Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 1940
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori TRENTACOSTE, ANGRISANI, BOTTO, CAMPAGNA, CORRADO, D'ANGELO, GIANNUZZI, LANNUTTI, MONTEVECCHI, PAVANELLI e PUGLIA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 SETTEMBRE 2020

Modifica all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche

Onorevoli Senatori. – Nell'Italia democratica si è manifestata una lunga assenza di attenzione legislativa in materia linguistica. Sono state emanate poche leggi, per lo più a livello locale, senza che in generale vi fosse un indirizzo politico specifico. La Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore nel 1948, non indica l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica.
Un chiaro riferimento alla questione linguistica nel testo costituzionale, in verità, si trova nell'articolo 6 ed è attinente alle minoranze linguistiche: « La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche ». Questo articolo fu pensato dai padri costituenti, anche per ribadire l'inversione di tendenza rispetto agli anni passati durante i quali, a partire dall'unità d'Italia, la politica linguistica verso le minoranze fu caratterizzata da trascuratezza, indifferenza, omissioni, quando non da atti di esplicita avversione e repressione come durante il fascismo. Ed è proprio a questo articolo della nostra Costituzione che noi oggi ci appelliamo e che è di fondamentale importanza per la salvaguardia delle diversità linguistiche. Diversità che viene legittimata sempre da altri due articoli della Costituzione: l'articolo 3, che fa della pari dignità della lingua usata dai cittadini una parte essenziale dell'eguaglianza sociale, e l'articolo 21, primo comma, che stabilisce che la libertà di espressione verbale e non verbale è un diritto di ciascuno. La normativa riguardante le lingue rimase poi immutata per quasi cinquant'anni e si dovette attendere fino alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, emanata anche per adeguare la legislazione italiana alle direttive dell'Europa che già nel 1992 aveva emesso la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie e, nel 1995, la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali stilata dal Consiglio d'Europa.
Commentava il linguista Tullio De Mauro (1932-2017) in un rapporto inserito nella documentazione per le Commissioni parlamentari a supporto della discussione circa le proposte di legge sulle minoranze linguistiche nella VIII Legislatura: « I trent'anni successivi alla Costituzione hanno seguito un corso diverso da quello che gli articoli 3, 6, 21 potevano lasciare sperare. Lo Stato italiano, più che agire nel senso della attiva tutela dei diritti linguistici dei cittadini, se la è lasciata imporre là dove obblighi internazionali la rendevano per così dire ineluttabile. Al modello della attiva snazionalizzazione fascista, dell'italianizzazione forzosa e forzata, si è sostituito di fatto il modello dell'omologazione capitalistica, debolmente programmata e poco o niente considerata nei suoi effetti ».
La legge n. 482 del 1999, recante « Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche », rappresenta, comunque, il principale testo legislativo emesso dal Parlamento sul riconoscimento delle minoranze linguistiche e sul loro ordinamento rispetto alla lingua ufficiale. In particolare, definisce norme generali valide per tutto il territorio nazionale e fissa precisamente le lingue minoritarie riconosciute dallo Stato, costruendo una categoria ritenuta meritevole di particolari forme di valorizzazione. Nell'articolo 1 – in cui l'italiano viene riconosciuto per la prima volta come lingua ufficiale della Repubblica italiana – si dichiara che « la Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge ». Nel testo è evidenziato altresì che, oltre all'italiano, vengono valorizzate le lingue elencate all'articolo 2, sicché « [...] la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo ».
Ed è proprio questo l'articolo di cui si propone con decisione la modifica, aggiungendo dopo le parole « croate e » le parole « delle comunità galloitaliche della Sicilia, nonché ». Si tratta di un punto particolarmente controverso, dal momento che, in linea di principio, le definizioni e le classificazioni di lingua minoritaria sono accreditate solo al sardo, al friulano o al ladino e alle altre poche sopra elencate. Senza negare il ruolo plurisecolare della lingua e della cultura italiane nelle varie regioni, sarebbe più corretto e ammissibile prendere atto dell'esistenza in Italia di un numero di culture e di idiomi minoritari non riconosciuti e non tutelati che spesso comunemente definiamo « dialetti ».
Certamente, la legge n. 482 si apre colmando una mancanza costituzionale ma creando, altresì, quella che si potrebbe definire da subito una discriminazione linguistica. Una lingua minoritaria (o lingua di minoranza), infatti, è un sistema linguistico che deve rispondere a tre requisiti:

a) che sia utilizzato presso una o più comunità o gruppi parlanti all'interno di una determinata entità politico-amministrativa;

b) che sia diverso dalla lingua ufficiale e nazionale comune dell'entità politico-amministrativa di cui l'area in questione fa parte;

c) che sia parlato da una minoranza della popolazione di questa entità politico-amministrativa.

Ecco perché i criteri per tale categorizzazione sono estendibili anche al galloitalico di Sicilia.
Nella legge n. 482 sono specificati i diritti concessi alle minoranze linguistiche riconosciute, quali ad esempio: l'insegnamento della lingua di minoranza anche nelle scuole primarie e secondarie di primo grado e nelle scuole secondarie di secondo grado, in base agli accordi sull'autonomia scolastica (articolo 4); la promozione di progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali (articolo 5); la ricerca scientifica e le attività culturali nelle istituzioni universitarie (articolo 6); l'istituzione di un fondo per la tutela delle minoranze linguistiche (articolo 9); l'adozione di toponimi conformi alle lingue e alle tradizioni locali (articolo 10); la creazione di istituti per la tutela delle tradizioni linguistiche (articolo 16); solo per citarne alcuni.
Tali disposizioni, integrate dal decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001, n. 345, contenente il regolamento di attuazione della citata legge, hanno consentito alla scuola dell'autonomia la realizzazione di importanti obiettivi nella salvaguardia e nel mantenimento delle lingue regionali a livello nazionale ed europeo, attraverso la costruzione di una rete di rapporti con le comunità di appartenenza, locali, nazionali ed europee, attraverso l'offerta di proposte di formazione durante tutto l'arco della vita – life long learning –, in attuazione del paradigma « educare istruendo » e in un'ottica di tolleranza. Infatti, è proprio ai sensi della legge n. 482, di cui si propone la modifica, che il Ministero dell'istruzione ha gestito il piano dei finanziamenti per la tutela e valorizzazione delle lingue di minoranza, contribuendo alla realizzazione di interventi finalizzati a promuovere e a salvaguardare il patrimonio linguistico, e al tempo stesso garantendone la conservazione, il recupero e lo sviluppo delle identità culturali.
Annualmente sono pubblicati i piani di intervento e di finanziamento per realizzare progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali appartenenti a una minoranza linguistica. I piani invitano i dirigenti scolastici delle scuole dell'infanzia e del primo ciclo situate in « ambiti territoriali e sub-comunali delimitati in cui si applicano le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche storiche » a presentare percorsi progettuali in rete per un biennio. Certo è che solo attraverso il rapporto tra scuole e territorio si potrà vivificare e promuovere in modo significativo la cultura linguistica.
Proteggere le lingue di minoranza consolidandole negli usi e salvare le lingue minacciate è senza dubbio una tra le grandi sfide che il XXI secolo dovrà affrontare, nel quadro più ampio degli enormi problemi sollevati dal nuovo ordine linguistico globale i cui lineamenti si vanno profilando secondo direzioni solo in parte convergenti. All'inizio del nuovo secolo, l'UNESCO ha incaricato un gruppo di studio di elaborare parametri e criteri finalizzati a valutare il grado di vitalità o di pericolo delle lingue minacciate ed è stato così pubblicato il Libro rosso delle lingue in pericolo, seguito e sostituito dall'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, consultabile anche on-line, con lo scopo di stimolare le autorità e sensibilizzare i cittadini sulla necessità e l'urgenza di tutelare e salvaguardare la diversità linguistica nel mondo.
Ora, sebbene il galloitalico compaia elencato tra queste « lingue a rischio », per la legislazione italiana non è ancora annoverato formalmente tra le lingue minoritarie. E proprio all'UNESCO che ha pensato di rivolgersi, già diversi anni addietro, un gruppo di studiosi di Piazza Armerina, in provincia di Enna, che ha costituito un comitato per il riconoscimento della lingua galloitalica quale « patrimonio immateriale dell'umanità », un traguardo importante non disgiunto dal presente disegno di legge e che va parimenti perseguito ai fini della tutela e della conservazione di questo bene identitario primario. Anche la Regione Siciliana sta facendo la sua parte: la diversità di accenti e stili di vita, che caratterizza gli elementi costitutivi della nostra cultura materiale e immateriale, ha determinato infatti la volontà della Regione di includere già nel 2006 nel proprio Registro delle eredità immateriali (REI) la specifica « parlata alloglotta galloitalica », individuando i comuni dove è ancora particolarmente in uso: Nicosia, Sperlinga, Aidone e Piazza Armerina in provincia di Enna, San Fratello e Novara di Sicilia in provincia di Messina, e di inserire, con un decreto dell'Assessorato regionale dei beni culturali del 2016, i centri galloitalici nell'elenco dei « Luoghi dell'identità e della memoria ».
È da notare come anche i comuni di Randazzo (CT) e Valguarnera Caropepe (EN) presentino parlate ancora ben caratterizzate dalla matrice galloitalica, così come il caso del rione « Funnurìsi » di Enna, popolato con abitanti dedotti dal Casale di Fundrò distrutto nel 1396.
Un'importante testimonianza di quanto sia stata diffusa la parlata alloglotta galloitalica ci viene fornita dal saggio del Prof. Salvatore Trovato (1) , un documento arricchito da 4 tavole grafiche sulle quali sono riportati tutti i centri, alcuni dei quali scomparsi nel tempo, ove vi sono o vi sono state tracce galloitaliche nel dialetto locale.

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A vent'anni ormai dalla sua approvazione, la legge n. 482 del 1999, che continua a costituire l'unico provvedimento-quadro che definisca norme generali valide per tutto il territorio nazionale in merito a una delle tipologie socio-linguistiche che si integrano nel panorama italiano, mostra forti limiti e rivela attraverso i processi di attuazione tutti i gravi deficit di impostazione che ne hanno contraddistinto il tormentato iter in un Paese che vive tuttora con una certa difficoltà il « problema » storico della sua pluralità culturale e linguistica.
Lo stesso Tullio De Mauro in più occasioni ha dichiarato che il testo della legge n. 482 è da migliorare, sostenendo che si tratta di una legge territorialista in quanto tutela non le lingue in sé, ma le lingue poste in relazione al loro territorio d'origine secondo un arcaico principio: cuius regio eius lingua. Pensiamo alla più grande comunità sarda che vive a Torino e a tanti altri casi del genere.
Occorre, dunque, una serena valutazione dei problemi che riguardano un'ottica di intelligente salvaguardia di un patrimonio di inestimabile valore storico e culturale nel suo insieme e una pratica efficace della democrazia linguistica.
Ottenere il riconoscimento del galloitalico di Sicilia significa difendere la nostra identità e le nostre tradizioni. Senza il contatto con le nostre radici culturali è a rischio anche l'avvenire delle giovani generazioni. Per questo la proposta avanzata può e vuole diventare una speranza e una fiducia in un futuro migliore.
Questo riconoscimento costituisce un segno importante, un impulso da parte del mondo politico da dare a tutti quei giovani che – proprio perché immersi in una dimensione dove globale e locale finiscono per coincidere – potranno sperare di contribuire a migliorare la vita della propria comunità. L'entroterra siciliano è un luogo di straordinaria bellezza con un grande patrimonio storico e ambientale. Il riconoscimento ufficiale delle comunità galloitaliche di Sicilia come minoranza linguistica storica potrà, altresì, diventare un elemento utile alla crescita del turismo culturale nei nostri comuni.
Tutelare la varietà linguistica del Paese significa garantire, attraverso la scuola, l'università e le istituzioni pubbliche, lo sviluppo di un'educazione plurilingue e interculturale. Solo la politica e le istituzioni potranno favorire quella crescita di una politica linguistica e culturale davvero democratica che la nostra Costituzione prefigura. Come ammoniva un grande poeta siciliano, Ignazio Buttitta: « Un popolo, mettetelo in catene, spogliatelo, tappategli la bocca: è ancora libero. Levategli il lavoro, il passaporto, la tavola dove mangia, il letto dove dorme: è ancora ricco. Un popolo diventa povero e servo quando gli rubano la lingua ricevuta dai padri: è perso per sempre ».
Nello specifico, con l'articolo 1 del presente disegno di legge si valorizza il patrimonio linguistico e culturale delle comunità galloitaliche della Sicilia, inserendo il galloitalico fra le lingue e le culture tutelate ai sensi della legge 15 dicembre 1999, n. 482.
L'articolo 2 stabilisce che le istituzioni scolastiche, anche consociate in rete, che afferiscono ai comuni presso cui la « parlata alloglotta galloitalica » costituisce elemento di memoria identitaria e storica, nel pieno rispetto dell'autonomia scolastica, si costituiscono presidio culturale, individuando e promuovendo progetti-obiettivo specifici finalizzati alla protezione, conservazione, valorizzazione e diffusione del patrimonio linguistico e culturale delle comunità galloitaliche della Sicilia, anche dando vita a forme di collaborazione con università o specifiche realtà certificate e riconosciute dell'associazionismo culturale e del volontariato che operano sul territorio.
L'articolo 3 reca, infine, la copertura finanziaria.

1) Progetto Galloitalici: Saggi e materiali 1 offerti a Giovanni Tropea, a cura del Prof. Salvatore C. Trovato, Catania, 1989.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifica all'articolo 2 della legge
15 dicembre 1999, n. 482)

1. L'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è sostituito dal seguente:

« Art. 2. – 1. In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene, croate e delle comunità galloitaliche della Sicilia, nonché di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo ».

Art. 2.

(Progetti obiettivo in ambito scolastico)

1. Le istituzioni scolastiche, anche consociate in rete, che afferiscono ai comuni presso cui la « parlata alloglotta galloitalica » è particolarmente in uso, ovvero costituisce elemento di memoria identitaria e storica, nel pieno rispetto dell'autonomia amministrativa, organizzativa, didattica, di ricerca e progettazione educativa, si costituiscono presidio culturale individuando e promuovendo progetti obiettivo specifici finalizzati alla protezione, conservazione, valorizzazione e diffusione del patrimonio linguistico e culturale delle comunità galloitaliche della Sicilia.

2. Per i fini di cui al comma 1, le istituzioni scolastiche di cui al comma 1 possono stabilire forme di collaborazione con università o specifiche realtà certificate e riconosciute dell'associazionismo culturale e del volontariato che operano sul territorio.

Art. 3.

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in un milione di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma « Fondi di riserva e speciali » della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, parzialmente utilizzando allo scopo l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione.