Senato della Repubblica | XIX LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 OTTOBRE 2022
Misure per la tutela e lo sviluppo dell'artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale
Onorevoli Senatori. – L'artigianato, a differenza di molti altri settori produttivi, gode di un proprio e non scontato riconoscimento costituzionale, ossia un inquadramento di rango superiore, preordinato alla protezione e all'incentivazione di una specifica forma d'impresa, contraddistinta da connotati specifici sia sul piano dell'attività che sul quello dell'organizzazione. L'articolo 45, secondo comma, della Costituzione, con il proposito di tratteggiarne lo statuto costituzionale, dispone, infatti, come la legge debba provvedere « alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato ». Precetto che solo in apparenza riveste i panni tipici di una disposizione di principio. Trattasi, al contrario, di una riserva di legge rinforzata, idonea a disvelare il proposito dei Costituenti di attribuire all'artigianato – per il tramite del legislatore ordinario – un ruolo privilegiato all'interno del nostro ordinamento, più ampio e maggiormente tutelato rispetto alle altre libertà economiche, ma in ogni caso scevro di connotazioni corporativamente orientate.
A questa peculiare articolazione della realtà economica italiana si ricollega, quindi, un'esplicita esigenza di tutela e, correlativamente, un'auspicabile azione di spinta. In altre parole, la Carta fondamentale ha previsto che la legge si occupi di apprestare nei riguardi dell'artigianato sia una protezione in senso negativo (« tutela ») che una in positivo (« sviluppo »), consacrando in tal guisa il favor per un settore ritenuto meritevole di sostegno, da assicurare e promuovere con maggiore intensità rispetto alla generalità delle imprese private. Con ogni evidenza, ci si misura con una speciale configurazione giuridica, originata per via di una indiscussa utilità sociale, che tradizione e tempo hanno implicitamente assegnato all'impresa artigiana, posta la capacità dei mestieri ad essa associati di tradurre sul terreno economico princìpi garantiti a livello costituzionale.
Dopotutto, l'artigianato detiene parte della memoria storica dei rapporti economici e della cultura manifatturiera del nostro Paese, consentendo, a chi svolge tale attività, di esprimere, meglio di altre manifestazioni del lavoro manuale o aziendale, la propria personalità. Sicché, tramite l'iniziativa economica artigiana, acquisiscono forma e sostanza la dimensione materiale dei risultati, l'etica del lavoro e la ricerca costante di uno standard qualitativo superiore. La Costituzione, per mezzo dell'articolo 45, ha assunto, in sintesi, la scelta di garantire finalità non espressamente previste per le altre tipologie di impresa, introducendo una disposizione che costituisce un sicuro rafforzamento della cornice generale riconosciuta dall'articolo 41 della Costituzione a tutte le forme di iniziativa economica.
Nel concreto, il riferimento costituzionale è ad una attività produttiva autonoma, di per sé in grado di contenere e bilanciare le tendenze omologatrici e massificatrici attivate dalla grande impresa. Un argomento di certo noto al Costituente al momento dell'introduzione della disposizione nel testo costituzionale e ancor più valido oggi, tenuto conto che la nostra economia risulta integralmente immersa nel mercato globale, con effetti vistosi sul piano delle dinamiche economiche, delle relazioni commerciali e delle implicazioni sociali. Donde, la perdurante valenza di una norma, che in chiave di protezione e assistenza di posizioni oggettivamente più deboli, mira alla diffusione di una specifica tipologia di impresa, che per caratteristiche sue proprie può rappresentare uno strumento di « composizione dei conflitti » e di « rafforzamento dell'autoresponsabilità ». Una norma, certo, non di sterile retroguardia, ma capace, al contrario, di rivolgere lo sguardo in avanti, come pure di estendere la propria sfera di applicazione verso quello spazio composito contrassegnato dall'agire economico di micro e piccole imprese, che assieme a quelle artigiane, costituiscono la base vitale del nostro tessuto produttivo, nonché un indispensabile fattore di dinamismo del « pluralismo economico ».
Ecco dunque identificato lo scenario costituzionale in cui si inserisce il disegno di legge de quo e le motivazioni che sorreggono oggi una proposta in tema di artigianato. A rigore, c'è da dire che a seguito della revisione del titolo V della Costituzione l'artigianato non figura più tra le materie a competenza concorrente. L'attuale riparto costituzionale delle attribuzioni legislative ha finito con l'ascrivere questa particolare categoria protetta alla competenza esclusiva regionale, mediante la cosiddetta clausola di residualità. Ma è pur vero che l'oggetto dell'iniziativa legislativa interessa una materia coperta da riserva di legge, in grado di investire tanto la competenza statale quanto quella regionale. Non a caso, la legge 8 agosto 1985, n. 443 (legge-quadro per l'artigianato) rappresenta tuttora il faro per l'intero settore, tanto da aver uniformato, sotto molti aspetti e per un periodo superiore al trentennio, i successivi interventi legislativi regionali. Infatti, benché le regioni risultino costituzionalmente abilitate a innovare, anche in profondità, l'assetto normativo del fenomeno sociale in discorso, importa evidenziare come le stesse si siano perlopiù limitate ad adottare disposizioni specificative della legge-quadro, tese cioè a confermare o al più a integrare il corpo legislativo statale.
Ma non è tutto. Il conferimento in via esclusiva allo Stato del potere-dovere di assicurare « la tutela della concorrenza » (articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione) fa sì che il legislatore statale sia oggi chiamato a prodigarsi in modo che venga offerta piena garanzia al bene giuridico della concorrenza. Il compito attribuito allo Stato è dunque delineato, dovendo apprestare, laddove utile e necessario, correttivi e interventi di carattere normativo, sul presupposto che la concorrenza dovrebbe configurare la condizione ideale per l'incremento del benessere economico collettivo. Ciò significa che l'esigenza di assicurare per mano statale la concorrenza designa una vera e propria competenza trasversale, in quanto tale idonea a incidere sulla regolamentazione di qualsivoglia attività economica, compreso l'artigianato.
A ragion veduta, allora, appare sorretto da valide argomentazioni giuridiche l'intento promosso da questa iniziativa di legge perché si aggiorni il contributo già reso a livello statale in materia di artigianato, constatato l'effettivo bisogno di poter fare affidamento su di un rinnovato indirizzo normativo. È tempo di tracciare una rotta nuova e munirsi di bussola e timone, se l'obiettivo di fondo è quello di sperimentare nuovi approdi, così da orientare con consapevolezza l'attivismo legislativo regionale.
Non a caso, già in passato hanno trovato cittadinanza nel corpo normativo statale differenti regolamentazioni speciali, così da offrire un porto giuridico sicuro alle tante categorie di imprese afferenti al campo dell'artigianato, che, strada facendo, hanno legittimamente esibito la necessità di un saldo ancoraggio all'ordinamento dello Stato (disciplina dell'attività di estetista, disciplina dell'attività di acconciatore, eccetera). Questo soprattutto per conferire – in linea con quanto stabilito dalla Costituzione – protezione e sussidio a specifiche sfere del circuito economico.
In questo quadro, si fa propizio l'intervento del legislatore statale allorché vengano riordinati termini e confini dell'artigianato inteso nella sua espressione artistico-tradizionale. Oggi, più che mai, s'impone la necessità di riservare massima attenzione a questa particolare branca della manifattura italiana, rappresentata da circa 60.000 realtà d'impresa. Sia chiaro, la grave crisi innescata dalla pandemia da COVID-19 non costituisce l'unico nemico da combattere. Essa va a sommarsi a problemi più risalenti, che il settore eredita e sconta. L'economia globale, infatti, ha apportato nei confronti del tessuto produttivo italiano indubbi benefici. Ma è stata foriera, al contempo, di pericolose insidie per la caratterizzazione e l'unicità dei prodotti, che rischiano di condannare alla marginalità le migliori arti del nostro Paese. Sicché, all'alternativa tra la progressiva resa all'omologazione dei parametri produttivi e il tentativo di dare corpo a un progetto di sviluppo produttivo per l'avvenire, sembra indispensabile abbracciare questa seconda ipotesi.
Donde la decisione di sottoporre all'esame del Parlamento un disegno di legge che si occupi, nello specifico, di artigianato artistico, genesi e radice del fenomeno artigiano. Sui generis per definizione e meno assimilabile al mondo dell'impresa rispetto ad altre branche del settore, l'artigianato artistico-tradizionale incarna più di tutti i valori, lo spirito e la storia connessi all'esperienza artigiana italiana. Una attività che, indipendentemente dal profilo economico, rappresenta un fattore di tutela e, insieme, un presidio di socialità per tanti borghi, cittadine e aree interne della Penisola. Anche di qui passa l'investimento a beneficio della coesione territoriale, nell'ottica di accorciare fratture e superare divari socio-economici.
Ma l'artigianato artistico e tradizionale non reca con sé solo storia e cultura. Esso è prima di tutto innovazione. L'innesto di elementi innovativi nello sviluppo e nell'implementazione delle tecniche impiegate nel processo produttivo favoriscono, in questo senso, l'intensificazione dei contatti con le correnti turistiche e le interazioni con la struttura industriale del Paese. Non si propone, infatti, di attrezzare un costoso armamentario di misure dal tratto meramente assistenziale, volte, cioè, a esorcizzare il declino di un pezzo di economia fatalmente condannato all'irrilevanza. Ciò che si presenta è un intervento ragionevole, diretto a supportare e potenziare in maniera diligente il lavoro dei maestri artigiani. Lavoro che si estrinseca, il più delle volte, nella cornice di unità produttive efficienti, tali da competere in autonomia sul mercato, in ragione di un'ineguagliabile formazione professionale contraddistinta da creatività e ingegno.
