Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 30 GIUGNO 2022
Misure a tutela e a salvaguardia della produzione artistica e culturale della danza italiana
Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge è frutto di un approfondito confronto, intercorso negli ultimi venti anni, condotto tra quanti in Italia lavorano nel settore della danza e quanti amano questa primordiale e nobilissima espressione dell'arte e della cultura, e più in generale per tutte le espressioni artistiche di cui il corpo umano è capace.
Infatti, il disegno di legge è il frutto da un lato di una mobilitazione nazionale, alla quale hanno partecipato da subito innumerevoli e autorevoli esponenti dell'arte coreutica (prima fra tutti la signora Carla Fracci e i principali esponenti del settore) e che ha visto l'adesione di personalità di spicco della cultura italiana e internazionale (tra i quali, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Zubin Meta, Lina Wertmuller, Roman Vlad, Franco Zeffirelli, Alda Merini, Dacia Maraini, Laura Biagiotti, Herbert Handt, Fernanda Pivano, Giorgio Albertazzi, solo per citarne alcuni) e, dall'altro lato, di conseguenti iniziative di parlamentari che hanno denunciato l'ingiustificata chiusura progressiva dei corpi di ballo negli ultimi venti anni (sono rimasti solo quattro corpi di ballo a Milano, Roma, Napoli e Palermo).
Alcuni parlamentari hanno poi concretizzato e fatto confluire le istanze e gli apporti di questo movimento spontaneo nel disegno di legge AS n. 1762 e nella proposta di legge AC n. 2815 della XV legislatura (reiterati nella XVI legislatura con il disegno di legge AS n. 1227), presentati ala stampa in Senato, nell'affollatissima conferenza stampa del 24 ottobre 2007, tra gli altri dalla stessa signora Fracci, dal sovrintendente al Teatro dell'Opera Francesco Ernani e dal professor Alberto Testa. Dalle citate proposte legislative trae origine il presente disegno di legge, aggiornato all'attualità, atteso l'aggravamento del depauperamento culturale e artistico che impone un intervento urgente.
Il confronto, articolato e analitico, ha interessato forze politiche di ogni schieramento, tanto che può dirsi, a ragione, che si tratta di una proposta bipartisan, condivisa, appunto, da alcune delle migliori espressioni della cultura italiana e dai tanti politici interessati alle sorti dell'arte coreutica italiana.
Il presente disegno di legge è, infatti, espressione peculiare anche del portato delle varie iniziative politiche e legislative e delle iniziative di Carla Fracci che l'hanno vista in prima linea per la tutela e la promozione artistica della danza e della sua diffusione contro il declino politico che vedeva e vede tutt'oggi compromessi quasi tutti i corpi di ballo e la produzione culturale della danza in Italia.
Infatti, sebbene le fondazioni lirico-sinfoniche in Italia abbiamo espresso un prodotto artistico e culturale della danza di elevatissima qualità, con notevole apprezzamento del pubblico e riscuotendo ampi apprezzamenti della critica, anche internazionale, risulta allo stato inspiegabile la controtendenza istituzionale che ha condotto alla soppressione dei corpi di ballo e il declino della danza, che appare intenzionale da parte di alcune sovrintendenze, delle fondazioni e dell'amministrazione politica che le ha sostenute, sino a ravvisare una vera e propria eterogenesi dei fini istituzionali sanciti dal decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 gennaio 2001, n. 6.
Il balletto, come massima espressione dell'arte e della cultura, è nato infatti in Italia e ha fatto scuola nel mondo per secoli, esportando danzatori, coreografi e maestri di ballo di eccellente qualità, che hanno creato e diffuso nuovi passi, movimenti, virtuosismi tecnici, metodi di studio, oggi internazionalmente riconosciuti, al punto da essere entrati nelle codificazioni, nelle nomenclature e nei programmi di studio di tutte le scuole e i teatri del mondo. In tal senso, si possono citare tra gli altri: il sommo Salvatore Viganò, napoletano apprezzatissimo da Stendhal, con i suoi grandiosi coreo-drammi, maestro di Carlo Blasis importante teorico e pedagogo che ha formato molti artisti tra i quali il fiorentino Giovanni Lepri del XIX secolo; la famiglia Taglioni col padre Filippo e la figlia Maria modello insuperato di ballerina romantica; il milanese Luigi Manzotti che ha celebrato il genio umano e il progresso della scienza col suo leggendario Ballo Excelsior che dal 1881, in circa trent'anni, fece il giro del mondo con migliaia di repliche, di cui molte centinaia nella sola Parigi.
