Senato della RepubblicaXIX LEGISLATURA
N. 130
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori MAIORINO, CROATTI, DI GIROLAMO, BILOTTI, CASTELLONE, GUIDOLIN, PIRONDINI, PIRRO, Sabrina LICHERI e BEVILACQUA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 OTTOBRE 2022

Disposizioni in materia di accesso al matrimonio e all'unione civile per tutti, nonché in materia di filiazione

Onorevoli Senatori. – Questa legge attua l'eguaglianza del matrimonio civile riconoscendo alle coppie formate da persone di sesso diverso o dello stesso sesso la possibilità di accedervi con i medesimi requisiti ed effetti stabiliti dalla legge. In questo modo si pone fine all'esclusione inaccettabile delle persone omosessuali dal matrimonio, che il nostro ordinamento riconosce come diritto fondamentale (articoli 2 e 29 Costituzione; Corte costituzionale, sentenze n. 445 del 2002 e n. 245 del 2011; articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; articolo 12 della Carta europea dei diritti umani).
Come tutti i diritti fondamentali anche il matrimonio è universale e inalienabile (articolo 2 Costituzione), il che impedisce di negarne a qualunque essere umano il riconoscimento e la garanzia sulla base di una caratteristica personale, qual è – in questo caso – l'orientamento sessuale.
Il fatto che fino a oggi alle persone omosessuali sia stato impedito l'accesso al matrimonio ha prodotto e produce effetti negativi che si riverberano su tutti i beni e i bisogni essenziali delle loro vite, dal momento che i diritti fondamentali hanno la caratteristica di essere indivisibili e la privazione di uno solo di essi costituisce una minaccia e comporta la violazione di tutti gli altri.
Ci troviamo di fronte a un tenace pregiudizio radicato nei secoli e nelle tradizioni, che siamo abituati a dare per scontato, tanto da averlo ignorato o non riconosciuto troppo a lungo.
La Corte costituzionale del Sud Africa argomentò così, in un passaggio, la sentenza con la quale dichiarò l'incostituzionalità dell'esclusione delle coppie omosessuali dal matrimonio:
« La legge non dovrebbe voltare le spalle alle persone che necessitano del supporto della legge in tempi di disgregazione familiare. Non dovrebbe certamente farlo su base discriminatoria; l'antichità di un pregiudizio non è un motivo per la sua sopravvivenza. La schiavitù è durata un secolo e mezzo in questo Paese, il colonialismo il doppio, il divieto dei matrimoni interrazziali ancora più a lungo e l'evidente dominio maschile per millenni. Tutti erano basati su fatti biologici e sociali apparentemente evidenti; una volta erano tutti approvati dalla religione e imposti dalla legge; i primi due sono oggi considerati con totale disprezzo, e il terzo con vari gradi di negazione, vergogna o imbarazzo. Allo stesso modo, il fatto che la legge oggi incarni visioni maggioritarie di tipo convenzionale non mitiga in alcun modo il suo impatto discriminatorio. Sono proprio quei gruppi che non possono contare sul sostegno popolare e su una forte rappresentanza in Parlamento che richiedono la garanzia dei propri diritti fondamentali attraverso l'applicazione della Costituzione » (Corte costituzionale del Sud Africa, Minister of Home Affairs and Another vs Fourie and Another, paragrafo 74).
Fino a pochi decenni fa la famiglia « eterosessuale » era l'unica che pressoché tutti conoscevano e prendevano in considerazione, ma ciò avveniva in un contesto di condanna e repressione morale e religiosa (e in Italia anche penale fino al XIX secolo e poliziesca per gran parte del XX) delle persone omosessuali, che sono state costrette a vivere ai margini della vita sociale o nel nascondimento. Questo ha impedito, fino a tempi recenti, che le loro richieste di protezione e di riconoscimento giuridico, soprattutto in materia familiare, emergessero e fossero prese in considerazione. Questo « voltare le spalle » della legge a delle persone « su una base discriminatoria », come ha ricordato la Corte costituzionale del Sud Africa, si fonda su un « pregiudizio » la cui « antichità [...] non è un motivo per la sua sopravvivenza ».
Nonostante il matrimonio abbia connotazioni sociali e culturali profondamente radicate, che possono differire grandemente da una società all'altra, il fatto che sia un diritto fondamentale ha portato numerose corti costituzionali e alcune corti internazionali per i diritti umani a caducare il privilegio eterosessuale nell'accesso al matrimonio (per esempio, oltre al Sud Africa, Stati Uniti, Colombia, Messico, Taiwan, Austria, Costa Rica, Corte interamericana dei diritti umani) o a riconoscere che il diritto di sposarsi non sarà più considerato « in tutte le circostanze limitato al matrimonio tra persone di diverso sesso » (Corte europea dei diritti umani, sentenza Schalk e Kopf contro Austria, paragrafo 61).
Negli ultimi vent'anni tra le classi dirigenti e nell'ambito delle politiche di molti Paesi è cresciuta la consapevolezza che la discriminazione matrimoniale fatta subire alle persone omosessuali è retaggio di una tradizione non più tollerabile e molti Parlamenti hanno provveduto a cancellarla con iniziative legislative sostenute tanto da forze progressiste, tanto da forze conservatrici. Ne è stato un esempio il partito conservatore del Regno Unito, il cui ex leader e capo di Governo David Cameron, proponendo l'avvio dell'iter di approvazione del matrimonio egualitario affermava: « Sì, è una questione di uguaglianza, ma riguarda anche qualcos'altro: il prendersi un impegno [commitment]. I Conservatori credono nei legami che ci tengono insieme; che la società è più forte quando facciamo delle promesse l'uno all'altro e ci supportiamo l'uno con l'altro. Così, io non supporto i matrimoni gay pur essendo un Conservatore; supporto i matrimoni gay perché io sono un Conservatore » (discorso al Congresso del partito conservatore, 5 ottobre 2011), e aggiungeva: « credo che se [il matrimonio] è buono a sufficienza per gli eterosessuali come me, è abbastanza buono per tutti [...] » (discorso del 25 luglio 2012).
