno della nostra Commissione, dove si sono superate situazioni non facilissime e dove non si è registrata purtroppo quell'unanimità, anche all'interno della maggioranza, che io invece auspico sempre: attenzione ai segnali che diamo. Devo dire che mi sono approcciato a questo decreto-legge, qualche giorno fa, con una speranza relativa ai dati degli ultimi giorni, che coincidono con l'abbassamento delle temperature, con l'arrivo di una stagione più fredda e con l'aumento delle attività che si svolgono al chiuso: i nuovi contagi oggi sono 2.000 in più rispetto a ieri e c'è una ripresa, per ora non fortemente preoccupante, ma sicuramente visibile, nell'andamento dei contagi. Speravo che tutto questo, e anche l'osservazione e la valutazione di quello che sta avvenendo in Paesi vicino a noi che hanno seguito linee diverse dalle nostre, inducesse tutti a una maggiore responsabilità e a una moderazione degli istinti di attacco a parti della politica del green pass. Dobbiamo essere molto chiari: l'unica arma contro il Covid è il vaccino e l'unica cosa che ci ha fatto ripartire è il green pass. Poche storie, questa è la verità. (Applausi). E allora, se questa è la verità, come io credo, bisogna stare estremamente attenti ai segnali che si mandano all'opinione pubblica.
Vorrei infine dire che sono molto d'accordo con le scelte che sono state fatte dal Ministero degli interni per quanto riguarda le restrizioni da introdurre alle manifestazioni dei cosiddetti no pass. Il diritto di dissentire è sacrosanto, ma quel diritto non può essere esercitato mettendo in pericolo la salute pubblica e mettendo in pericolo un altro diritto degli italiani, il diritto al lavoro. Mi pare che, da questo punto di vista, le cose migliori e più sagge come al solito le abbia dette ieri nell'assemblea dell'ANCI a Parma il nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È con le sue parole, che non hanno bisogno di nessun commento, che vorrei concludere il mio intervento. Il Capo dello Stato ha detto: «Le forme legittime di dissenso non possono mai sopraffare il dovere civico di proteggere i più deboli. Dobbiamo sconfiggere il virus, non attaccare gli strumenti che lo contrastano».
Credo che queste parole, meglio di ogni altra considerazione che può fare qualsiasi di noi, ci descrivano qual è la sfida che abbiamo di fronte. È una sfida che possiamo vincere, ma che vinceremo soltanto se ci sarà grande compattezza e coesione, da parte delle istituzioni e dei cittadini, nella lotta a questa pandemia. (Applausi).
RUOTOLO (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUOTOLO (Misto-LeU-Eco). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, ancora una volta siamo qui a dover approvare un provvedimento salva-vite. Dobbiamo infatti convertire in legge il decreto entrato in vigore il 15 ottobre scorso e cioè dobbiamo estendere l'impiego del green pass all'accesso ai luoghi di lavoro pubblici e privati. Pur avendo il consenso di gran parte della popolazione, soprattutto questo decreto-legge ha suscitato manifestazioni di protesta e prese di posizione estreme, anche in quest'Aula, come ha appena ricordato il presidente Parrini. Voglio qui ricordare le immagini ignobili dei manifestanti di Novara, vestiti come i deportati dei lager nazisti. (Applausi). Ignoranti che non conoscono la storia, perché confondono il diritto alla salute in uno Stato che vuol salvarti la vita con il vaccino, da un regime che si è macchiato dei peggiori crimini contro l'umanità: la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico.
Onorevoli colleghe e colleghi, il green pass è il semaforo verde per poter partecipare alla vita sociale del Paese, uno strumento che funziona, perché spinge a vaccinarsi. Chi non accetta però il vaccino, se vuole partecipare alla vita sociale, deve fare il tampone. A proposito dei tamponi, nelle settimane scorse si è dibattuto se fosse il caso o meno di far pagare i tamponi ai non vaccinati. Nel decreto-legge che stiamo approvando, l'articolo 4 dispone l'obbligo per le farmacie di applicare il prezzo calmierato per la somministrazione dei predetti test rapidi. È una scelta sulla quale ci ritroviamo, anche se c'è sempre da chiedersi perché le parafarmacie non possano fare il tampone rapido. Comunque l'applicazione del prezzo calmierato sarà assicurata anche dalle strutture sanitarie convenzionate, autorizzate o accreditate con il Servizio sanitario.
