Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 2102
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori BINETTI, CALIENDO, RIZZOTTI, MASINI, GIRO, CRAXI, MALLEGNI, PICHETTO FRATIN, BARBONI, SERAFINI, DE POLI e SACCONE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 FEBBRAIO 2021

Modifiche al codice civile in materia di cognome dei figli

Onorevoli Senatori. – Il disegno di legge proposto, anche in relazione alla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), modifica la disciplina civilistica in materia di attribuzione del cognome ai figli, prevedendo la possibilità di attribuire a questi ultimi anche il cognome materno. L'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo non contiene nessuna esplicita disposizione in materia di cognome (Johansson c. Finlandia, n. 10163/02, § 37, 6 settembre 2007, e Daróczy c. Ungheria, n. 44378/05, § 26, 1° luglio 2008). Inoltre, una sentenza della CEDU del 7 gennaio 2014 ha definito la preclusione all'assegnazione al figlio del solo cognome materno una forma di discriminazione basata sul sesso che viola il principio di uguaglianza tra uomo e donna. Costituisce una discriminazione il trattare in maniera diversa, senza giustificazione oggettiva e ragionevole, persone che si trovano, in un determinato campo, in situazioni comparabili. Nel caso concreto sarebbe discriminante non permettere anche alla madre di dare il suo cognome al bambino, per di più avendone ottenuto il consenso dal padre del bambino. Nella sentenza della CEDU, in riferimento all'articolo 14 della citata Convenzione, si afferma che su accordo dei genitori al figlio possa essere attribuito uno dei seguenti cognomi: il cognome del padre; il cognome della madre; il cognome di entrambi, nell'ordine concordato. Al mancato accordo consegue l'attribuzione, in ordine alfabetico, di entrambi i cognomi dei genitori.
Il cognome materno aggiunto al cognome paterno, nell'ordine prescelto, sottolinea nel modo più evidente la parità di ruolo genitoriale e di responsabilità educativa che compete ad entrambi i genitori.
Va in questo senso la ratio della decisione adottata dalla Corte costituzionale pochi mesi fa, perché così si rispetta il concetto di parità tra uomo e donna. Non c'è alcun dubbio sul valore e sulla condivisione di questo punto che la nostra Costituzione afferma all'articolo 3: « Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese ». In altri termini il bambino potrà avere alla nascita il cognome di uno o di entrambi i genitori. È questo il significato della pronuncia della Corte costituzionale sulla derogabilità della norma che imponeva l'utilizzo del solo cognome del padre per i bambini.
Ma ci sono voluti oltre 70 anni perché la Corte costituzionale riconoscesse come un vulnus, sia a livello personale che sociale, il fatto che ai figli si attribuisse automaticamente il solo cognome paterno. Per decenni, o per secoli, questa prassi è servita a rafforzare i vincoli di appartenenza ad un determinato ceppo sociale, con tutti i relativi diritti e doveri che ne scaturiscono. Ma i tempi sono cambiati e le donne, tra le tante conquiste fatte in questi anni sul piano professionale oltre che sociale, sono sempre più alla ricerca di forme e di formule che definiscano la loro parità, sperando in questo modo di colmare ingiustizie ataviche. Non bastano però le formulazioni giuridiche, se ancora oggi esiste un gap che rende molto più complesso per le donne raggiungere, a parità di capacità e di competenze, quanto sarebbe loro strettamente dovuto.
In Europa, con piccole diversità, tale legge c'è già da tempo.
In Francia l'attribuzione del cognome ai figli è stata modificata a partire dalla legge 4 marzo 2002, n. 2002-304, ulteriormente modificata nel corso degli anni seguenti. Attualmente è definita dagli articoli da 311-21 a 311-24 del codice civile e non è più collegata allo stato matrimoniale dei genitori, mentre fino al 1° settembre 2003 si trasmetteva il nome del padre per i figli legittimi. Nella trasmissione del cognome non esiste più distinzione tra la madre o il padre ed il figlio può ricevere il cognome di uno o dell'altro genitore o entrambi i cognomi affiancati. In caso di riconoscimento simultaneo del figlio, l'attribuzione viene decisa di comune accordo dai genitori che possono scegliere il cognome di uno o dell'altro o entrambi i nomi affiancati secondo l'ordine di loro scelta (per un massimo di un cognome per genitore). I genitori devono presentare una dichiarazione congiunta davanti all'ufficiale di stato civile. In assenza di una dichiarazione congiunta il bambino prende il cognome del padre. La scelta del cognome da parte dei genitori, operata per il figlio primogenito, può essere fatta una sola volta, è irrevocabile e si estende ai figli cadetti della coppia. Le nuove regole si applicano, per i nati dopo il 1° gennaio 2005, anche ai figli adottati, assimilati ai figli legittimi, nel caso di adozione da parte di entrambi i coniugi. Recentemente, l'articolo 311-21 del codice civile è stato modificato dalla legge 17 maggio 2013, n. 2013-404, in riferimento ai matrimoni di coppie dello stesso sesso. L'articolo 11 della citata legge del 2013 ha stabilito che, in caso di disaccordo tra i genitori al momento del riconoscimento simultaneo del figlio, quest'ultimo adotti i cognomi di entrambi i genitori disposti alfabeticamente.
In Germania la disciplina riguardante l'attribuzione del cognome ai figli è contenuta negli articoli da 1616 a 1618 del codice civile tedesco (Burgerliches Gesetzbuch–BGB). La legge non distingue tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio. Ai sensi dell'articolo 1355 del BGB i coniugi possono mantenere il proprio cognome di nascita o decidere, con una dichiarazione davanti all'ufficiale dello stato civile (Standesamt) al momento del matrimonio o successivamente con una dichiarazione autenticata, di adottare un cognome familiare comune (il cosiddetto Ehename o cognome coniugale) da assegnare alla prole. A seguito di una dichiarazione ufficiale ma revocabile, il coniuge il cui cognome non è stato scelto come cognome coniugale, può far precedere o seguire il proprio cognome di nascita a quello coniugale. Se i genitori non portano alcun cognome coniugale, ai figli viene assegnato il cognome del padre o della madre su intesa dei genitori.
