Senato della Repubblica | XIX LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 OTTOBRE 2022
Modifiche al testo unico dei servizi di media audiovisivi, di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208
Onorevoli Senatori. – La legge 28 dicembre 2015, n. 220, recante riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo, è intervenuta prevalentemente sull'organizzazione, sulla funzione e sui poteri della governance del servizio pubblico di informazione.
La novità più rilevante della riforma è stata l'introduzione della figura dell'amministratore delegato in sostituzione del direttore generale.
La governance della RAI, fino all'entrata in vigore della legge n. 220 del 2015, non prevedeva la figura dell'amministratore delegato – figura tipica delle società per azioni strutturate – in assenza della quale il potere di gestione generale dell'azienda era attribuito al direttore generale.
Il direttore generale della RAI, tuttavia, per effetto della disciplina speciale che ne ha definito nel dettaglio il perimetro e le attribuzioni, ha assunto nel tempo le caratteristiche di un amministratore delegato, piuttosto che di un soggetto sottoposto al consiglio di amministrazione. L'ampiezza dei suoi poteri trovava fondamento nel motivo alla base della sua istituzione, e cioè quello di poter svolgere una funzione riequilibratrice, nell'interesse degli azionisti, rispetto alla potestà gestoria attribuita al consiglio di amministrazione di nomina parlamentare.
Le modalità di nomina, rimaste invariate dalla loro definizione con la legge 25 giugno 1993, n. 206, riflettevano tale intendimento, dal momento che il direttore generale era nominato dall'assemblea dei soci, seppure d'intesa con il consiglio d'amministrazione.
L'elenco delle competenze che l'articolo 49 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, nel testo previgente alla riforma, attribuiva al direttore generale riflette in modo chiaro il ruolo centrale che tale figura rivestiva all'interno della RAI. La legge infatti gli attribuiva, tra gli altri compiti indicati al comma 12 del citato articolo 49, la responsabilità della gestione aziendale per i profili di propria competenza e la sovrintendenza all'organizzazione e al funzionamento dell'azienda nel quadro dei piani e delle direttive definiti dal consiglio di amministrazione, che in concreto si traduceva nel potere di firma di tutti gli atti e contratti aziendali di valore inferiore ad euro 2.582.284,50 attinenti alla gestione della società e nel potere di proporre all'approvazione del consiglio di amministrazione i contratti di valore superiore a tale cifra.
La riforma introdotta con la citata legge n. 220 del 2015, all'articolo 2, ha novellato l'articolo 49, commi da 10 a 12, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, disciplinando i poteri dell'amministratore delegato sulla base di quelli attribuiti in precedenza al direttore generale, attraverso modifiche che di fatto hanno conferito al nuovo organo direttivo maggiore autonomia decisionale.
In particolare, in base alle nuove disposizioni, l'amministratore delegato, nominato dal consiglio di amministrazione su proposta dell'assemblea, sovrintende all'organizzazione e al funzionamento dell'azienda; firma gli atti e i contratti aziendali attinenti alla gestione della società; provvede alla gestione del personale dell'azienda e nomina i dirigenti di primo livello, acquisendo per i direttori di rete, di canale e di testata il parere obbligatorio del consiglio di amministrazione; provvede all'attuazione del piano industriale e del preventivo di spesa annuale; propone all'approvazione del consiglio di amministrazione gli atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico, nonché gli atti e i contratti che, anche per effetto di una durata pluriennale, siano di importo superiore a 10 milioni di euro. Per gli atti e i contratti al di sotto di tale cifra l'amministratore delegato opera in autonomia.
Tali disposizioni sono ora contenute nel nuovo testo unico di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, adottato in attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri.
Giova infine evidenziare, riguardo alla centralità del Parlamento, che il disegno di legge che si propone riflette numerose sentenze della Corte costituzionale che, pur riconoscendo il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze, ha sempre ribadito il ruolo fondamentale del Parlamento come editore sostanziale del servizio pubblico radiotelevisivo della RAI.
In particolare, la sentenza n. 225 del 10 luglio 1974, che ha dato origine alla legge 14 aprile 1975, n. 103, recante nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva, ha definitivamente aperto la strada verso la « parlamentarizzazione » del sistema radiotelevisivo pubblico, di fatto sottraendo la RAI al controllo diretto dell'esecutivo.
In questa sentenza, la Corte costituzionale affermò la necessità di un sistema idoneo a escludere il predominio del potere esecutivo nell'ambito dell'ente gestore e sollecitò il legislatore a emanare una legge che avrebbe dovuto assicurare il raggiungimento, tra gli altri, di obiettivi volti a prevedere: a) che gli organi direttivi dell'ente gestore (si tratti di ente pubblico o di concessionario privato purché appartenente alla mano pubblica) non fossero costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo; b) che per la concretizzazione degli obiettivi indicati e per il relativo controllo fossero riconosciuti adeguati poteri al Parlamento, che istituzionalmente rappresenta l'intera collettività nazionale.
Con la sentenza n. 194 del 21 maggio 1987 la Corte riconobbe la dimensione costituzionale nella quale si posiziona la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, discendente dall'attribuzione al servizio radiotelevisivo della natura di « servizio sociale (...) diretto ad assicurare (...) l'effettività della libera manifestazione del pensiero e della libera informazione, considerate come due aspetti essenziali ed inscindibili di un unico valore costituzionalmente protetto in via primaria dall'articolo 21 della Costituzione », strutturato « nell'orbita del Parlamento » (cosiddetta « parlamentarizzazione »).
Con l'ordinanza n. 61 del 13 marzo 2008 e la sentenza n. 69 del 13 marzo 2009 – relative al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della proposta di revoca del Consigliere di amministrazione della RAI, prof. Angelo Maria Petroni – la medesima Corte ribadì la centralità del Parlamento nel governo del sistema radiotelevisivo pubblico.
Nell'ordinanza n. 61 si legge testualmente che « l'affermazione della centralità del Parlamento nel governo del sistema radiotelevisivo pubblico » è presente nella legislazione a partire dalla legge 14 aprile 1975, n. 103 (recante nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), oltre che nella giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale con la sentenza n. 225 del 1974 « ha definitivamente aperto la strada verso la “parlamentarizzazione” del sistema radiotelevisivo pubblico, spostando il centro di determinazione delle scelte generali in tale settore a favore dell'organo rappresentativo della collettività nazionale », e che dall'esame di alcune pronunzie della Corte costituzionale, e in particolare della sentenza n. 194 del 1987, si trae la conclusione secondo cui il Parlamento « e per esso la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi » costituisce « la sede istituzionale naturale nella quale il principio pluralista, che deve informare l'intero settore radiotelevisivo pubblico, trova la più efficace garanzia, sia con riguardo all'accesso delle formazioni sociali all'uso dei mezzi radiotelevisivi, sia con riguardo a meccanismi che garantiscano la presenza di una pluralità di fonti di informazione ». Per queste ragioni, secondo la difesa della Commissione parlamentare di vigilanza, « la “parlamentarizzazione” del servizio radiotelevisivo (...) implica la doverosa vigilanza da parte dell'organo parlamentare su tutte le vicende relative alla RAI da cui potrebbero derivare conseguenze negative per la libera manifestazione del pensiero e per la libera informazione ».
La centralità del Parlamento è stata ribadita anche nella sentenza n. 69 del 2009, con la quale la Corte costituzionale ha risolto il conflitto sorto tra la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e il Governo.
Sembra di evincere che, in tutte queste pronunce, la Corte costituzionale abbia voluto rimarcare che, finché esisterà un'esigenza di tutela del pluralismo in termini effettivi, sarà comunque indispensabile il ruolo di garanzia del Parlamento, che dovrebbe essere la più vicina, tra le istituzioni, al sentire reale del Paese.
Il presente disegno di legge si prefigge l'obiettivo di novellare l'articolo 63 del citato nuovo testo unico di cui al decreto legislativo n. 208 del 2021 con riferimento alla figura dell'amministratore delegato, stante, in particolare, l'aumento dei poteri in capo allo stesso che, seppur all'epoca della riforma giustificato dalla necessità di una maggiore efficienza nella gestione aziendale, appare oggi eccessivo.
Art. 1.
1. Al testo unico dei servizi di media audiovisivi, di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 63:
1) al comma 20, le parole: « 10 milioni di euro » sono sostituite dalle seguenti: « 2.582.284,50 euro »;
2) il comma 21 è sostituito dai seguenti:
« 21. Il direttore generale della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a. è nominato dal consiglio di amministrazione, d'intesa con l'assemblea; il suo mandato ha la stessa durata di quello del consiglio.
21-bis. Il direttore generale, oltre agli altri compiti allo stesso attribuiti in base allo statuto della società:
a) risponde al consiglio di amministrazione della gestione aziendale per i profili di propria competenza e sovrintende all'organizzazione e al funzionamento dell'azienda nel quadro dei piani e delle direttive definiti dal consiglio di amministrazione;
b) partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio di amministrazione;
c) assicura, in collaborazione con i direttori di rete e di testata, la coerenza della programmazione radiotelevisiva con le linee editoriali e le direttive formulate e adottate dal consiglio di amministrazione;
d) propone al consiglio di amministrazione le nomine dei vice direttori generali e dei dirigenti di primo e di secondo livello;
e) assume, nomina, promuove e stabilisce la collocazione degli altri dirigenti nonché, su proposta dei direttori di testata e nel rispetto del contratto di lavoro giornalistico, degli altri giornalisti e ne informa puntualmente il consiglio di amministrazione;
f) provvede alla gestione del personale dell'azienda;
g) propone all'approvazione del consiglio di amministrazione gli atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico, ivi inclusi i piani annuali di trasmissione e di produzione e le eventuali variazioni degli stessi, nonché quelli che, anche per effetto di una durata pluriennale, siano di importo superiore a 2.582.284,50 euro; firma gli altri atti e contratti aziendali attinenti alla gestione della società;
h) provvede all'attuazione del piano di investimenti, del piano finanziario, delle politiche del personale e dei piani di ristrutturazione, nonché dei progetti specifici approvati dal consiglio di amministrazione in materia di linea editoriale, investimenti, organizzazione aziendale, politica finanziaria e politiche del personale;
i) trasmette al consiglio di amministrazione le informazioni utili per verificare il conseguimento degli obiettivi aziendali e l'attuazione degli indirizzi definiti dagli organi competenti ai sensi del presente testo unico »;
3) al comma 22, le parole: « L'amministratore delegato » sono sostituite dalle seguenti: « Il direttore generale »;
4) i commi 23 e 24 sono abrogati;
5) al comma 25, le parole: « , ad eccezione dell'amministratore delegato, » sono soppresse;
b) all'articolo 64, le parole: « L'amministratore delegato », ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: « Il direttore generale »;
c) all'articolo 66, comma 1, le parole: « dell'amministratore delegato » sono sostituite dalle seguenti: « del direttore generale ».