Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 16 GIUGNO 2021
Istituzione della figura del medico scolastico
Onorevoli Senatori. – Nel periodo di emergenza pandemica da COVID-19 l'ambiente scolastico è stato occasione di contagio e di diffusione della pandemia in assenza totale di qualsivoglia di controllo igienico-sanitario per gran parte demandato alla dirigenza scolastico che, tuttavia, non ha né formazione specifica, né competenza professionale alcuna.
Occorre far sì che l'ambiente-scuola torni ad essere luogo di cultura e non solo di istruzione, educazione e formazione, includendo anche l'igiene, la prevenzione, l'alimentazione nelle acquisizioni culturali per coloro che diverranno i cittadini del domani.
Vi è quindi la necessità, già invocata da più parti, prima della pandemia, di istituire il medico scolastico che svolga le funzioni sue proprie sanitarie di visita e di cura degli studenti e che sovraintenda all'igiene ed alla profilassi del plesso scolastico.
Le lacune che un sanitario andrebbe a colmare nel percorso scolastico di formazione dei bambini fin dalle prime classi della scuola primaria acquisiscono oggi alla luce dell'evento pandemico in atto, ma anche sulla scorta di tutte le problematiche preadolescenziali legate all'uso/abuso degli apparati elettronici e multimediali e dei social, sia in termini di disturbi e malesseri fisici che psicologici, se non addirittura mentali.
La scuola deve anzitutto difendere e tutelare i bambini e i ragazzi dalle insidie, innumerevoli e gravissime che la società attuale propone: insidie senza nome e senza volto, ma che portano agli abusi sessuali, all'istigazione al suicidio, al plagio.
Dalla scuola deve quindi partire il primo avamposto per formare donne e uomini consapevoli della multiformità della vita moderna nella quale bene e male si mischiano e si confondono a tal punto che per discernerli occorre una dose potenziata di sapere e di saper fare, che solo la scuola in sinergia con la famiglia possono offrire alla ingenua semplicità di una giovane vita che si affaccia al mondo con lo stupore della scoperta della novità.
In Italia i disturbi del comportamento alimentare (DCA), o più semplicemente disturbi dell'alimentazione, sono patologie caratterizzate da un'alterazione delle abitudini alimentari e da una preoccupazione sproporzionata nei confronti del peso e della forma del proprio corpo. Parliamo di:
anoressia;
bulimia;
binge eating;
ortoressia;
bigoressia;
disturbo da ruminazione;
picacismo;
sindrome da alimentazione notturna.
Ogni anno in Italia ad essere colpite da tali disturbi sono 8.500 persone. Sono 9 donne su 100.000 ad ammalarsi di anoressia e 12 di bulimia. Questi i dati più recenti forniti dalla Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare (SISDCA).
La fascia d'età compresa tra i 15 e i 19 anni è quella più colpita dai disturbi alimentari. Negli ultimi anni, però, si sta registrando un abbassamento dell'età in cui si riscontrano i primi sintomi. Sono sempre più numerosi, difatti, casi di bambini che soffrono di anoressia o bulimia già intorno agli 8 e 9 anni. Purtroppo non è semplice avere una stima precisa, ma si tratta di dati orientativi, poiché molto spesso i casi rimangono fra le mura domestiche. Gli studi italiani in merito ai DCA non sono molti ma rivelano dati preoccupanti. Uno studio scientifico, condotto nel nostro Paese nel 2010, conferma un numero di ospedalizzazioni per anoressia nervosa pari a 22,8 per 100.000 fra le donne e 2,0 per 100.000 fra gli uomini (pazienti di età compresa tra 10 e 19 anni). Questo tasso sale a 31,7 per 100.000 nelle sole donne di età compresa tra 15 e 19 anni.