Nel Regno Unito, l'attribuzione del cognome ai figli non è regolata da specifiche disposizioni, ma è rimessa all'autonomia dei genitori investiti della parental responsibility. Al momento della registrazione della nascita, al figlio può essere attribuito il cognome del padre, della madre oppure di entrambi i genitori; è inoltre possibile, benché non sia frequente nella prassi, l'assegnazione di un cognome diverso da quello dei genitori. In caso di adozione o di riconoscimento del figlio naturale, è consentita – con il consenso di entrambi i genitori o per effetto di un provvedimento giudiziale – la modifica del cognome al momento della formazione del nuovo atto di nascita. Una nuova registrazione della nascita è necessaria in caso di successivo matrimonio dei genitori naturali.
In Spagna, la normativa sul cognome dei figli è contenuta nell'articolo 109 del codice civile, modificato dalla legge n. 40 del 1999. In Spagna vige la regola del « doppio cognome », per cui ogni individuo porta il primo cognome di entrambi i genitori, nell'ordine deciso in accordo tra di essi. In caso di disaccordo, è attribuito al figlio il primo cognome del padre insieme al primo cognome della madre. Una volta maggiorenne, si può chiedere di invertire l'ordine dei cognomi. Per quanto riguarda i figli naturali, se il figlio è riconosciuto da entrambi i genitori, assume come primo il cognome paterno e poi quello materno. Se è riconosciuto da un solo genitore, assume i due cognomi di quest'ultimo. Analogamente avviene per i figli adottati, che assumono i due cognomi dei genitori in caso di adozione da parte di entrambi, mentre assumono i due cognomi del genitore adottante, nel caso di adozione da parte di una sola persona. Disposizioni di dettaglio sono contenute negli articoli da 49 a 57 della legge sul Registro civile del 2011.
In Italia, la possibilità che le coppie potessero attribuire ai propri figli un cognome diverso da quello paterno, o se lo preferivano entrambi i cognomi in un ordine da loro indicato, era stata oggetto di un'ampia discussione alla Camera dei deputati, conclusa il 24 settembre 2014 con l'approvazione della norma. Era allora Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta e la legge venne trasmessa al Senato per la sua approvazione definitiva. L'articolo 1 della proposta di legge recitava: « I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato. In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico ». Ma la proposta di legge non venne mai approvata dal Senato e finì col decadere. Ancora una volta però la Magistratura è intervenuta anticipando il Parlamento e dichiarando incostituzionale l'automatica attribuzione del solo cognome paterno, prevista dall'attuale sistema normativo. La decisione è scattata dopo che Corte di appello di Genova aveva sollevato la questione di legittimità per il caso di un bambino nato nel 2012 con cittadinanza italiana e brasiliana. La coppia si era vista negare il diritto di mettere il doppio cognome al figlio. L'8 novembre 2016 la Corte costituzionale con la sentenza n. 286 ha dichiarato incostituzionale l'automatica attribuzione del solo cognome paterno prevista dall'attuale sistema normativo quando i genitori decidono diversamente.
Il tema in questione è che i diritti individuali sono diventati il perno intorno a cui ruota l'assetto normativo di questo nostro tempo: diritto della donna a trasmettere il suo cognome, diritto di un figlio a decidere del suo cognome, diritto di un figlio nato fuori dal matrimonio a vedersi riconosciuto e a poter scegliere, anche lui in condizioni di parità, il cognome che desidera assumere. Il cuore del problema è se tutto ciò contribuirà a rafforzare i legami intra-familiari, se renderà questa famiglia più unita e capace di interagire in modo solidale con i bisogni di tutti, o se invece ci troveremo davanti ad una soluzione che serve solo a ribadire nei diversi ruoli la logica della loro priorità, per capire chi viene prima e chi viene dopo.
Il disegno di legge attuale intende rappresentare un'occasione di ampio dibattito a livello parlamentare per coniugare una serie di obiettivi di grande interesse personale, familiare e sociale: il diritto delle donne ad essere presenti con il loro stesso cognome nella storia e nella vita personale del figlio; il diritto alla parità nella coppia genitoriale per cui entrambi i cognomi sono presenti nella vita familiare; una istanza sociale a cui risulta difficile rinunciare per molteplici motivi, che consente di ripercorrere in chiave genealogica la vita personale e familiare di ognuno di noi. La storia personale di ognuno si intreccia profondamente con la storia familiare nello svolgersi delle diverse generazioni ed ha un suo rilievo specifico non solo sul piano patrimoniale, ma anche sul piano della salute, e delle relazioni inter-familiari, che rappresentano un elemento importante nella coesione sociale.
In definitiva, il presente disegno di legge punta a dare attuazione alla parità di diritti e responsabilità tra i due genitori, padre e madre, descrivendo un processo che inizia con l'attribuzione al neonato di entrambi i cognomi nell'ordine scelto dai genitori. Al momento in cui questo soggetto, divenuto adulto, avrà dei figli, trasmetterà al nuovo nato un solo cognome a sua scelta, dal momento che il bambino assumerà anche un secondo cognome, quello dell'altro genitore.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Introduzione dell'articolo 143-bis.1 del codice civile, in materia di cognome del figlio nato nel matrimonio)

1. Dopo l'articolo 143-bis del codice civile è inserito il seguente:

« Art. 143-bis.1 – (Cognome del figlio nato nel matrimonio) – I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, attribuiscono al figlio il cognome di entrambi nell'ordine concordato, secondo la loro volontà. In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.

I figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente, portano gli stessi cognomi attribuiti al primo figlio.

Il figlio, al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori, trasmette al proprio figlio soltanto un cognome, a sua scelta ».

Art. 2.

(Modifica dell'articolo 262 del codice civile, in materia di cognome del figlio nato fuori del matrimonio)

1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio) – Al figlio nato fuori del matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori si applicano le disposizioni dell'articolo 143-bis.1.

Se il riconoscimento è fatto da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.

Quando il riconoscimento del secondo genitore avviene successivamente, il cognome di questo si aggiunge al cognome del primo genitore.

Ai fini di cui al terzo comma sono necessari il consenso del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto gli anni quattordici.

Le disposizioni del terzo comma si applicano anche quando la paternità o la maternità del secondo genitore è dichiarata giudizialmente.

In caso di più figli nati fuori del matrimonio dai medesimi genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-bis.1, secondo comma.

Al figlio al quale è attribuito il cognome di entrambi i genitori si applica quanto previsto dall'articolo 143-bis.1, terzo comma ».

Art. 3.

(Modifiche agli articoli 299 del codice civile e 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di cognome dell'adottato)

1. L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 299. – (Cognome dell'adottato) – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.

Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-bis.1, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere.

Se l'adozione è compiuta da coniugi, essi possono decidere concordemente il cognome da attribuire ai sensi dell'articolo 143-bis.1.

In caso di mancato accordo, il cognome è attribuito seguendo l'ordine alfabetico ».

2. All'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il primo comma è sostituito dal seguente:

« Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio degli adottanti. All'adottato si applicano le disposizioni dell'articolo 143-bis.1 del codice civile ».

Art. 4.

(Cognome del figlio maggiorenne)

1. Il figlio, a cui è stato attribuito il solo cognome paterno sulla base della normativa vigente al momento della nascita, nel momento in cui diventa maggiorenne, ai sensi dell'articolo 143-bis.1 del codice civile, come introdotto dall'articolo 1 della presente legge, può aggiungere al proprio il cognome materno con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita.

2. Il figlio nato fuori del matrimonio, divenuto maggiorenne, non può aggiungere al proprio il cognome del genitore che non abbia effettuato il riconoscimento ovvero la cui paternità o maternità non sia stata dichiarata giudizialmente.

3. Nei casi previsti dal comma 1, non si applicano le disposizioni previste dal titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

Art. 5.

(Modifiche alle norme regolamentari
in materia di stato civile)

1. Con regolamento emanato, su proposta del Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, le modificazioni necessarie per adeguarla alle disposizioni della presente legge.

Art. 6.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate provvedono ai compiti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 7.

(Disposizioni finali)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 si applicano alle dichiarazioni di nascita rese dopo la data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 5 e alle adozioni pronunciate con decreto emesso successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.

2. Le disposizioni dell'articolo 4 si applicano alle dichiarazioni rese all'ufficiale dello stato civile dopo la data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 5.

3. Il genitore del figlio minorenne nato o adottato prima della data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 5 può domandare all'ufficiale dello stato civile che al cognome del figlio sia aggiunto il cognome materno, secondo la procedura stabilita dal regolamento medesimo. Sono necessari il consenso di entrambi i genitori, salvo che uno di essi non sia più vivente, e del figlio minorenne qualora abbia compiuto gli anni quattordici.