Senato della RepubblicaXIX LEGISLATURA
N. 475
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori ROMEO, BIZZOTTO, GERMANÀ, CENTINAIO, PAGANELLA, STEFANI, CANTÙ, MURELLI, MINASI, MARTI, GARAVAGLIA, BERGESIO, BORGHESI, Claudio BORGHI, CANTALAMESSA, DREOSTO, PIROVANO, POTENTI, PUCCIARELLI, SPELGATTI, TESTOR e TOSATO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 GENNAIO 2023

Norme in materia di contrasto alla surrogazione di maternità

Onorevoli Senatori. – La maternità surrogata è una pratica riproduttiva attraverso la quale gli adulti ottengono prole delegando la gravidanza e il parto a una donna esterna alla coppia che si impegna a consegnare loro il nascituro e che quasi mai è geneticamente correlata al feto che ha in grembo. Ciò significa che nella pratica sono coinvolti più soggetti: gli adulti committenti, la madre surrogata, il nascituro e, nella maggior parte dei casi, anche una donna donatrice di ovuli e un uomo che fornisce i propri gameti.
Allo scopo, vengono normalmente utilizzati trattamenti farmaceutici per preparare il corpo della madre surrogata alla gravidanza e spesso vengono impiantati più embrioni contemporaneamente, cui sovente si accompagna una riduzione selettiva degli embrioni stessi. Il taglio cesareo è una procedura comune. Altresì, spesso durante la gravidanza le donne sono obbligate a restare in dormitori ad hoc o in case in affitto con altre « donne surrogate ».
L'industria della maternità surrogata è profondamente flessibile: gameti, embrioni, madri surrogate e committenti sono trasportati da un Paese o da un continente ad un altro e le diverse fasi del processo (fornitura di gameti, impianto di embrioni, gravidanza e nascita) sono organizzate per eludere restrizioni e per usufruire di buone condizioni infrastrutturali. Le stesse agenzie che operano in uno Stato lavorano anche in altri, contemporaneamente, o si spostano in conseguenza dell'introduzione di nuove leggi restrittive.
L'approvvigionamento di gameti e il reclutamento di donne sono gestiti da agenzie internazionali che forniscono anche servizi legali e organizzazione di viaggi. I rapporti tra genitori committenti e madre surrogata sono regolati da contratti, a conferma della reificazione sia della donna, che del « prodotto del concepimento », per usare l'espressione della legge n. 405 del 1975.
I mercati di gravidanza surrogata più economici si trovano in Paesi con maggiore presenza di donne che vivono in povertà e con basso livello di istruzione, quindi con basso riconoscimento di rischi e diritti. Le donne più vulnerabili appartengono a comunità migranti e indigene, spesso vivono in aree rurali in condizioni di indigenza.
Tailandia e India sono stati i leader mondiali nella maternità surrogata a basso costo fino al 2012-2014, quando i rispettivi due governi asiatici, con l'obiettivo di contrastare un'espansione incontrollata del turismo procreativo proveniente dal Nord del mondo, hanno introdotto severe restrizioni. L'industria non si è fermata, ma si è semplicemente trasferita in altri Paesi, come Nepal, Cambogia, Messico, Colombia, Nigeria, e più recentemente in Ucraina, Repubblica di Georgia, Kenya e Ghana, per citare solo alcune delle destinazioni emergenti della maternità surrogata. Inoltre, accade che le donne vengano reclutate da Paesi in cui la maternità surrogata è illegale o non regolamentata e portate in aereo in cliniche all'estero per sottoporsi a impianto e per partorire.
Dati ufficiali relativi alla pratica risultano difficilmente ottenibili, principalmente perché la criminalità organizzata ne ha fatto un mercato parallelo e clandestino.
I contratti generalmente includono clausole coercitive, ad esempio che la madre surrogata debba sottoporsi a controlli periodici, assumere determinati farmaci, seguire una dieta precisa o alloggiare nel luogo indicato dalla clinica, che raramente coincide con quello di residenza. Gli stessi contratti prevedono che le madri surrogate siano consapevoli dei rischi medici che potrebbero derivare dalla somministrazione di farmaci, trasferimenti di embrioni, complicazioni della gravidanza e parto.
In effetti, la letteratura mostra che la gravidanza surrogata (nella misura in cui implica fecondazione in vitro, impianto di embrioni con DNA diverso da quello del portatore, trattamenti farmacologici e, nella maggioranza dei casi, impianto multiembrione e riduzioni selettive, parto cesareo, ecc.) è ad alto rischio di complicanze, fra cui: diabete gestazionale, basso peso alla nascita, pre-eclampsia, placenta previa, parto pretermine.
Si consideri peraltro che l'accesso alle cure postnatali e ai servizi sanitari in caso di complicazioni dopo il parto (che corrisponde alla fine del contratto) è spesso inaccessibile per le donne nei Paesi in via di sviluppo.
Durante la gravidanza, i genitori committenti potrebbero richiedere una riduzione selettiva degli embrioni impiantati, in base al numero di bambini che si desiderano effettivamente ottenere. Inoltre, potrebbero decidere per l'aborto dei feti « imperfetti ». Di solito, la madre surrogata ha poca o nessuna voce in capitolo in questa decisione, nonostante il fatto che il feto stia crescendo nel suo corpo. In effetti, in caso di controversia con i genitori committenti o con le cliniche o le agenzie, le madri surrogate hanno pochi mezzi per accedere ai servizi legali.