Colleghi, come sapete, nel corso dell'esame in Commissione, come ha appena detto anche il presidente Parrini, il provvedimento è stato in più parti oggetto di modifiche. Nel votare gli emendamenti, non sempre come maggioranza che sostiene il Governo Draghi ci siamo ritrovati dalla stessa parte. Alcuni di questi emendamenti sono passati a maggioranza ristretta. Certo, questo fa parte della normale dialettica parlamentare, ma è evidente che il Governo si deve porre il problema di come si costruiscono questi provvedimenti, in relazione alla maggioranza e al Parlamento, costruendo così una sintesi che sia effettivamente tale ed equilibrata.
Basta sfogliare i giornali e le agenzie di stampa, per capire che non siamo ancora usciti dalla pandemia e anzi c'è una recrudescenza del virus a livello europeo. Di certo qui da noi, in Italia, le cose vanno meglio, perché il Governo ha tenuto la barra dritta e per questo possiamo avere meno paura di altri, ma nei Paesi vicini al nostro la situazione è preoccupante. In Austria hanno varato un nuovo lockdown selettivo per i non vaccinati. Altro che green pass! I non vaccinati non possono entrare in negozi, ristoranti e piste da sci. Anche in Germania sono preoccupati per la situazione epidemiologica, anche perché si è vaccinato meno del 70 per cento della popolazione e nelle ultime ventiquattro ore 40.000 persone sono risultate positive, il doppio di una settimana fa, per non parlare poi della Gran Bretagna, della Romania, della Serbia, della Croazia e della Bulgaria. È evidente che imporre ai lavoratori pubblici e privati il possesso di una certificazione per accedere ai luoghi di lavoro ha significato una svolta necessaria, per evitare il rischio di nuove chiusure.
La campagna vaccinale è a buon punto, ma se vogliamo contenere il numero dei contagi e mantenere sotto soglia il numero dei ricoveri dobbiamo convincere gli incerti e spingere per la terza dose se non vogliamo rinunciare di nuovo alla vita sociale. Per capire cosa rischiamo è sufficiente proiettarci solo un attimo indietro, all'anno scorso, quando, in questo stesso periodo, vivevamo l'incubo delle chiusure e l'impossibilità di viaggiare, spostarci e incontrare amici e parenti. Vi ricordate il Natale con sei posti a tavola?
Gli esperti ci dicono che siamo all'inizio di una quarta ondata che, se continuiamo a rigare dritto, sarà molto diversa dalle precedenti e potremo non rinunciare alla nostra vita e continuare a lavorare in sicurezza. Se riusciremo a reggere meglio la quarta ondata è perché stanno funzionando vaccino e green pass, mascherine e distanziamento.
Tuttavia, è chiaro che questa quarta ondata ha un corresponsabile: la disinformazione, le fake news e il rifiuto a vaccinarsi nei Paesi dove c'è il vaccino. Questa volta, più delle altre, c'è l'effetto collaterale dei no vax e dei no green pass; non è come l'anno scorso, quando non avevamo ancora il vaccino.
In Italia l'83 per cento della popolazione è vaccinata e l'86 per cento è parzialmente protetta, eppure stanno aumentando i contagi, mentre 2,5 milioni di italiani hanno fatto la terza dose.
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 19,45)
(Segue RUOTOLO). Abbiamo visto tutti le conseguenze, per esempio, delle manifestazioni di Trieste, ossia l'aumento dei contagi e delle ospedalizzazioni. Alcuni colleghi dicono che il problema di Trieste sia la Slovenia, che è a due passi. Non lo so. Io so che il problema di Trieste sono quei 70.000 abitanti non vaccinati su 230.000 e che il famoso corteo del 15 ottobre scorso ha creato un focolaio di 200 contagi. I dati di oggi riportano quasi 8.000 contagi e 60 morti, con il record dei 1.000 casi in Veneto.
Proprio ieri il presidente Mattarella ha detto che le piazze no vax hanno provocato un pericoloso aumento dei contagi. È dunque il momento di non cedere alle piazze, sempre più tossiche per la nostra democrazia, dove non si rispettano le regole (dal distanziamento, alle mascherine), si danno vita a cortei non autorizzati e a scontri con le Forze dell'ordine, si grida «libertà, libertà» e si picchiano i giornalisti che hanno il dovere di raccontare quelle manifestazioni.
Certo, dobbiamo garantire i diritti di chi dissente, ma abbiamo anche il dovere di garantire la salute dei cittadini e delle cittadine, vaccinati o meno. Dunque, sì alle manifestazioni statiche con mascherine indossate.
Il Parlamento e noi tutti siamo chiamati a indicare la strada e non possiamo tentennare o farci ammaliare dalle sirene di un malinteso senso di libertà. Le conseguenze, in alcuni Paesi europei, di cancellare le restrizioni appena i dati sono stati positivi sono sotto gli occhi di tutti. Il nostro Governo ha invece giustamente scelto la strada di una riduzione graduale delle restrizioni ed è questa che dobbiamo continuare a percorrere. È attraverso le vaccinazioni che usciremo dalla pandemia.
Dobbiamo essere consapevoli, però, che la pandemia andrà avanti fino a quando i Paesi poveri non riceveranno i vaccini di cui hanno bisogno. Pensate che in Africa è stato vaccinato meno del 5 per cento della popolazione.
Signor Presidente, membri del Governo, colleghe e colleghi, nel concludere il mio intervento annuncio il voto favorevole alla fiducia delle senatrici e dei senatori della componente Liberi e Uguali-Ecosolidali del Gruppo Misto. (Applausi).
VITALI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VITALI (FIBP-UDC). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, voglio iniziare questo mio intervento cercando di fare un'operazione di verità e di chiarezza, per dare l'idea di come ci approcciamo a questa problematica e delle motivazioni per le quali sosteniamo senza se e senza ma l'azione del Governo e condividiamo, dall'inizio alla fine, tutti i provvedimenti resisi necessari per contrastare o per prevenire la diffusione del Covid.
Ci rendiamo anche conto, pur non condividendole, di alcune ragioni sostenute da chi ritiene di non doversi o di non volersi vaccinare, probabilmente per il fatto che per la prima volta nella storia del mondo civile un vaccino è stato licenziato in pochissimi mesi, mentre gli altri vaccini hanno avuto anni di prove e di sperimentazioni e questo crea delle perplessità. A questi concittadini, vogliamo dire che non esiste un vaccino che escluda totalmente la possibilità di effetti collaterali, anzi direi che non esiste nessun medicinale che escluda effetti collaterali, basta leggere i bugiardini di qualunque confezione per conoscerne gli effetti collaterali del prodotto. La nostra posizione è dovuta al fatto che, mettendo sulla bilancia i potenziali rischi - soltanto una sperimentazione continuativa ed il tempo ci dimostreranno quali possono essere questi effetti collaterali e se sono contrastabili - con gli effetti sicuramente positivi, la bilancia pende dalla parte della tutela della salute. La nostra posizione è frutto della consapevolezza dei quasi 140.000 decessi che abbiamo avuto in meno di due anni, è frutto della considerazione che gli organismi internazionali sanitari per l'Europa hanno previsto, fino a febbraio, mezzo milione di decessi per il Covid e che da dicembre gli esperti scientifici nazionali prevedono un contagio che ammonterà a 15.000 casi mensili e oltre.
Credo che invece vada apprezzato lo sforzo del Governo che, pur tutelando la salute ed il diritto al lavoro, ha cercato di tutelare anche il libero arbitrio, cioè la possibilità di chi ritiene di non vaccinarsi di non farlo, senza però intralciare e senza infierire sui diritti di coloro che invece liberamente hanno scelto di farlo.
Questo decreto-legge si pone proprio questo problema, per cui stabilisce che se vogliamo mantenere i livelli occupazionali ed incentivare l'occupazione, l'unica maniera per farlo in questo momento è il vaccino. Voglio dire ai colleghi che hanno citato alcune posizioni scientifiche che non vanno esattamente nel senso di quello che noi riteniamo, che quando si pone un problema relativo alla salute, tra una tesi restrittiva e una invece estensiva, bisogna propendere per quella restrittiva se non ci sono prove scientifiche che escludano totalmente la necessità di ricorrere a questi sistemi.
Il lavoratore, quindi, non è obbligato a vaccinarsi, ma deve sapere che se non si vaccina e non si sottopone al tampone, non perde il posto di lavoro, non viene sanzionato in via disciplinare, ma viene sospeso dallo stipendio. Il lavoratore può ovviare a questa situazione sottoponendosi al tampone. Anche a questo proposito voglio dire con molta chiarezza che il tampone deve essere una spesa a suo carico, perché lo Stato gli garantisce gratuitamente la vaccinazione, che è uno strumento utile per poter contrastare e per potersi difendere dal virus. (Applausi).
Uno Stato di diritto come il nostro concede anche la possibilità a chi non la pensa in questa maniera di manifestare, ma manifestare non significa bloccare i centri storici, non significa bloccare le attività economiche, non significa aggredire la Polizia e le Forze dell'ordine, non significa limitare i diritti e le libertà di coloro che invece si sono sottoposti al vaccino. (Applausi). Si può manifestare, noi rispettiamo la minoranza e le minoranze, ma allo stesso modo le minoranze devono rispettare le maggioranze, perché questo prevede la democrazia. (Applausi).
Un'altra cosa voglio dire alle tante Cassandra: smettiamola di guardare che cosa succede negli altri Stati quando adottano misure che sembrano meno repressive delle nostre, cerchiamo di essere orgogliosi di quello che ha fatto il nostro Paese, che non è frutto di buona sorte, ma di impegno, di senso di responsabilità, di giusta sintesi tra politica ed evidenze scientifiche. (Applausi). E oggi, se ci sono Paesi come la Germania o l'Inghilterra che guardano l'Italia come esempio da imitare, evidentemente i sacrifici che abbiamo fatto non sono stati inutili. (Applausi).
La nostra posizione è favorevole alla vaccinazione anche per un altro motivo. Non soltanto non guardiamo quanto succede all'estero e cerchiamo di essere orgogliosi per ciò che siamo stati capaci di fare, ma pensiamo anche a quei territori del globo che non hanno la possibilità, anche volendolo, di potersi vaccinare perché non hanno le risorse finanziarie. (Applausi). Questa è veramente una bestemmia. Non lo dirò in maniera arrabbiata come il collega Pagano, ma lo dico con lo stesso convincimento e con la stessa decisione. (Applausi). La nostra posizione è senza se e senza ma a favore di una campagna vaccinale a tappeto - lo voglio dire a qualche collega - e non è frutto di autolesionismo, ma è una scelta consapevole, che vuole scongiurare definitivamente, se ve ne fosse la possibilità, di ritornare al lockdown, che ha bloccato le attività imprenditoriali e il lavoro. (Applausi). Abbiamo subito danni e le relative conseguenze e non vogliamo più ritornare nelle stesse condizioni.
Non siamo usciti dal tunnel: vediamo una luce e la vediamo grazie alla vaccinazione e al green pass. Sicuramente non è il toccasana; non è uno strumento che ci immunizza totalmente dal Covid, ma una cosa è certa: riduce drasticamente le conseguenze negative dell'infezione e cerca di allentare un peso che era diventato insostenibile nei confronti della nostra sanità, perché non esiste soltanto il covid nel nostro Paese, ma anche interventi urgenti e interventi oncologici hanno bisogno di essere espletati esattamente come tutti gli altri.
C'è assoluta condivisione sulla linea del Governo. Abbiamo, però, sentito esprimere delle posizioni critiche in quest'Aula da parte di alcuni colleghi. Non le condividiamo totalmente, ma due meritano un'attenzione. La prima è relativa all'immigrazione. Ci si potrebbe chiedere cosa c'entra l'immigrazione con la difesa dal Covid. C'entra moltissimo. Al di là della solita considerazione che non può essere il nostro Paese ad avere sulle spalle da solo il peso di disperati che pensano di trovare l'Eldorado, ma deve essere l'Europa, se è vero che è unita, a farsi carico in maniera responsabile di questo fenomeno, c'è un'altra considerazione: oggi l'immigrazione clandestina diventa un veicolo incontrollabile di contaminazione che non possiamo permetterci e, quindi, invitiamo il Governo a prendere posizioni serie su questo problema.
Un'altra considerazione che condividiamo tra le tante dette che, invece, non ci trovano d'accordo è che, quando si chiede il rispetto della legge e delle regole, questo deve valere per tutti, anche per i contestatori dei rave party, che devono rispettare le leggi. Non si può dire che, per evitare problemi di ordine pubblico, si lascia fare a quei signori che li organizzano ciò che vogliono, perché non è un esempio corretto e non credo che arrivino contemporaneamente 10.000 persone nei luoghi di ritrovo.
Presidente, avrei evitato la questione di fiducia. È vero che all'interno della 1a Commissione, dove il provvedimento è stato approfondito, sono emerse delle diversità, ma credo che è sempre prevalso il senso di responsabilità. E lo dico nell'interesse non del Governo, ma del Parlamento. Era giusto che nell'Aula, di fronte ai cittadini, ognuno si assumesse le proprie responsabilità, libero di dire le proprie posizioni, ma liberi anche noi di confutarle in maniera scientifica e politica. Questo non è stato possibile ed è un peccato, perché si è violata una regola della democrazia parlamentare.
Ciononostante, nel merito condividiamo e invitiamo il Governo ad andare avanti su questa strada e daremo convintamente un voto favorevole al provvedimento in esame. (Applausi).