Anche nell'opinione pubblica di molti Paesi, inclusa quella italiana, è divenuta maggioritaria la consapevolezza che il matrimonio non può più essere un privilegio riservato alle persone eterosessuali. In alcuni Paesi il voto popolare ha confermato attraverso i referendum leggi che hanno reso egualitario il matrimonio, come per esempio è accaduto in Svizzera, o la scelta di esplicitare in Costituzione che il matrimonio è tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso, come in Irlanda. Si tratta di risultati che testimoniano quanto l'uguaglianza non sia un principio di carta, ma operi continuamente come forza radicale di trasformazione delle persone e della società. Non va però smarrita la consapevolezza che votare sui diritti fondamentali comporta una contraddizione e un pericolo, anche quando si condivida l'esito del voto. Infatti, i diritti fondamentali sono il frutto di un'evoluzione storica che ha portato ad approvarli tra i principi delle costituzioni sottraendoli al potere contingente e mutevole delle maggioranze, anche popolari. Se accadesse che fossero eliminati dalle costituzioni o fossero garantiti solo ad alcuni si produrrebbe lo snaturamento della forma dello stato democratico, con conseguenze che colpirebbero tutti, ma per primi le minoranze e coloro che non hanno rappresentanza.
Oggi il matrimonio è egualitario per un miliardo e trecento milioni di persone che vivono in 31 Paesi del mondo, ma è ancora poca cosa rispetto a un totale di 235 Paesi, grandi e piccolissimi, in alcuni dei quali la dignità delle persone omosessuali è annientata da leggi che infliggono o tollerano nei loro confronti violenze, carcere e in alcuni casi la morte.
Almeno la metà dei Paesi nei quali il matrimonio è egualitario si concentrano in Europa e nell'Unione europea, ma tra essi l'assenza dell'Italia è un buco nero sulla mappa.
Di fronte all'immobilismo del Parlamento italiano sono state intraprese svariate iniziative, la più fruttuosa delle quali fu avviata nel 2008 da numerose coppie dello stesso sesso, che aderirono alla campagna di affermazione civile portata avanti da alcune associazioni. Nello specifico, le coppie presentarono richiesta di pubblicazioni matrimoniali per potersi sposare in Italia e, di fronte al rifiuto opposto dagli ufficiali di stato civile, avviarono procedimenti giudiziari i cui esiti hanno consentito di chiarire l'esistenza nel nostro ordinamento di almeno due distinti diritti fondamentali garantiti a chi svolga la sua personalità in una relazione stabile: quello alla « vita familiare » e quello al « matrimonio ».
Il diritto alla « vita familiare », ulteriormente distinto da quello fondamentale alla « vita privata » da intendersi come protezione da ingerenze arbitrarie dello Stato nella vita (emozionale e sessuale) di una persona, riguarda i legami familiari costituiti al di fuori del vincolo matrimoniale. Le coppie dello stesso sesso e di sesso opposto non presentano differenze nella costruzione della « vita familiare » dal momento che le prime « hanno la stessa capacità » delle seconde « di costruire relazioni stabili e durature. Conseguentemente, esse si trovano in una situazione sostanzialmente simile a una coppia di diverso sesso con riferimento al bisogno di riconoscimento e protezione legale della loro relazione » (Corte europea dei diritti umani, sentenza Schalk e Kopf contro Austria, 24 giugno 2010, paragrafo 99).
La Corte costituzionale ha evidenziato che questo « diritto fondamentale » deve essere garantito alle stabili convivenze tra persone dello stesso sesso mediante « riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri » (sentenza n. 138 del 2010, paragrafo 8) e successivamente la Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per la mancanza assoluta di riconoscimento e regolamentazione proprio del diritto alla « vita familiare » delle persone omosessuali, protetto dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani (sentenze Oliari e altri contro Italia, 21 luglio 2015, e Orlandi e altri contro Italia, 14 dicembre 2017).
Alla tutela della « vita familiare » delle coppie dello stesso sesso il Parlamento italiano ha provveduto a dare garanzia con la legge 20 maggio 2016, n. 76, che ha istituito e regolato le unioni civili tra persone dello stesso sesso, mentre la presente legge provvede, come anticipato, a liberare definitivamente l'altro diritto fondamentale, quello del matrimonio, dall'incrostazione del « paradigma eterosessuale », con tutto il suo precipitato di discriminazione e pregiudizio, per renderlo finalmente egualitario.
A chi dovesse obiettare, non persuaso da quanto è stato fin qui scritto sui diritti inviolabili, che l'introduzione del matrimonio egualitario in Italia necessiterebbe di una modifica costituzionale, non ritenendo sufficiente l'approvazione di una legge ordinaria, va osservato che la formulazione dell'articolo 29, comma 1, della Costituzione « riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio », senza imporre uno specifico genere per i componenti della coppia.
L'interpretazione dell'articolo 29 della Costituzione non può essere in contrasto con la sua formulazione, ma neppure con il canone anti-discriminatorio e con la garanzia dei diritti fondamentali per tutti, stabiliti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione. Il matrimonio diventerà la « società naturale » che la Costituzione dichiara di riconoscere, quando anche le famiglie delle persone omosessuali potranno finalmente accedervi.
Nella citata sentenza n. 138 del 2010, la Corte costituzionale si è limitata a far emergere – come già detto – il diritto fondamentale alla vita familiare delle coppie formate da persone dello stesso sesso, senza dichiarare incostituzionale la loro esclusione dal matrimonio. In quella circostanza, la Corte ha evidenziato che « i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all'epoca in cui la Costituzione entrò in vigore », ma ha preferito rimettere alla discrezionalità del Parlamento l'eventuale superamento del « significato del precetto costituzionale », dalla Corte ricostruito originalisticamente attraverso « la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che [...] stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso ».