Secondo uno studio, condotto dall'Associazione italiana per la cura e la prevenzione di anoressia e bulimia, il 95,9 per cento delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare sono donne. Questo dato, però, negli ultimi anni si sta modificando, sono difatti sempre di più i giovani maschi preadolescenti o adolescenti che soffrono di DCA. A confermarlo i dati raccolti dalla American Psychiatric Association che ci dicono che il 19-30 per cento degli adolescenti americani maschi sono anoressici. A far aumentare ulteriormente questa percentuale sono i « nuovi DCA » come la bigoressia, detta anche anoressia inversa, disturbo in forte crescita tra sportivi e frequentatori di palestra.
I dati attestano che in caso di anoressia nervosa dopo 2-4 anni solo nel 20-30 per cento dei casi i sintomi scompaiono o sono fortemente attenuati. Per far aumentare la percentuale al 70-80 per cento è necessario aspettare almeno 8 anni. I tempi di recupero sono purtroppo lunghi e non facili. Se si procede con un corretto approccio terapeutico il numero di vittime è pari a zero; in questo caso però è importante essere tempestivi nella diagnosi e nella cura. In Italia, nel 2016, le vittime per disturbi alimentari sono state 3.360. Questa cifra potrebbe essere sottostimata perché spesso i decessi vengono classificati sotto un'altra forma, in particolar modo come « semplici » arresti cardiaci.
L'obesità in età pediatrica viene frequentemente associata alle seguenti problematiche:
– accumulo di grasso a livello del fegato (steatosi con o senza rialzo delle transaminasi);
– incremento dell'insulina con possibile evoluzione verso un diabete di tipo 2;
– aumento del colesterolo, dei trigliceridi e dell'acido urico;
– rialzo della pressione arteriosa;
– problemi ortopedici;
– disturbi psicologici.
Nel processo di crescita del bambino ci sono alcuni momenti più critici per lo sviluppo dell'obesità:
nascita: un basso peso per l'età gestazionale associato ad un recupero rapido favoriscono lo sviluppo di obesità precoce e complicata;
primo anno di vita: un allattamento materno prolungato previene lo sviluppo di obesità, mentre l'allattamento artificiale eventualmente associato a un divezzamento precoce e troppo ricco di proteine favorisce il sovrappeso;
4-6 anni: un aumento rapido di peso in questa fase della vita si associa a un accumulo precoce di grasso e quindi all'obesità;
pubertà: in alcuni casi il momento puberale, soprattutto nei maschi, comporta un buon incremento di massa magra con riduzione di quella grassa e quindi un dimagrimento; tuttavia un ragazzo che arriva all'età puberale in sovrappeso o che registra un aumento rapido di peso in questa fase della vita diventerà molto probabilmente un adulto obeso.
Spesso un bambino ingrassa pur non assumendo quantità esagerate di cibo. Questo perché nel 97-98 per cento dei casi l'obesità infantile è legata all'associazione di fattori diversi:
costituzione (familiarità: un bambino con entrambi i genitori obesi ha l'80 per cento di probabilità maggiore di andare incontro al sovrappeso con possibili evoluzioni verso l'obesità);
abitudini alimentari sbagliate con ritmo dei pasti alterati o selettività per certi alimenti;
sedentarietà.
La restante percentuale (2-3 per cento) è legata a cause di altra natura:
genetiche (sindromi in cui frequentemente si associano obesità – bassa statura – ritardo mentale);
ormonali (è assai raro che in età pediatrica l'obesità dipenda da un cattivo funzionamento della tiroide);
cure farmacologiche prolungate (ad esempio cortisone assunto a grandi dosi per anni).
Studi effettuati sulle abitudini alimentari di bambini in sovrappeso hanno evidenziato:
eccessi di proteine (in particolare di derivazione animale), grassi e zuccheri aggiunti;
carenze di carboidrati complessi e di fibre (frutta, verdura e legumi);
ritmi di alimentazione sbagliati (colazione spesso assente, spuntini o merende molto ricche, spizzicare continuo, doppi secondi piatti ai pasti principali).
In questi casi risulta fondamentale indirizzare il più precocemente possibile il bambino verso corrette abitudini alimentari senza demonizzare alcun cibo: non vi è nessuna documentazione scientifica che stabilisca un nesso tra sovrappeso e intolleranze alimentari di qualsiasi tipo. Altrettanto importante è stimolare il bambino al maggior consumo energetico possibile attraverso la pratica di uno sport – il nuoto risulta quello più adatto in queste situazioni – ma soprattutto con l'abitudine al movimento spontaneo – scale a piedi, passeggiate, e così via. Il bambino deve evitare di stare seduto per ore davanti allo schermo della televisione o del computer. È documentato il rapporto diretto tra sovrappeso e ore trascorse davanti al televisore.
Se nel 2015 i pediatri della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (SIPPS), riuniti in convegno a Caserta, avevano parlato chiaro affermando: « Dobbiamo creare linee guida per limitare il più possibile l'uso dei telefonini ai bambini, evitandone totalmente l'uso prima dei 10 anni e limitandone l'uso dopo tale età », oggi, soprattutto dopo la pandemia da COVID-19, rispettare quest'indicazione è divenuto praticamente impossibile e quindi piuttosto che adottare il metodo repressivo, proibitivo ed inibitorio, praticamente inattuabile, è opportuno adottare un approccio di formazione e di indirizzo dei bambini, dei giovanissimi e dei giovani che li accompagni nel percorso di maturazione, ampliando il loro bagaglio culturale ed esperienziale con l'uso consapevole degli strumenti informatici, telematici, dei social e di ogni ulteriore applicazione.
L'Italia si colloca al primo posto in Europa per numero di telefonini e l'età media dei possessori diminuisce sempre di più. Si tratta di piccole ricetrasmittenti che vengono normalmente tenute vicino alla testa. Gli effetti nocivi per la salute sono sempre più evidenti, alcuni legati agli effetti termici: l'interazione di un campo elettromagnetico con un sistema biologico provoca un aumento della temperatura. Quando le esposizioni sono molto intense e prolungate possono superare il meccanismo di termoregolazione portando a morte le cellule con necrosi dei tessuti. Inoltre un posto predominante lo ha conquistato la dipendenza da telefonino, con danni gravissimi sullo sviluppo psichico e sociale.
Nel 18 per cento dei casi i bambini entrano in possesso di un telefono cellulare all'età di 7 anni, dato riportato da un'indagine Eurispes che mette anche in guardia contro i rischi del « sexting », lo scambio di immagini pornografiche, a volte in cambio di denaro o ricariche. I rischi insomma di quello che può sembrare un regalo « innocente » (e tranquillizzante per i genitori) coinvolgono la salute fisica e quella psichica. E sono rischi crescenti, man mano che il bambino diventa ragazzino, e poi adolescente. I bambini dovrebbero trascorrere gran parte del proprio tempo all'aria aperta. Non conosciamo tutte le conseguenze legate all'uso dei cellulari, ma da un utilizzo eccessivo potrebbero scaturire una perdita di concentrazione e di memoria, oltre a una minore capacità di apprendimento; sono numerosi i ragazzi che, pur stando uno vicino all'altro, non si parlano ma continuano a tenere lo sguardo fisso sul telefonino. Se non educhiamo all'uso di tali apparati e non mettiamo un freno all'abuso degli stessi, le nuove generazioni andranno sempre più verso l'isolamento.
In Belgio il Governo è andato oltre e ha lanciato pochi mesi fa una campagna per limitare l'esposizione di bambini e adolescenti alle onde elettromagnetiche dei telefonini: divieto di pubblicità dei cellulari verso i consumatori più giovani, divieto di fabbricazione di giocattoli che riproducono un telefonino e obbligo per produttori e venditori di informare i clienti sul livello di « irradiamento » degli apparecchi. La preoccupazione dei governanti belgi si è basata su dati epidemiologici secondo cui, ogni anno, 100-150 belgi si ammalerebbero di glioma, un tumore celebrale. Uno studio recente, approvato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha inserito i campi elettromagnetici da telefonini nella lista dei prodotti « forse cancerogeni per gli esseri umani ». In Italia non sono state (ancora) prese decisioni in merito. Il discorso, lo ribadiamo, riguarda l'opportunità o meno di dare il cellulare ai bambini sotto i 10 anni: oltre ai rischi (anche soltanto ipotizzati) per la salute, c'è una questione educativa e di sviluppo psichico che non può essere tralasciata. Completamente diverso è il tema degli eventuali danni che l'uso del telefonino, e dunque il campo elettromagnetico che si sprigiona, può provocare al cervello (degli adulti): come si sa, su questo punto sono stati fatti – e sono in corso – diversi studi ma non si è ancora arrivati a certezze univoche.
Un'indagine recente rivela che negli Stato Uniti il 36 per cento dei bambini con meno di un anno di età hanno utilizzato un touchscreen, il 15 per cento ha utilizzato un'app mentre il 52 per cento ha guardato un film o uno spettacolo televisivo su un dispositivo mobile.
Insomma, per molti individui i touchscreen (e i dispositivi che li ospitano) stanno diventando un punto di riferimento dell'ambiente casalingo. Non stupisce allora che da un altro sondaggio risulti che in Australia il 68 per cento delle persone di età compresa tra i 3 e i 17 anni passino in media 21 ore e 48 minuti alla settimana trafficando con uno smartphone (il che significa che un intero giorno alla settimana viene risucchiato da app, messaggi e filmati).
I bambini sono spugne che assorbono informazioni e apprendono comportamenti dall'ambiente in cui vivono quotidianamente. Se la televisione richiedeva un tipo di fruizione passiva, gli smartphone richiedono un'interazione attiva.
Secondo alcuni esperti, un utilizzo abituale di smartphone (o tablet) nell'infanzia e nella pre-adolescenza può avere una serie di effetti nocivi:
1) è stato dimostrato che una sovraesposizione alla luce blu, ossia la luce con una determinata lunghezza d'onda tipica dei touchscreen, può causare danni alla retina e determinare, nel lungo periodo, a una vera e propria degenerazione maculare. Considerando questo, nonostante ancora non ci sia una mole di studi sufficiente ad averne la sicurezza, è ragionevole ipotizzare che gli effetti sugli occhi di un bambino in piena fase di crescita potrebbero essere ancora più gravi;
2) ci sono i danni che il multitasking può fare al nostro cervello e in particolare alla nostra capacità di concentrarci su una singola occupazione. Un bambino con uno smartphone in mano, da questo punto di vista, è un potenziale maratoneta del multitasking, considerando quanto siano tendenzialmente iperattivi e curiosi i bambini. Se nel caso degli adulti il multitasking va a fare leva sul sistema di gratificazione di un cervello completamente sviluppato, nel caso dei bambini va a influenzare un cervello ancora in fase di sviluppo. Ancora non è chiara l'entità dei danni derivanti da una sovraesposizione di un bambino al multitasking. Un discorso analogo vale per il fisico, dal momento che un bambino che passa quasi 24 ore alla settimana utilizzando uno smartphone è un bambino che dedica lo stesso tempo di un part-time a restare fermo su un divano o un letto;
3) noi adulti utilizziamo i social media come surrogato delle relazioni sociali che abbiamo già sviluppato. Sappiamo socializzare, rapportarci con gli altri e posizionarci all'interno di un contesto sociale, semplicemente decidiamo di bypassare tutto ciò sfruttando la Rete. Per la crescita di un bambino è invece fondamentale rapportarsi agli altri: l'interazione con gli altri bambini ha un ruolo fondamentale nel suo corretto sviluppo caratteriale e sociale. Secondo diversi esperti, l'utilizzo di smartphone prima dei 13 anni andrebbe a rubare tempo (reale e mentale) al gioco e all'interazione con gli altri.
In conclusione, quindi, occorre un approccio scientifico e pedagogico per evitare da un lato un proibizionismo eccessivo ed anacronistico che isoli alcuni bambini ed adolescenti facendoli sentire degli emarginati, ma anche, ed al contempo, un approccio realista che non neghi i pericoli fisici, psichici, psicologici e relazionali che l'uso e soprattutto l'abuso dei moderni apparati generano e consentono. Occorre, insomma, guidare il futuro senza farci guidare dallo sviluppo della scienza e della tecnica, rischiando di trovarci in un tunnel di progresso i cui effetti negativi, facili da ipotizzare a monte, ci possano travolgere a valle, trovandoci impreparati e soprattutto avendo aggredito un'intera generazione nell'età dell'immaturità e dell'inconsapevolezza.
Da ultimo e non per importanza si segnala come la medicina scolastica potrà essere in grado di diagnosticare precocemente ogni tipo di patologia dell'età evolutiva, approntando il percorso terapeutico adeguato alla cura ed alla riabilitazione del paziente.
Il presente disegno di legge si compone di 5 articoli.
L'articolo 1 reca l'istituzione della figura del medico scolastico.
L'articolo 2 disciplina il ruolo e compiti dello stesso.
L'articolo 3 prevede la presenza di un ambulatorio scolastico in ogni plesso scolastico.
L'articolo 4 demanda ad un decreto del Ministro dell'istruzione i criteri e le modalità di reclutamento dei medici scolastici.
L'articolo 5 reca le disposizioni finanziarie.
Art. 1.
(Istituzione della figura del medico
scolastico)
1. È istituita, presso le scuole di ogni ordine e grado, la figura del medico scolastico.
Art. 2.
(Ruolo e compiti del medico scolastico)
1. Il medico scolastico è scelto tra i medici di base, guardie mediche e specializzandi dopo il terzo anno, sulla base dei criteri e delle modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 4.
2. Il medico scolastico svolge i seguenti compiti:
a) anamnesi fisiologica;
b) verifica funzionale;
c) visita oculistica;
d) visita acustica;
e) visita motoria;
f) visita posturale;
g) visita psico-comportamentale;
h) visite specialistiche finalizzate alla diagnosi precoce in base alle nozioni di epidemiologia dei tumori in età evolutiva.
3. Le visite di cui al comma 2 hanno cadenza quadrimestrale e comunque sono effettuate all'inizio e alla fine dell'anno scolastico.
4. Il medico scolastico interviene in presenza con i docenti curriculari ogni qualvolta l'argomento trattato rientri nelle sue competenze sanitarie, di igiene e di prevenzione.
5. È istituito l'insegnamento di educazione sanitaria come disciplina curriculare nelle scuole di ogni ordine e grado. Esso concorre alla media scolastica della valutazione di ogni alunno e i risultati raggiunti concorrono alla sua valutazione complessiva finale. Con il decreto di cui all'articolo 4 sono adottate le disposizione per l'inserimento dell'educazione sanitaria nelle scuole di ogni ordine e grado.
6. È prevista per ogni classe un'ora settimanale di educazione sanitaria, all'interno della quale il medico scolastico tratta gli argomenti legati all'utilizzo dei social, all'educazione sessuale, all'igiene, all'attività motoria e all'educazione alimentare.
Art. 3.
(Ambulatorio scolastico)
1. In ogni plesso scolastico è adibito un idoneo locale ad ambulatorio scolastico destinato all'effettuazione delle visite, ai colloqui psico-pedagogici con gli alunni e, fuori dell'orario scolastico, ai colloqui con le famiglie degli studenti.
Art. 4.
(Disciplina del medico scolastico
e dell'educazione sanitaria)
1. Con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati i criteri e le modalità per il reclutamento del medico scolastico e la disciplina dell'insegnamento di educazione sanitaria presso tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede a valere sulle risorse del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa.