Senato della RepubblicaXIX LEGISLATURA
N. 1405
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa della senatrice SPINELLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 27 FEBBRAIO 2025

Introduzione dell'articolo 2-bis della legge 20 luglio 2004, n. 189, in materia di disposizioni per il benessere degli animali

Onorevoli Senatori. – Se dal punto di vista amministrativo l'acquisto e il possesso di un collare a strozzo, elettrico o di altri strumenti in grado di provocare dolore all'animale, in Italia, non rappresentino un reato, l'articolo 544-ter del codice penale prevede che « Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro ».
Studi scientifici evidenziano i rischi associati all'uso dei collari a strozzo sui cani, gli effetti dannosi sulla loro salute fisica e le implicazioni negative sul loro benessere mentale. I collari a strozzo, progettati per esercitare pressione sul collo dell'animale come metodo di controllo, e quelli elettrici, si basano su meccanismi di correzione che comportano disagio e, in molti casi, dolore. Queste pratiche di addestramento si sono dimostrate lesive per gli animali e inefficaci nel lungo periodo.
Le principali criticità legate all'uso di questi collari riguardano:

i danni fisici: possono causare lesioni gravi alla trachea, al collo, ai nervi cervicali e anche alla colonna vertebrale dei cani. Inoltre, pressioni improvvise e intense possono portare a problemi respiratori, edema e danni vascolari, aumentando il rischio di complicazioni a lungo termine;

gli effetti comportamentali negativi che possono causare: un aumento di stress, paura e ansia nei cani, con un conseguente peggioramento della loro capacità di apprendimento e un potenziale incremento di comportamenti aggressivi o di evitamento;

le conseguenze negative sul benessere generale: l'utilizzo di strumenti coercitivi compromette la relazione tra cane ed essere umano e determina un serio impedimento alla costruzione di un rapporto basato sulla fiducia e sulla comunicazione empatica.

I risultati scientifici hanno portato a un consenso crescente tra veterinari, esperti comportamentali e associazioni di tutela degli animali a utilizzare metodi di addestramento alternativi più sicuri e rispettosi del benessere animale, come l'uso di pettorine e l'adozione di approcci basati sul rinforzo positivo e la punizione negativa.
Il primo tentativo di regolamentare l'uso di questi dispositivi è rinvenibile nell'ordinanza del Ministero della salute del 5 luglio 2005 (Ministro Storace), recante il divieto dell'uso del collare elettrico e di altri analoghi strumenti sui cani. L'ordinanza stabiliva che l'uso di tali strumenti fosse lesivo dell'integrità e della salute del cane e punibile ai sensi dell'articolo 727 del codice penale, che sanziona il maltrattamento degli animali (l'uso del collare elettrico e di altro analogo strumento, che provoca effetti di dolore sui cani, nella fase di addestramento e in ogni altra fase del rapporto uomo-cane rientra nella disciplina sanzionatoria prevista dall'articolo 727, secondo comma, del codice penale, così come introdotto dall'articolo 1, comma 3, della legge 20 luglio 2004, n. 189). L'ordinanza fu però annullata dal TAR del Lazio a seguito di ricorso di un'azienda produttrice (sentenza n. 8614 del 2006).
Successive ordinanze cercarono di ripristinare il divieto in modo indiretto:

l'ordinanza del 12 dicembre 2006 (Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2007, che nella premessa all'articolato, come motivazione della stessa, precisava: « Considerato che l'uso di collari elettrici o altri congegni atti a determinare scosse o impulsi elettrici sui cani procura paura e sofferenza e può provocare reazioni di aggressività da parte degli animali stessi, l'impiego di tali strumenti si configura come maltrattamento e chiunque li utilizzi è perseguibile ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 189 »;

l'ordinanza del 14 gennaio 2008 (Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, che riprendeva nella premessa dell'articolato la valutazione già espressa: « alla luce della moderna letteratura scientifica in materia, l'uso di strumenti che determinano scosse o impulsi elettrici sui cani può provocare paura e sofferenza tali da produrre reazioni di aggressività da parte degli animali stessi ».

La giurisprudenza ha avuto un ruolo cruciale nel definire il maltrattamento correlato all'uso di collari elettrici:

la sentenza n. 15061 del 2007 – Cassazione penale, sezione III, che ha stabilito che « l'abuso nell'uso del collare coercitivo di tipo elettrico “anti abbaio” integra il reato di maltrattamento di animali, di cui all'articolo 544-ter del codice penale, atteso che ogni comportamento produttivo nell'animale di sofferenze che non trovino adeguata giustificazione costituisce incrudelimento rilevante ai fini della configurabilità del citato delitto contro il sentimento per gli animali »;

la sentenza n. 43230 del 2002 – Cassazione penale, sezione III, che ha stabilito che « Costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo al reato di cui all'articolo 727 del codice penale, ogni comportamento produttivo nell'animale di sofferenze che non trovino giustificazione nell'insuperabile esigenza di tutela, non altrimenti realizzabile, di valori giuridicamente apprezzabili (ancorché non limitati a quelli primari cui si riferisce l'articolo 54 del codice penale), rimanendo quindi esclusa detta giustificazione quando si tratti soltanto della convenienza ed opportunità di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell'animale che possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento ».

Il presente disegno di legge è finalizzato a concretizzare il divieto vietando espressamente l'importazione, la vendita, l'utilizzo o la cessione dei collari a strozzo e dei collari elettrici su tutto il territorio nazionale. Al contempo si prevede l'istituzione di un Comitato etico nazionale per il benessere animale al quale spetta il compito di indicare attraverso apposite linee guida quali dispositivi e metodi da utilizzarsi nell'addestramento degli animali.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. Dopo l'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189, è inserito il seguente:

« Art. 2-bis. (Disposizioni in materia di divieto di importazione, vendita, utilizzo e cessione a qualunque titolo di collari a strozzo e di collari elettrici) - 1. Al fine di promuovere l'adozione per gli animali di pratiche di addestramento etiche basate su metodi non coercitivi, non violenti, non punitivi, di incentivare la diffusione di strumenti alternativi di conduzione che rispettino l'anatomia e il benessere psicofisico degli stessi e di scoraggiare una loro sottomissione attraverso il dolore e la paura, è vietato nel territorio nazionale importare, vendere, utilizzare, cedere o detenere, a qualunque titolo, collari a strozzo o elettrici per animali. Il divieto si applica anche al commercio e alla vendita effettuato attraverso la rete internet.

2. Al fine di dare piena attuazione a quanto previsto dal comma 1, presso il Ministero della salute, è istituito un Comitato etico nazionale per il benessere animale con il compito di predisporre delle linee guida. Il Comitato dura in carica un anno dalla data della sua costituzione. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro della salute, con proprio decreto, determina il numero dei componenti del Comitato e i soggetti che lo compongono, nonché provvede al suo funzionamento con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il Ministro può, con successivo decreto, disporre deroghe sulla durata del Comitato, qualora ravvisi la necessità che le linee guida siano aggiornate con i progressi scientifici e le migliori pratiche per il benessere animale.

3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 e quanto disposto dalle linee guida adottate ai sensi del comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 5.000. In caso di ciascuna ulteriore violazione del divieto la sanzione è raddoppiata. Qualora la violazione sia commessa nell'esercizio dell'attività di impresa, alla sanzione consegue la sospensione della licenza dell'attività da sei mesi a due anni.

4. Spetta alla polizia municipale, all'Arma dei carabinieri, alla polizia di Stato e al Corpo della Guardia di finanza verificare il rispetto di quanto previsto dal presente articolo ».

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.