È noto, poi, che ansia, stress e quindi un alto livello di cortisolo nel corpo della donna potrebbe aumentare il rischio di psicopatologie nel bambino. Inoltre, la rimozione improvvisa di tutti i punti di riferimento acquisiti nel grembo materno (es. voci esterne, battito cardiaco e respirazione) può provocare una rottura nel fondamentale rapporto di cross-talk tra madre e neonato, causando fratture nel processo di attaccamento e apprendimento, dunque nella sua capacità di relazionarsi con altre persone.
Avviene anche che i bambini siano abbandonati perché nati con malattie, oppure perché durante la gravidanza la coppia si separa o addirittura, in caso di errori nell'assemblaggio dei gameti, che i figli siano consegnati ad una coppia sbagliata.
Quando i contratti di maternità surrogata non sono riconosciuti nei Paesi dei genitori committenti o in caso di discrepanze nei certificati di nascita, i « bambini surrogati » cadono in un limbo legale con stato parentale e cittadinanza incerti.
Nella maternità surrogata la mercificazione del bambino e della donna è macroscopicamente evidente. Non sembra una esagerazione accostare la maternità surrogata a vere e proprie nuove forme di schiavitù. I facoltosi committenti sono in una posizione di forza, tale da poter sovrastare la dignità della donna, le caratteristiche proprie della maternità, il legame oggettivo che si stabilisce fra la madre e il figlio e le esigenze oggettive del figlio stesso, se questi elementi non risultano funzionali all'ottenimento del loro « desiderio » di avere un figlio. Papa Francesco nell'enciclica « Laudato sì » sostiene che « La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un'altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù [...]. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. [...] Se non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico [...]? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l'acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? È la stessa logica “usa e getta” che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno ».
Sono molte le fonti giuridiche che, a causa dei gravi effetti della pratica sui più deboli, donne e neonati, condannano la maternità surrogata.
Al riguardo, il Parlamento europeo ha già adottato una posizione chiara contro la maternità surrogata nella sua risoluzione del 5 aprile 2011, sul quadro politico dell'Unione europea in materia di lotta alla violenza contro le donne. Nella sua risoluzione del 17 dicembre 2015, sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014, al paragrafo 115 « condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce; ritiene che la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani »; nella risoluzione del 13 dicembre 2016, sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea nel 2015, al paragrafo 82 « condanna qualsiasi forma di maternità surrogata a fini commerciali »; nella risoluzione del 12 dicembre 2018, sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2017, al paragrafo 48 chiede nuovamente di « far fronte alle violazioni dei diritti umani correlate alla gravidanza surrogata ». Infine, più recentemente, al paragrafo 9 della risoluzione del 26 novembre 2020, sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea – relazione annuale 2018-2019, si condannano fermamente tutte le forme di violenza, tra cui la maternità surrogata forzata; e nella risoluzione del 17 febbraio 2022, su diritti umani e democrazia nel mondo - relazione annuale 2021, al paragrafo 60, l'Emiciclo di Strasburgo « condanna la pratica commerciale della maternità surrogata, un fenomeno globale che espone le donne di tutto il mondo allo sfruttamento e alla tratta di esseri umani prendendo di mira, nel contempo, soprattutto le donne finanziariamente e socialmente vulnerabili; evidenzia il suo grave impatto sulle donne, sui loro diritti e sulla loro salute e uguaglianza di genere, e sottolinea le sue implicazioni transfrontaliere; chiede un quadro giuridico europeo per affrontare le conseguenze negative della maternità surrogata a fini commerciali ».
Secondo la Corte costituzionale, tale pratica « offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane » (sentenza n. 272 del 2017, confermata dalla sentenza n. 33 del 2021), perché mercifica la madre e il bambino. In tal senso si esprimono ulteriori fonti internazionali, quali la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla schiavitù, la Convenzione sui diritti dell'infanzia, il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia infantile, la Convenzione del Consiglio d'Europa sull'adozione dei bambini, la Convenzione del Consiglio d'Europa sull'azione contro la tratta di esseri umani e la Convenzione del Consiglio d'Europa sui diritti umani e la biomedicina.
Giova attirare, peraltro, l'attenzione sul fatto che la maternità surrogata non è solo contro la dignità della donna, ma è al tempo stesso gravemente lesiva del « superiore interesse del minore », come si legge nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con la legge n. 176 del 1991) agli articoli 7 e 8, i quali sanciscono per ogni bimbo il « diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi », ma anche che « gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi comprese [...] le sue relazioni familiari, così come sono riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali ». L'articolo 9 prescrive al comma 1 che « gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà » e al comma 3 che « gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori [...] ». Si evince pertanto che, nella maggior parte dei casi di maternità surrogata, al fanciullo siano negati diritti quali la possibilità di conoscere le proprie origini, il proprio corredo genetico familiare e la propria madre, ossia colei che lo ha portato in grembo e che lo ha messo al mondo.
