Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MAGGIO 2020
Disposizioni volte al ripristino e riconoscimento di festività civili
Onorevoli Senatori. – L'accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede del 18 febbraio 1984 ha concluso una lunga e laboriosa trattativa iniziata nell'ottobre del 1976 dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, che avocò alla Presidenza del Consiglio tutta la materia delle relazioni tra Stato e confessioni religiose. Obiettivo dell'accordo è stato essenzialmente l'adeguamento del regolamento dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica ai princìpi della Costituzione repubblicana, attraverso l'applicazione del procedimento di revisione bilaterale di cui all'articolo 7, secondo comma, della Costituzione stessa. L'articolo 6 del predetto accordo recita: « La Repubblica italiana riconosce come giorni festivi tutte le domeniche e le altre festività religiose determinate d'intesa fra le Parti ».
La disciplina del riconoscimento delle festività religiose agli effetti civili è dettata dalla legge 27 maggio 1949, n. 260, che ha subìto notevoli modificazioni ad opera della legge 5 marzo 1977, n. 54.
Fino al 1976 lo Stato riconosceva come giorni festivi agli effetti civili le festività religiose riconosciute tali dall'articolo 11 della legge 27 maggio 1929, n. 810, che ratificò il Concordato stipulato con la Santa Sede in quello stesso anno.
Esse erano: il primo giorno dell'anno, l'Epifania (6 gennaio), San Giuseppe (19 marzo), l'Ascensione, il Corpus Domini, i Santi Pietro e Paolo (29 giugno), l'Assunzione della Beata Vergine (15 agosto), Ognissanti (1° novembre), l'Immacolata (8 dicembre), Natale (25 dicembre). A queste si aggiungevano tre festività, ufficialmente non riconosciute dalla Chiesa agli effetti del precetto festivo, ma di lunga e consolidata tradizione popolare: il lunedì dopo Pasqua (o lunedì dell'Angelo), il lunedì dopo Pentecoste e il 26 dicembre (Santo Stefano).
Nel 1977 vennero espressamente soppresse, agli effetti civili e nella cadenza infrasettimanale diversa dalla domenica, l'Epifania, San Giuseppe, l'Ascensione, il Corpus Domini, i Santi Pietro e Paolo. Ciò avvenne per iniziativa dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Giulio Andreotti, in considerazione della loro « negativa incidenza sulla produttività sia delle aziende che dei pubblici uffici » (vedi relazione dell'atto Senato n. 227 – VII legislatura). Successivamente, con l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 792, e in applicazione del nuovo Concordato con la Santa Sede, venivano reintrodotte l'Epifania e, per la sola città di Roma, la festività dei Santi Pietro e Paolo, quali patroni dell'Urbe. La soppressione, considerato il loro carattere infrasettimanale, avrebbe avuto una negativa incidenza sulla produttività delle aziende e dei pubblici uffici.
Il presente disegno di legge prevede il ripristino degli effetti civili di talune festività molto importanti per la tradizione e la storia stessa del nostro Paese. Si tratta di feste religiose, espressione della tradizione di fede e di cultura della comunità, tuttora festeggiate in molti Paesi europei. È un omaggio alle persone credenti, che possono così celebrare nuovamente le ricorrenze religiose, e un giusto riconoscimento dei valori cristiani. Queste ricorrenze sono state festeggiate in Italia fino al 1977, anno in cui per legge i giorni della loro celebrazione – insieme a quelli di altre festività – hanno cessato di essere festivi. Ci si può chiedere se proprio l'Italia, che tra i Paesi europei è uno di quelli nei quali la popolazione mantiene più viva la religiosità espressa secondo la tradizione cristiana, debba guadagnare in termini di produttività eliminando il disturbo di pochissime feste religiose infrasettimanali, quando le stesse sono conservate in molti altri Paesi europei. La festa dell'Ascensione è riconosciuta agli effetti civili, per esempio, in Austria, Belgio, Svizzera, Germania, Danimarca, Francia, Norvegia, Olanda, Svezia; in pratica in tutta l'Europa occidentale continentale. La festa del Corpus Domini lo è per esempio in Austria e in Germania. La festa di San Giuseppe, al di là del suo significato religioso importante per i cristiani (San Giuseppe, padre di Gesù), apre tradizionalmente la primavera. Espressioni del pensiero laico non cristiano assegnano alla Pasqua il ruolo di festa della primavera, ma il fatto che essa possa cadere anche ad aprile inoltrato toglie ad essa il sapore della natura che si risveglia dopo l'inverno. La festa dei Santi Pietro e Paolo ricorda, con San Pietro, la specificità italiana di essere la sede del Papato, dell'esercizio del ministero del primato nella Chiesa cattolica, un fatto che in qualche modo dà all'Italia una posizione di estremo rilievo e nello stesso tempo proclama, ricordando Paolo di Tarso, la grande vocazione all'apertura universale del messaggio cristiano. Entrambi furono uccisi a Roma dal potere imperiale di allora. Festeggiarli solo a Roma come patroni, come avviene attualmente, sembra un po' riduttivo se si pensa al loro ruolo e al fatto che gli imperatori romani non erano per ruolo equivalenti ai contemporanei sindaci di Roma.
L'abolizione non ha giovato, altresì, all'economia italiana. Le festività potrebbero certamente dare una ulteriore spinta al turismo. Basti pensare ai lunghi week-end, alle brevi gite o al turismo religioso.
Alla luce delle considerazioni svolte, il presente disegno di legge prevede, all'articolo 1, il ripristino degli effetti civili delle festività di S. Giuseppe, dell'Ascensione, del Corpus Domini e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo su tutto il territorio nazionale. Inoltre prevede un secondo articolo che introduce il giorno di lunedì dopo Pentecoste quale festività agli effetti civili.
Art. 1.
1. Le ricorrenze religiose di San Giuseppe, dell'Ascensione, del Corpus Domini, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, celebrate secondo il calendario della Chiesa cattolica, sono riconosciute festività agli effetti civili.
2. All'articolo 2, primo comma, della legge 27 maggio 1949, n. 260, sono aggiunte in fine le seguenti parole: « il giorno del venerdì Santo; il giorno di lunedì dopo Pentecoste ».
3. Il primo comma dell'articolo 1 della legge 5 marzo 1977, n. 54, è abrogato.
Art. 2.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.