AUGUSSORI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AUGUSSORI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, facciamo subito chiarezza: la Lega è per un pieno e convinto sì al piano vaccinale, la cui buona riuscita è, assieme alla ripresa economica, la ragione per cui siamo entrati in questo Governo. La Lega è anche per un pieno e convinto sì al green pass, se inteso come strumento per garantire le aperture e per ridurre la diffusione del contagio - in questo caso - all'interno dei luoghi di lavoro. (Applausi).
Non condividiamo, però, un uso forzato del green pass come strumento per indurre forzatamente alla vaccinazione, introducendo un surrettizio obbligo mascherato. Non è questo il motivo per cui è stato istituito. Ve lo ricordate il green pass europeo? Probabilmente no, perché siete europeisti a targhe alterne, solo quando vi fa comodo. Vaccino e tamponi vanno a braccetto, di pari passo, ed entrambi sono - o dovrebbero essere - strumento per garantire la libera circolazione.
Non c'è bisogno di un'imposizione, anche perché siamo ormai prossimi al 90 per cento di vaccinati; residua un 10 per cento fisiologico, quota che possiamo ritrovare in ogni campagna vaccinale, e ciò accade per varie ragioni: per scelta, per paura, per non conoscenza.
Le prime dosi sono ormai praticamente azzerate e questo 10 per cento lo possiamo ridurre solo informando e convincendo, non mostrando i muscoli. Rendetevi conto che, forzando la situazione, non aumenteranno i vaccinati, ma si otterrà l'effetto contrario.
Io non difendo quelle persone. La mia opinione è che sbaglino, ma le rispetto e cerco di capire le loro ragioni. Ve lo dico da convinto sostenitore del vaccino. Mi sono vaccinato subito, appena aperta la mia fascia di età, e mio figlio minorenne è vaccinato. Vengo dalla provincia di Lodi, quella di Codogno e, quindi, conosco bene la pericolosità del Covid-19: l'ho visto coi miei occhi nei giorni più tremendi. Assieme al collega Simone Bossi, che mi siede vicino, della confinante provincia di Cremona, sono stato il primo senatore a essere chiuso in casa e non su una spiaggia della Puglia o, come voi del PD, non ho preso l'aereo per venire a Milano sui Navigli a fare l'aperitivo o non mi sono fatto fotografare mentre mi ingozzavo di involtini primavera. (Applausi).
Ve lo ripeto: è sbagliato forzare la mano, perché ciò accentuerà la tensione.
In Commissione abbiamo affrontato questo provvedimento con lo scopo di migliorarlo, perché nessun decreto-legge nasce perfetto e tutti raccolgono aggiustamenti lungo il proprio iter di conversione. L'abbiamo fatto sostenendo l'applicazione del green pass dove serve, ma proponendo di limitarne l'applicazione dove non serve a ridurre il contagio, con lo scopo di agevolare il suo uso serio e condiviso, con interventi che mirassero - ad esempio - a ridurre le code davanti alle farmacie e, indirettamente, riducendo i costi per lo Stato. Questo lo dico perché non voglio credere - anche se molti fuori da qui lo pensano - che ciò che vi spinge sia la volontà di ingrassare gli utili di Pfizer e dei produttori di tamponi.
Per venire ad alcuni temi da noi proposti, parlo - ad esempio - dei lavori all'aperto, quelli in solitaria o in remoto. Vi chiedo: se si può stare all'aperto in un ristorante, senza green pass e senza mascherina, perché volete imporre questo obbligo a chi taglia la legna in montagna, a chi fa il guardiano del faro in piena solitudine o a chi lavora da casa collegato alla rete? Qual è il rischio di diffondere il contagio? Nessuno.
Stesso discorso vale per i giovani che fanno sport all'aperto e senza contatto. Che rischi di contagiarsi o contagiare si corrono giocando a tennis, dove la persona più vicina è a venti metri, o facendo sci di fondo nei boschi? E ben sappiamo, in ogni caso, il basso impatto che un'eventuale infezione da Covid-19 ha sui giovani. Essendo minorenni, non possono scegliere in autonomia se vaccinarsi. Quindi, voi state creando conflitti nelle famiglie e, di conseguenza, anche costi per i tamponi. In questo caso, esponete quei ragazzi anche a lunghe code al freddo, davanti alle farmacie, magari attorniati da decine di persone non vaccinate e magari togliendo lo slot nella farmacia a chi ne ha bisogno per andare al lavoro il giorno dopo a guadagnare la pagnotta. Non ha alcun senso! (Applausi).
