Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 7-00019

Atto n. 7-00019 (in 6ª Commissione)

Pubblicato il 29 ottobre 2024, nella seduta n. 235

TAJANI, BOCCIA, LOSACCO

La 6ª Commissione permanente,

premesso che:

secondo i dati ISTAT, i Comuni rappresentano attualmente circa il 6,5 per cento della spesa pubblica;

nel corso dell’ultimo decennio, i Comuni hanno assicurato il risanamento della finanza pubblica con un contributo annuo che ha fatto scendere la spesa del comparto dall’8,2 per cento agli attuali livelli. La manovra sui Comuni a fine 2022, per il combinato disposto di tagli alle risorse intervenuti nel corso del passato decennio e accantonamenti FCDE, resi obbligatori a partire dal 2015, si è attestata su circa 14 miliardi di euro. Nello stesso periodo, l’indebitamento dei Comuni è sceso dal 3 all’1,5 per cento;

nella legge di bilancio per il 2024, il Governo in carica, nonostante il contributo già fornito dal comparto, ha richiesto ai Comuni un ulteriore gravoso contributo al risanamento della finanza pubblica per il quinquennio 2024-2028 per un ammontare complessivo pari a circa 1 miliardo di euro. Le stesse misure pongono, inoltre, a carico delle Città metropolitane e delle Province un taglio complessivo di circa 300 milioni di euro;

il recente Piano strutturale di bilancio a medio termine ha prospettato un ulteriore contributo aggiuntivo sugli enti locali, delineando, in alternativa, due possibili misure: un incremento della dimensione dei tagli, sotto forma di contributi obbligatori, ad integrazione di quelli già attivati per il quinquennio 2024-2028, oppure un obbligo di spostamento di risorse disponibili nei bilanci locali dalla parte corrente agli investimenti e alla riduzione del debito;

il pesante contributo prefigurato per i Comuni è stato successivamente confermato nel Documento programmatico di bilancio 2024 trasmesso alla Commissione europea e dalle prime notizie che sono state diffuse in merito alla composizione della prossima legge di bilancio;

considerato che:

i Comuni si trovano ad affrontare incrementi di costi di beni e servizi di notevole entità. Nel corso degli ultimi anni hanno inciso in misura significativa sulla spesa reale dei Comuni, il forte aumento dei costi per le forniture, in primo luogo quelle energetiche, per i servizi e soprattutto per la spesa sociale, nonché gli oneri per far fronte agli aumenti dei contratti collettivi nazionali del lavoro e gli aumenti della spesa per il personale;

l’ipotesi di accantonamenti sulla parte corrente dei bilanci dei Comuni, prospettata nei documenti del Governo, in modo tale che, una volta accertato che non vi siano necessità sugli equilibri, lo si possa spendere sulla parte investimenti, rappresenta un forte e preoccupante vincolo che non consentirebbe ai Comuni di poter affrontare spese di carattere essenziale per i propri cittadini, a partire da quelle per i servizi sociali, la scuola e il sostegno alle emergenze locali;

accanto all’improvviso incremento delle spese per forniture energetiche, migliaia di Comuni si trovano altresì ad affrontare il repentino incremento delle spese in bilancio per fronteggiare il dissesto idrogeologico dei territori conseguente al cambiamento climatico in atto e agli eventi climatici estremi, ivi compresa la siccità e la riduzione delle disponibilità idriche per uso potabile;

tenuto conto che:

gli investimenti rappresentano uno degli aspetti decisivi dell’attuale fase di gestione della finanza locale. Con il ritorno alla contribuzione statale a partire dal 2018, successivamente rafforzata dall’avvio del PNRR, si sono prodotti risultati di particolare rilievo. Gli investimenti effettivi (le spese annuali in termini di cassa) sono raddoppiati tra il 2017 (circa 8 miliardi di euro) e il 2023 (oltre 16 miliardi di euro) e sono tuttora in ulteriore crescita (più 28 per cento nei primi 9 mesi del 2024 rispetto al medesimo periodo del 2023);

i dati di forte ripresa degli investimenti rappresentano una motivazione sufficiente per non procedere con ulteriori restrizioni nei confronti dei Comuni, al fine di evitare di mettere a rischio non soltanto i risultati già raggiunti dal comparto, ma anche nell’attuazione del PNRR;

su tale versante occorre un’attenta riflessione che dovrebbe condurre all’esclusione dei Comuni da nuove restrizioni quantitative, ovvero alla loro radicale limitazione quantitativa, anche in ragione delle tendenze e dell’assetto finanziario attualmente rilevabili;

osservato che:

la “spesa primaria netta”, parametro fondamentale del nuovo PSC, è un aggregato non completamente chiarito per ciò che riguarda il livello nazionale e che, in particolare, mal si presta ad una trasposizione meccanica sulle grandezze che caratterizzano gli enti territoriali;

difficoltà tecniche e di opportunità giuridica, fino a possibili contrasti con la ripetuta giurisprudenza costituzionale sulla difficoltà di imporre tetti di spesa, rendono quanto mai complicato traslare sui comparti finanziari locali il parametro della spesa primaria netta. Tale traslazione sarebbe, peraltro, ancor più insostenibile se concepita come limite di riferimento applicabile a ciascun singolo ente locale. La differenziazione delle condizioni finanziarie, fortemente influenzata dai contesti socio-territoriali, comporta altrettanto acute differenze nelle capacità di spesa, che la perequazione non è in grado di superare, lasciando insoddisfatte importanti quote di fabbisogno meritorio;

le manovre espansive, attivate negli ultimi anni per rispondere all’esigenza straordinaria di riequilibrio socio-territoriale, rischiano di essere le prime vittime della prossima legge di bilancio, attraverso la riduzione delle spese dei Ministeri, che in buona parte si concretizza nella riduzione di fondi destinati agli enti locali o a servizi ai territori con surroga degli enti locali. Il taglio di risorse previsto per la legge di bilancio in costruzione appare in tal senso molto preoccupante per le ricadute sulle funzioni e i compiti assegnati ai Comuni;

su alcuni segmenti sensibili della spesa corrente occorre proseguire nel percorso tracciato che si concretizza in maggiori assegnazioni di risorse statali, quasi integralmente vincolate al raggiungimento di obiettivi di sviluppo in diversi campi di rilevanza sociale quali fondi sociali e scuola, incrementi del Fondo di solidarietà comunale per servizi sociali comunali, gli asili nido e il trasporto scolastico degli studenti con disabilità. Nel complesso, pur nell’incertezza dell’andamento di taluni dei fondi che compongono i finanziamenti per il sociale e la scuola, sono attualmente prevedibili maggiori finanziamenti statali per una dimensione a regime superiore ai 2 miliardi di euro annui, da raggiungere entro il 2030. Si tratta di tendenze espansive, comunemente considerate di grande valore economico e sociale, rese possibili dalla ripresa di trasferimenti statali vincolati al raggiungimento di specifici obiettivi. Tra questi, l’incremento della spesa corrente locale a fronte dell’erogazione di maggiori servizi considerati essenziali o particolarmente meritori;

rilevato che:

la perequazione, attuata quasi solo per i Comuni, è allo stato attuale gravemente carente, in quanto non sostenuta da un fondo perequativo statale e affidata quasi esclusivamente al riequilibrio delle risorse interne al comparto comunale;

l’assenza di un contributo statale verticale e senza vincoli di destinazione costituisce una grave contraddizione rispetto all’articolo 119 della Costituzione. La progressione della perequazione comporterà, a legislazione vigente, un travaso di risorse all’interno del comparto per circa 650 milioni di euro tra il 2025 e il 2030. Un dato quantitativo che aggrava un’ampia fascia di Comuni contributori (circa 4.000), aggiungendosi ai tagli già previsti a legislazione attualmente vigente,

impegna il Governo:

1) ad escludere, in vista della predisposizione della prossima legge di bilancio, qualsiasi misura restrittiva delle principali grandezze riguardanti la situazione finanziaria dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, in quanto già allineati con i parametri di virtuosità finanziaria previsti da precedenti manovre e con la traiettoria di contenimento della spesa che il Paese si prefigge per i prossimi anni;

2) a garantire il rafforzamento dei fattori decisivi dell’attuale fase di gestione della finanza locale, ossia gli investimenti e i servizi di rilevanza sociale, quali i servizi sociali, la scuola e il sostegno alle emergenze locali; a sostenere i Comuni sul fronte degli incrementi di spesa dovuti all’aumento dei costi delle forniture di beni e servizi, a partire da quelli energetici, e delle spese sostenute per gli interventi sul dissesto idrogeologico;

3) a garantire il confronto preventivo con i Comuni su qualsiasi manovra del Governo volta al contenimento della spesa di tali enti e delle loro risorse disponibili, al fine di non mettere a rischio l’erogazione da parte dei Comuni dei servizi essenziali, e che la stessa sia concepita solo a livello di comparto e su un orizzonte pluriennale e non sul singolo Comune;

4) a predisporre un confronto preventivo con i Comuni nel cui ambito condividere le informazioni e valutare soluzioni alternative ed aggiustamenti, in tutte le fasi di definizione e valutazione delle nuove regole di finanza pubblica cui gli enti dovranno attenersi; ad evitare, comunque, la trasposizione meccanica del parametro della “spesa primaria netta” sulle grandezze che caratterizzano gli enti locali.