Se il codice civile del 1942, che è legge ordinaria, ha prodotto l'interpretazione del precetto costituzionale (in contrasto con il principio che sia la costituzionalità delle leggi a dover essere valutata sulla base delle disposizioni costituzionali), la sua modificazione attraverso la presente legge permetterà di rendere finalmente egualitario il matrimonio, come è accaduto in altri Paesi, per esempio in Portogallo, in cui la formulazione dell'articolo della costituzione sul matrimonio (articolo 36, comma 1) non è dissimile da quella della Costituzione italiana. Proprio in Portogallo, la Corte costituzionale in un primo momento aveva rigettato il caso portato da una coppia dello stesso sesso, attribuendo al legislatore il compito di scegliere sull'eguaglianza del matrimonio (sentenza n. 359 del 2009), ma dopo che il Parlamento ha approvato con legge ordinaria il matrimonio egualitario, ha sancito la costituzionalità di questa legge nulla eccependo sulla correttezza dello strumento utilizzato dal legislatore (sentenza n. 121 del 2010).
L'accesso egualitario al matrimonio stabilisce per tutte le coppie i medesimi requisiti e gli stessi effetti, anche in materia di adozione. Rispetto a tale istituto si evidenzia che ripetutamente è stata messa in luce la non incidenza dell'orientamento sessuale dei componenti la coppia sull'idoneità all'assunzione della responsabilità genitoriale ed è stato escluso che l'orientamento sessuale del richiedente l'adozione e del suo consorte, nella specie quella in casi particolari oggi accessibile alle coppie dello stesso sesso, possa comportare di per sé una valutazione negativa circa la sussistenza del requisito dell'interesse del minorenne (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza n. 12962 del 22 giugno 2016). In particolare, per escludere la sussistenza di tale requisito, sarebbe necessario fornire la prova in concreto, sul piano scientifico e giuridico, della dannosità per l'educazione e lo sviluppo della personalità del figlio del suo inserimento in una famiglia con due figure genitoriali dello stesso sesso (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza n. 19599, del 30 settembre 2016). Mai nessuno è stato in grado di fornire tale prova, né potrebbe farlo dal momento che i dati di esperienza e le ricerche condotte dimostrano esattamente il contrario, ovvero la mancanza di differenze apprezzabili tra i figli che crescono con genitori dello stesso sesso o di sesso diverso.
Su queste premesse, continuerà ad applicarsi all'adozione la regola della verifica caso per caso e in concreto dell'idoneità di qualsivoglia coppia, di sesso diverso o dello stesso sesso, a diventare la famiglia di un bambino che ne sia privo.
Con la presente legge si interviene a disciplinare anche la formazione o la trascrizione in Italia dei certificati di nascita dei figli con genitori dello stesso sesso nati mediante ricorso alla fecondazione medicalmente assistita o alla gestazione per altri, così dando attuazione ai moniti contenuti nelle sentenze numero 32 e 33 del 2021 della Corte costituzionale.
In tali sentenze la Corte ha rilevato che il diritto italiano assicura una garanzia insufficiente agli interessi dei bambini con due mamme e di quelli nati da gestazione per altri (sentenza n. 33 del 2021, paragrafo 5.9, parte in diritto), risultando inadeguato « al metro dei principi costituzionali e sovranazionali » l'unico strumento attualmente esperibile, ovvero l'adozione in casi particolari ex articolo 44, comma 1, lettera d), della legge in materia di adozione.
Afferma la Corte costituzione, in uno con quella europea dei diritti umani, che non è sufficiente il « riconoscimento del rapporto di filiazione con il solo genitore “biologico” » (sentenza n. 33 del 2021, paragrafo 5.4, parte in diritto), perché la legge deve assicurare « tutela all'interesse del minore al riconoscimento giuridico del suo rapporto con entrambi i componenti della coppia che non solo ne abbiano voluto la nascita in una Paese estero in conformità alla lex loci, ma che lo abbiano poi accudito esercitando di fatto la responsabilità genitoriale » (sentenza n. 33 del 2021, paragrafo 5.7, parte in diritto) e ciò deve avvenire « al più tardi quando tali legami si sono di fatto concretizzati » (sentenza n. 33, paragrafo 5.6 e 5.7, parte in diritto; Corte EDU, decisione 12 dicembre 2019, C. contro Francia ed E. contro Francia, paragrafo 42; sentenza D. contro Francia, paragrafo 67).
La Corte oltre a occuparsi del riconoscimento giuridico della relazione dei figli con i genitori « d'intenzione » è intervenuta con la sentenza n. 79 del 2022 sul riconoscimento della parentela che ai figli deriva da essi, dichiarando l'incostituzionalità della disposizione dell'adozione in casi particolari che non consentiva la creazione di rapporti di parentela dell'adottato con i parenti del genitore adottante (nel caso arrivato alla Corte si trattava di una bambina con due papà). La Corte nella sentenza ricorda che « la rete dei legami parentali » è « uno dei possibili istituti che la Repubblica è chiamata a favorire al fine di proteggere, con una proiezione orizzontale dell'obiettivo costituzionale, l'interesse del minore » (paragrafo 7.1.2, in diritto) e rimarca che « la nuova rete di rapporti familiari non è certo un privilegio » per i bambini o ragazzi, ma « costituisce, oltre che un consolidamento della tutela rispetto a situazioni peculiari e delicate, il doveroso riconoscimento giuridico di relazioni, che hanno una notevole incidenza sulla crescita e sulla formazione di tali minori e che non possono essere negate, se non a costo di incidere sulla loro identità » (paragrafo 8.3, in diritto).