Venendo al merito delle disposizioni, l'articolo 1, comma 1, del disegno di legge punta ad aggiornare la legge-quadro per l'artigianato, esplicitando il riferimento all'impresa artigiana nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale. Tale impresa si distingue dalle altre realtà artigiane per la produzione di beni che manifestano un indiscusso valore creativo ed estetico e ciò in virtù del processo di lavorazione manuale applicato. Ragion per cui, si richiede che le regioni si occupino della relativa tutela, valorizzazione e sviluppo, adottando, in tal senso, provvedimenti ad hoc.
Importa, tuttavia, assicurare il coordinamento e la condivisione di detti interventi. Sicché, il comma 2 prescrive che il complesso delle misure sia oggetto di intese e accordi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
L'articolo 2, nella prospettiva di definire una strategia comune, disegna una cornice normativa per il riconoscimento della qualifica di bottega storica e artigiana all'impresa che esercita la propria attività in locali aventi particolare valore per la comunità in cui sono ubicati, di per sé capaci di contribuire alla salvaguardia architettonica e collettiva del tessuto urbano di riferimento. La previsione si coniuga con quanto già stabilito da alcune regioni, nonché con quanto avrebbe voluto disporre l'articolo 52, comma 1-bis, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. A differenza di quest'ultima disposizione, infatti, i comuni sono chiamati a rilasciare il titolo previa verifica dei requisiti (continuità temporale dell'attività, tipologia di accesso ai locali, caratteristiche degli interni) per come definiti e specificati in Conferenza unificata. In altre parole, il testo del disegno di legge fa proprie le censure dei giudici costituzionali, prevenendo, preliminarmente, l'intesa Stato-regioni.
L'effettivo riconoscimento delle botteghe storiche non può prescindere, in ogni caso, da un sostanziale intervento da parte del Governo. Si istituisce, pertanto, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, un Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione delle botteghe storiche e artigiane. Funzionamento e criteri di riparto sono rimessi all'adozione di un decreto ministeriale, che non può in ogni caso prescindere dall'intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata. Dopodiché, le regioni, in collaborazione con comuni ed enti locali, sentite le associazioni di categoria, sono tenute a concedere contributi e agevolazioni fiscali.
Tali misure debbono comunque essere inquadrate all'interno di un disegno più ampio, che faccia perno sull'implementazione di politiche tese a rivitalizzare i centri storici cittadini. Il futuro dell'artigianato artistico e tradizionale transita anche dalle opportunità imprenditoriali, lavorative e quindi occupazionali connesse allo sviluppo di efficaci indirizzi urbanistici. Conferire funzioni sociali nuove a contesti urbanizzati esistenti significa ridisegnare luoghi già contraddistinti da vecchi usi per stimolarne la trasformazione creativa.
Occorre, dunque, apprestare delle soluzioni efficaci, affinché i vantaggi fiscali siano equamente distribuiti tra locatario e locatore. In questa chiave, l'articolo 3 prevede l'introduzione della cedolare secca sul reddito da locazione di immobili adibiti a laboratori per arti e mestieri, sempreché strumentali all'esercizio di impresa artigiana nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale, con un'aliquota del 10 per cento. Tale beneficio fiscale per le locazioni degli immobili a uso commerciale rappresenta un primo tassello per cercare di risolvere la vexata quaestio della desertificazione dei centri urbani (confronta articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n. 145). Ma non è sufficiente. È necessario includere anche gli immobili di cui alla categoria catastale C/3 per pianificare un progetto di più vasta latitudine.
Inoltre, la nostra economia registra ormai da tempo un preoccupante fenomeno di allontanamento dei ragazzi dai valori dell'artigianato, complici il disinteresse verso l'autonomia individuale e il rifiuto per il lavoro manuale. Del resto, è innegabile l'incapacità del nostro sistema formativo di rispondere alle esigenze delle imprese artigiane.
Per tali motivi, l'articolo 4, comma 1, stabilisce che le regioni riconoscano la qualifica di bottega-scuola alle imprese artigiane richiedenti. Deve trattarsi, in ogni caso, di imprese che svolgono attività di artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale e il cui titolare (o socio lavoratore) disponga della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.
Al comma 2 si dispone che le regioni, prima di rilasciare il titolo, debbano verificare in capo all'impresa il possesso di determinati requisiti – profilo professionale del maestro artigiano, adeguatezza dei locali ai fini dell'apprendimento, acquisizione di specifica qualificazione professionale –, comunque oggetto di definizione in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
La trasmissione del sapere artistico e tradizionale non può non transitare anche per il ciclo di studi di chi intraprende un peculiare tipo di percorso didattico. Sulla scorta di virtuose ma estemporanee esperienze maturate sul territorio, la scuola secondaria di secondo grado dovrebbe poter ospitare in maniera sistematica l'insegnamento dei maestri artigiani o di mestiere. Specie l'istruzione artistica e professionale richiede un supplemento pratico di formazione, tale da poter stimolare e accrescere nei discenti la consapevolezza circa il lavoro di domani.