Sapete cosa otterremo? Avremo giovani che, per questo, smetteranno di fare sport e ciò è male. Abbiamo fatto proposte di buon senso e avete respinto tutto, solo leggendo la firma dell'emendamento e con motivazioni che fanno ridere. Avete dato parere contrario persino a un ordine del giorno che chiedeva di calmierare i prezzi dei tamponi in farmacia, misura che il Governo ha già preso.
Non li avete nemmeno letti! (Applausi). Emendamento Lega? Parere contrario! Volete accanirvi. La vostra filosofia è quella di punire ed isolare. Lo dimostrate continuamente, con una rabbia vendicativa e vessatoria, tipica di chi usa i muscoli e non il cervello. Il vostro motto è guai ai vinti.
Ve lo dice un convinto pro vax: state tirando troppo la corda. Prima o poi si rompe. Invece di unire volete dividere. Discriminate e pare quasi che godiate nel farlo. Per vent'anni vi ho sentito ciarlare del non discriminare le minoranze e ora siete voi i primi a farlo. Siete arrivati a discriminare persino sulla cultura. Chi ha il green pass può prendere in prestito libri gratis in biblioteca; gli altri se li vadano a comprare in libreria, come se il virus poi facesse differenza tra un edificio e l'altro.
Ve lo dico in sincerità. Pensate di essere grandi statisti, ma siete solo dei piccoli despoti. Siete arrivati a negare i fondamenti della medicina. Negate che l'immunità naturale di chi è guarito dal Covid-19 sia più forte e duratura di quella indotta da vaccino. Negate che i milioni di guariti ma non tracciati siano uguali ai guariti ufficiali tracciati da tampone positivo o negativo.
Quando il politico rinuncia al suo ruolo, che è quello di fare scelte di buon senso, come un buon padre di famiglia, ma si comporta invece da matrigna, è l'inizio della fine della democrazia. (Applausi). Quando si abdica e si lasciano le scelte a freddi, grigi e ottusi burocrati ministeriali, che rispondono a chissà quali logiche e non certo a quella di rappresentare il popolo, è l'inizio di un regime. Fermate questo vostro atteggiamento. Fermatevi finché siete in tempo.
Uniche cose positive, perché sono un inguaribile ottimista, è l'approvazione della nostra proposta di considerare valido il tampone fino al termine del turno di lavoro, portandolo di fatto da quarantotto a cinquantasei ore di durata, nonché l'accoglimento del nostro ordine del giorno che impegna il Governo a stabilire i criteri per sancire la fine dell'emergenza e delle misure restrittive.
Presidenza del vice presidente LA RUSSA (ore 20,09)
(Segue AUGUSSORI). Se si chiedono sacrifici, bisogna essere trasparenti e dare una chiara prospettiva che definisca quando tutto ciò avrà termine. Se ci sarà questa chiarezza, lo si deve solo alle insistenti battaglie della Lega in Commissione. (Applausi). Per il resto, nulla. Siamo partiti da un decreto-legge mediocre, con falle in più parti, e abbiamo chiuso con una legge di conversione ancor peggiore, sorda e cieca anche davanti all'evidenza.
Veniamo alla dichiarazione di voto. Signor Presidente, se fossimo davanti a un libero voto sul merito del provvedimento, la nostra scelta sarebbe scontata. Di fronte, però, a un voto di fiducia, con l'unico intento di non lasciarvi mano libera e campo libero per fare ulteriori forzature, confermiamo la nostra presenza e fiducia al Governo del presidente Draghi. (Applausi).
GARRUTI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GARRUTI (M5S). Signor Presidente, colleghi, l'Italia è il Paese che più di ogni altro in Europa e forse nel mondo sta dando esempio di corretta e rigorosa gestione della pandemia. Lo abbiamo dimostrato sin dall'inizio con una impostazione politica data dall'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che poggiava le proprie fondamenta sui dati scientifici. E continuiamo a dimostrarlo anche oggi, a dispetto di chi, sin dall'inizio della pandemia, litigava un giorno contro le aperture e l'altro contro le chiusure, oppure contestava il prolungamento dello stato di emergenza per poi dire che l'emergenza non era stata gestita correttamente. Oggi la prova di ciò che ho detto la si vede nelle difficoltà che stanno vivendo altri Paesi con morti e contagi in forte aumento, a cui stanno cercando di porre rimedio esattamente come ha fatto l'Italia, con la differenza che l'Italia ha optato per il green pass prima dell'arrivo della quarta ondata, mentre altri Paesi lo stanno facendo ora, in piena nuova ondata di contagi.
