Senato della Repubblica | XIX LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 OTTOBRE 2022
Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli
Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge nasce dall'esigenza di allineare il nostro ordinamento, con un ampio e organico intervento normativo, nel rispetto della Costituzione, a quelli dei tanti altri Paesi, in particolare dell'Unione europea, in ordine al cognome del coniuge e all'attribuzione al figlio del cognome di entrambi i genitori.
Va premesso che il diritto al cognome rientra tra i diritti della personalità e assolve ad una triplice funzione identificativa, proprietaria e identitaria. Ne consegue l'importanza della materia sulla quale ancora non è stato possibile intervenire con una riforma organica.
La normativa tuttora vigente in Italia, ancorata ad una ormai superata concezione della famiglia, fa sopravvivere anacronistiche forme di discriminazione, in violazione ai principi costituzionali, nonché situazioni normative distanti dalle acquisizioni ormai realizzate nei sistemi giuridici di altri Paesi.
In particolare è in contrasto con gli articoli 3 e 29 della Costituzione, poiché lesiva del diritto di uguaglianza e pari dignità dei genitori nei confronti dei figli e tra i coniugi medesimi, oltre che con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, per il mancato rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dagli obblighi internazionali, in riferimento all'articolo 16, comma 1, lettera g), della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, alle raccomandazioni del Consiglio d'Europa 28 aprile 1995, n. 1271, e 18 marzo 1998, n. 1362, nonché alla risoluzione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa 27 settembre 1978, n. 376, relative alla piena realizzazione dell'uguaglianza dei genitori nell'attribuzione del cognome ai figli. La Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, all'articolo 16, impegna gli Stati aderenti a prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare, per assicurare, in condizioni di parità di genere, gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome.
Il Consiglio d'Europa, dal canto suo, con le già menzionate raccomandazioni, aveva affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie di genere riguardo alla scelta del cognome di famiglia non è compatibile con il principio di eguaglianza sostenuto dal Consiglio stesso, raccomandando agli Stati inadempienti di realizzare la piena eguaglianza tra madre e padre nell'attribuzione del cognome ai loro figli, di assicurare la piena eguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome comune ai due partner e di eliminare ogni discriminazione nel sistema legale per il conferimento del cognome tra figli nati nel e fuori del matrimonio. Sulla stessa linea interpretativa, infine, gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955 n. 848, sanciscono rispettivamente il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il divieto di ogni forma di discriminazione. Proprio per la violazione di tali disposizioni l'Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo con la sentenza 7 gennaio 2014 (Cusan e Fazzo contro Italia). La Corte ha ritenuto la preclusione all'assegnazione al figlio del solo cognome materno una forma di discriminazione che viola il principio di uguaglianza di genere.
Da non trascurare la considerazione che assegnare al figlio il solo cognome paterno costituisce un retaggio culturale ormai non più in linea con le mutevoli trasformazioni subite negli anni dall'attuale tessuto sociale, come attestato – tra l'altro – dalla pronuncia della Corte di cassazione, sezione I civile, n. 14878 del 15 giugno 2017, volta a disporre la non contrarietà all'ordine pubblico internazionale della rettifica, in Italia, dell'atto di nascita di un minore registrato come figlio originariamente solo di una donna cittadina italiana e, successivamente, anche di un'altra, anch'essa di nazionalità italiana, che pur non avendo con lui alcun rapporto biologico aveva contratto matrimonio all'estero con la prima.
Inoltre, l'assegnazione automatica del cognome paterno ai figli viola l'articolo 2 della Costituzione in quanto comprime il diritto del singolo individuo all'identità personale, con riferimento ai segni di identificazione di entrambi i rami genitoriali. Siamo in presenza, allo stesso tempo, di una irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi e tra i genitori che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell'unità familiare.
Preliminarmente alla disamina degli interventi di modifica necessari, è opportuno osservare che la normativa vigente sull'attribuzione del solo cognome paterno è stata oggetto di un primo intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 286 del 21 dicembre 2016. Afferma in motivazione la Corte che l'attribuzione automatica al figlio del cognome paterno, negando al minore la possibilità di essere identificato sin dalla nascita anche con il cognome materno, pregiudica il diritto all'identità personale che ha copertura costituzionale assoluta nell'articolo 2 della Costituzione, mentre il criterio della prevalenza del cognome paterno e la conseguente disparità di trattamento dei coniugi violano il principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (articolo 3 e 29 della Costituzione), realizzata attraverso la mortificazione del diritto della madre a che il figlio acquisti anche il suo cognome.
In assenza dell'accordo dei genitori, « residua la generale previsione dell'attribuzione del cognome paterno, in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità ».