Ecco quindi spiegata la scelta operata dall'articolo 5 del disegno di legge di devolvere a un decreto ministeriale l'individuazione – per i licei artistici e gli istituti tecnici superiori dell'area industria e artigianato – di puntuali attività di didattica laboratoriale, le cui modalità di espletamento prevedano il coinvolgimento e il relativo affiancamento al personale docente dei maestri artigiani, fermo restando il necessario perfezionamento di un'intesa in sede di Conferenza unificata. In questo senso, l'attivazione di laboratori didattici strutturati, ai fini dell'esperimento di un circoscritto numero di ore, rappresenterebbe un utile contributo al raggiungimento degli obiettivi didattici fissati in sede ministeriale.
In aggiunta a questo, urge assicurare la trasmissione intergenerazionale del saper fare artigiano, accrescere le opportunità di partecipazione dei giovani all'organizzazione economica del Paese e promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro delle nuove generazioni. È chiaro che per realizzare un programma di siffatta vastità si constata la necessità di riconoscere a favore dell'artigiano operante nel settore artistico e tradizionale alcuni benefici di natura fiscale, ultronei rispetto a quelli già previsti per gli ordinari percorsi di apprendistato, in virtù del maggior impegno profuso nell'attività formativa. Da questo punto di vista, l'apprendistato professionalizzante costituisce, tuttora, il canale privilegiato per la formazione continua, la trasmissione del sapere, l'assunzione stabile, l'innovazione nella produzione dei beni e il passaggio generazionale dell'attività.
Tanto premesso, l'articolo 6 individua due agili rimedi per la specializzazione dei giovani artigiani, tenuto conto che il legame diretto apprendista-maestro nasce per definizione nel contesto storico della bottega artigiana, non replicabile, all'opposto, in altre realtà d'impresa. Segnatamente, il comma 1 riconosce a favore delle imprese artigiane a vocazione artistica e tradizionale lo sgravio contributivo totale per l'intera durata del contratto di apprendistato professionalizzante. In linea di principio, la misura risulta piuttosto contenuta, posto che in casi come questo l'attuale aliquota contributiva a carico del datore di lavoro corrisponde soltanto al 10 per cento. Va da sé, allora, che la voluntas legislatoris è preordinata ad apprestare un incentivo ulteriore all'utilizzo di questa forma di inserimento al lavoro, atta a coniugare utilmente formazione e occupazione.
Volontà ancor più marcata al comma 2, giacché si intesta, esclusivamente ai datori di lavoro delle imprese che esercitano attività di artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale, la possibilità di portare in deduzione dal reddito d'impresa un importo pari al 150 per cento dell'ammontare della retribuzione lorda corrisposta a ogni apprendista assunto con contratto di apprendistato professionalizzante. La spettante deduzione – soggiunge la norma – è proporzionalmente ridotta del 10 per cento a conclusione di ogni anno di apprendistato svolto. Il che vuol dire che la deduzione è costruita in modo che l'entità della misura risulti decrescente di anno in anno, sull'assunto che l'impegno formativo gravante sull'artigiano tende a ridursi nel tempo, se si considera la diversa utilità recata dall'apprendista con l'avanzamento del periodo di pratica.
Fin qui l'enigma della trasmissione del saper fare. Ma, a latere di questo, marcia inesorabile il problema del mancato passaggio generazionale. Specie nel panorama dell'artigianato artistico e tradizionale, vieppiù si assiste alla chiusura delle attività per il pensionamento del titolare, con danni irreparabili in termini di dispersione di valore d'impresa, opportunità di impiego, competenze e industriosità. Eppure, molte aziende risultano in cerca di un artigiano che ne assuma la direzione. Parimenti, una crescente componente di giovani aspira a intraprendere una nuova attività d'impresa, così come tanti addetti o collaboratori intendono rilevare la guida del laboratorio in cui si sono formati.
Per tali ragioni, sembra opportuno favorire l'incrocio di queste due opposte aspettative. La circolazione di imprese e imprenditori può fare la differenza nell'ottica di rilanciare il settore. Senonché, sulla decisione di trasferire un'azienda a titolo oneroso rivestono un peso decisivo le disposizioni fiscali. Si tratta di oneri che incidono sul corrispettivo finale di vendita dell'azienda, sia con riferimento al dante causa (cedente) che all'avente causa (cessionario). Nell'ipotesi di cessione dell'unica azienda, il fisco agisce su più fronti, per mezzo: a) della tassazione diretta ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dell'imposta sul reddito delle società (IRES) e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) degli incrementi del valore dell'azienda, maturati durante la gestione imprenditoriale; b) della tassazione indiretta del valore dell'azienda trasferita ai fini dell'IVA, dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni e donazioni; c) della tassazione del valore degli immobili strumentali ai fini delle imposte ipotecarie e catastali.