L'intervento richiesto al legislatore dalla Corte costituzionale, necessario e « ormai indifferibile », trova posto in questa legge data la stretta connessione esistente della tutela dei diritti fondamentali dei figli, con quello al « matrimonio » dei loro genitori e quello alla « vita familiare » nell'ambito della famiglia. Al tempo stesso è un intervento contenuto che si muove nel solco tracciato dai moniti della Corte e che non tocca, per esempio, la legge sulla fecondazione medicalmente assistita (legge 19 febbraio 2004, n. 40). Cambiare quest'ultima legge, il cui impianto oggi consente in Italia la fecondazione medicalmente assistita solo di tipo omologo, con una finalità esclusivamente terapeutica, riservata alle coppie eterosessuali sterili o infertili, appare inderogabile, ma per farlo è necessario un intervento normativo a sé stante con cui si ripensino le finalità e si rimuovano i limiti e i divieti che la legge n. 40 del 2004 impone sia alle coppie eterosessuali sia a quelle omosessuali.
L'ultimo aspetto su cui interviene questa legge è l'estensione in senso egualitario dell'istituto delle unioni civili introdotto dalla legge n. 76 del 2016, che viene pertanto aperto anche alle coppie di sesso diverso.
A tal proposito, merita ricordare che il diritto fondamentale alla « vita familiare » è regolato con strumenti diversi in Italia e in altri Paesi, dando vita in ciascun ordinamento a un sistema pluralistico di regolamentazioni, tra le quali le coppie possono scegliere. Tali strumenti si è soliti suddividerli in almeno tre gruppi, a seconda che riconoscano – prendendo come parametro il contenuto del matrimonio – solo pochi o alcuni diritti e doveri previsti dal matrimonio, a volte connessi anche a una situazione di mera convivenza; alcuni o un numero rilevante di diritti e doveri, ma in misura significativamente diversa dal matrimonio; molti o quasi tutti i diritti e i doveri previsti dal matrimonio.
Per fare alcuni esempi, nel primo gruppo rientrano, in Italia, le convivenze di fatto e i contratti di convivenza regolati dall'articolo 1, commi 36 e seguenti, della legge n. 76 del 2016, in Olanda, le convivenze informali (samenwonen) e i contratti di convivenza (samenlevingscontract), in Francia, i pacs (pacte civil de solidarité); nel terzo gruppo rientrano, invece, le unioni civili italiane e quelle di altri Paesi, come Germania, Olanda e Regno Unito, che presentano in comune con il nostro istituto il fatto di riservare l'accesso esclusivamente a coppie formate da persone dello stesso sesso, ma che includono disposizioni ulteriori, come per esempio quelle sulla filiazione.
Quando in Paesi come la Germania, il Regno Unito e l'Olanda è stato introdotto il matrimonio egualitario, sono state compiute scelte diverse rispetto alle unioni civili.
In Germania è stato stabilito che le parti di un'unione civile hanno la possibilità di conservare il loro status o di optare per la trasformazione dell'unione civile (Lebenspartnerschaft) in matrimonio, ma è stata vietata la costituzione di nuove unioni civili.
Invece, nel Regno Unito le unioni civili (Civil partnership) sono state mantenute e si è preferito conservare la possibilità di costituirne di nuove, aprendole anche alle coppie di sesso diverso in Inghilterra e in Galles dal 2019. Stessa scelta è stata fatta in Olanda, dove qualunque coppia, dello stesso o di diverso sesso, può continuare a sottoscrivere unioni civili (registered partnership).
Confrontandosi con questi Paesi che presentano tradizioni e ordinamenti simili al nostro in materia di diritto di famiglia, la scelta operata con questa legge è quella di mantenere accanto al matrimonio egualitario l'istituto delle unioni civili di cui alla legge n. 76 del 2016, aprendolo anche alle coppie di sesso diverso. Si è ritenuto, infatti, che la presenza di un numero maggiore di modelli di regolamentazione delle famiglie possa portare all'aumento del numero di coppie che scelgono di impegnarsi formalizzando la loro unione, a fronte di una continua diminuzione dei matrimoni che vengono celebrati in Italia. Ampliare il ventaglio di scelte è un modo che estende le possibilità del diritto di essere al servizio alla persona e della sua realizzazione personale nelle formazione sociali che chiamiamo famiglia e che lo Stato si propone sempre di favorire.
Passando all'illustrazione dell'articolato, l'articolo 1 inserisce nel codice civile una disposizione di carattere generale rubricata come « matrimonio egualitario », la quale afferma che il matrimonio può essere contratto da coppie di sesso diverso o dello stesso sesso. Ai nubendi, quale che sia il sesso, sono richiesti gli stessi requisiti, così come il matrimonio produce i medesimi effetti. Il nuovo articolo è collocato come primo del titolo del codice civile dedicato al matrimonio (titolo VI, libro primo).
L'articolo 2 aggiorna le disposizioni del codice civile e di procedura civile sostituendo, dove necessario, il riferimento a « marito e moglie » con quello di « coniugi ». Tale sostituzione realizza anche l'uniformazione lessicale del codice civile, in cui la parola « coniugi » ricorre 281 volte ed è utilizzata in maniera quasi esclusiva, rispetto alle 19 volte di « marito » e alle 11 di « moglie », che in gran parte sono rimaste nel codice come lacerti di quel che resta della disparità tra i coniugi nel matrimonio.
Il comma 1 interviene sul divieto temporaneo di nuove nozze (articolo 89, secondo comma, del codice civile). Nella dizione attuale la legge stabilisce che quando « il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio », il tribunale può autorizzare un nuovo matrimonio. La previsione così formulata appare recare una implicita differenziazione tra la posizione della moglie e del marito (« quando il marito non ha convissuto con la moglie », ma non anche quando « la moglie non ha convissuto con il marito »), la quale viene a scomparire con la introduzione del riferimento « ai coniugi » che non abbiano convissuto tra di loro.
Il comma 2 interviene sulla forma della celebrazione (articolo 107, primo comma, del codice civile), stabilendo che le parti dichiarino di volersi prendere come coniugi l'una dell'altra, anziché « rispettivamente in marito e in moglie ».
Il comma 3 interviene sulla inopponibilità di termini e condizioni (articolo 108, primo comma, del codice civile), stabilendo che la dichiarazione delle parti di volersi prendere reciprocamente come coniugi, sostituisca quella di prendersi « rispettivamente in marito e in moglie ».
