Senato della RepubblicaXIX LEGISLATURA
N. 413
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori DE CARLO, MALAN, SPERANZON, ZEDDA, POGLIESE, AMIDEI, ANCOROTTI, FALLUCCHI, MAFFONI, MARCHESCHI, PETRUCCI, RUSSO, PETRENGA, TUBETTI, RAPANI, SIGISMONDI, DELLA PORTA, FAROLFI, LEONARDI, BERRINO, MANCINI, ORSOMARSO, IANNONE, SILVESTRONI, MENIA, MATERA, CALANDRINI, DE PRIAMO, NOCCO, SPINELLI, SATTA, BALBONI, CAMPIONE, BUCALO, LIRIS e GUIDI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 16 DICEMBRE 2022

Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane

Onorevoli Senatori. – L'esigenza di riordinare la legislazione in materia di produzione e vendita del pane risale alla XVII legislatura. Presso la Camera dei deputati infatti, l'atto Camera n. 3265 avviò il suo iter nel 2015, senza riuscire a diventare legge; nella XVIII legislatura, i disegni di legge nn. 169 e 739 furono discussi in 10a Commissione al Senato, fino alla redazione di un testo unificato. Pertanto, non essendo venuta meno tale esigenza, il presente disegno di legge ripropone il testo unificato adottato dalla 10a Commissione per i citati disegni di legge nn. 169 e 739, al fine di avviare il confronto in vista di una disciplina chiara ed uniforme per il comparto della panificazione. Il percorso fatto nella scorsa legislatura mirava a individuare puntualmente le norme vigenti ritenute non necessarie, evitando generalizzazioni, per semplificare il quadro normativo e scongiurare stratificazioni tra fonti aventi forza diversa. Allora si decise di riprodurre, in un unico testo, le norme primarie di cui si intendeva conservare la vigenza, senza produrre alcun effetto innovativo, recependo ciò che si ritenne di mantenere in vigore e abrogando il resto.
Con il disegno di legge in esame si cerca quindi di prendere come base il lavoro di semplificazione già svolto, ferma restando la possibilità di apportare tutti i correttivi sostanziali a quelle disposizioni che i rappresentanti del settore dovessero considerare superate.
Ora come allora si ritiene che la nuova disciplina normativa sul pane debba essere il frutto di un approfondito lavoro di confronto con le associazioni di categoria e dei consumatori, per portare a compimento un progetto fondamentale per la promozione delle produzioni tipiche e dell'agroalimentare italiano.
Il disegno di legge pone l'accento proprio su uno degli elementi caratteristici della cultura italiana e della cucina italiana: il pane. Al fine di garantire il diritto ad una corretta informazione da parte dei consumatori e di valorizzare il pane fresco, la presente legge reca disposizioni in materia di produzione e di vendita del pane. Il pane fresco italiano, quale frutto del lavoro e dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituisce un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.
La finalità ultima è quella di consentire a chi produce il pane di valorizzare al meglio il frutto del suo lavoro, dando piena e completa informazione a chi lo acquista in merito ai caratteri di unicità, qualità e genuinità intrinsechi nelle produzioni artigianali che il disegno di legge pone in evidenza.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. Al fine di garantire il diritto ad una corretta informazione da parte dei consumatori e di valorizzare il pane fresco, la presente legge reca disposizioni in materia di produzione e di vendita del pane.

2. Il pane fresco italiano, quale frutto del lavoro e dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituisce un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.

Art. 2.

(Definizioni)

1. È denominato « pane » il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta, convenientemente lievitata utilizzando il lievito di cui all'articolo 9, comma 1, preparata con sfarinati di grano o di altri cereali e acqua, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune, spezie o erbe aromatiche.

2. La denominazione di pane di cui al comma 1 può essere integrata dalle seguenti denominazioni aggiuntive:

a) la denominazione di « pane fresco » è riservata in via esclusiva al pane che è stato preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti e ad altri trattamenti con effetto conservante, ad eccezione delle tecniche mirate al solo rallentamento del processo di lievitazione, senza utilizzo di additivi. È ritenuto continuo il processo di produzione per il quale non intercorre un intervallo di tempo superiore a settantadue ore dall'inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto;

b) la denominazione di « pane di pasta madre » è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione dell'impasto, di pasta madre di cui all'articolo 9, comma 5, e senza ulteriori aggiunte di altri agenti lievitanti. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato « pane fresco di pasta madre »;

c) la denominazione di « pane con pasta madre » è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo contestuale di pasta madre di cui all'articolo 9, comma 5, e di lieviti di cui al medesimo articolo 9, commi 2, 3 e 4, in proporzioni variabili tra loro. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato « pane fresco con pasta madre ».

3. È vietato l'utilizzo in commercio della denominazione di « pane fresco »:

a) per designare il pane destinato ad essere posto in vendita oltre le ventiquattro ore successive al momento in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate;

b) per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane parzialmente cotto, comunque conservato;

c) per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati.

4. È comunque vietato l'utilizzo delle denominazioni « pane di giornata », « pane appena sfornato » e « pane caldo » nonché di qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore.

5. Il pane ottenuto da una cottura parziale, se è destinato al consumatore finale, deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti nell'etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione di « pane » completata dalla dicitura « parzialmente cotto » o altra equivalente, nonché l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l'indicazione delle modalità della stessa.

6. Nel caso di prodotto surgelato, oltre a quanto previsto dal comma 5, l'etichetta deve riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la dicitura « surgelato ».

7. I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, compresi quelli miscelati con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l'aggiunta alla denominazione di pane della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.

8. Qualora nella produzione del pane siano impiegati, oltre agli sfarinati di grano o di altri cereali, altri ingredienti alimentari, la denominazione di vendita deve essere completata dalla menzione dell'ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti.

9. Il pane deve essere venduto a peso.

10. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola gli obblighi di cui al presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 500 a euro 3.000. In caso di violazioni di particolare gravità o di reiterazione ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, l'autorità amministrativa dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni.

Art. 3.

(Caratteristiche del pane)

1. Il contenuto in acqua del pane a cottura completa, qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato nella produzione del medesimo, con la sola eccezione del pane prodotto con farina integrale, per il quale è consentito un aumento del 2 per cento, è stabilito come segue:

pezzature

sino

a

70

grammi, massimo 29%

pezzature

da 100

a

250

grammi, massimo 31%

pezzature

da 300

a

500

grammi, massimo 34%

pezzature

da 600

a

1.000

grammi, massimo 38%

pezzature

oltre

i

1.000

grammi, massimo 40%

.

2. Per le pezzature di peso intermedio tra quelle sopra indicate il contenuto massimo in acqua è quello che risulta dalla interpolazione fra i due valori-limite.

3. Le altre caratteristiche analitiche del pane devono identificarsi con quelle degli sfarinati con i quali il pane è stato prodotto, secondo quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187. È tollerata una maggiorazione di 0,05 sul contenuto in ceneri, rispetto a quello degli sfarinati impiegati nella produzione del pane.

Art. 4.

(Tipologie di pane)

1. Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 00 è denominato « pane di tipo 00 ».

2. Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 0 è denominato « pane di tipo 0 ».

3. Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 1 è denominato « pane di tipo 1 ».

4. Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 2 è denominato « pane di tipo 2 ».

5. Il pane prodotto con farina integrale è denominato « pane di tipo integrale ».

6. Il pane prodotto con semola o con semolato di grano duro, ovvero con rimacine di semola o semolato, è denominato rispettivamente « pane di semola » e « pane di semolato ».

Art. 5.

(Aggiunte e ingredienti particolari)

1. Nella produzione del pane è consentito l'impiego, in aggiunta agli ingredienti previsti dall'articolo 2, comma 1, delle seguenti sostanze:

a) farine di cereali maltati;

b) estratti di malto;

c) alfa e beta amilasi ed altri enzimi naturalmente presenti negli sfarinati utilizzati;

d) paste acide essiccate, purché prodotte esclusivamente con gli ingredienti previsti dall'articolo 2;

e) farine pregelatinizzate di frumento;

f) glutine;

g) amidi alimentari;

h) zuccheri.

2. Il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3 per cento di materia grassa totale riferito alla sostanza secca.

3. Il pane con aggiunta di malto deve contenere non meno del 4 per cento di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferiti alla sostanza secca.

4. Il pane con aggiunta di zuccheri deve contenere non meno del 2 per cento di zuccheri riduttori riferito alla sostanza secca.

5. Lo strutto commestibile, ottenuto dai tessuti adiposi del suino, è designato con la sola parola strutto.

6. Ai pani ottenuti con sfarinati alimentari diversi da quelli di grano o miscelati con questi ultimi, nonché ai pani ottenuti con l'aggiunta di ingredienti di cui ai commi da 3 a 5, si applicano le percentuali di umidità di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, aumentate del 10 per cento.

7. In deroga a quanto previsto dal comma 6 è consentito per il pane di segale, indipendentemente dalla pezzatura, un tenore di umidità non superiore al 44 per cento.

Art. 6.

(Grissini)

1. È denominato grissino il pane a forma di bastoncino, ottenuto dalla cottura di una pasta lievitata, preparata con gli sfarinati di frumento utilizzabili nella panificazione, acqua e lievito, con o senza sale alimentare.

2. I grissini sono confezionati all'origine in involucri chiusi e sigillati e venduti in tali confezioni al consumatore, fatta salva la possibilità di vendita allo stato sfuso esclusivamente da parte dei soggetti e con le modalità di cui all'articolo 12.

3. Alla produzione di grissini si applicano le stesse disposizioni previste per il pane dalla presente legge.

Art. 7.

(Prodotto intermedio di panificazione)

1. È definito « prodotto intermedio di panificazione » l'impasto, preformato o no, lievitato o no, destinato alla conservazione prolungata e alla successiva cottura per l'ottenimento del prodotto finale pane. È da considerare tale l'impasto sottoposto a congelamento, surgelazione o ad altri metodi di conservazione che mantengono inalterate le caratteristiche del prodotto intermedio per prolungati periodi di tempo, determinando un'effettiva interruzione del ciclo produttivo.

Art. 8.

(Pane conservato o a durabilità prolungata)

1. Fatte salve le norme vigenti in materia, al pane non preimballato ai sensi dell'articolo 44 del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, si applicano le disposizioni di cui all'allegato VI, parte A, punto 1, del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011.

2. Il pane non preimballato ai sensi dell'articolo 44 del regolamento (UE) n. 1169/2011, per il quale viene utilizzato, durante la sua preparazione o nell'arco del processo produttivo, un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione europea, è posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo.

3. Al momento della vendita, i prodotti di cui al comma 1 devono essere esposti in scomparti ad essi appositamente riservati.

Art. 9.

(Prodotti utilizzabili per la lievitazione nella panificazione)

1. Ai fini della presente legge, per « lievito » si intende un organismo unicellulare, tassonomicamente appartenente, non limitatamente, alla specie Saccharomyces cerevisiae, avente la capacità di fermentare gli zuccheri derivanti dalla degradazione dell'amido in alcool e in anidride carbonica, assicurando la formazione della pasta convenientemente lievitata. La produzione di lievito deve essere ottenuta a partire da microrganismi presenti in natura, coltivati su substrati provenienti da prodotti di origine agricola. È ammesso l'uso di specie di lievito tassonomicamente affini alla specie Saccharomyces cerevisiae e con simile capacità di fermentazione.

2. Il lievito impiegabile nella panificazione, denominato anche « lievito fresco » o « lievito compresso », deve essere costituito da cellule in massima parte vive e vitali con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore al 75 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.

3. La crema di lievito, denominata anche « lievito liquido », impiegabile nella panificazione deve essere costituita da cellule in massima parte vive e vitali con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'83 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.