Sul mercato permangano in tal guisa aziende gestite da artigiani demotivati, che non cessano l'attività soltanto perché intimoriti dal pagamento dei tributi connessi all'incremento del valore degli immobili o all'avviamento d'impresa. Di qui, la prassi che registra comportamenti fiscali inquadrabili nell'abuso di diritto (si pensi al soddisfacimento di una tassa minima relativa ai beni immobili). A ciò si aggiunga la complessità nel discernere il corretto regime impositivo applicabile in tema di plusvalori, quando, tra la disciplina della cessione d'azienda e la disciplina del conferimento di azienda, l'unica distinzione si fonda sul corrispettivo ottenuto in cambio dell'azienda: per la cessione il denaro, per il conferimento le partecipazioni della società conferitaria.
Per interrompere il circolo vizioso, in caso di cessione di azienda a titolo oneroso, l'articolo 7 mette a punto una disciplina intesa ad assicurare il regime agevolativo di neutralità fiscale (assenza di tassazione delle plusvalenze). Questo alla duplice condizione che la cessione sia finalizzata all'esercizio di un'attività d'impresa operante nel settore dell'artigianato artistico e tradizionale e che l'azienda non sia ceduta nei tre anni successivi alla data di trasferimento (comma 1). In pratica, la cessione non risulta fiscalmente realizzativa. Il proponimento del disposto normativo dimora, infatti, nell'allineare il regime di tassazione degli incrementi di valore emergenti in sede di trasferimento d'azienda a titolo oneroso – in favore di soggetti rientranti nei limiti dimensionali e societari di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443 – a quello attualmente previsto per i conferimenti d'azienda di cui all'articolo 176 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il soggetto cessionario, al comma 1, in forza del subentro nella posizione del cedente, è chiamato comunque a darne evidenza tramite apposito prospetto di riconciliazione.
Il comma 2 consente ai soggetti dell'operazione di optare, sui maggiori valori attribuiti in bilancio, per il regime in vigore per le altre fattispecie di cessione d'azienda ovvero per l'applicazione dell'imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRES e dell'IRAP, come delineata dall'articolo 176, comma 2-ter, del citato testo unico delle imposte sui redditi in materia di conferimento d'azienda. In tal modo, l'operazione riceve comunque riconoscimento fiscale.
Il comma 3 afferma in sostanza che, se l'aumento del patrimonio netto eccede il valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda, la differenza costituisce una riserva di utili.
Ai fini dell'imposizione indiretta – chiosa il comma 4 – alla cessione d'azienda si applicano, analogamente a quanto disposto in tema di conferimenti d'azienda, le disposizioni concernenti l'imposta di registro e la relativa tariffa, di cui alla parte prima, articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nonché l'imposta catastale nella misura di cui all'articolo 10, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
Sul piano della tutela dei prodotti artigiani, invece, si fa sempre più impellente la definizione di un sistema che ne certifichi l'origine, anche in considerazione di una crescente educazione al dettaglio e attenzione ai materiali impiegati nelle lavorazioni. Un riconoscimento del genere valorizzerebbe, in particolare, il potenziale economico e sociale di diverse micro e piccole imprese del settore artistico e tradizionale, detentrici, soprattutto in Italia, di conoscenze e metodi radicati nel patrimonio culturale di uno specifico ambiente geografico.
Negli ultimi anni le istituzioni europee, Commissione e Parlamento in primis, hanno esaminato a più riprese la possibilità di conferire protezione giuridica ai prodotti non agricoli. Ma a differenza dei prodotti agricoli e alimentari, non si è giunti ad individuare una tutela unitaria per quanto riguarda l'indicazione di origine dei prodotti artigiani. Allo stesso tempo, gli strumenti giuridici nazionali appaiono insufficienti.
Tuttavia, senza una certificazione valida erga omnes diventa difficile per il consumatore discriminare fra proposte diverse, quando invece occorrerebbe cogliere immediatamente il valore materiale e immateriale che si cela dietro una produzione artigiana. Il riconoscimento dell'indicazione di origine per i prodotti no food consentirebbe: a) al consumatore, di ottenere garanzie e certezze circa le caratteristiche dei prodotti, in ragione della provenienza geografica, della relativa reputazione qualitativa e della filiera di produzione seguita; b) al produttore, di difendere i propri manufatti dal diffondersi di pratiche sleali o fraudolente (come ad esempio la concorrenza sleale o la contraffazione).
Alla luce delle summenzionate considerazioni, l'articolo 8, comma 1, del disegno di legge prevede che il Ministero delle imprese e del made in Italy, raggiunta l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possa attribuire ai prodotti artigiani la denominazione di origine e qualità, a patto che questi siano in grado di esibire determinate caratteristiche in termini di valore creativo ed estetico. A tale scopo, il citato Ministero è tenuto a fissare con decreto un regime che proceduralizzi l'iter di presentazione della domanda e ciò ai fini dell'iscrizione del prodotto in un registro debitamente configurato. Il tutto deve essere disciplinato in modo che non venga inficiato il libero sviluppo degli scambi.