Il comma 4 interviene sui diritti e doveri reciproci dei coniugi (articolo 143, primo comma, del codice civile), stabilendo che con il matrimonio « i coniugi », anziché « il marito e la moglie », acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri.
Il comma 5 sostituisce l'articolo 143-bis del codice civile che regola il cognome della moglie a seguito di matrimonio e nello stato vedovile. Il nuovo articolo, nel rispetto della parità dei coniugi, stabilisce che ciascuno dei essi mantiene il proprio cognome e può aggiungere al proprio quello dell'altro e conservarlo durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Il comma 6, invece, sostituisce l'articolo 156-bis del codice civile che regola il divieto o l'autorizzazione all'utilizzo del cognome del marito in specifiche circostanze. Il nuovo articolo 156-bis estende la regola a entrambi i coniugi mantenendo nel resto inalterato il contenuto della disposizione.
I commi 7 e 8 intervengono in materia di adozione di persone maggiori di età.
Il comma 7, modificando l'articolo 294, secondo comma, del codice civile, stabilisce che una persona che sia maggiorenne possa essere adottata non già dal marito e dalla moglie, come previsto attualmente, ma dai coniugi, quale che sia il loro sesso, anche alla luce della lettura costituzionalmente orientata della normativa sull'adozione di persone maggiori di età che, tradizionalmente costruita intorno allo scopo di tramandare nel tempo la discendenza e il patrimonio dell'adottante, si pone come strumento anche di protezione dei rapporti umani di tipo familiare e delle relazioni sociali, affettive e identitarie instaurate tra l'adottato maggiorenne e gli adottanti, a nulla dovendo rilevare la loro differenza di sesso.
Il comma 8 aggiorna, invece, la regola del cognome attribuito all'adottato (articolo 299 del codice civile). In particolare, al terzo comma stabilisce che, quando l'adozione è compiuta da entrambi i coniugi, gli adottanti, di comune accordo, decidono quale dei loro cognomi debba assumere l'adottato, ponendosi nell'alveo della sentenza della Corte costituzionale n. 286 del 2016, che ha dichiarato l'incostituzionalità parziale di questo comma; al quarto comma, conferma, adeguandola, la regola dell'assunzione del cognome dell'adottante nel caso l'adozione avvenga da parte di uno solo dei coniugi. Abroga, invece, l'inciso « che non sia figlio del marito », dal momento che nel nostro ordinamento è riconosciuta la possibilità di assumere anche il nome della madre, in aggiunta a quello del padre, nonostante permanga l'assenza di un intervento normativo organico del legislatore che adegui la regola di trasmissione del cognome ai figli ai principi costituzionali di parità tra coniugi.
Il comma 9 interviene sul codice di procedura civile in materia di obbligo di astensione del giudice (articolo 51, primo comma, numeri 2) e 3), sostituendo la parola « moglie » con « coniuge ». Questo intervento, come altri, ha l'ulteriore effetto di eliminare un rimasuglio verbale della discriminazione subita dalla donne fino al 1963, quando erano escluse dalla magistratura. La formulazione dell'articolo, infatti, facendo riferimento al « giudice » e a sua « moglie », non rappresenta un caso di utilizzo del maschile sovraesteso, ma si riferisce proprio al giudice come soggetto unicamente di sesso maschile.
L'articolo 3 interviene sulla legge in materia di affidamento e adozione (n. 183 del 1983) adeguando la regola relativa al cognome che assume l'adottato nel caso in cui, in corso di affidamento preadottivo, interviene separazione tra i coniugi affidatari e l'adozione sia disposta nei confronti della sola moglie. In base a tale regola l'adottato oggi assume il solo cognome della famiglia di lei, mentre a seguito dell'intervento recato dalla presente legge, si rende necessario generalizzare la regola, stabilendo che l'adottato prenda il cognome del coniuge separato, maschio o femmina che sia, nei cui confronti è disposta l'adozione. In linea generale, al di fuori del predetto caso, l'introduzione del matrimonio egualitario rende possibile in automatico l'accesso delle coppie dello stesso sesso all'istituto dell'adozione dal momento che la legge riconosce che le coppie coniugate possono adottare, senza specificare il sesso dei componenti e utilizzando pressocché sempre il sostantivo « coniugi » per riferirsi agli adottandi.
L'articolo 4, recependo il monito espresso dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 32 e 33 del 2021, interviene in materia di stato dei figli concepiti o nati all'estero mediante fecondazione medicalmente assistita, riconoscendo la pienezza del legame di filiazione tra il figlio e i suoi genitori, distinguendo tra varie fattispecie.
Il comma 1 stabilisce che l'atto di nascita del figlio nato in Italia da una coppia di donne che abbiano condiviso un progetto di genitorialità ricorrendo in un Paese estero alla fecondazione medicalmente assistita (nel rispetto della legge del luogo) sia formato dall'ufficiale di stato civile riporti l'indicazione delle due madri.
Il comma 2 regola il diverso caso in cui il figlio sia nato da due donne in un Paese estero e lì si sia formato l'atto di nascita. Per questo caso si dispone che l'atto di nascita con l'indicazione delle due mamme sia riconosciuto in Italia mediante la sua trascrizione nei registri dello stato civile da parte dell'ufficiale di stato civile.
Il comma 3 disciplina la fattispecie del figlio nato mediante il ricorso alla gestazione per altri nei Paesi in cui questa è regolata dalla legge del luogo. In questo caso il legame di filiazione del figlio con il genitore d'intenzione, di sesso diverso o dello stesso sesso del genitore biologico, avviene a seguito di adozione pronunciata dal tribunale per i minorenni.
Questo procedimento di adozione è inserito nella legge 4 maggio 1983, n. 184, che reca la disciplina dell'affidamento e dell'adozione, come titolo aggiuntivo costituito da un unico articolo.