A seguito della citata sentenza della Corte costituzionale e della conseguente circolare del Ministero dell'interno n. 1 del 19 gennaio 2017, il Parlamento è tenuto a colmare il vuoto legislativo ad oggi esistente nel nostro ordinamento, intervenendo sull'attribuzione del cognome ai nati sia all'interno che al di fuori del vincolo matrimoniale.
Tale annosa questione, a ben vedere, è stata oggetto di diversi disegni di legge che, dal 1979 in poi, si sono susseguiti nelle diverse legislature, senza aver mai però terminato il proprio iter di approvazione.
Il Parlamento, pertanto, non può più rimanere inerte al riguardo: è di fondamentale importanza garantire il diritto all'identità personale e sancire finalmente la formale e sostanziale uguaglianza di entrambi i genitori in materia di diritto di famiglia.
Si ricorda, inoltre, che con la sentenza n. 231 del 23 aprile 2022, n. 121, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 262, primo comma, del codice civile « nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto ».
In attuazione della predetta sentenza costituzionale, ha quindi fatto seguito la circolare del Ministro dell'interno n. 63 del 1° luglio 2022, ferma restando la necessità – come peraltro dalla stessa Corte auspicato – di un intervento del legislatore in tal senso.
Più nel dettaglio, l'articolo 1 del presente disegno di legge modifica la disposizione dell'articolo 143-bis del codice civile, con esclusione della possibilità di aggiungere al proprio il cognome dell'altro coniuge. La formulazione proposta ha un grande valore promozionale, perché l'aggiunta del cognome ha sempre riguardato solo la donna, che verrebbe in tal modo a riappropriarsi del suo diritto alla identità personale di soggetto autonomo di diritti anche dopo il matrimonio. Peraltro, la relativa durata dei matrimoni che oggi si va diffondendo nella società moderna dovrebbe costituire ulteriore elemento a favore del mantenimento del proprio cognome anche dopo il matrimonio, anche sotto il profilo della semplificazione delle procedure amministrative.
In subordine, ove si preveda la possibilità per ciascun coniuge di aggiungere il cognome dell'altro (in ipotesi costituito da più parti), non si può rimettere alla scelta del coniuge l'assunzione solo di una parte del cognome dell'altro. Dovrà essere se del caso prevista un'apposita procedura.
L'articolo 2 sostituisce l'articolo 156-bis del codice civile attribuendo al giudice la facoltà di impedire l'utilizzo del cognome del coniuge qualora da tale uso ne derivi all'altro grave pregiudizio.
L'articolo 3 inserisce un ulteriore comma all'articolo 143 del codice civile e disciplina l'attribuzione del cognome dei figli, ai quali sono attribuiti entrambi i cognomi nell'ordine dagli stessi indicato, salvo l'accordo di attribuirne uno solo a scelta. Nel caso di mancato accordo, il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili al fine di risolvere il contrasto. Se il contrasto permane, il giudice procede alle operazioni per l'estrazione a sorte del cognome da attribuire
L'articolo 4 disciplina l'attribuzione del cognome dei figli nati fuori dal matrimonio seguendo le disposizioni dell'articolo 3. Si stabilisce inoltre che ove uno dei due genitori riconosca il figlio successivamente, affinché possa aggiungere il proprio cognome a quello del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento, occorre il consenso di quest'ultimo.
L'articolo 5 disciplina il cognome dei figli adottati sostituendo interamente l'articolo 299 del codice civile.
L'articolo 6 norma l'attribuzione del cognome per il figlio maggiorenne, prevedendo che possa aggiungere al proprio il cognome materno o quello paterno, con dichiarazione resa personalmente o mediante atto con sottoscrizione autenticata all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita.
Infine, gli articoli 7, 8 e 9 sono rispettivamente relativi all'adeguamento delle norme regolamentari in materia di stato civile a quanto previsto dal presente disegno di legge, all'entrata in vigore della legge stabilita al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, alla clausola di invarianza finanziaria e all'attribuzione del cognome dei figli nati prima della data di entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 7.
Art. 1.
(Cognome dei coniugi)
1. L'articolo 143-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
« Art. 143-bis. – (Cognome dei coniugi) – Ciascuno dei coniugi conserva il proprio cognome e può aggiungere al proprio quello dell'altro coniuge e conservarlo durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Se uno dei coniugi ha due cognomi lo stesso indica quale dei due intende mantenere ».
2. All'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, i commi secondo, terzo e quarto sono abrogati.
Art. 2.
(Uso del cognome del coniuge)
1. L'articolo 156-bis del codice civile è sostituito dal seguente:
« Art. 156-bis. – (Uso del cognome del coniuge) – Il giudice può vietare a un coniuge l'uso del cognome dell'altro, quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare un coniuge a non utilizzare il cognome dell'altro, qualora dall'uso possa derivargli grave pregiudizio ».
Art. 3.
(Cognome del figlio di genitori coniugati)
1. Dopo l'articolo 143-ter del codice civile è inserito il seguente:
« Art. 143-quater. – (Cognome del figlio di genitori coniugati) – Al figlio di genitori coniugati è attribuito il cognome di entrambi i genitori nell'ordine dagli stessi indicato fatto salvo l'accordo di attribuire il cognome di uno solo dei genitori secondo le dichiarazioni rese all'ufficiale dello stato civile.
In caso di disaccordo il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili al fine di risolvere il contrasto. Se il contrasto permane, il giudice procede alle operazioni per l'estrazione a sorte del cognome da attribuire, scegliendo tra il cognome di entrambi i genitori secondo i vari ordini possibili, il cognome del padre o il cognome della madre.
Ai figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente, è attribuito lo stesso cognome del primo figlio.
Il figlio cui è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori trasmette al proprio figlio solo uno dei due cognomi, a sua scelta ».
Art. 4.
(Cognome del figlio nato fuori
del matrimonio)
1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
« Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio) – Al figlio nato fuori del matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori si applicano le disposizioni di cui all'articolo 143-quater.
Se il riconoscimento è effettuato da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.
Nel caso di riconoscimento successivo da parte del secondo genitore, il figlio ne assume il cognome aggiungendolo al proprio.
A tal fine sono necessari il consenso dell'altro genitore e quello del minore che abbia compiuto i dodici anni di età e anche di età inferiore ove capace di discernimento.
In mancanza del consenso, il giudice decide sull'assunzione del cognome del secondo genitore, in aggiunta a quello del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del minore che abbia compiuto i dodici anni di età o anche di età inferiore ove capace di discernimento.
La disposizione di cui al quarto comma si applica anche nel caso di riconoscimento successivo alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità.
Ai figli nati successivamente dagli stessi genitori si applicano le disposizioni di cui all'articolo 143-quater, terzo comma.
In caso di attribuzione al figlio del cognome di entrambi i genitori, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 143-quater, quarto comma ».
Art. 5.
(Cognome dell'adottato)
1. L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:
« Art. 299. – (Cognome dell'adottato) – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Se l'adottato ha due cognomi lo stesso indica quale dei due cognomi intende mantenere.
Nel caso in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente all'adozione si applica il primo comma.
Se l'adozione è compiuta da coniugi, gli adottanti di comune accordo, stabiliscono quale dei loro cognomi debba assumere l'adottato. Nei casi di disaccordo si applicano le disposizioni dell'articolo 143-quater secondo comma.
Se l'adozione è compiuta da uno dei coniugi, l'adottato assume il cognome della famiglia del coniuge adottante ».
2. L'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:
« Art. 27. – 1. Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 143-quater del codice civile.
2. Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il cognome della medesima.
3. Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, fatti salvi i divieti matrimoniali ».
Art. 6.
(Cognome del figlio maggiorenne)
1. Il figlio maggiorenne al quale è stato attribuito il cognome paterno o il cognome materno, sulla base della normativa vigente al momento della nascita, può aggiungere al proprio il cognome materno o il cognome paterno, con dichiarazione resa personalmente o mediante atto con sottoscrizione autenticata all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita.
2. Nei casi previsti dal comma 1 non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 89, 90, 91, 92, 93 e 94 previste dal titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
Art. 7.
(Modifiche alle norme regolamentari
in materia di stato civile)
1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate le modificazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, al fine di adeguare le norme ivi contenute alle disposizioni di cui alla presente legge.
Art. 8.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 9.
(Disposizioni finali)
1. Le disposizioni di cui agli articoli 1, 3, 4 e 5 si applicano alle dichiarazioni di nascita rese dopo la data di entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 7 e alle adozioni pronunciate con decreto emesso dopo la medesima data.
2. Le disposizioni di cui all'articolo 6 si applicano alle dichiarazioni rese all'ufficiale dello stato civile dopo la data di entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 7.
3. I genitori del figlio minorenne nato o adottato prima della data di entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 7 possono chiedere all'ufficiale dello stato civile il cambio del cognome del medesimo in applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 143-quater del codice civile, come introdotto dall'articolo 2 della presente legge. È necessario il consenso di entrambi i genitori, salvo che uno di essi non sia più vivente, e del figlio minorenne, al compimento dei dodici anni di età e anche di età inferiore ove capace di discernimento.