Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 9 LUGLIO 2018 (*)
Istituzione della tassa sulla concessione dei diritti d'emissione monetaria
*) Testo non rivisto dalla presentatrice
Onorevoli Senatori. – Con la ratifica dei Trattati UE gli Stati aderenti all'area euro hanno concesso alla Banca centrale europea (BCE) e al Sistema europeo di banche centrali (SEBC) il diritto esclusivo di gestire la politica monetaria attraverso diverse operazioni, tra le quali quella di emettere banconote in euro. Tale concessione deriva dagli articoli 127 e 128 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
L'articolo 127 del TFUE precisa, infatti, come l'obiettivo principale del SEBC sia il mantenimento della stabilità dei prezzi. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 128, la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare all'interno dell'Unione l'emissione delle banconote in euro, che possono essere emesse dalla stessa BCE e dalle banche centrali nazionali.
In applicazione di questa prerogativa, tuttavia, la BCE e le banche centrali aderenti all'area euro sono andate oltre l'obiettivo della stabilità dei prezzi. L'esercizio della funzione monetaria ha consentito alle banche centrali di aumentare la dimensione dei loro bilanci, cioè il totale delle attività presenti nel bilancio.
La relazione del Governatore Visco del 31 marzo 2017 precisava come nel 2016 la politica monetaria espansiva dell'Eurosistema abbia ulteriormente ampliato le dimensioni del bilancio della Banca d'Italia e mutato la relativa composizione.
In sostanza, dunque, la funzione esclusiva in materia di politica monetaria attribuita alla BCE e alle banche centrali nazionali ha prodotto, durante tutto il periodo della crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008, un «paradosso monetario»: le banche centrali dell'area euro, e non solo, hanno visto aumentare a dismisura i loro attivi ben oltre le necessità della politica monetaria e, parallelamente, gli Stati hanno visto crescere di molto i loro debiti.
I dati tra il 2007 e il 2016 prodotti dalla Banca d'Italia dimostrano questo paradosso: le attività riportate nel bilancio della Banca d'Italia sono passate da 244,4 miliardi di euro del 2007 a 773,6 del 2016, mentre il debito pubblico italiano, nello stesso periodo, è passato da 1.602,1 a 2.217,7 miliardi di euro.
Il rapporto Attivi/PIL della Banca d'Italia era del 15,81 per cento nel 2007 e ha raggiunto il 46,26 per cento nel 2016; nello stesso tempo, nonostante le misure di controllo della spesa pubblica, il rapporto Debito pubblico/PIL è passato dal 103,6 per cento del 2007 al 132,6 per cento del 2016.
L'aumento della dimensione dei bilanci dell'istituto d'emissione non è un fenomeno solo italiano; nel periodo 2007-2015 le banche centrali dell'Eurosistema hanno avuto incrementi degli attivi passando in media dal 15 per cento al 27 per cento del PIL, la Federal Reserve è passata dal 5 per cento al 25 per cento del PIL, la Banca del Regno Unito dal 5,1 per cento al 22,5 per cento del PIL e la Banca del Giappone dal 20,3 per cento addirittura al 77 per cento del PIL.
Se in Europa la politica monetaria è materia riservata in via esclusiva al SEBC e alla BCE, la politica fiscale compete in modo altrettanto esclusivo agli Stati, ragion per cui è pienamente legittimo legiferare in materia fiscale.
E' possibile, pertanto, senza violare i Trattati UE, istituire una tassa sulla concessione dei diritti d'emissione monetaria sul totale delle attività della Banca d'Italia.
L'aliquota dell'1 per cento indicata nel disegno di legge può produrre nel 2019 un'entrata superiore a 8 miliardi di euro e negli anni successivi può essere aumentata, sia per ridurre il debito pubblico sia per avviare una politica economica espansiva.
Tale aliquota applicata direttamente sul totale delle attività è un modo semplice e trasparente di tassazione che consente di regolare una grandezza che le relazioni annuali della stessa Banca d'Italia pongono in relazione diretta con la funzione monetaria.
L'istituzione della tassa è, quindi, un modo per reperire risorse senza gravare i cittadini di nuovi tributi, senza intaccare la funzione monetaria riservata in via esclusiva alle banche centrali dai Trattati UE e senza aumentare il debito pubblico ma, anzi, riducendolo.
Art. 1.
(Istituzione della tassa sulla concessione
dei diritti d'emissione monetaria)
1. È soggetta a tassazione la concessione dei diritti d'emissione monetaria attribuiti alla Banca d'Italia in qualità di banca centrale nazionale ai sensi dell'articolo 128 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Salvo quanto conferito in adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e quanto necessario a garantire l'indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca d'Italia, la tassa si applica per un importo pari a una percentuale sul totale delle attività del bilancio della Banca d'Italia, al netto delle voci rettificative del passivo, redatto secondo i criteri statistici armonizzati adottati dalle banche nazionali dell'Eurosistema.
3. Per l'anno 2019, la percentuale di cui al comma 2 è pari all'1 per cento del totale delle attività risultante dal bilancio della Banca d'Italia.
4. L'applicazione della tassa di cui al comma 2 non incide direttamente sul reddito d'esercizio, ma determina un aumento dei debiti verso la Tesoreria dello Stato e riduce le passività connesse all'esercizio della funzione monetaria.
Art. 2.
(Disposizioni finali)
1. La percentuale di cui al comma 3 dell'articolo 1 può essere modificata ogni anno, sentita la Banca d'Italia, con la legge di bilancio, ferma restando la salvaguardia delle necessità funzionali di politica monetaria della medesima Banca d'Italia.