Seguendo il monito della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2021, il procedimento assicura un'adozione piena che conferisce all'adottato lo stato di figlio senza alcuna limitazione, al contrario di quanto avviene con l'adozione in casi particolari. Il procedimento è improntato alla celerità prevedendo che il tribunale provveda sull'adozione senza indugio.
Nel procedimento di adozione il tribunale deve ascoltare l'altro genitore, il pubblico ministero e l'adottando stesso che abbia compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore in considerazione della sua capacità di discernimento. Invece, l'adottando che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione.
Infine, il tribunale può disporre l'esecuzione di indagini solo ove ravvisi da elementi concreti che l'adozione possa non corrispondere agli interessi dell'adottando. In questo caso, le indagini affidate ai servizi sociali devono concludersi entro sessanta giorni per garantire la celerità che contraddistingue questo tipo di procedimento, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti umani.
Per evitare il rischio che nel tempo in cui si svolge il procedimento di adozione da parte del genitore « d'intenzione » possano prodursi pregiudizi agli interessi del figlio, si prevede che l'ufficiale di stato civile trascriva l'atto di nascita nei registri di stato civile con l'indicazione del solo genitore biologico. Successivamente al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia l'adozione, questa è annotata a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Il comma 4 dell'articolo introduce una regola per la scelta del cognome dei figli che abbiano due genitori dello stesso sesso, risultando non applicabile a questa fattispecie le regole stabilite dal codice civile per i figli nati da genitori di sesso diverso, peraltro riconosciute non conformi a Costituzione.
Viene stabilito che i genitori possano assegnare al figlio il cognome di uno di loro o di entrambi secondo l'ordine da essi stabilito. Inoltre, il cognome scelto per il primo nato è assunto anche da eventuali figli successivi. Infine, in caso di disaccordo tra i genitori la decisione sulla scelta del cognome è rimessa al giudice.
Il comma 5 aggiunge che i genitori o i figli che abbiano due cognomi, trasmettono ai propri figli solo il primo dei loro cognomi, nei casi in cui al figlio viene assegnato anche il cognome dell'altro genitore.
L'articolo 5 modifica e integra l'articolo unico della legge 20 maggio 2016, n. 76, con riferimento all'istituto dell'unione civile.
Il comma 1, lettera a), abroga le espressioni « tra persone dello stesso sesso » e « dello stesso sesso » ovunque ricorrano nel titolo della legge e nei commi da 1 a 35 dell'articolo unico, al fine di rendere egualitario l'istituto, consentendo l'accesso anche da parte di coppie di sesso diverso.
Il comma 1, lettera b), abroga gli ultimi due periodi del comma 20 per la ragione che non v'è motivo di impedire l'accesso all'istituto dell'adozione alle parti dell'unione civile, presentando le unioni civili le stesse garanzie di stabilità del matrimonio. È altresì abrogato il divieto di applicare alle parti dell'unione civile le disposizioni del codice civile non espressamente richiamate nella legge.
Il comma 1, lettera c), intervenendo sul comma 26 stabilisce che la rettificazione anagrafica di sesso non produce lo scioglimento dell'unione civile o la trasformazione automatica del matrimonio, ma che essi possano aversi solo come conseguenza dell'espressa volontà dei coniugi o delle parti dell'unione civile o del matrimonio.
Infine, il comma 1, lettera d), stabilisce il principio che l'unione civile possa modificarsi in matrimonio e il matrimonio in unione civile, a seguito di dichiarazione resa all'ufficiale di stato civile da parte dei coniugi o dalle parti dell'unione civile, alla presenza di testimoni. La modifica deve essere annotata al margine dell'atto. L'opportunità di modificare il matrimonio in unione civile e viceversa, nell'ambito di un sistema plurale di riconoscimento delle forme familiari e della vita di coppia, consente alle parti di poter scegliere in ogni momento quale istituto si addica meglio alle proprie esigenze.
L'articolo 6 delega il Governo a adottare uno più decreti legislativi per adeguare le disposizioni di legge, gli atti aventi forza di legge, i regolamenti e i decreti alle previsioni della presente legge, completando l'adeguamento in parte realizzato dagli articoli 2 e 3. Vengono dettati, altresì, il procedimento, i termini da rispettare, i principi e i criteri direttivi, secondo la prassi usuale delle deleghe conferite dal Parlamento al Governo.
In particolare, in materia di diritto internazionale privato si dispone che il matrimonio contratto all'estero da coppie dello stesso sesso sia trascritto come matrimonio e produca gli effetti di questo, mentre l'unione civile o altro istituto analogo costituiti all'estero siano trascritti come unione civile e producano gli effetti dell'unione civile regolata dalle leggi italiane, quale che sia il sesso dei contraenti.
L'articolo 7 contiene la clausola di invarianza finanziaria, dal momento che nessuna delle misure della presente legge comporta maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
L'articolo 8, ai commi 1 e 2 stabilisce, invece, che le pubblicazioni matrimoniali possono essere richieste dalle coppie formate da persone dello stesso sesso e le richieste di costituzione di unione civile possono essere presentate da coppie formate da persone di sesso diverso a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge. Questa precisazione serve ad affermare la non necessità di attendere l'adeguamento delle fonti normative e regolamentari da parte del Governo, dal momento che non vi sono vuoti di disciplina né nuove procedure amministrative da organizzare. Per queste ragioni non è stata predisposta neppure una normativa transitoria.
L'articolo 9, al comma 1, dispone che la presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Matrimonio egualitario)