Il provvedimento in esame di certo non è semplice da digerire per molti italiani: il green pass è lo strumento della ripartenza dell'Italia. Di alternative migliori sul tavolo non ce ne sono, ma nel mondo del lavoro ci sono state criticità serie e non è ignorandole che si offre una soluzione politica. Abbiamo visto anche le tante manifestazioni che si svolgono nel nostro Paese, tra espressioni pacifiche di dissenso e comportamenti invece inaccettabili. C'è un livello di tensione che preoccupa ed è doveroso l'impegno di tutti affinché la tensione si allenti.
Ciò che ha ispirato e guidato la nostra azione emendativa è stata la necessità di non inasprire i conflitti sociali, già presenti e molto spesso latenti nel nostro Paese, e di prevedere iniziative che potessero non aggravare la situazione economica dei lavoratori attraverso le misure, seppur necessarie, introdotte dal decreto-legge.
La maggior parte delle persone ha fatto il vaccino, a riprova della grande responsabilità nazionale ed oggi, come unico disagio, ha quello di dover esibire, quando richiesto, il proprio certificato verde. Chi non è vaccinato può ottenerlo con il test, il cui prezzo è stato da tempo calmierato e che, con un ordine del giorno approvato in Commissione, potrà costare ancora meno per le famiglie con redditi bassi. Inoltre, abbiamo lavorato per chiarire una volta per tutte la validità del green pass all'interno del turno di lavoro: è sufficiente che il certificato sia valido all'inizio della giornata lavorativa per permettere al lavoratore di portare a termine regolarmente il proprio turno.
Abbiamo poi discusso a lungo su due argomenti fondamentali: il primo riguarda i test sierologici per i guariti da Covid, mentre il secondo i lavoratori all'aperto. Per entrambi abbiamo ottenuto l'approvazione di due impegni al Governo: nel caso dei guariti da Covid, l'Esecutivo si impegna entro il 31 dicembre a effettuare uno studio che possa portare all'estensione o all'esenzione dal green pass per coloro che, grazie all'immunità naturale conseguente al contagio, abbiano la presenza di anticorpi neutralizzanti anti-Covid in quantità uguale o superiore a un valore soglia stabilito dal Ministero della salute. Sul fronte dei lavoratori all'aperto non abbiamo purtroppo avuto dal Governo risposte tali da poter esentare dal green pass coloro che, lavorando in luoghi aperti, non hanno contatti con terze persone. Anche in questo caso siamo però riusciti a far approvare un impegno per il Governo a effettuare una ricognizione delle categorie lavorative le cui prestazioni siano svolte esclusivamente all'aperto o in forma individuale, tali da poter esentare il lavoratore dal possesso e dall'esibizione del certificato verde. Lo stesso abbiamo fatto e ottenuto per i lavori da casa, il cosiddetto telelavoro.
L'attenzione che oggi stiamo avendo per la salute degli italiani è massima e non possiamo abbassare la guardia. Quel patto sociale che c'è stato sin dall'inizio della pandemia tra istituzioni e cittadini deve continuare anche oggi. La lotta contro questo virus non è ancora conclusa e, per evitare una nuova salita dei morti, dei malati gravi e dei contagi, dobbiamo continuare a tenere alto il livello di attenzione. E il green pass, nonostante i disagi e le arrabbiature che ha provocato in alcuni cittadini italiani, è uno strumento per questa lotta.
Nei discorsi ascoltati in quest'Aula si è ragionato di lesioni di diritti, della mancata osservazione della Carta costituzionale, di obblighi o meno vaccinali e della necessità del green pass. Nonostante tutte le diverse opinioni - intendiamoci rispettabilissime - possiamo affermare che, con i vaccini e con il green pass, siamo tornati alla quasi normalità. In questa fase delicatissima, che alcuni hanno definito come inizio della quarta ondata dell'epidemia, per fortuna l'Italia sta soffrendo meno di altri Paesi. Questo però non giustifica alcun tentativo di abbassare la guardia, né tantomeno di assumere un atteggiamento acritico nei confronti delle scelte del Governo. In base alle risultanze scientifiche e all'andamento dei dati epidemiologici, infatti, abbiamo chiesto e ottenuto che si adotti una strategia chiara, comunicata per tempo, sulla permanenza o meno dello stato di emergenza, così come sull'uso del green pass, a riprova del fatto che deve essere chiaro che il green pass deve servire solo se necessario. Oggi lo è: è una misura che ha posto l'Italia in posizione di avanguardia nel mondo e messo in sicurezza il Paese.