A seguire, il comma 2 predetermina il contenuto minimo da associare alla denominazione di origine e qualità. Rispetto al prodotto artigiano, denominazione e simbolo debbono designare: a) la concisa descrizione del processo di lavorazione; b) l'indicazione dei materiali impiegati; c) il nome del luogo d'origine, cui si deve il possesso di specifiche qualità.
Il comma 3, infine, concerne i disciplinari di produzione, adottati e aggiornati con decreto dal Ministro delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I disciplinari sono diretti a: a) certificare le caratteristiche dei prodotti artigiani che intendano conseguire la denominazione di origine e qualità; b) verificare la conformità dei prodotti artigiani che abbiano già conseguito la denominazione.
Specularmente, v'è da rilevare come sul mercato circolino, sempre più di frequente, prodotti dei quali non si è in grado di conoscere con esattezza né i materiali impiegati, né tantomeno i trattamenti eseguiti per la loro realizzazione e ciò con grave rischio per la salute degli acquirenti. Sotto tale profilo, è il caso di monitorare le tante attività che animano il cosiddetto fenomeno « hobbistico », fronteggiando, con lo strumento normativo, quel processo di mimetizzazione in base al quale diverse attività operanti in regime di concorrenza sleale dissimulano lo svolgimento di un'attività di vendita sporadica.
Non ci si può limitare, pertanto, ad assicurare staticamente il pluralismo nel campo dell'agire economico. La base legale c'è: l'inciso « tutela della concorrenza », di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione giustifica l'adozione di misure antitrust, necessarie a contrastare gli atti e i comportamenti che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati. Molti soggetti, infatti, commercializzano in maniera non professionale manufatti di propria produzione, senza tuttavia doversi attenere alle prescrizioni gravanti sulle imprese artigiane. Il fenomeno rileva in tutta la sua ampiezza in occasione di mercati svolti su aree pubbliche, che, per definizione, sfuggono ad una stretta azione di controllo.
In questa direzione, l'articolo 9, comma 1, del disegno di legge offre una puntuale definizione di hobbista, identificando tale figura nel soggetto che, nell'ambito di manifestazioni o eventi fieristici, espone in maniera saltuaria e occasionale (quindi senza possedere una partita IVA) merci di modico valore per la vendita o il baratto.
Il comma 2 impegna le regioni a disciplinare il fenomeno dell'hobbismo, ma a condizione che sia preventivamente siglata un'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e che sia perseguita l'uniformità regolatrice. L'attuale quadro normativo, per come definito dagli interventi di singole regioni, appare disorganico. Per cui diventa essenziale conseguire il funzionamento concorrenziale del mercato, a partire da un inquadramento nazionale del fenomeno. D'altra parte, frammentazione ed eterogeneità non fanno altro che favorire l'insorgenza di elementi di per sé ostativi all'operare del mercato in regime di concorrenza. Ciò posto, per poter svolgere l'attività di hobbista il comma 2 richiede: a) il rilascio di un titolo abilitativo e di un tesserino identificativo; b) il rispetto di determinati limiti in ordine a prezzi di vendita e valore complessivo della merce esibita; c) l'assolvimento di oneri informativi in vista della partecipazione ad eventi e manifestazioni.
In ultimo, mentre al comma 3 si rinvia alla disciplina del settore del commercio per ciò che attiene all'esposizione e alla pubblicità dei prezzi, al comma 4 si prevedono sanzioni di carattere amministrativo, in caso di violazione delle norme adottate dalle regioni in attuazione dei princìpi di cui al comma 2.
In ultimo, l'articolo 10, nel rispetto dell'articolo 81, terzo comma, della Costituzione, individua la copertura finanziaria, vale a dire le risorse economiche necessarie per far fronte ai nuovi oneri finanziari introdotti dal presente disegno di legge.
Art. 1.
(Tutela e sviluppo dell'impresa artigiana
artistico-tradizionale)
1. Ai sensi dell'articolo 45, secondo comma, della Costituzione e conformemente alla legge 8 agosto 1985, n. 443, le regioni adottano provvedimenti diretti alla tutela, alla valorizzazione e allo sviluppo dell'impresa artigiana che, nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale, ha per scopo prevalente lo svolgimento di un'attività diretta alla produzione di beni, anche semilavorati, i quali, in ragione del processo di lavorazione manuale applicato, presentano particolare valore creativo ed estetico.
2. Lo Stato, nell'ambito delle proprie competenze, e le regioni, nell'adottare i provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo, promuovono, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il perfezionamento di intese e accordi, al fine di favorire il raccordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per gli interventi di rispettiva competenza, in aderenza al principio di leale collaborazione.
Art. 2.