Tuttavia, già prima dell'arrivo di questi celebri artisti italiani, che dalla fine del Settecento in poi hanno influenzato universalmente l'evoluzione della danza, moltissime sono le testimonianze e le cronache che indicano l'Italia come culla dell'arte di Tersicore. Si pensi ad esempio al trattato De arte saltandi et choreas ducendi del 1416 del grande Domenico da Piacenza (o da Ferrara), o agli scritti dei suoi discepoli Guglielmo Ebreo da Pesaro De practica seu arte tripudii del 1463, e Antonio da Cornazano Libra dell'arte del danzare del 1465; o ai primi balletti veri e propri, storicamente attribuiti al pavese Bergonzio Botta, tra i quali spicca il sontuoso « balletto conviviale » allestito nel 1489 a Tortona in occasione del matrimonio di Galeazzo Sforza duca di Milano con Isabella di Aragona; o al Ballet comique de la Royne commissionato nel 1581 a Parigi dalla regina di Francia Caterina de' Medici al geniale italiano Baldassarino da Belgioioso allievo di quel Pompeo Diobono che nel 1545 a Milano aveva aperto la prima, e più famosa in Europa, scuola di Ballo Nobile. O, ancora, a Il ballarino, di Fabrizio Caroso da Sermoneta del 1581, una sorta di « vangelo » della danza, best seller dell'epoca, che tra le varie ristampe e riedizioni ne annovera una con « prefazione » di Torquato Tasso; o all'importante trattato Le Gratie d'Amore del 1602 riedito come Le nuove inventioni di balli nel 1604 di Cesare Negri, pure lui milanese allievo del Diobono, in cui sono descritte tra le varie norme stilistiche anche l'impostazione dei piedi in fuori e le cinque posizioni tuttora a fondamento della tecnica accademica classica. Molti altri esempi potrebbero riportarsi inclusa la settecentesca piccante polemica epistolare tra il fiorentino Gaspero Angiolini e il francese Jean-Georges Noverre sulla paternità del balletto d'azione.
Nonostante la gloriosa storia e gli imperituri successi che ha visto l'Italia, da sempre, ai vertici mondiali, la danza italiana è diventata negli ultimi trent'anni la « Cenerentola » trascurata e sacrificata dei teatri e dello spettacolo italiano in generale. Sino a vedere, oggi, la sopravvivenza solo di pochissimi corpi di ballo (sostanzialmente quattro) dedicati alla produzione, promozione e tutela di uno degli aspetti più radicati dell'identità e del patrimonio artistico e culturale italiano.
A tanta trascuratezza, al di là del voler imputare a chicchessia la precipua responsabilità della gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche e di stigmatizzare una politica poco attenta verso tale settore artistico, per converso, corrisponde, in maniera diametralmente opposta, una generale e diffusa attenzione della comunità sociale verso tale espressione culturale: infatti, emerge, da tutte le statistiche economiche e finanziarie delle fondazioni lirico-sinfoniche, un rapporto tra costi di produzione e ricavi di incasso per le produzioni dei corpi di ballo che vede sempre e costantemente un notevole attivo patrimoniale (come segnalano tutte le rendicontazioni della Sezione controllo della Corte dei conti); segno del coinvolgimento popolare e dell'attenzione che la comunità dedica a tale aspetto artistico e del nutrimento che ne trae la propria identità culturale.
Dall'analisi è emerso che la danza è molto amata e seguita dal pubblico, che partecipa numeroso alle rappresentazioni ed è in costante aumento; tanto che si riscontrano spesso, in corrispondenza di una adeguata e oculata programmazione, situazioni di « tutto esaurito » e una usuale difficoltà nel reperimento dei biglietti, al di là del numero di repliche edite in cartellone.
A tale disattenzione della politica, è poi corrisposta una gestione che si è mostrata spesso poco capace, sotto il profilo manageriale e un disinteresse delle istituzioni preposte. Sono mancati progetti artistici e specifiche scelte politico-istituzionali, in netta controtendenza rispetto alle finalità attribuite alle fondazioni lirico-sinfoniche.
Si è assistito, infatti, negli ultimi venti anni a una vera e propria crescente migrazione artistica professionale dei coreuti italiani verso i corpi di ballo di istituzioni europee e internazionali, a tutto detrimento della cultura artistica italiana del balletto e della danza: in tantissime compagnie europee e internazionali si assiste alla presenza di danzatori italiani che spesso ricoprono ruoli di primaria importanza. Le nuove giovani leve italiane della danza emigrano in maniera sempre più costante e numerosa verso compagnie e istituzioni estere, essendo costrette a reperire all'estero le possibilità di una concreta aspirazione professionale. Risultano assenti, in Italia, sufficienti punti di riferimento concreti e fondativi per i giovani professionisti della danza, in netta controtendenza con quanto, invece, accade in altri Paesi europei (es. Francia e Germania).
È innegabile riscontrare una precisa negligenza che ha condotto, attraverso la riduzione della produzione artistica relativa al balletto, alla riduzione e alla soppressione degli organici funzionali, in assenza di precise ed efficaci norme che potessero impedire la distrazione delle risorse finanziarie destinate alla danza e di alimentare squilibri tra i settori in favore di lobby o di agenzie interessate all'accaparramento di finanziamenti pubblici, dirottati verso altre tipologie di produzione artistica. Il tutto, in netta controtendenza rispetto alla crescita del pubblico fruitore e alla crescita degli allievi danzatori e delle scuole di danza private, pur in assenza di reali esigenze economiche e finanziarie.
È noto, infatti, che nel corso degli anni sono state soppresse, del tutto inopinatamente, le compagnie di ballo di fondazioni e teatri, come quello di Torino, Bologna, Venezia, Genova, Catania e Trieste, e nei tempi più recenti anche quelle di Verona e Firenze; sebbene le produzioni di danza messe in scena da tali fondazioni siano state spesso di elevata qualità artistica e culturale, in presenza di artisti italiani di grande reputazione internazionale, come è stato riscontrato dalla numerosa partecipazione del pubblico e dalla critica nazionale e internazionale.
L'Arena di Verona vede ormai impiegati solo tersicorei precari e quasi esclusivamente nel periodo estivo, avendo provveduto all'intera e deliberata soppressione della compagnia stabile, senza alcuna ragione o esigenza economica e finanziaria, fatto che ha dato luogo ad indagini della magistratura che sono ancora in corso.
La documentazione contabile e i resoconti offerti dalla Corte dei conti negli ultimi venti anni segnalano una spesa costante, sempre più sottratta alla produzione di danza, a cui non corrisponde alcun vantaggio finanziario delle fondazioni, né alcuna agevolazione per perseguire il vincolo di bilancio.
Al contrario, le fondazioni che hanno un proprio corpo di ballo dispongono di una struttura produttiva di interesse collettivo e di promozione, diffusione e tutela artistica e culturale della danza italiana che rappresenta un concreto e positivo fattore economico che, oltre a costituire un volano di incentivazione indiretta dell'intera produzione artistica culturale, coinvolgendo tutti i settori artistici, permette la realizzazione anche di spettacoli di un genere diverso da quello lirico e sinfonico, con una spesa notevolmente più contenuta. Infatti, i costi di produzione di spettacoli coreutici sono nettamente inferiori (fino a 8-10 volte in meno) rispetto a quelli dei costi degli allestimenti lirici, oltre a impegnare tempi di prova e di produzione in palcoscenico molto più brevi.
Tali elementi fattuali inducono, a fronte della maggiore produzione di danza, al sensibile aumento del numero complessivo del numero delle recite che annualmente si possono realizzare con impegni finanziari certamente più contenuti e con il l'incremento effettivo dell'efficienza delle strutture e del personale. Il che, poi, consente la realizzazione di ricavi derivanti dalla vendita di un maggior numero di biglietti per i balletti, a fronte di un minore costo per gli allestimenti scenici, rispetto ai ricavi riscossi dagli altri organici funzionali: così come si legge, chiaramente, dalle rendicontazioni economiche e finanziarie vagliate dalla Corte dei conti nei vari anni di analisi contabile.
La forte riduzione dell'espressione e della tutela del patrimonio artistico e culturale della danza in Italia rappresenta, da un lato, una parziale eterogenesi dei fini istituzionali delle fondazioni e, dall'altro, una perdita inestimabile del patrimonio artistico e dell'identità culturale appartenenti all'indiscusso genio artistico italiano. Il che, oltre a provocare una pesante decadenza culturale, ha determinato, nel settore della danza, anche una gravissima perdita di posti di lavoro e una costante migrazione verso l'estero.
Le prospettive di un serio futuro professionale in Italia per i moltissimi studenti delle scuole e delle accademie di danza sono ormai residuali, nonostante le giovani generazioni pongano, ai primi posti, tra le proprie aspirazioni, il poter lavorare come ballerini (come già segnalavano anche i dati Eurispes nel V Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza del 2004). È così messo in rilievo come la danza possegga un altissimo valore formativo pedagogico: basti solo pensare alla disciplina e alla costanza che richiede necessariamente lo studio della danza per comprenderne agevolmente l'alto valore formativo.
La danza in Italia è stata sopraffatta da una ideologia di business che considera inutile la cultura e rende strutturalmente fragile l'intero settore culturale. In modo particolare, si pensa che l'arte coreutica non sia in grado di attrarre l'interesse di quanti nell'arte investono ingenti capitali, anche solo per averne in contropartita significativi profitti: essa, invece, dà luogo, più di ogni altro settore produttivo delle fondazioni, a un notevole indotto che arriva sino alla moda e ai beni di lusso, in quanto costituisce, in maniera indiscussa, l'espressione artistica visiva più alta dell'eleganza e della più poetica bellezza.
In Italia, la figura del danzatore professionista rischia seriamente l'estinzione. Nonostante la presenza di precise finalità istituzionali di rilevante interesse nazionale già attribuite alle fondazioni, occorre concretizzare la rimozione degli ostacoli che ne hanno svilito il perseguimento (come sino ad oggi evidenziato) e la proposizione di nuove misure a sostegno della tutela artistico-culturale della danza italiana.
Il presente disegno di legge introduce misure minime, non ulteriormente procrastinabili, a tutela e a salvaguardia della capacità produttiva in Italia della danza, del balletto, dei corpi di ballo e del « professionismo » dei danzatori (come di tutte le altre figure professionali coinvolte), senza che ciò comporti, di fatto, oneri aggiuntivi di spesa a carico dello Stato, mediante la riallocazione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), nel senso di una equa ripartizione delle risorse globali già previste e stanziate, evitando che quelle disposte in favore della danza vengano ulteriormente sottratte e distratte, così da ripristinarle nel tempo.
L'articolo 1 fissa la precisa nomenclatura che le fondazioni (compreso il Petruzzelli di Bari istituito dalla legge 11 novembre 2003, n. 310), disciplinate dal decreto legislativo 29 giugno 1996 n. 367, come novellato dalla legge 8 agosto 2019, n. 81, assumono con il presente disegno di legge. Tali fondazioni, che sono ora correttamente chiamate « lirico-sinfoniche-coreutiche », contengono già nel nome il riferimento diretto all'arte coreutica, esplicitando la pari dignità della danza con le altre arti e professioni e ribadendo che anche le attività di promozione e produzione di danza sono finalità di rilevante interesse nazionale attribuite istituzionalmente alle fondazioni, per il perseguimento delle quali sono state istituite (articoli 9 e 43 della Costituzione), alla stregua di quanto già implicitamente prevedeva la legge 14 agosto 1967, n. 800 (come confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 153 del 21 aprile 2011). Finalità che, per il settore della danza, sono state spesso scientemente trascurate e via via sempre più marginalizzate, tanto da rendere necessario il presente intervento normativo, che inserisce espressamente la danza quale settore artistico di primario interesse per la tutela del patrimonio artistico culturale italiano.
L'articolo 2 prevede, in maniera chiara e ineludibile, che nella promozione e nella tutela dell'educazione all'arte musicale è ricompresa la promozione e la tutela dell'educazione alla danza. L'espressa previsione della danza, quale precipua finalità primaria perseguita dalle fondazioni, ha lo scopo di collocare sullo stesso piano tutte le arti che sono tipiche e peculiari espressioni dell'arte italiana, senza che possa mettersi in discussione una eventuale supremazia dell'una rispetto all'altra.
L'articolo 3 espone il principio generale secondo cui ripartire i contributi statali del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), riproporzionando i punteggi utili a tale ripartizione nel settore della danza e stabilendo che l'uso di corpi di ballo delle fondazioni che, in proprio o in coproduzione, editano spettacoli di danza, impone una ripartizione del FUS in loro favore in misura non inferiore all'85 per cento del punteggio massimo previsto per l'opera lirica.