4. Il lievito secco impiegabile nella panificazione deve essere costituito da cellule in massima parte vive e con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'8 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca. Può esistere sia nella forma attiva, da reidratare nell'acqua prima dell'uso, o istantanea, da aggiungere direttamente all'impasto.

5. È definito « pasta madre » o « lievito naturale » l'impasto ottenuto con farina e acqua, sottoposto a una lunga fermentazione naturale acidificante utilizzando la tecnica dei rinfreschi successivi al fine di consentire la lievitazione dell'impasto. La fermentazione deve avvenire esclusivamente a opera di microrganismi endogeni della farina o di origine ambientale. È inoltre ammesso l'utilizzo di colture di avviamento (starter) costituite da batteri lattici, senza materiale di supporto ed esenti da contaminanti.

Art. 10.

(Pasta madre essiccata)

1. È ammesso l'utilizzo di pasta madre essiccata, purché ottenuta da pasta madre, come definita dall'articolo 9, comma 5, e sottoposta a successivo trattamento di essiccazione.

2. Ai fini del processo di lievitazione di cui all'articolo 2, comma 1, la pasta madre essiccata è integrata con il lievito.

Art. 11.

(Pane fresco tradizionale)

1. Sono denominati « pane fresco tradizionale » i tipi di pane tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 8 settembre 1999, n. 350, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari istituito dal citato regolamento, purché non contengano ingredienti finalizzati alla conservazione o alla durabilità prolungata né siano stati sottoposti ad altri trattamenti a effetto conservante. Possono altresì avvalersi della denominazione di « pane fresco tradizionale » i tipi di pane riconosciuti ai sensi della normativa dell'Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta e di specialità tradizionale garantita, se prodotti nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, lettera a), della presente legge.

2. Le regioni, su proposta delle associazioni territoriali di rappresentanza della categoria della panificazione aderenti alle organizzazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale, riconoscono i disciplinari di produzione dei tipi di pane di cui al primo periodo del comma 1.

Art. 12.

(Definizione di panificio, modalità di vendita e di trasporto del pane)

1. È denominato « panificio » l'impresa che dispone di un impianto di produzione del pane, degli impasti da pane e dei prodotti da forno assimilati, dolci e salati, che svolge l'intero ciclo di produzione a partire dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale.

2. L'avvio di un nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), come disciplinata dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222.

3. È comunque facoltà del titolare del panificio vendere allo stato sfuso i prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda, con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

4. Il pane fresco deve essere posto in vendita in scaffali distinti e separati rispetto al pane ottenuto dal prodotto intermedio di panificazione.

5. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o no, deve essere messo in vendita, previo confezionamento ed etichettatura riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sul luogo e sulla data del primo impasto e sulla natura del prodotto.

6. Gli esercizi, che vendono il pane promiscuamente ad altri generi, devono disporre, per il pane, di apposite attrezzature, distinte da quelle adibite alla vendita degli altri generi.

7. Il trasporto del pane dal luogo di lavorazione all'esercizio di vendita, a pubblici esercizi o a comunità deve essere effettuato in recipienti lavabili e muniti di copertura a chiusura, in modo che il pane risulti al riparo dalla polvere e da ogni altra causa di insudiciamento. È vietata la vendita del pane in forma ambulante e nei pubblici mercati, fatta eccezione per quelli coperti, purché vi siano le garanzie di cui agli articoli precedenti.

8. È vietato vendere o detenere per vendere pane alterato, adulterato, sofisticato o infestato da parassiti animali o vegetali.

Art. 13.

(Responsabile dell'attività produttiva)

1. Il responsabile dell'attività produttiva di cui all'articolo 12 è il titolare dell'impresa ovvero un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell'impresa di panificazione designato dal legale rappresentante dell'impresa stessa all'atto della presentazione della SCIA.

2. Al responsabile dell'attività produttiva è affidato il compito di assicurare l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e la qualità del prodotto finito.

3. Il responsabile dell'attività produttiva deve essere individuato per ogni panificio e per ogni unità locale di un impianto di produzione presso il quale è installato un laboratorio di panificazione.

4. Il responsabile dell'attività produttiva è tenuto a frequentare un corso di formazione professionale erogato ai sensi della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, dalla regione o dalla provincia autonoma competente per territorio, valido in tutto il territorio nazionale, il cui contenuto e la cui durata sono stabiliti tramite accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di rappresentanza e di categoria rappresentative a livello territoriale. Le regioni e le province autonome aggiornano i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale alle finalità di cui al presente comma.

5. È esonerato dal corso formativo di cui al comma 4 il responsabile dell'attività produttiva che risulta già in possesso di uno dei seguenti requisiti:

a) aver prestato la propria opera per almeno tre anni presso un'impresa di panificazione, con la qualifica di operaio panettiere o con una qualifica superiore secondo la disciplina dei vigenti contratti collettivi di lavoro;

b) aver esercitato per almeno tre anni l'attività di panificazione in qualità di titolare, collaboratore familiare o socio prestatore d'opera con mansioni di carattere produttivo;

c) aver conseguito un diploma di istruzione secondaria di secondo grado in esito a percorsi coerenti con l'attività di panificazione, compresi in un apposito elenco individuato dalla giunta regionale o da analogo organo della provincia autonoma;

d) aver ottenuto una qualifica triennale o un diploma quadriennale in esito a percorsi di istruzione e formazione professionale coerenti con l'attività di panificazione, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione di almeno un anno presso imprese del settore, ovvero di due anni qualora il diploma sia ottenuto prima del compimento della maggiore età.

6. Il responsabile dell'attività produttiva svolge la propria attività in completa autonomia relativamente alla gestione, all'organizzazione e all'attuazione della produzione.

Art. 14.

(Mutuo riconoscimento)

1. Fermo restando quanto previsto dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, i prodotti legalmente fabbricati e commercializzati negli altri Stati membri dell'Unione europea o in Turchia o in uno Stato parte contraente dell'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) possono essere commercializzati nel territorio italiano.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, sull'etichetta dei prodotti di cui al comma 1, oltre a quanto previsto dagli articoli 7 e 8, deve essere riportata la dicitura: « pane di produzione non interamente italiana », con la specifica delle fasi di produzione, quali l'impasto, la lievitazione, la semicottura e cottura, nonché lo Stato nel quale sono state effettuate, nel rispetto dell'articolo 26 del regolamento (UE) n. 1169/2011.

Art. 15.

(Made in Italy 100 per cento)

1. Si intende realizzato interamente in Italia il pane fatto con materie prime di origine italiana, classificabile come « Made in Italy 100 per cento » ai sensi della normativa vigente.

2. Le indicazioni di origine false o fallaci sono punite ai sensi dell'articolo 517 del codice penale.

3. Con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sono definite le modalità di applicazione del comma 1.

Art. 16.

(Festa del pane)

1. È istituita la « Festa del pane » quale momento per celebrare l'importanza di tale alimento nella cultura italiana e nella società in generale.

2. Le regioni, le province e i comuni, in occasione della festa di cui al comma 1, possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, iniziative di valorizzazione del pane.

3. La festa di cui al comma 1 ricorre la prima domenica di maggio di ogni anno e non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260.

Art. 17.

(Vigilanza)

1. La vigilanza sull'attuazione della presente legge è esercitata dalle aziende sanitarie locali e dai comuni competenti per territorio, cui spettano i proventi derivanti dall'applicazione di eventuali sanzioni amministrative stabilite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, per la violazione delle disposizioni della medesima legge, ad esclusione di quelle di cui all'articolo 2.

2. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 18.

(Adeguamento della normativa regionale e clausola di salvaguardia)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi in essa contenuti.

2. Le disposizioni della presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Art. 19.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogati:

a) il titolo III della legge 4 luglio 1967, n. 580;

b) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502;

c) l'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

d) il regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2018, n. 131.

Art. 20.

(Entrata in vigore e disposizioni transitorie)

1. Le disposizioni della presente legge, notificate alla Commissione europea ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale.