Senato della Repubblica | XIX LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 APRILE 2023
Istituzione della Giornata nazionale in memoria degli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro
Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge, che ripropone il testo dell'atto Senato n. 2410, a prima firma del Senatore Ruotolo, il cui iter, nel corso della XVIII legislatura, si è interrotto a causa dell'anticipata fine della legislatura, si pone come obiettivo quello di ricordare gli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro. L'istituzione di una giornata commemorativa che coincida con il 18 settembre non è casuale. Risale infatti al 18 settembre 2008 la strage di Castel Volturno (detta anche strage di San Gennaro) che ha portato alla morte di sette persone, sei dei quali immigrati africani, vittime innocenti della strage, in due blitz distinti da parte dello stesso gruppo di fuoco camorristico guidato da Giuseppe Setola, avvenuti a mezz'ora di distanza l'uno dall'altro.
Gli immigrati africani uccisi si chiamavano Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo e Jeemes Alex della Liberia e si trovavano presso la sartoria « Ob Ob Exotic Fashion » a Ischitella, altra frazione di Castel Volturno, comune della provincia di Caserta. Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente alla strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più vecchio aveva poco più di trent'anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato ad associazioni di tipo mafioso o camorristico.
Il massacro degli immigrati provocò, il giorno successivo, una rivolta popolare contro la criminalità organizzata a cui partecipò gran parte dell'intera comunità africana di Castel Volturno, che costituì il primo episodio di questo genere in Italia.
L'unico dei sopravvissuti degli immigrati all'interno della sartoria fu Joseph Ayimbora, un cittadino ghanese che abitava a Castel Volturno da otto anni. Egli si finse morto e, nonostante fosse stato gravemente ferito, riuscì a memorizzare i volti di tre dei malviventi e collaborò poi con le forze dell'ordine: la sua testimonianza in giudizio si rivelò determinante nell'individuazione dei responsabili della strage. Joseph Ayimbora è poi anch'egli deceduto a causa di un aneurisma cerebrale nel febbraio 2012 e in seguito, il 16 gennaio 2013, gli fu assegnata la medaglia d'oro al valor civile da parte del Presidente della Repubblica.
L'accertamento giudiziale sulla strage di Castel Volturno portò la magistratura a individuare, oltre all'aggravante di avere agito con metodo mafioso e della finalità di agevolare l'associazione mafiosa denominata « clan dei casalesi », anche l'aggravante di avere agito con finalità di discriminazione e odio razziale, poiché diversi elementi indicavano un odio indiscriminato del gruppo di Setola fondato su un pregiudizio di razza, in base al quale si voleva assoggettare l'intera comunità nera alla volontà del clan. Oltre a questo, venne individuata dal giudice per le indagini preliminari l'aggravante della finalità terroristica della strage, finalizzata ad incutere terrore nella collettività, attraverso un'azione volutamente eclatante, che aveva come obiettivo quello di minare la fiducia dell'intera comunità di immigrati nello Stato, in modo da convincerli ad accettare l'assoggettamento al clan e al versamento di una tangente per poter lavorare.
Kwame Antwi Julius Francis: nato in Ghana, era fuggito dal suo Paese nel 2002. Lavorava come muratore e piastrellista e si era iscritto a un corso di formazione per apprendere il mestiere di saldatore. Viveva in un appartamento situato sopra la sartoria dove è avvenuta la strage ed era sceso in strada perché Eric, un'altra delle vittime, lo aveva chiamato: aveva un lavoro da offrirgli come muratore.
Affun Yeboa Eric: il suo cadavere è stato ritrovato riverso al volante della sua auto, parcheggiata davanti alla sartoria. Eric era in Italia dal 2004, proveniva dal Ghana ed era sprovvisto di permesso di soggiorno. Da poco tempo si era trasferito a Castel Volturno, dove aveva iniziato a lavorare come carrozziere.
El Hadji Ababa: veniva dal Togo e gestiva la sartoria « Ob Ob Exotic Fashions ». Il suo corpo è stato ritrovato senza vita accasciato sulla macchina per cucire.
Jeemes Alex: cittadino liberiano, lavorava saltuariamente come muratore o nelle campagne.
Samuel Kwako: veniva dal Togo, faceva il muratore e lavorava nelle campagne.
Christopher Adams: aveva 28 anni ed era ghanese. Era in Italia dal 2002 e aveva ottenuto il permesso di soggiorno per protezione umanitaria. Adams faceva il barbiere a Napoli.
Joseph Ayimbora: di origine ghanese, fu l'unico sopravvissuto alla strage, nonostante le gravi ferite alle gambe e all'addome. A seguito della strage rimase invalido, tanto da essere costretto all'uso delle stampelle per poter camminare, essendo stato pesantemente attinto da numerosi proiettili ad entrambe le gambe; è morto nel febbraio del 2012 per un aneurisma.
C'è un filo rosso che lega la strage di Castel Volturno ai tanti, troppi episodi di violenza accaduti in Italia le cui vittime sono immigrati, spesso in fuga da Paesi in guerra o nei quali avrebbero subito persecuzioni, colpevoli solo di cercare nel nostro Paese la serenità di un lavoro sicuro.
Filo rosso che passa dall'assassinio di Jerry Masslo, avvenuto a Villa Literno nel lontano 24 agosto 1989, e racconta delle durissime condizioni di vita cui ancora oggi sono sottoposti le migliaia di immigrati che lavorano nelle campagne, per arrivare a Thomas Daniel, operaio liberiano di 41 anni morto in un cantiere abusivo a Pianura, quartiere di Napoli, il primo giugno 2020. In mezzo, del tutto simili, innumerevoli episodi di violenza e sfruttamento, aggravati dall'odio razziale.
I dati sono impietosi. Mentre il settore agroalimentare genera ogni anno profitti milionari, sono numerosi gli studi che evidenziano la sistematica presenza di abusi nelle filiere nazionali, denunciando le condizioni di grave sfruttamento ai limiti della schiavitù, subite dai lavoratori immigrati che nelle campagne italiane raccolgono la frutta e la verdura destinata agli scaffali dei supermercati europei. Ad essere intollerabili sono soprattutto le condizioni di vulnerabilità che affliggono donne e migranti, spesso reclutati da caporali e costretti a vivere e lavorare in condizioni inumane e degradanti.
L'Agro Pontino nel Lazio, il Tavoliere nel foggiano in Puglia, la zona di Saluzzo in Piemonte e la piana di Metaponto in Basilicata. Sono solo alcune delle aree rurali in cui si sono sviluppate e radicate forme di agricoltura intensive alimentate dallo sfruttamento della manodopera migrante e precaria. In totale, secondo i dati del V rapporto Agromafie e caporalato a cura dell'Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil che fotografa la situazione nel settore agroalimentare dal 2018 al 2020, sarebbero almeno 180.000 i lavoratori vulnerabili allo sfruttamento.
Nel documento, approvato all'unanimità nella XVIII legislatura il 12 maggio 2021 dalle Commissioni riunite Lavoro e Agricoltura della Camera dei deputati, alla fine di tre anni di inchiesta sul caporalato in agricoltura, si sottolinea che i numeri non si riferiscono a semplici « lavoratori irregolari ». Sono uomini e donne sottoposti a regimi di semi schiavitù: costretti a sopportare vessazioni di ogni genere da parte dei datori di lavoro, guadagnano dai 25 ai 30 euro al giorno, per giornate che possono arrivare anche a 12 ore di lavoro consecutive, se si considera il trasporto. Il che significa, per alcuni, appena due euro all'ora.
Ma il settore agroalimentare non è il solo ad essere interessato da questo fenomeno. In Italia, oltre al settore agricolo e quello della trasformazione alimentare, l'edilizia, la ristorazione e il lavoro domestico, sono tra i settori economici maggiormente esposti ai rischi del lavoro irregolare. Unico comun denominatore del fenomeno sono la condizione di vulnerabilità giuridica dei cittadini migranti, la segregazione abitativa dei lavoratori costretti nei ghetti delle campagne o nelle estreme periferie cittadine, e l'organizzazione del lavoro attraverso nuove forme di caporalato. Vivendo in condizioni di grande vulnerabilità e non avendo opportunità di integrazione alternativa a livello locale, i migranti cadono facilmente nella trappola di datori di lavoro e intermediari senza scrupoli che li costringono a forme di lavoro informale e sfruttamento.
Ulteriori evidenze della rilevanza del fenomeno dello sfruttamento lavorativo dei migranti li si desume dai dati relativi agli infortuni sul lavoro. Nel 2020, il 17,5 per cento degli infortuni sul lavoro hanno coinvolto stranieri (11° Rapporto annuale sugli stranieri nel mercato del lavoro italiano): un dato più che proporzionale alla loro incidenza dell'occupazione, certificandone la maggiore esposizione al rischio a causa delle condizioni di lavoro cui sono sottoposti.
In questo quadro è assolutamente necessario introdurre un momento di riflessione anche riguardo gli effetti della comunicazione politica e mediatica, con particolare riferimento alle tematiche dell'immigrazione e dello sfruttamento del lavoro. Nella stessa ottica sarà prezioso il contributo sul tema che arriverà dai lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, il cui documento istitutivo per questa legislatura è stato approvato dal Senato il 22 marzo 2023. È necessario che le istituzioni prendano posizione apertamente contro la demonizzazione dell'« uomo nero », che contribuisce a favorire l'humus nel quale si sviluppa il fenomeno dello sfruttamento del lavoro degli immigrati, nell'indifferenza generalizzata.
È per questi motivi che si chiede di far diventare questa data – il 18 settembre –patrimonio di memoria collettiva, come la Giornata nazionale per ricordare tutte le vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro, uccise in Italia solo per il colore della pelle, cadute per l'inumano sfruttamento della loro condizione di invisibili determinata anche da leggi discriminatorie approvate nelle scorse legislature.
Il disegno di legge in oggetto consta di 5 articoli.
L'articolo 1 istituisce la Giornata nazionale in memoria degli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro, fissandone la data al 18 settembre di ogni anno; in tale Giornata sono previste celebrazioni ed eventi organizzati da istituzioni statali ed enti locali volti a commemorare gli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro, favorendo in particolare le attività e le iniziative rivolte alle giovani generazioni (articolo 2) e, durante la stessa Giornata o nel primo giorno utile dopo la riapertura dell'anno scolastico, le scuole di ogni ordine e grado potranno promuovere iniziative culturali su tali temi (articolo 3). Ai sensi dell'articolo 4, servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale potrà assicurare adeguati spazi a temi connessi alla Giornata nazionale nell'ambito della programmazione televisiva nazionale e regionale. L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Art. 1.
(Istituzione della Giornata nazionale in memoria degli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro)
1. La Repubblica riconosce il giorno 18 settembre di ciascun anno quale Giornata nazionale in memoria degli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro, di seguito denominata « Giornata nazionale », al fine di conservare e rinnovare la memoria di tutte le persone immigrate nel nostro Paese e rimaste vittime delle condizioni di inumano sfruttamento sul lavoro.
2. In occasione della Giornata nazionale, in tutti i luoghi pubblici e privati è osservato un minuto di silenzio dedicato agli immigrati, vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro.
3. La Giornata nazionale non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260.
Art. 2.
(Iniziative per la celebrazione
della Giornata nazionale)
1. Al fine di celebrare la Giornata nazionale lo Stato, le regioni, le province e i comuni possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni interessate, iniziative specifiche, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri e momenti comuni di ricordo, volti a commemorare gli immigrati vittime dell'odio razziale e dello sfruttamento sul lavoro, favorendo in particolare le attività e le iniziative rivolte alle giovani generazioni.
Art. 3.
(Celebrazione della Giornata nazionale negli istituti scolastici di ogni ordine e grado)
1. Nella Giornata nazionale, o nel primo giorno utile dopo l'inizio dell'anno scolastico, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia, possono promuovere iniziative didattiche, percorsi di studio ed eventi dedicati alla comprensione e all'apprendimento dei temi riguardanti la tutela dei diritti umani, il contrasto dell'odio razziale e lo sfruttamento del lavoro degli immigrati.
Art. 4.
(Informazione radiofonica, televisiva e multimediale nella Giornata nazionale)
1. La società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, secondo le disposizioni previste dal contratto di servizio, assicura adeguati spazi a temi connessi alla Giornata nazionale nell'ambito della programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale.
Art. 5.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. All'attuazione delle disposizioni previste dalla presente legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.