Senato della Repubblica | XIX LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 OTTOBRE 2022
Istituzione della Giornata della vita nascente
Onorevoli Senatori. – Il tema della denatalità, nonostante sia da decenni al centro di convegni e di dibattiti, è nella sostanza trascurato in Italia, sia in relazione alle crescenti dimensioni del fenomeno, sia in relazione alle ricadute a livello sociale, economico e territoriale. Al di là del colore dei Governi e delle maggioranze parlamentari, finora è sempre mancata un'adeguata azione pubblica tesa ad affrontare le cause molteplici del calo demografico, come invece si è fatto con maggiore efficacia in altri contesti nazionali, europei e occidentali; ed è mancata una parallela consapevolezza diffusa della gravità del fenomeno.
Il report dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) su « Natalità e fecondità della popolazione residente per l'anno 2019 », titola: « Ancora un record negativo per la natalità » e continua snocciolando dati davvero preoccupanti:
« Per il settimo anno consecutivo, nel 2019 c'è un nuovo superamento, al ribasso, del record di denatalità.
Dal 2008 le nascite sono diminuite di 156.575 unità (-27 per cento). Questo calo è attribuibile quasi esclusivamente alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (327.724 nel 2019, oltre 152.000 in meno rispetto al 2008).
Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti “strutturali” indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne italiane sono sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette “baby-boomers” (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) stanno uscendo dalla fase riproduttiva (o si stanno avviando a concluderla); dall'altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Queste ultime scontano, infatti, l'effetto del cosiddetto “baby bust”, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.
A partire dagli anni duemila l'apporto dell'immigrazione, con l'ingresso di popolazione giovane, ha parzialmente contenuto gli effetti del baby bust; tuttavia, l'apporto positivo dell'immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche il profilo per età della popolazione straniera residente.
A diminuire sono soprattutto le nascite all'interno del matrimonio, pari a 279.744 nel 2019, 18.000 in meno rispetto al 2018 e 184.000 in meno nel confronto con il 2008. Ciò è dovuto anche al forte calo dei matrimoni che si è protratto fino al 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (rispetto, ad esempio, al 2008 quando erano 246.613) per poi proseguire con un andamento altalenante.
La denatalità prosegue nel 2020; secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-agosto 2020, le nascite sono già oltre 6.400 in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche senza tener conto degli effetti della pandemia da COVID-19, che si potranno osservare a partire dal mese di dicembre 2020, ci si può attendere una riduzione ulteriore delle nascite almeno di 10 mila unità ».
Il crollo delle nascite colpisce particolarmente regioni demograficamente depresse o a più forte invecchiamento. Come ad esempio la Basilicata (-11,3 per mille), il Molise (-10,4 per mille) e la Calabria (-9,1 per mille) nel Mezzogiorno, ma anche regioni nel Nord del Paese come la Liguria (-8,7 per mille).
Questi dati evidenziano senza necessità di commento l'esigenza di una rinnovata strategia destinata alla valorizzazione della genitorialità e della famiglia. Nonostante il clima scarsamente favorevole alla discussione trasparente e aperta su tematiche così delicate, i numeri prima riassunti permettono di affrontare in modo oggettivo la scelta di accogliere un figlio come parte di un sistema di valori. Se la dignità e la responsabilità di generare richiedono generosità, essi domandano anche adeguato sostegno da parte delle politiche pubbliche, oltre a una cornice culturale che sappia accompagnare il desiderio di maternità e paternità, e non, come troppo spesso accade oggi, scoraggiarlo o ridurlo a scelta esclusivamente individuale e privata.
Le ricadute dell'inverno demografico non sono solo quelle immediatamente verificabili, come l'equilibrio tra contributi versati e spesa pensionistica, ma anche quelle, meno facilmente misurabili, legate più in generale all'invecchiamento della popolazione. Un Paese che non fa figli produce meno idee nuove, meno conoscenze all'avanguardia, avrà meno propensione per il rischio e l'impresa. È un Paese che tende a ripiegarsi su se stesso, a privilegiare la rendita e la sicurezza, a investire e consumare meno. Meno giovani vuol dire meno energie fresche, vuol dire non avere uno sguardo proiettato verso il futuro. Ma vuol dire anche maggiore solitudine per gli anziani, sempre meno inseriti in un tessuto familiare che può garantire calore, cura e sostegno reciproco.
Un quadro come quello appena sintetizzato non può cambiare soltanto attraverso provvedimenti di tipo economico, pur necessari. Urgono anche segnali forti ed espliciti, da parte delle istituzioni, per valorizzare l'accoglienza di ogni nuova vita, per incoraggiare e sostenere la scelta di diventare genitori.
Il disegno di legge mira a promuovere, attraverso l'istituzione della « Giornata della vita nascente », la consapevolezza del valore sociale – costituzionalmente riconosciuto – della maternità. La celebrazione annuale della « Giornata » rappresenta l'occasione, come è per le altre « Giornate » che richiamano l'attenzione su voci importanti della nostra vita civile quotidiana, per far ruotare attorno alla data prescelta manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di informazione e di riflessione, anche nelle scuole di ogni ordine e grado.
Cogliere l'occasione di dedicare almeno un giorno all'anno – insieme con quelli che lo precedono, come accade per altre ricorrenze – a queste tematiche è un segno importante verso un'azione socio-educativa profonda, che aiuti le persone a costruire una società di uomini e donne aperti alla vita, alla continuità e alla solidarietà tra generazioni.
L'istituzione della « Giornata della vita nascente » avviene senza oneri per la finanza pubblica, utilizzando in modo razionale le risorse già esistenti e valorizzando le esperienze già maturate nel volontariato e nel mondo del no-profit.
La data proposta, il 25 marzo, ha un respiro internazionale, poiché già altri undici Stati nel mondo (Argentina, Cile, Costarica, Ecuador, El Salvador, Filippine, Honduras, Nicaragua, Repubblica Domenicana, Paraguay, Perù e Portorico) hanno istituito – per decisione dei rispettivi Parlamenti – una giornata nazionale dedicata alla vita nascente.
Art. 1.
1. La Repubblica riconosce il 25 marzo quale « Giornata della vita nascente », al fine di promuovere la consapevolezza del valore sociale della maternità e della solidarietà tra generazioni.
2. In occasione della Giornata di cui al comma 1, lo Stato, le regioni e gli enti locali organizzano o promuovono, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di informazione e di riflessione, anche nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di diffondere informazioni sulla gestazione, sulla comunicazione e l'interazione relazionale precoci tra madre e figlio, sulle cure da prestare al nascituro e alla donna in stato di gravidanza, sui diritti spettanti alla gestante, sui servizi sanitari e di assistenza presenti sul territorio, sulla legislazione sul lavoro a tutela della madre e del padre, nella prospettiva di far emergere tutta la positività dell'esperienza genitoriale.
3. Alle iniziative di cui al comma 2 concorrono associazioni del Terzo settore impegnate nel sostegno alla maternità e alla famiglia.
4. La Giornata di cui al comma 1 non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260.