(Bottega storica e artigiana)
1. All'articolo 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:
« 1-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7-bis, i comuni, sentito il soprintendente, riconoscono la qualifica di bottega storica e artigiana all'impresa, iscritta all'albo delle imprese artigiane, di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, che esercita attività di artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale in locali, a chiunque appartenenti, aventi particolare valore storico, architettonico e ambientale, tale da costituire testimonianza della storia, dell'arte, della cultura e della tradizione manifatturiera della comunità territoriale di riferimento. Ai fini del riconoscimento della qualifica, previa istituzione di apposito albo regionale, i comuni verificano il possesso di determinati requisiti, così come definiti e specificati in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sulla base dei seguenti criteri: a) svolgimento della medesima attività a fronte di un congruo e ininterrotto periodo di anni o di un numero minimo di trasferimenti aziendali in grado di assicurare il passaggio generazionale e la continuità d'impresa; b) accesso dei locali su area pubblica o su area privata gravata da servitù di passaggio; c) presenza nei locali di elementi di arredo o di elementi strumentali all'esercizio dell'attività d'impresa che conferiscano alla stessa particolare interesse culturale e valore economico aggiunto. In collaborazione con i comuni e gli enti locali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni imprenditoriali comparativamente più rappresentative per il settore dell'artigianato, prevedono, a favore di botteghe storiche e artigiane, la concessione di contributi atti a sostenere interventi di restauro o di valorizzazione degli arredi, nonché il riconoscimento di agevolazioni fiscali ».
2. Per le finalità di cui al comma 1-bis dell'articolo 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, come modificato dal comma 1 del presente articolo, a copertura degli impegni assunti, è istituito, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, un Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione delle botteghe storiche e artigiane, con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per l'anno 2023, la cui disponibilità annua è successivamente stabilita con legge. Con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti i criteri e le modalità per il funzionamento e la ripartizione del Fondo di cui al primo periodo.
Art. 3.
(Cedolare secca sul reddito da locazione di immobili adibiti a laboratori per arti e mestieri)
1. Il canone di locazione relativo ai contratti stipulati a decorrere dall'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, per un periodo non superiore a cinque anni, che abbiano ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/3, quali locali destinati all'esercizio dell'impresa artigiana nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l'aliquota del 10 per cento.
Art. 4.
(Bottega-scuola)
1. Allo scopo di assicurare la trasmissione intergenerazionale del saper fare artigiano, di accrescere le opportunità di partecipazione dei giovani all'organizzazione economica del Paese, di promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro delle nuove generazioni, di coniugare formazione e occupazione, nonché di favorire l'innovazione nella produzione di beni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, conformemente a quanto previsto dall'articolo 8, terzo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443, riconoscono, tramite procedura semplificata di accreditamento, la qualifica di bottega-scuola alle imprese iscritte all'albo delle imprese artigiane, di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, che ne facciano richiesta, a condizione che svolgano attività di artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale. In ogni caso, il titolare o un socio lavoratore della singola impresa deve disporre della qualifica di maestro artigiano o di mestiere, il cui titolo sia stato rilasciato ai sensi dell'articolo 44, comma 4, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
2. Ai fini del riconoscimento della qualifica di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, istituiscono un apposito elenco di botteghe-scuola e verificano, in capo all'impresa, il possesso dei seguenti requisiti:
a) nell'ambito del settore dell'artigianato artistico e tradizionale, il maestro artigiano o di mestiere, affinché possa esercitare personalmente attività formativa, autocertifica adeguata esperienza professionale, nonché elevata propensione all'insegnamento del mestiere;
b) l'attività formativa, conformemente alla normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è effettuata presso la bottega-scuola o in locali nella disponibilità dell'impresa, comunque funzionali allo svolgimento dell'attività lavorativa del maestro artigiano o di mestiere e al contestuale apprendimento di coloro che accedono ai corsi;
c) la partecipazione ai corsi è finalizzata al conseguimento di specifica qualificazione professionale, secondo le modalità previste dalla normativa vigente in materia di formazione professionale, nonché all'inserimento lavorativo dei giovani.
Art. 5.
(Attività di didattica laboratoriale)
1. Al fine di accrescere la capacità di orientamento, migliorare la formazione tecnico-professionale e incrementare le opportunità di lavoro degli studenti, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro delle imprese e del made in Italy e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuate, per i licei artistici e gli istituti tecnici superiori dell'area industria e artigianato, le attività di didattica laboratoriale, le cui modalità di espletamento prevedono il coinvolgimento e il relativo affiancamento al personale docente dei maestri artigiani o di mestiere, di cui all'articolo 44, comma 4, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, quali insegnanti tecnico-pratici.
Art. 6.
(Apprendistato professionalizzante)
1. Al fine di promuovere l'occupazione giovanile, incentivare la qualificazione professionale e sostenere l'artigianato, per i contratti di apprendistato professionalizzante, è riconosciuto esclusivamente ai datori di lavoro delle imprese che esercitano attività di artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale, i quali occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento con riferimento alla contribuzione dovuta ai sensi dell'articolo 1, comma 773, quinto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per i periodi contributivi maturati per l'intera durata del contratto di apprendistato.
2. Per i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo, la deduzione prevista all'articolo 95 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica nella misura del 150 per cento per le spese per prestazioni di lavoro rese da ogni apprendista assunto con contratto di apprendistato professionalizzante. La maggiorazione della deduzione è proporzionalmente ridotta del 10 per cento a conclusione di ogni anno di apprendistato svolto.
Art. 7.
(Regimi fiscali applicabili all'atto di
cessione di azienda)
1. La cessione a titolo oneroso di azienda, a condizione che sia finalizzata all'esercizio di un'attività d'impresa operante nel settore dell'artigianato artistico e tradizionale per un periodo non inferiore a tre anni, allorché effettuata tra soggetti inquadrabili nella disciplina dell'impresa individuale ovvero delle società, nel rispetto dei limiti dimensionali e societari di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, non costituisce ai fini fiscali realizzo di plusvalenze. In ogni caso, il soggetto cessionario subentra nella posizione del cedente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione, da allegare alla dichiarazione dei redditi, i dati esposti in bilancio o in dichiarazione e i valori fiscalmente riconosciuti.
2. In luogo dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, cedente e cessionario possono optare, all'atto di cessione d'azienda, per il regime fiscale applicabile alle fattispecie di cessione diverse da quelle inerenti al settore dell'artigianato artistico e tradizionale ovvero per l'applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 176, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
3. Qualora non sia esercitata l'opzione di cui al comma 2, l'aumento di patrimonio netto del soggetto cessionario a seguito della cessione di azienda si considera formato con gli utili di cui all'articolo 44, comma 1, lettera e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente la tassazione degli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda ceduta.
4. Con riferimento al comma 1 del presente articolo, ai fini dell'imposizione indiretta, si applica l'articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nonché l'imposta di cui all'articolo 10, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
Art. 8.
(Denominazione di origine e qualità dei prodotti artigiani)
1. Al fine di identificare e tutelare i prodotti realizzati dalle imprese artigiane iscritte all'albo delle imprese artigiane, di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, e che esercitano attività di artigianato nella sua espressione territoriale, artistica e tradizionale, il Ministero delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, attribuisce ai prodotti artigiani, in grado di esibire determinate caratteristiche in termini di valore creativo ed estetico, la denominazione di origine e qualità. L'attribuzione della denominazione avviene tramite apposita procedura, disciplinata con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, volta a esaminare la domanda di registrazione presentata da una o più imprese, ai fini dell'iscrizione del prodotto in un apposito registro, nel rispetto della normativa nazionale ed europea in materia di sviluppo degli scambi internazionali e fra gli Stati membri dell'Unione europea.
2. Ai fini di cui al comma 1, la denominazione di origine e qualità e il simbolo a essa associato sono volti a designare un prodotto artigiano che, oltre alla concisa descrizione del processo di lavorazione seguito e all'indicazione dei materiali impiegati, rechi sulla propria etichetta il nome del luogo d'origine, cui si deve in via esclusiva o prevalente il possesso di specifiche qualità.
3. Ai fini del presente articolo, il Ministro delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad adottare e aggiornare, con proprio decreto, i disciplinari di produzione, diretti a certificare le caratteristiche essenziali dei prodotti artigiani che intendano conseguire la denominazione di origine e qualità e a verificare la conformità dei prodotti artigiani che abbiano già conseguito la denominazione.
Art. 9.
(Hobbismo)
1. Ai fini del presente articolo, per « hobbista » si intende il soggetto che, nell'ambito di manifestazioni o eventi fieristici, espone in maniera saltuaria e occasionale merci di modico valore per la vendita o il baratto.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tenuto conto della necessità di favorire l'uniformità regolatrice e conseguire il funzionamento concorrenziale del mercato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, disciplinano l'hobbismo sulla base dei seguenti princìpi:
a) l'hobbista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, svolge l'attività in forza di un titolo abilitativo non trasmissibile e temporaneo, rilasciato, in via generale, a livello comunale, correlativamente a un tesserino identificativo dell'hobbista, diretto ad attestare e delimitare le presenze alle manifestazioni o agli eventi di cui al comma 1;
b) l'hobbista non può esporre, vendere o barattare più di un oggetto avente un prezzo pari a quello massimo fissato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e in ogni caso il valore complessivo della merce esibita non può risultare superiore a quello massimo fissato nella medesima sede;
c) in sede di vidimazione del tesserino, l'hobbista fornisce al comune competente le informazioni previste dalla normativa vigente relative ai beni che intende esporre, vendere o barattare.
3. Con riferimento all'esposizione e alla pubblicità dei prezzi, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono sanzioni amministrative in caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 2.
Art. 10.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 60 milioni di euro per l'anno 2023 e a 15 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.