L'articolo 4, nell'ottica del sostegno della danza e della sua promozione produttiva, stabilisce che, nell'ambito del triennio di programmazione usuale e sino alla costituzione del corpo di ballo all'interno del proprio organico, sia prevista una programmazione equilibrata ed equa, bilanciata in termini percentuali, tra le produzioni d'opera lirica e le produzioni di balletto, cercando di assicurare l'ottimizzazione delle risorse artistiche rappresentate dai tersicorei, utile alla copertura dei costi impegnati e a un impiego corretto e funzionale del personale addetto ai corpi di ballo.
Infatti, viene disposto un vincolo di destinazione delle spese globali, pari al 20 per cento di quelle globali impegnate dalle fondazioni, in favore della programmazione e produzione, anche in coproduzione, della danza. A tal fine, viene posto anche un vincolo di destinazione del FUS, pari all'ammontare del 5 per cento di quello globale, in favore delle fondazioni che hanno un proprio corpo di ballo o che, avendolo soppresso o non avendolo mai costituito, lo istituiscono nuovamente. Nel perseguimento delle medesime finalità viene disposto un vincolo di destinazione del FUS, pari al 2 per cento dello stesso, in favore delle fondazioni che hanno una propria scuola di ballo o istituiscono una propria scuola di ballo, in grado di offrire una formazione pluriennale completa e che rilasciano un diploma a conclusione dell'intero ciclo formativo.
L'articolo 5 dispone, nello specifico, che i teatri, che hanno già in dotazione un proprio corpo di ballo, sono tenuti a rispettare l'organigramma previsto dal dalle piante organiche previgenti, se di miglior favore, alla riforma della legge n. 81 del 2019, e di poterle incrementare ulteriormente secondo le rinnovate esigenze di programmazione e produzione.
È stabilito, inoltre, che i teatri presso i quali è stato eliminato il corpo di ballo, devono provvedere alla ricostituzione dello stesso o a istituirlo se non lo avevano o, in alternativa, che i teatri, che restino privi di un proprio corpo di ballo, dispongano comunque per una programmazione e produzione della danza, contribuendo finanziariamente, mediante l'utilizzo di un corpo di ballo già in dotazione presso la fondazione che ha provveduto alla costituzione dell'organico funzionale. Il che, assicura che i teatri, dotati di un proprio organico, possano implementare la pianta organica dei corpi di ballo stabili ovvero, per le nuove istituzioni, costituire una nuova pianta organica funzionale, nel termine perentorio di centottanta giorni, in un numero non inferiore a quello sufficiente per il perseguimento delle finalità individuate dalla presente legge.
Al fine di evitare elusioni della norma, al comma 4, viene disposto che qualora i teatri non ottemperino all'obbligo di programmazione in coproduzione e di costituzione dei corpi di ballo, essi si vedranno ridotte le quote del FUS.
La previsione di questo articolo, come il precedente, intende restituire alla danza le risorse e gli spazi che le sono state sottratte: in questo modo si assicura che la danza italiana e i ballerini professionisti italiani che la fanno vivere, non siano condannati a scomparire ma possano continuare ad avere un futuro, fornendo alle nostre compagnie gli strumenti per un buon funzionamento e per continuare a realizzare e rappresentare in Italia anche il repertorio ballettistico. Così si continua, inoltre, a dare, a molti giovani studenti aspiranti artisti, la possibilità di lavorare a un progetto culturale e di vita professionale che possa vederli, appunto, veri ballerini professionisti, potendo ancora continuare a fare della danza non un estemporaneo svago amatoriale, ma una reale professione a tutti gli effetti, seria e solida, che allo stesso tempo rappresenti una eccellenza artistica e culturale raggiungibile unicamente con totale dedizione, impegno, studio e sacrificio, fin da molto piccoli. I posti di lavoro che si riescono a mantenere o recuperare di fatto non rappresenterebbero concettualmente un nuovo costo aggiuntivo perché si tratterebbe del recupero o del mantenimento di risorse già in precedenza destinate al settore della danza e allo stesso settore sottratte.
A tal proposito è bene ricordare che un balletto è uno spettacolo dal vivo che realizza un progetto artistico-culturale di cui il danzatore è fisicamente una parte essenziale e costitutiva: egli stesso è, per così dire, il prodotto artistico finale e non un semplice mezzo per fabbricarlo; non è semplice manodopera o forza lavoro, riducendo la quale si ottiene un risparmio, ma è egli stesso parte dell'investimento produttivo senza il quale non esisterebbe il progetto-prodotto culturale « spettacolo ».
Inoltre, in questo modo si tirano fuori le fondazioni dalla logica che le vorrebbe semplici centri di business, dove le attività di spettacolo sono praticate con l'unico obiettivo di ottenere un risultato economico, comunque da non perdere di vista, ma senza sacrificare alla logica di mercato l'arte, l'identità culturale italiana, la tradizione e la storia che la danza rappresenta appieno. Non si può prescindere dal bilanciamento tra tutti questi differenti aspetti laddove si voglia continuare a realizzare in Italia spettacoli coreutici dal vivo di qualità e con valore culturale. È indispensabile evitare che, per la danza e il balletto, le fondazioni italiane, da importantissimi centri di produzione culturale, finiscano con l'essere trasformate in semplici e vuoti contenitori destinati alla distribuzione di « prodotti » confezionati per interessi privati e senza una autentica identità culturale, talvolta anche in modo illegale e poco professionale, come testimoniano casi di cronaca accaduti in alcuni Paesi europei, anche in tempi recenti.
Non si può sottovalutare e non avere la lungimiranza di considerare la grandissima importanza di continuare ad avere strutture diffuse nel nostro Paese che realizzano sul posto, con continuità e in modo organico, prodotti e progetti culturali di qualità, fruibili da tutti i cittadini: oltre al prestigio che recano alla comunità e al territorio nel quale si trovano, rappresentano un motore e uno stimolo per molteplici attività connesse e sviluppano un indotto consistente, non ultimo il turismo culturale.
L'articolo 6, poi, prevede che le fondazioni che non abbiano un proprio corpo di ballo, non avendolo costituito o non avendo adottato convenzioni in coproduzione con altro teatro che abbia invece provveduto al ripristino dell'organico funzionale, qualora programmino produzioni di spettacoli di danza e di balletto, si devono avvalere dei corpi di ballo di altre fondazioni ovvero, solo nel caso in cui tale utilizzo risulti oggettivamente impraticabile, previo accertamento annuale del Ministero della cultura, devono in ogni caso fare ricorso, per almeno il 50 per cento della produzione annuale e della programmazione triennale, a compagnie di danza italiane.
L'articolo 7 dispone, infine, l'istituzione di un Fondo di sostegno per la danza alimentato da apposite erogazioni liberali. I criteri e le modalità di utilizzo del Fondo sono demandate all'adozione di un decreto da parte del Ministro della cultura.
Art. 1.
(Denominazione)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e nella legge 11 novembre 2003, n. 310, le parole: « fondazione lirico-sinfonica » e « fondazioni lirico-sinfoniche », ovunque ricorrano, sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: « fondazione lirico-sinfonico-coreutica » e « fondazioni lirico-sinfonico-coreutiche ».
2. A decorrere dalla data di cui al comma 1, nelle disposizioni vigenti, ovunque ricorrano, le parole: « fondazione lirico-sinfonica » e « fondazioni lirico-sinfoniche » si intendono riferite rispettivamente alle seguenti: « fondazione lirico-sinfonico-coreutica » e « fondazioni lirico-sinfonico-coreutiche ».
Art. 2.
(Finalità delle fondazioni
lirico-sinfonico-coreutiche)
1. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole: « dell'arte musicale » sono inserite le seguenti: « e della danza »;
b) le parole: « e l'educazione musicale » sono sostituite dalle seguenti: « , l'educazione musicale e l'educazione alla danza ».
Art. 3.
(Valutazione dell'attività delle fondazioni
lirico-sinfonico-coreutiche)
1. Ai fini del riparto del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, nella valutazione dell'attività delle fondazioni lirico-sinfonico-coreutiche, di seguito denominate « fondazioni », in base agli elementi quantitativi e qualitativi della produzione offerta e degli interventi di riduzione della spesa effettuati, i punteggi attribuiti al balletto con orchestra, prodotto o coprodotto da una fondazione insieme con altra o altre fondazioni, con il proprio corpo di ballo stabile o utilizzando il corpo di ballo di altre fondazioni, non possono essere inferiori all'85 per cento del punteggio massimo attribuito all'opera lirica.
2. Ai fini di cui al comma 1, con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede alla revisione dei criteri e dei punteggi attribuiti in sede di ripartizione del FUS, in misura proporzionale.
Art. 4.
(Princìpi per l'ammissione alle ripartizioni del FUS)
1. All'articolo 11 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 19 è inserito il seguente:
« 19-bis. Sono ammesse al riparto annuale del Fondo unico per lo spettacolo, le fondazioni lirico-sinfonico-coreutiche che:
a) abbiano una programmazione equilibrata tra gli spettacoli d'opera lirica e di balletto;
b) abbiano destinato una misura non inferiore al 20 per cento delle spese globali della produzione degli spettacoli alla produzione o coproduzione di balletti »;
b) dopo il comma 20-bis è inserito il seguente:
« 20-ter. Una quota del 5 per cento del Fondo unico per lo spettacolo destinato alle fondazioni lirico-sinfonico-coreutiche è riservata alle fondazioni che hanno in organico un corpo di ballo stabile. Un'ulteriore quota del 2 per cento del medesimo Fondo è assegnata alle fondazioni che dispongono di una scuola di ballo stabile, che organizzi corsi di formazione pluriennali e che preveda il rilascio di un diploma alla conclusione del ciclo formativo ».
2. Entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in attuazione di quanto previsto dal comma 1 del presente articolo e dall'articolo 3, il Ministro della cultura, con proprio decreto, provvede all'adeguamento della disciplina introdotta dal decreto adottato ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112.
Art. 5.
(Compagnie stabili di ballo)
1. Ciascuna fondazione attualmente dotata di un proprio organico funzionale del corpo di ballo è tenuta a mantenerlo o a ripristinarlo, nella consistenza numerica della dotazione organica prevista dall'ordinamento funzionale dei servizi e del personale dipendente di ciascuna fondazione, approvato con i decreti adottati, ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367. Resta ferma la possibilità di incrementare la consistenza numerica della pianta organica funzionale. Le piante organiche sono adeguate anche in ragione della nuova ripartizione delle risorse finanziarie del FUS previste dalla presente legge.
2. Le fondazioni prive di un corpo di ballo stabile provvedono a costituirlo, in proprio o insieme ad altra fondazione di cui al presente comma o di cui al comma 3, sottoscrivendo accordi per la coproduzione di spettacoli di danza, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 8 della legge 27 novembre 1973, n. 811. In tal caso, le fondazioni, previa verifica della sostenibilità di spesa, anche mediante riallocazione delle proprie risorse, comunicano immediatamente la nuova dotazione organica al Ministro della cultura che, entro centottanta giorni dalla trasmissione, l'approva con apposito decreto, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
3. Le fondazioni « Arena di Verona » in Verona e « Maggio musicale fiorentino » in Firenze, che hanno soppresso il proprio corpo di ballo stabile, provvedono, con le medesime modalità e i medesimi tempi di cui al comma 2, a ripristinarlo in proprio o insieme a una delle altre fondazioni di cui al presente comma o di cui al comma 2, con cui sottoscrivono accordi per la coproduzione di spettacoli di danza, secondo la dotazione organica prevista dall'ordinamento funzionale dei servizi e del personale dipendente di ciascuna fondazione, approvato con i decreti adottati ai sensi del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.
4. Qualora i soggetti di cui ai commi 2 e 3 non provvedano a costituire il corpo di ballo, ai sensi di quanto previsto dal presente articolo, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le quote del Fondo unico per lo spettacolo ad essi destinati sono ridotte nella misura del 20 per cento. Le quote risultanti dalle riduzioni di cui al periodo precedente sono destinate, nell'ambito della ripartizione annuale del FUS, alla costituzione di corpi di ballo.
Art. 6.
(Compagnie italiane di ballo
e corpi di ballo stabili)
1. Ai fini del perseguimento della tutela del patrimonio artistico culturale della danza italiana, le fondazioni che ricevono una quota parte del FUS e che non hanno un proprio corpo di ballo, qualora intendano rappresentare spettacoli di danza e di balletto, si avvalgono dei corpi di ballo di altre fondazioni italiane ovvero, in caso di loro indisponibilità, accertata annualmente dal Ministero della cultura, di compagnie italiane di danza in misura non inferiore al 50 per cento della loro produzione artistica per ogni singola stagione di balletto.
Art. 7.
(Fondo di sostegno per la danza)
1. Nello stato di previsione del Ministero della cultura è istituito il Fondo di sostegno per la danza, alimentato da erogazioni liberali espressamente destinate alla danza.
2. Nel rispetto delle finalità della presente legge, con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità di utilizzo del Fondo.