Oltre le Convenzioni e le leggi, è la realtà a conclamare il contrasto fra la maternità surrogata e il superiore interesse del minore, allorché un adulto sceglie deliberatamente di recidere con un atto di imperio una parte essenziale della vita dei bambini: quella intrauterina e quella della nascita, oltre poi a quella dell'allattamento e del prosieguo della relazione tra ogni bambino e la madre.
La pratica della surrogazione di maternità pone seri interrogativi in merito al rispetto degli articoli 2, 3, 29, 30, 31 e 32 della Costituzione. Ai sensi dell'articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, in Italia la maternità surrogata è considerata un reato punibile con la pena della reclusione da tre mesi a due anni e con pena pecuniaria da 600.000 a 1 milione di euro. Secondo ampia parte della giurisprudenza, un contratto di maternità surrogata è nullo perché ha un oggetto illecito in quanto lesivo delle norme imperative e del principio di ordine pubblico; altresì parte della giurisprudenza lo qualifica come contratto in frode alla legge, in quanto spesso utilizzabile dalle coppie al fine di eludere la normativa vigente in materia di adozione prevista dalla legge n. 184 del 1983.
Tuttavia, la sentenza delle Sezioni unite civili della Cassazione n. 9006/2021, depositata il 31 marzo 2021, rischia di aprire la strada alla maternità surrogata e più in generale alla compravendita della maternità, del corpo della donna e del neonato.
In particolare, le Sezioni unite da un lato ritengono che l'adozione di un bimbo nato da maternità surrogata riconosciuta da un altro Stato debba essere trascritta all'anagrafe italiana, dall'altro ribadiscono la illiceità penale dello « utero in affitto » e della relativa compravendita anche se compiuta all'estero. Inoltre, secondo la sentenza, l'esistenza del reato sarebbe comprovata solo « ove venga allegato dalle parti ed emerga con obiettività probatoria che la determinazione di privarsi del figlio minore da parte dei genitori biologici derivi da un intervento di carattere oneroso degli adottanti ».
Ma quale « parte » potrebbe « allegare » simili prove? Certamente non coloro che richiedono il riconoscimento, in quanto hanno l'interesse opposto; certamente non i genitori biologici o la madre surrogata, che spesso si trovano in una situazione di vulnerabilità e/o traggono un vantaggio economico o di altro tipo dall'operazione; certamente non il pubblico ufficiale del comune nei cui registri anagrafici si chiede di iscrivere il neonato, non avendo alcun potere investigativo su fatti svoltisi all'estero.
La possibilità di aggirare facilmente, all'estero, il divieto di maternità surrogata, ottenendo successivamente quel « riconoscimento » anagrafico contemplato dalla sentenza della Cassazione n. 9006/2021, aprirebbe anche alla più generale elusione del sistema delle adozioni internazionali con tutti i presidi a tutela dei minori. La « privatizzazione » dell'adozione internazionale, l'intesa diretta tra genitori biologici e committenti, la compravendita implicita in ogni atto di questo genere, la scelta diretta o addirittura la programmazione « a catalogo » del minore lasciano infatti spazio ai genitori committenti più spregiudicati e benestanti, senza alcuna verifica circa la loro attitudine a crescere un figlio.
In risposta alla falla normativa esistente, le forze politiche, il mondo dell'associazionismo e della cultura e autorevoli personalità di più parti della società civile hanno evidenziato la necessità e l'urgenza di un intervento del Parlamento.
Serve allora una nuova legge per contrastare la maternità surrogata, anche se compiuta all'estero, che potrà includere la tutela delle donne sotto sfruttamento e lo status del neonato da maternità surrogata o da compravendita, il cui superiore interesse non sarà probabilmente quello di restare con i « committenti/acquirenti », bensì quello di essere destinato all'adozione.
In particolare, all'articolo 1 si fornisce una definizione del reato di maternità surrogata, al fine di specificare la fattispecie a cui si vuol fare riferimento nel presente disegno di legge. All'articolo 2 sono previsti i princìpi e le finalità in relazione alla necessità dell'introduzione dell'articolo 600-quinquies.1 del codice penale, così come previsto dal comma 1 del successivo articolo 3, il quale al comma 2 prevede altresì che il reato di surrogazione di maternità sia perseguito anche se il fatto è commesso all'estero ai sensi dell'articolo 604 del codice penale. Il comma 3 dell'articolo 3 prevede che il pubblico ministero invii la formulazione dell'imputazione ai sensi dell'articolo 405 del codice di procedura penale al presidente del competente tribunale per i minorenni per ogni valutazione di competenza funzionale alla piena tutela del minore, ai fini dell'adottabilità. Infine il comma 4 dell'articolo 3 stabilisce che il pubblico ufficiale che annoti nei registri dello stato civile il nato da maternità surrogata sia punito ai sensi dell'articolo 567, secondo comma, del codice penale.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Definizione)

1. La maternità surrogata è una pratica riproduttiva mediante la quale gli adulti ottengono prole delegando la gravidanza e il parto a una donna esterna alla coppia che si impegna a consegnare loro il nascituro.

Art. 2.

(Princìpi e finalità)

1. Il contrasto alla pratica della maternità surrogata e la tutela dell'interesse prioritario del minore costituiscono obiettivi primari perseguiti dallo Stato italiano, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 2, 3, 29, 30, 31 e 32, della Costituzione, in linea con le pronunce della Corte costituzionale, in particolare con la sentenza n. 272 del 2017, che ha stabilito che la pratica della surrogazione della maternità offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, in coerenza con i princìpi sanciti dalle risoluzioni del Parlamento europeo del 5 aprile 2011, del 17 dicembre 2015, del 13 dicembre 2016, del 12 dicembre 2018, del 26 novembre 2020 e del 17 febbraio 2022, nelle quali si ribadisce la condanna della maternità surrogata e in conformità alla Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, ratificata ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, nonché alla Convenzione sui diritti del fanciullo, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e alla Convenzione supplementare relativa all'abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù, ratificata ai sensi della legge 20 dicembre 1957, n. 1304.

Art. 3.

(Introduzione dell'articolo 600-quinquies.1 del codice penale, in materia di surrogazione di maternità)

1. Ai fini di cui all'articolo 2 della presente legge, dopo l'articolo 600-quinquies del codice penale è inserito il seguente:

« Art. 600-quinquies.1. – (Surrogazione di maternità) – Chiunque, in qualsiasi forma, commissiona, realizza, organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da 600.000 euro a 2 milioni di euro ».

2. Il reato di surrogazione di maternità di cui all'articolo 600-quinquies.1 del codice penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è perseguito anche se il fatto è commesso, in tutto o in parte, all'estero ai sensi dell'articolo 604 del codice penale.

3. Il pubblico ministero invia la formulazione dell'imputazione ai sensi dell'articolo 405 del codice di procedura penale al presidente del competente tribunale per i minorenni per ogni valutazione di competenza al fine della adottabilità del nato da maternità surrogata.

4. Il pubblico ufficiale che annoti nei registri dello stato civile il nato da maternità surrogata è punito ai sensi dell'articolo 567, secondo comma, del codice penale.