Per il futuro, Presidente, ogni valutazione non potrà che essere figlia di una rigorosa analisi dei dati.
Per tutti questi motivi annunciò il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle al provvedimento. (Applausi).
PARAGONE (Misto-I-PVU). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
PARAGONE (Misto-I-PVU). Signor Presidente, la Gran Bretagna non ha il green pass, ma ha un'economia che cresce del 6,5 per cento e, quindi, la storiella del green pass che serve per rilanciare l'economia bevetela voi. A voi non interessa la crescita: a voi interessa che le imprese lavorino, così non dovrete pagare loro i ristori e soprattutto potete chiedere agli imprenditori tutte le tasse, tutte le cartelle esattoriali e tutto quello che prima era sospeso.
La Gran Bretagna non chiude perché la loro Commissione d'inchiesta, quella che voi in Italia non volete perché avete paura della verità, sorregge con studi seri la scelta di Boris Johnson, tanto che i giornali britannici non parlano più di Covid. Solo in Italia le siero veline si permettono di squittire. Gente che ha fatto la Brexit figuratevi quanto se ne infischia delle vostre fesserie.
La Gran Bretagna non ha il green pass e non ha le mascherine. La Gran Bretagna non ha gente in piazza a manifestare in difesa della libertà, dei diritti e del lavoro, perché oltremanica a nessuno è saltato in mente di elidere i diritti. Soprattutto la Gran Bretagna non ha un questore come quello di Milano che dice che sabato alle manifestazioni vedremo un altro film. Dite al questore che non è John Wayne. Se nelle piazze d'Italia succederà qualcosa, ne risponderanno questo Governo e la maggioranza.
Voi state incendiando la società perché non vi resta che questo. Le vostre bugie stanno arrivando al capolinea e ve ne accorgerete quando toccherete i nostri figli più piccoli. La vostra accondiscendenza verso le multinazionali del farmaco non vi salverà.
Nel green pass ci sono la vostra idea distorta di democrazia, cittadini divisi, diritti spacchettati, libertà condizionata. Il vaccinato spontaneamente è il vostro cittadino perfetto. Big Pharma fa i profitti senza rischio, voi potete raccontare la storiella del siero salvifico e, se poi muore qualcuno, la colpa è di chi ha scelto di vaccinarsi perché nessuno era obbligato. In cambio però chi si mette in fila per tre avrà il diritto di lavorare e di vivere la vita sociale. Non male.
Questo lasciapassare ricorda quelli della DDR; caduto un muro, se ne fa sempre un altro. Come vi siete ridotti, cari parlamentari.
Draghi è il soggetto più pericoloso che potevate scegliere e mi viene da pensare che aveva ragione Cossiga quando lo definì un vile affarista.
La Commissione d'inchiesta è un obbligo. (Il senatore Paragone mostra un cartello recante la scritta «#Sereni. Vogliamo una Commissione d'inchiesta»).
PRESIDENTE. La prego innanzitutto di usare termini adatti e di non esporre qualunque maglietta o cose simili.
Votazione nominale con appello
PRESIDENTE. Indìco la votazione dell'emendamento 1.8000 (testo corretto), presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, sull'approvazione del quale il Governo ha posto - aggiungo e me ne assumo la responsabilità - ancora una volta la questione di fiducia.
Ricordo che ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione e ai sensi dell'articolo 161, comma 1, del Regolamento, la votazione sulla questione di fiducia avrà luogo mediante votazione nominale con appello.
Ciascun senatore potrà votare esclusivamente dal proprio posto - ripeto, dal proprio posto e non dall'emiciclo - dichiarando il proprio voto.
Estraggo ora a sorte il nome del senatore dal quale avrà inizio l'appello nominale.
(È estratto a sorte il nome della senatrice Bini).
Vi prego di prendere posto. Ringrazio i senatori Questori per l'ausilio.
Invito il senatore Segretario a procedere all'appello, iniziando dalla senatrice Bini.
GIRO,segretario, fa l'appello.
(Nel corso delle operazioni di voto assume la Presidenza il vice presidente ROSSOMANDO - ore 20,48 -).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Proclamo il risultato della votazione nominale con appello dell'emendamento 1.8000 (testo corretto), interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia:
Senatori presenti | 238 |
Senatori votanti | 237 |
Maggioranza | 119 |
Favorevoli | 199 |
Contrari | 38 |
Astenuti | 0 |
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Risultano pertanto preclusi tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno riferiti al testo del decreto-legge n. 127.
Atti e documenti, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 11 novembre 2021
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 11 novembre, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 20,56).