1. All'articolo 79 del capo I del titolo VI del libro primo del codice civile è premesso il seguente:

« Art. 78-bis. – (Matrimonio egualitario) – 1. Il matrimonio può essere contratto da due persone di sesso diverso o dello stesso sesso con i medesimi requisiti ed effetti ».

Art. 2.

(Modifiche al codice civile e al codice
di procedura civile)

1. All'articolo 89, secondo comma, del codice civile, le parole: « che il marito non ha convissuto con la moglie » sono sostituite dalle seguenti: « che i coniugi non abbiano convissuto ».

2. All'articolo 107, primo comma, del codice civile, le parole: « rispettivamente in marito e in moglie » sono sostituite dalle seguenti: « come coniugi l'una dell'altra ».

3. All'articolo 108, primo comma, del codice civile, le parole: « rispettivamente in marito e in moglie » sono sostituite dalle seguenti: « reciprocamente come coniugi ».

4. All'articolo 143, primo comma, del codice civile, le parole: « il marito e la moglie » sono sostituite dalle seguenti: « i coniugi ».

5. L'articolo 143-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 143-bis. – (Cognome dei coniugi) – Ciascuno dei coniugi conserva il proprio cognome e può aggiungere al proprio quello dell'altro coniuge e conservarlo durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze ».

6. L'articolo 156-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 156-bis. – (Cognome dei coniugi) – Il giudice può vietare a un coniuge l'uso del cognome dell'altro, quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare un coniuge a non utilizzare il cognome dell'altro, qualora dall'uso possa derivargli grave pregiudizio ».

7. All'articolo 294, secondo comma, del codice civile, le parole: « marito e moglie » sono sostituite dalle seguenti: « coniugi ».

8. All'articolo 299 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, le parole: « l'adottato assume il cognome del marito » sono sostituite dalle seguenti: « gli adottanti di comune accordo stabiliscono quale dei loro cognomi debba assumere l'adottato »;

b) il quarto comma è sostituito dal seguente:

« Se l'adozione è compiuta da uno dei coniugi, l'adottato assume il cognome della famiglia del coniuge adottante ».

9. All'articolo 51, primo comma, numeri 2) e 3), del codice di procedura civile, le parole: « o la moglie » sono sostituite dalle seguenti: « o il coniuge ».

Art. 3.

(Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184)

1. All'articolo 27, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, le parole: « della moglie separata » sono sostituite dalle seguenti: « di uno solo dei coniugi, separato, » e le parole: « della famiglia di lei » sono sostituite dalle seguenti: « di questi ».

Art. 4.

(Dei figli concepiti o nati all'estero mediante fecondazione medicalmente assistita)

1. L'ufficiale di stato civile che ai sensi degli articoli 29 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 riceve la dichiarazione di nascita di un bambino concepito mediante fecondazione medicalmente assistita, a cui abbiano fatto ricorso due donne in un paese estero, secondo la legge del luogo, provvede a formare l'atto riportando le generalità di entrambe le madri.

2. Il certificato di nascita formato all'estero che riporti l'indicazione di due madri è trascritto nei registri dello stato civile ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

3. Dopo il titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184 è inserito il seguente:

« TITOLO III-bis.

DELL'ADOZIONE DA PARTE DEL GENITORE D'INTENZIONE DEL FIGLIO NATO DA GESTAZIONE PER ALTRI FATTA ALL'ESTERO

Art. 43-bis. 1. La tutela dell'interesse del minorenne al riconoscimento anche giuridico dei legami di filiazione che lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, che abbiano condiviso la decisione di farlo venire al mondo in un Paese estero mediante ricorso alla gestazione per altri in conformità alla legge del luogo, è garantito dall'adozione da parte del genitore d'intenzione.

2. La domanda di adozione è presentata al tribunale per i minorenni che, sentiti il pubblico ministero, l'altro genitore e l'adottando che abbia compiuto gli anni dodici o di età inferiore in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, provvede senza indugio sull'adozione con sentenza in camera di consiglio.

3. Nella procedura di cui al comma 2, l'adottando che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione.

4. Il tribunale dispone l'esecuzione di indagini solo ove ravvisi da elementi concreti che l'adozione possa non corrispondere agli interessi del minorenne. Le indagini, da effettuarsi tramite i servizi locali, devono concludersi entro sessanta giorni, assicurando in ogni caso che l'intero procedimento di adozione sia improntato a celerità.

5. Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio anche dell'adottante.

6. Al fine di prevenire che nelle more del procedimento di adozione di cui al presente articolo derivino pregiudizi agli interessi del figlio, l'atto di nascita viene trascritto nei registri di stato civile con l'indicazione del genitore biologico.

7. La sentenza che pronuncia l'adozione, divenuta definitiva, è immediatamente comunicata all'ufficiale dello stato civile che la annota a margine dell'atto di nascita dell'adottato ».

4. Il figlio di due persone dello stesso sesso assume il cognome di uno dei genitori scelto da essi di comune accordo, oppure quello di entrambi secondo l'ordine da essi indicato. In caso di disaccordo tra i genitori la decisione è rimessa al giudice. I figli successivi della coppia assumono lo stesso cognome del primo figlio.

5. Quando i genitori o i figli abbiano due cognomi trasmettono ai propri figli solo il primo dei loro cognomi, nei casi in cui al figlio viene assegnato anche il cognome dell'altro genitore.

Art. 5.

(Modifiche alla legge 20 maggio 2016, n. 76)

1. Alla legge 20 maggio 2016, n. 76, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel titolo della legge e ovunque ricorrano nell'articolo 1, commi da 1 a 35, sono abrogate le parole: « tra persone dello stesso sesso » e « dello stesso sesso »;

b) all'articolo 1, comma 20, il secondo periodo è soppresso;

c) all'articolo 1, il comma 26 è sostituito dal seguente:

« 26. Alla rettificazione anagrafica del sesso, ciascuno dei coniugi o delle parti dell'unione civile possono manifestare l'eventuale volontà di sciogliere il matrimonio o l'unione civile »;

d) all'articolo 1, il comma 27 è sostituito dal seguente:

« 27. Le parti di un'unione civile o i coniugi possono, di comune accordo, mediante dichiarazione all'ufficiale di stato civile alla presenza di due testimoni, modificare rispettivamente l'unione civile in matrimonio o il matrimonio in unione civile. L'ufficiale di stato civile provvede ad annotare la modifica a margine dell'atto ».

Art. 6.

(Delega al Governo per adeguare l'ordinamento alle previsioni della presente legge)

1. Il Governo è delegato a adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di matrimonio e unione civile, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) adeguare alle previsioni della presente legge le disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, prevedendo un unico registro dei matrimoni e un unico registro delle unioni civili, quale che sia il sesso dei coniugi o delle parti dell'unione civile;

b) modificare e riordinare le disposizioni in materia di diritto internazionale privato, prevedendo che il matrimonio contratto all'estero sia trascritto e produca effetti in Italia indipendentemente dal sesso dei coniugi, e che all'unione civile o altro istituto analogo contratto all'estero, indipendentemente dal sesso delle parti, si applichi la disciplina dell'unione civile regolata dalle leggi italiane;

c) modificare e integrare per il necessario coordinamento con la presente legge le disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso tale termine il decreto può essere comunque adottato, anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1, quest'ultimo termine è prorogato di tre mesi. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati.

4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo adottato ai sensi del comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al citato comma 1, con la procedura prevista nei commi 2 e 3.

Art. 7.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 8.

(Disposizioni attuative)

1. Le pubblicazioni matrimoniali possono essere richieste dalle coppie formate da persone dello stesso sesso a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge e i relativi atti di matrimonio sono iscritti nel registro dei matrimoni.

2. Le richieste di costituzione di unione civile da parte di coppie formate da persone di sesso diverso possono essere presentate a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge e i relativi atti di costituzione sono iscritti nel registro delle unioni civili.

Art. 9.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.