Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 1732
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori CAMPAGNA, ANGRISANI, SANTANGELO, TRENTACOSTE, LOMUTI, GALLICCHIO, LANNUTTI, ROMANO, GAUDIANO, MATRISCIANO, LEONE, DONNO, GUIDOLIN, GIANNUZZI, NOCERINO, AUDDINO e ROMAGNOLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 24 FEBBRAIO 2020 (*)

Modifica all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, in materia di decadenza di istanze di prestazioni previdenziali

*) Testo non rivisto dal presentatore

Onorevoli Senatori. – Con il presente disegno di legge, al fine di garantire la tutela del legittimo affidamento dei cittadini, l'efficienza della pubblica amministrazione e la buona fede e correttezza della stessa nei rapporti con i cittadini, si propone l'inserimento di tre commi all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, recante attuazione delle deleghe conferite al Governo con gli articoli 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale.
In particolare, con tali commi si elimina l'automatismo del termine decadenziale nelle ipotesi di inerzia delle pubbliche amministrazioni interpellate dall'INPS per la trasmissione di documenti e si chiarisce che il termine di decadenza non si applica per le domande di riscatto del corso di studi e per quelle di ricongiunzione.
Nel settimo comma dell'articolo 47 del citato decreto del Presidente della Repubblica n .639 del 1970, aggiunto dal presente disegno di legge, viene previsto che i termini di decadenza fissati dal medesimo articolo 47 si interrompono, allorché l'INPS, per provvedere su istanze dei cittadini relative a prestazioni previdenziali, chiede ad altre amministrazioni pubbliche la trasmissione di documenti e informazioni; i termini decorreranno nuovamente dal giorno in cui l'INPS riceve le informazioni richieste. Tale interruzione dei termini è necessaria, atteso che non appare conforme a princìpi di buona amministrazione fare ricadere sul cittadino – con la previsione di un termine decadenziale – la dilatazione temporale del procedimento a causa dei frequenti e lunghi ritardi delle pubbliche amministrazioni nel rispondere alle richieste di informazioni e documenti formulate dall'INPS. È evidente, infatti, che il cittadino deve confidare nella correttezza ed efficienza della pubblica amministrazione. Né, tanto meno, si può pretendere che lo stesso, per evitare decadenze, sia costretto ad avviare continue azioni giudiziarie nei confronti dell'INPS e delle amministrazioni interpellate. Tale proliferazione del contenzioso comporterebbe un abnorme aumento dei costi a carico dell'INPS e delle altre pubbliche amministrazioni, che risulterebbero inevitabilmente soccombenti nei giudizi proposti dai cittadini nelle frequenti ipotesi di inerzia della pubblica amministrazione; non vanno poi trascurati i possibili conseguenti profili di responsabilità (amministrativa, disciplinare ed eventualmente penale) dei funzionari e dei dirigenti (questi ultimi esposti anche alla responsabilità dirigenziale). Occorre dunque assicurare regole di correttezza, efficienza e buona fede nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione.
L'attuale formulazione dell'articolo 47, per contro, colpisce con la decadenza le legittime aspettative dei cittadini, senza tener conto delle ragioni per le quali il procedimento non si sia concluso nei termini di legge. Va da sé che la mancata tempestiva conclusione per effetto di inerzia delle pubbliche amministrazioni interpellate dall'INPS non deve incidere negativamente sul legittimo affidamento del cittadino, poiché si violerebbero altrimenti basilari regole di lealtà, correttezza e di buon andamento.
Allo scopo di deflazionare il contenzioso e assicurare alle amministrazioni una maggiore disponibilità di tempo per evadere le richieste di informazioni e di documenti formulate dall'INPS, si rende altresì necessario prevedere che l'interruzione dei termini di decadenza si estenda a tutti i procedimenti in corso e alle istanze per le quali penda giudizio, eccettuate le ipotesi in cui – prima dell'entrata in vigore del nuovo testo di legge – sia passata in giudicato sentenza che abbia dichiarato la decadenza. Si sottolinea, peraltro, che gli uffici dell'INPS sono attualmente impegnati con grande cura nell'attuazione delle numerose riforme previdenziali e assistenziali introdotte con il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sicché difficilmente riuscirebbero a sostenere un ulteriore carico di lavoro per la definizione immediata di decine di migliaia di domande per tutte le prestazioni previdenziali; né, tanto meno, appare opportuno sottrarre risorse umane all'applicazione di tali nuove norme.
Nell'ottavo comma dell'articolo 47 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, inserito dal presente disegno di legge, si chiarisce, con valore di interpretazione autentica, che le domande di riscatto del corso di laurea e degli altri periodi di studio e le domande di ricongiunzione di contributi ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 febbraio 1979, n. 29 non rientrano tra le domande per prestazioni previdenziali soggette al termine di decadenza fissato dal citato articolo 47 o da altre disposizioni di legge o di regolamento. È emerso, infatti, che negli ultimi due anni si sono verificati contrasti interpretativi in merito alla qualificazione di tali domande, essendosi sostenuto da parte di alcuni interpreti in maniera assolutamente innovativa che le stesse riguarderebbero prestazioni previdenziali e sarebbero dunque soggette al termine di decadenza. Tale orientamento non risulta condivisibile, atteso che la prestazione previdenziale è per sua natura un'erogazione economica da parte dell'ente previdenziale in favore dei cittadini. Il riscatto del corso di laurea (o dei periodi di studio assimilati, come, ad esempio, il dottorato di ricerca), invece, è un istituto che permette al cittadino di valorizzare a titolo oneroso ai fini pensionistici il periodo del proprio corso di studi; presuppone che l'INPS quantifichi gli ulteriori contributi dovuti e che l'interessato provveda all'integrale pagamento degli stessi. Non v'è dunque alcuna erogazione economica da parte dell'ente previdenziale in favore dell'interessato che ha presentato istanza di riscatto. La ricongiunzione è quell'istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative aperte in diverse gestioni previdenziali, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi in un'unica gestione per l'ottenimento della pensione.
Va aggiunto che nella prassi degli uffici, che sono gravati da incombenze notevoli e dispongono di ridotte unità di personale, le domande di riscatto e di ricongiunzione sono trattate secondo l'ordine di protocollazione e con priorità per coloro che sono più vicini all'età pensionabile, sicché le istanze presentate da soggetti più giovani sono esaminate a distanza di molti anni. Inoltre, la definizione delle domande di riscatto e di quelle di ricongiunzione richiede la trasmissione dei documenti da parte di altre pubbliche amministrazioni, che sovente ritardano – anche di molto – nell'invio dei documenti richiesti dall'ente previdenziale. Tale situazione ha indotto i cittadini, confortati dalle rassicurazioni degli stessi uffici dell'INPS, ad attendere e a confidare nella definizione delle istanze, pur se a notevole distanza di tempo, senza la necessità di promuovere contenziosi. La tesi innovativa, che assimila le domande di riscatto a quelle per prestazioni previdenziali, dunque, si pone in contrasto non solo con l'orientamento interpretativo più consolidato, secondo cui il riscatto e la ricongiunzione non sono prestazioni previdenziali, ma anche con la prassi sinora invalsa e viola il principio del legittimo affidamento. In virtù di tale principio va tutelata la posizione del soggetto che subisce un pregiudizio a causa di un intervento dei pubblici poteri o di un comportamento della pubblica amministrazione, che frustrano una sua aspettativa legittima proprio perché ingenerata da atti o comportamenti della medesima pubblica amministrazione, anche protratti nel tempo, che possono convincere il cittadino a confidare in buona fede sull'emanazione di un provvedimento favorevole o sul perdurare di una determinata situazione di vantaggio.
L'assoggettamento a termine decadenziale per le domande di riscatto o di ricongiunzione non solo contrasterebbe con la natura di tali domande e con la tutela del legittimo affidamento, ma, poi, spingerebbe i cittadini a promuovere immediatamente innumerevoli giudizi nei confronti sia dell'INPS sia delle amministrazioni interpellate dal medesimo istituto, che non abbiano dato tempestivo riscontro. Ciò incrementerebbe il carico di lavoro già notevole degli uffici giudiziari, comporterebbe la condanna degli enti convenuti al pagamento di spese di lite (con i connessi profili di responsabilità di funzionari e dirigenti) e comprometterebbe soprattutto il rapporto di affidamento tra i cittadini e la pubblica amministrazione.
Va rammentato che nello svolgimento dell'attività autoritativa, la pubblica amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico, ma anche le norme generali dell'ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto.
Sotto il profilo finanziario, il presente disegno di legge consente la realizzazione di importanti risparmi e non comporta spese per la pubblica amministrazione. In assenza della modifica normativa qui proposta, infatti, una generalizzata e indiscriminata applicazione del termine di decadenza esporrebbe l'INPS a numerosi contenziosi promossi tanto da parte dei cittadini incolpevolmente destinatari dei provvedimenti di decadenza quanto da parte di coloro che, temendo la decadenza, alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento (o ancor prima), non esiteranno a rivolgersi all'autorità giudiziaria con la conseguente condanna delle amministrazioni pubbliche al pagamento delle spese processuali. Di tutto ciò risentirebbero negativamente sia la funzionalità degli uffici dell'ente previdenziale, che non potrebbero assicurare tempestivamente la definizione di tutte le pratiche pendenti e che sarebbero distolti da attività più urgenti legate anche alle importanti riforme previdenziali di quest'anno, sia il fondamentale rapporto di fiducia tra i cittadini e la pubblica amministrazione; non va poi tralasciato l'abnorme incremento del contenzioso previdenziale, che già grava pesantemente sugli uffici giudiziari (e i connessi rischi di risarcimento per l'eccessiva durata dei processi).
Il presente disegno di legge mira quindi ad evitare una simile situazione inutilmente dispendiosa per le finanze pubbliche e a creare un clima di fiducia tra i cittadini, l'INPS e le altre pubbliche amministrazioni.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

« I termini di decadenza previsti dal presente articolo si interrompono allorché, in relazione alle domande di prestazioni previdenziali, l'Istituto fa richiesta di documentazione a un'altra amministrazione pubblica; in tal caso, i termini di decadenza ricominciano a decorrere dalla data in cui l'Istituto riceve la documentazione richiesta. Il presente comma si applica a tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione e non ancora definiti, salvo che, prima di tale data, sia passata in giudicato una sentenza che abbia dichiarato la decadenza.

La domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea e di altri corsi di studio e le domande di ricongiunzione di contributi ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, non rientrano tra le domande di prestazioni previdenziali soggette ai termini di decadenza previsto dal presente articolo ».