Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 MARZO 2020
Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71, in materia di contrasto ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo
Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge si pone l'obiettivo di rafforzare la legge 29 maggio 2017, n. 71, cui va il merito pionieristico di aver orientato l'attenzione, non più solo sociale ma anche finalmente politica, al fenomeno del cyberbullismo – ed indirettamente anche a quello del bullismo. L'intervento legislativo in oggetto è volto ad implementare l'efficacia e l'efficienza della legge n. 71 del 2017, definendo e disciplinando il fenomeno in maniera puntuale, estendendone esplicitamente la portata applicativa anche al bullismo e colmandone le lacune normative, così da permettere all'interprete di muoversi all'interno di un impianto legislativo circoscritto e ben definito.
Il lavoro nasce da un'attenta analisi del Documento conclusivo dell'indagine conoscitiva attivata dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, in uno con la relazione al Parlamento 2018 presentata dall'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, senza mai perdere di vista la quotidianità offerta dalle nostre cronache e l'aderenza con il tessuto sociale.
In particolare, si ricorda come l'espandersi di comportamenti prevaricatori posti in essere attraverso l'utilizzo della rete, ad opera di minori contro altri minori, ed il verificarsi di vicende di cronaca dall'epilogo terribilmente drammatico, abbiano condotto, non più tardi di tre anni fa, il nostro legislatore – sollecitato anche da stimoli europei – verso una presa di coscienza normativa del fenomeno. Così, come detto, il 29 maggio del 2017 veniva introdotta la legge n. 71, contenente disposizioni a tutela dei minori per prevenire e contrastare il cosiddetta cyberbullismo. Una legge che definisce una « non fattispecie », cioè cristallizza una condotta, il cyberbullismo, senza contemplarne eventuali punizioni. La legge, come noto, non ha creato infatti un nuovo reato, ha piuttosto attuato vari strumenti di prevenzione e repressione, sulla cui effettiva efficacia ed efficienza oggi molto si discute e si dubita fortemente. Ci si domanda, in altri termini, se si stia andando o meno nella giusta direzione.
I dati ISTAT, risalenti al 2014 e quindi indiscutibilmente obsoleti per fare il punto, ci consegnano una fotografia del fenomeno troppo datata ed antecedente alla legge n. 71 del 2017. Ma le notizie di cronaca, quelle no, non sono datate e ci raccontano quotidianamente e costantemente la sofferenza dei nostri ragazzi. Storie di angoscia, di paura, di prevaricazione, che non sempre conoscono un lieto fine – e questo dovrebbe allarmarci particolarmente, se consideriamo che il suicidio è la seconda causa di morte tra i nostri giovani. Ancorché l'ISTAT ci dica che questo dato sembrerebbe essere in diminuzione nella misura di un 14 per cento in meno dal 1995 al 2017, aggiunge anche che sono in netto aumento i casi di autolesionismo e comportamento suicidario tra gli adolescenti. All'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma le richieste urgenti in pronto soccorso per ideazione e comportamento suicidario negli ultimi otto anni sono aumentate di venti volte: si è passati dai dodici casi del 2011 ai 237 del 2018. Tra questi anche bambini di dieci-undici anni per autolesionismo e tentato suicidio. Lo scorso anno, sempre in pronto soccorso, sono state effettuate quasi 1.000 consulenze neuropsichiatriche con un aumento del 24 per cento rispetto al 2017. È chiaro che le motivazioni sottese a tali comportamenti debbano considerarsi molteplici e pluridirezionali, ma tra esse merita attenzione l'invasività e la pervasività dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo che qui ci occupano, quali espressioni di un malessere dei nostri ragazzi che coinvolge tutta la società, senza distinzione tra classi sociali e pensiero politico. Non a caso tra le « Cinque Priorità » a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza indicate dall'Autorità Garante, vi è proprio il contrasto al bullismo ed al cyberbullismo, quali fenomeni potenzialmente lesivi, tra l'altro, di molti dei diritti sanciti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.
Ecco, dunque, qualche numero più recente. Nel 2019 sono stati 460 i casi di bullismo con vittime minorenni trattati dalla Polizia postale (52 avevano meno di nove anni), il 18 per cento in più rispetto al 2018, quando i casi trattati sono stati 389, mentre 354 nel 2017. È chiaro che siamo innanzi ad un fenomeno in ascesa, rispetto al quale la legge n. 71 del 2017 non ha sortito gli effetti desiderati. Si ricorda, inoltre, che si sta rappresentando ancora una volta solo una piccola parte del fenomeno, quella emersa, che rappresenta di fatto la punta di un iceberg. Condizione confermata anche da un recente Rapporto sul bullismo nelle scuole, presentata nell'ottobre 2019 dall'Istituto di ricerche economiche e sociali (EURES) – iniziativa di ricerca finanziata dalla regione Lazio, con le risorse del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Solo per citare alcuni dati: oltre il 90 per cento del campione dei ragazzi è risultato coinvolto nel fenomeno a partire dalle scuole primarie e secondarie di primo grado; oltre il 66 per cento sono le vittime; il 37 per cento dei ragazzi ha commesso atti di bullismo o cyberbullismo in modo ricorrente o in modo sporadico; il 40 per cento afferma che si tratta di semplici scherzi; il 90 per cento di loro si è trovato coinvolto; la frequenza maggiore degli atti di bullismo avviene in classe o negli ambienti scolastici, tra coetanei e nel « branco » per ben l'80 per cento di loro.
Ebbene, nove giovani su dieci coinvolti in episodi di bullismo e la scuola come teatro principale, non sembrano dati confortanti a tre anni dall'operatività della legge in parola.
Da qui la necessità di rivisitarne l'impianto legislativo, trasformandola non solo in uno strumento di prevenzione del fenomeno, ma anche di reale disciplina e contenimento dello stesso.
Tra le principali lacune rinvenibili nel testo originario della legge n. 71 del 2017, che hanno formato sovente oggetto di critica, anche nel corso delle recenti audizioni svoltesi presso la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, e sulle quali si è ritenuto di intervenire con il presente disegno di legge, deve menzionarsi l'assenza di una definizione del fenomeno di bullismo. Tale vuoto normativo all'interno del nostro ordinamento non è di poco conto, poiché contribuisce a rendere maggiormente fumosi i confini del fenomeno del bullismo, generando dubbi ed incertezze interpretative, che non sono in alcun modo espressione di una doverosa consapevolezza sociale rispetto ad esso.
E tuttavia il processo di presa di coscienza, individuale e collettivo, è imposto proprio dalla responsabilità che gli adulti esercitano nei confronti dei minori. Processo che trova il suo punto di partenza nell'esatta identificazione e qualificazione del fenomeno del bullismo. Contrastare un problema significa per prima cosa poterlo osservare e l'osservazione di un problema ne richiede una sua nitida perimetrazione. Per tale motivo è apparsa necessaria l'introduzione di una definizione di bullismo, quanto più condivisa possibile, nell'ottica di uniformare linguaggi e significati.
Avuto riguardo, invece, alla definizione di cyberbullismo, la stessa è stata oggetto di rivisitazione con il presente disegno di legge, con l'obiettivo di renderla maggiormente snella, ma soprattutto inserendo al suo interno una importante precisazione, che rende la condotta del cyberbullismo non completamente sovrapponibile a quella della sua versione off line, rappresentata dal bullismo, precisazione sulla quale deve porsi la giusta attenzione. Ci si riferisce alla non necessarietà dell'elemento della reiterazione, quale elemento costitutivo della condotta, come avviene invece quando si parla di bullismo – come ci insegna la più consolidata dottrina psicologica sul punto, da Dan Olweus in poi, ma anche la giurisprudenza civile formatasi da diversi anni a questa parte. La reiterazione nel cyberbullismo risulta chiaramente in re ipsa nell'uso stesso della tecnologia, senza necessità che essa si configuri quale elemento caratterizzante la condotta in senso stretto.
Il disegno di legge contiene, poi, un'importante novità: l'introduzione dei reati di bullismo e cyberbullismo. Le condotte, così come descritte, rappresenteranno a tutti gli effetti tipiche fattispecie penali. Pertanto, al verificarsi degli effetti lesivi delle condotte, e fatte salve le clausole di riserva per gli eventuali più gravi reati, verranno applicate al colpevole le relative sanzioni penali, la cui commisurazione è stata determinata nell'intervallo di pena previsto per gli atti persecutori, ai sensi dell'articolo 612-bis del codice penale, quale fattispecie oggi già sovente utilizzata per la punibilità di condotte ascrivibili a colui che si comporta da bullo, anche nella sua versione informatica o telematica che dir si voglia.
La scelta contenuta nel presente disegno di legge volta ad introdurre i reati di bullismo e cyberbullismo, rappresenta il frutto di un'analisi ponderata dell'attuale risposta sociale, in alcun modo soddisfacente, come si evince dai numeri richiamati nell'incipit, rispetto alle azioni sino ad oggi messe in campo per prevenire, contrastare e contenere tali fenomeni. Si ricorda, infatti, che l'impianto penale del nostro ordinamento lungi dal doversi considerare alla stregua di un monolite, rappresenta viceversa uno strumento in continuo divenire, capace di evolvere in maniera dialogica con la società, al servizio della quale deve porsi. Sono, quindi, proprio le esigenze sociali a giustificarne la sua rivisitazione nel senso della creazione di nuove figure di reato, ove necessarie, piuttosto che dell'abrogazione di fattispecie desuete e superate. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla tipizzazione dell'omicidio stradale, laddove il legislatore ha ritenuto di punire tale condotta con uno strumento giuridico a sé stante, rispetto a quelli messi già a disposizione dal codice penale, ma si pensi anche al più discusso reato di stalking, noto al codice penale come « atti persecutori », figura di reato più volte contestata ed avversata, ma alla quale non può non riconoscersi, con il senno di poi, un'importante utilità ed efficienza operativa.
Ebbene, questo è il momento delle Istituzioni responsabili: è necessario arginare il dilagare di un fenomeno più che pervasivo della serenità dei nostri ragazzi. È necessario dare attuazione concreta al contenuto dell'articolo 31 della nostra Costituzione, laddove sancisce il dovere dello Stato di proteggere « (...) l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo ».
È altresì necessario che i ragazzi che pongono in essere comportamenti non pro-sociali, penalmente rilevanti, prendano coscienza del disvalore del loro comportamento, assumendosi le proprie responsabilità e comprendendo che la responsabilità non è solo per qualcosa che si è commesso, ma anzitutto verso qualcuno, colui che è vittima di quei comportamenti troppe volte superficialmente definiti, proprio dai responsabili, come banali « scherzi ».
Diventa quindi importante, tanto a fini preventivi, quanto a fini di contrasto ai fenomeni in oggetto, elaborare una strategia di intervento complessa, che da un lato miri ad utilizzare la tutela penale in maniera efficace ed efficiente, accorpandola in un unico documento normativo, con tutti i vantaggi che ciò comporta per l'attività dell'interprete e, dall'altro lato, miri a promuovere l'attenzione verso l'altrui mondo emotivo.
Da qui l'ulteriore intervento del presente disegno di legge, volto a produrre un auspicato cambiamento culturale, attraverso la promozione dell'educazione emotiva, in tutte le sue espressioni e finalità, dall'utilizzo della comunicazione non violenta, all'apprendimento di strumenti necessari alla gestione del conflitto, in armonia con uno degli obiettivi dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, ovvero quello di promuovere la mediazione penale quale strumento di giustizia riparativa.
Anche nella futura ottica di favorire, pertanto, la cultura della mediazione, diventa essenziale sviluppare un approccio non violento alla risoluzione dei conflitti, che porti a ridurre l'aggressività attraverso l'ascolto empatico e la comprensione dell'altro, sviluppando in ambito scolastico programmi di educazione civica, di educazione all'affettività ed alle emozioni, nonché sviluppando e potenziando programmi di consapevolezza digitale, destinati tanto ad alunni, quanto ad insegnanti, al fine di rendere bambini e ragazzi cittadini digitali critici e consapevoli.
Un ulteriore aspetto funzionale relativo alla legge n. 71 del 2017 viene ripercorso dal presente disegno di legge, ovvero quello legato alla figura del referente per il cyberbullismo, ad oggi contenuta all'interno del comma 3 dell'articolo 4.
Si è, invece, ritenuto di voler dedicare un autonomo articolo a tale referente, indicando normativamente i requisiti e le competenze di base richieste al docente che dovrà ricoprire tale ruolo. Inoltre, al netto delle incombenze di cui il referente si ritrova a farsi normalmente carico, che chiaramente ne aumentano non di poco l'impegno e la responsabilità professionale, si è voluta inserire la previsione di un'indennità di funzione per l'esercizio della carica, oltre alla normale retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate. Tutto con l'intento di promuovere la figura del referente, conferirgli maggiore dignità e riconoscimento per la presa in carico delle incombenze legate alla delicata gestione dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in ambito scolastico.
Infine, merita un'attenzione particolare l'intervento conclusivo operato sull'impianto normativo della legge n. 71 del 2017: si è ritenuto di introdurre un nuovo articolo in chiusura, rubricato « Sistema di gestione per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo », introducendo per tale via un'azione sistemica ed ispirata a modelli organizzativi di legalità.
L'intenzione è quella di trasporre nel mondo scolastico strumenti normativi già utilizzati con successo in altri campi del nostro ordinamento. Mutatis mutandis si pensi ai sistemi di gestione in materia di sicurezza sul lavoro ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, oppure, ancora, in materia di protezione dei dati personali, l'articolo 42 del regolamento (CE) n. 2016/679 del Parlamento europeo, del 27 aprile 2016, o al modello organizzativo di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Vero è che la legislazione italiana negli ultimi anni ha assegnato sempre più spesso valore alla normazione tecnica volontaria, in particolare in settori connessi alla responsabilità delle imprese – ed è innegabile che la scuola abbia assunto ad oggi numerose delle caratteristiche tipiche di un'azienda.
L'auspicata novella definisce le misure essenziali che ciascuna struttura rivolta ad utenti di minore età – prima fra tutti chiaramente la scuola – deve rispettare per poter essere qualificata come « scuola antibullismo ». Il sistema di gestione non solo potrà essere applicato dall'istituto scolastico, ma quest'ultimo, laddove adotti un modello conforme al documento UNI/PDR 42:2018 dell'Ente italiano di normazione, potrà decidere anche di ottenere la relativa certificazione di conformità, una certificazione « antibullismo » di matrice normativa e non figlia delle più disparate realtà associative, che pullulano oggi sul nostro territorio.
Come detto, la certificazione, ove richiesta, sarà rilasciata a tutti gli effetti da un ente di certificazione accreditato da un ente riconosciuto ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, anche allo scopo di dimostrare di aver definito un sistema di gestione idoneo ed adeguato, che da un lato, garantisca agli alunni, ma anche agli insegnanti ed ai dirigenti scolastici, un ambiente improntato a standard qualitativi più sicuri e sani, e che dall'altro lato, sia utile anche ai fini dell'accertamento di eventuali responsabilità civili, penali e amministrative.
Si darà vita, in tale maniera ad una vera e propria best practice da esportare anche in altre realtà aggregative che lavorano con soggetti minori, per una completa e sistemica tutela del minore stesso.
Art. 1.
1. Alla legge 29 maggio 2017, n. 71, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
« 1. La presente legge si pone l'obiettivo di contrastare i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, attraverso azioni di carattere formativo ed educativo e assicurando l'attuazione degli interventi senza distinzione di età nell'ambito delle istituzioni scolastiche. »;
2) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
« 1-bis. Ai fini della presente legge, per “bullismo” si intende qualunque forma intenzionale di prevaricazione, minaccia o molestia attuata mediante condotte reiterate, posta in essere alternativamente o congiuntamente attraverso atti o comportamenti vessatori, violenze fisiche, pressioni psicologiche, istigazione al suicidio o all'autolesionismo, minacce, ricatti, furti, danneggiamenti, offese o derisioni anche aventi a oggetto la razza, la lingua, la religione, l'orientamento sessuale, l'opinione politica, l'aspetto fisico o le condizioni personali e sociali, a danno di una o più persone »;
3) il comma 2 è sostituito dal seguente:
« 2. Ai fini della presente legge, per “cyberbullismo” si intende qualunque forma intenzionale di prevaricazione, minaccia o molestia attuata mediante condotte anche non reiterate, realizzata per via telematica e posta in essere alternativamente o congiuntamente attraverso ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità; alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore. »;
b) dopo l'articolo 1 è inserito il seguente:
« Art. 1-bis. – (Sanzioni penali) – 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, se gli atti di bullismo descritti all'articolo 1, comma 1-bis, sono tali da cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, o la pongono in una grave condizione di isolamento o di emarginazione, il colpevole è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, se gli atti di cyberbullismo descritti all'articolo 1, comma 2, sono tali da cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, o la pongono in una condizione di isolamento o emarginazione, il colpevole è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
3. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata, o se è commesso da più persone.
4. Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale.
5. Con la sentenza definitiva di condanna è sempre disposta la confisca degli strumenti informatici e telematici utilizzati per commettere il reato. »;
c) all'articolo 2, comma 1, dopo le parole: « relativo URL (Uniform resource locator), » sono inserite le seguenti: « non siano punibili a norma dell'articolo 1-bis, comma 2, della presente legge o »;
d) all'articolo 3:
1) al comma 1, dopo le parole: « il tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del » sono inserite le seguenti: « bullismo e del »;
2) al comma 2, dopo le parole: « un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del » sono inserite le seguenti: « bullismo e del »;
3) il comma 4 è sostituito dal seguente:
« 4. Il piano di cui al comma 2 stabilisce, altresì, le iniziative di informazione e di prevenzione dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo rivolte ai cittadini, coinvolgendo primariamente i servizi socio-educativi presenti sul territorio in sinergia con le scuole. »;
4) il comma 5 è sostituito dal seguente:
« 5. Nell'ambito del piano di cui al comma 2 la Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con i Ministeri dell'istruzione e dell'università e della ricerca e con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, predispone, nei limiti delle risorse di cui al comma 7, primo periodo, periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sui fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, avvalendosi dei principali media, nonché degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati. »;
5) al comma 6, dopo le parole: « attività svolte dal tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto » sono inserite le seguenti: « del bullismo e »;
e) all'articolo 4:
1) al comma 1, dopo le parole: « dalla data di entrata in vigore della presente legge adotta linee di orientamento » sono inserite le seguenti: « recanti le procedure » e dopo le parole: « per la prevenzione e il contrasto » sono inserite le seguenti: « del bullismo e »;
2) al comma 2, dopo le parole: « all'interno dell'istituto scolastico in attività di peer education, nella prevenzione e nel contrasto » sono inserite le seguenti: « del bullismo e »;
3) il comma 3 è abrogato;
4) al comma 4, dopo le parole: « per promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto » sono inserite le seguenti: « del bullismo e »;
5) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
« 4-bis. Nell'ambito dell'attività formativa di cui al comma 4, necessaria a fini di prevenzione e contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, gli istituti scolastici di ogni ordine e grado danno particolare rilievo a progetti formativi che mirino ad implementare l'alfabetizzazione emotiva. Avuto riguardo all'alfabetizzazione emotiva e al conseguente sviluppo dell'intelligenza emotiva, l'attività formativa è rivolta sia agli insegnanti che agli alunni, con previsione del coinvolgimento delle famiglie. La formazione ha come finalità lo sviluppo delle attitudini personali volte a consentire il riconoscimento dei propri ed altrui sentimenti, la capacità di gestire lo stress, la rabbia e l'impulsività, anche attraverso la valorizzazione di atteggiamenti pro-sociali, empatici e compassionevoli, tali da favorire l'aggregazione ed evitare comportamenti escludenti. Sono favorite attività volte all'apprendimento della gestione dei conflitti e della mediazione, nonché volte alla consapevolezza linguistica e comunicativa, al fine di evitare l'utilizzo di un linguaggio offensivo, in favore di piani di comunicazione empatica e non violenta. I moduli formativi hanno la finalità di garantire agli alunni e agli insegnanti la migliore condizione di apprendimento possibile, prediligendo una personalizzazione dell'educazione scolastica. »;
6) al comma 6, dopo le parole: « specifici progetti personalizzati volti a sostenere i minori vittime di atti » sono inserite le seguenti: « di bullismo e »;
f) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:
« Art. 4-bis. – (Referente antibullismo dell'istituto scolastico) – 1. Ogni istituto scolastico, nell'ambito della propria autonomia, individua fra i docenti un referente antibullismo.
2. Il referente antibullismo collabora con il dirigente scolastico e con gli organi della scuola nel coordinare tutte le iniziative dirette alla prevenzione e al contrasto del bullismo, in particolare fornendo supporto nella definizione e nell'applicazione del sistema di gestione per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo di cui all'articolo 7-bis.
3. Il referente antibullismo è individuato tra i docenti con almeno tre anni di anzianità di servizio nell'istituto scolastico.
4. Il referente antibullismo deve aver frequentato almeno un corso di formazione di di quaranta ore in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo, acquisendo altresì le competenze di cui al comma 4-bis dell'articolo 4, e deve partecipare ogni anno ad attività di aggiornamento professionale nei medesimi ambiti per almeno dieci ore.
5. Il referente antibullismo percepisce un'indennità di funzione per l'esercizio della carica, oltre alla normale retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate per l'esercizio della carica medesima. »;
g) all'articolo 5:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
« 1. Salvo che il fatto costituisca reato, il dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cui all'articolo 1, applica le misure e le procedure previste dall'articolo 7-bis. Egli inoltre informa tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti e promuove adeguate iniziative di carattere educativo. »;
2) al comma 2, dopo le parole: « corresponsabilità di cui all'articolo 5-bis del citato decreto n. 249 del 1998 sono integrati » sono inserite le seguenti: « dalle misure e procedure previste dall'articolo 7-bis » e dopo le parole: « con specifici riferimenti a condotte » sono inserite le seguenti: « di bullismo e »;
h) all'articolo 6, comma 2, dopo le parole: « dell'utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto » sono inserite le seguenti: « del bullismo e »;
i) all'articolo 7, comma 1, dopo le parole: « è presentata denuncia per taluno dei reati di cui » sono inserite le seguenti: « alla presente legge, » e dopo le parole: « di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, » è inserita la seguente: « anche »;
l) dopo l'articolo 7 è aggiunto il seguente:
« Art. 7-bis. – (Sistema di gestione per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo) – 1. Ogni istituto scolastico, nell'ambito della propria autonomia e a cura del dirigente scolastico, definisce un sistema di gestione idoneo alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di bullismo e di cyberbullismo, attraverso l'adozione delle seguenti misure:
a) predisposizione di un piano scritto della vigilanza all'interno degli ambienti della scuola in grado di garantire il costante e corretto controllo e la vigilanza sui minori, anche in relazione alle diverse fasce di età;
b) predisposizione e aggiornamento annuale di un documento di valutazione dei rischi di bullismo e di cyberbullismo, tenendo conto dei risultati di una preliminare analisi del contesto di riferimento, del territorio in cui opera l'istituto scolastico, della tipologia di utenza, della fascia d'età degli alunni, delle statistiche dell'ultimo periodo riferite a fatti di bullismo e di cyberbullismo;
c) definizione, per ogni anno scolastico, di linee guida e di un piano di prevenzione dei fenomeni di bullismo e di cyberbullismo coerente con i risultati della valutazione dei rischi, nel quale siano descritte le azioni che si intendono adottare, le figure responsabili e i criteri per la successiva verifica dell'efficacia di tali azioni;
d) definizione di un sistema sanzionatorio che preveda adeguate regole di comportamento e relative sanzioni verso gli alunni che commettano atti di bullismo e di cyberbullismo non punibili ai sensi dell'articolo 1-bis, in conformità con quanto previsto dall'articolo 5, comma 2;
e) definizione di una procedura per l'individuazione e la gestione delle criticità, diretta a consentire a tutti gli interessati, compresi gli alunni e i loro familiari, la possibilità di segnalare, anche in forma riservata, evenutali atti di bullismo e di cyberbullismo, nonché a monitorare le misure attuate per prevenire e gestire le criticità;
f) nomina di una commissione antibullismo dell'istituto scolastico, con funzioni di proposta e di consultazione, la cui composizione, definita dal regolamento scolastico, deve comprendere: il dirigente scolastico, una rappresentanza del personale docente, il referente antibullismo di cui all'articolo 4-bis, una rappresentanza dei genitori e, a partire dalla scuola secondaria di primo grado, una rappresentanza degli alunni;
g) adozione per ogni anno scolastico di un piano di formazione in materia di bullismo e di cyberbullismo che garantisca la formazione, l'aggiornamento, il coinvolgimento e la sensibilizzazione di tutte le componenti scolastiche, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 4, comma 4-bis.
2. Il sistema di gestione si intende validamente adottato da parte del dirigente scolastico se conforme alla prassi di riferimento UNI/PdR 42:2018 elaborata dall'Ente italiano di normazione (UNI), contenente le linee guida per il sistema di gestione per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo.
3. L'istituto scolastico che adotta un sistema di gestione conforme alle linee guida di cui al comma 2 del presente articolo può ottenere una certificazione di conformità rilasciata da un organismo di certificazione accreditato da un ente riconosciuto ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008.
4. Gli uffici scolastici regionali, in conformità con quanto previsto dall'articolo 4, comma 4, promuovono la pubblicazione di bandi per il finanziamento di progetti diretti all'applicazione da parte di singole scuole o reti di scuole delle linee guida di cui al comma 2 e al conseguimento della relativa certificazione da parte di un ente accreditato. »;
m) al titolo, le parole: « del fenomeno del cyberbullismo » sono sostituite dalle seguenti: « dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo ».