Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 1658
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori VERDUCCI, SEGRE, MARCUCCI, PERILLI, FARAONE, DE PETRIS, UNTERBERGER, BERNINI, CIRIANI e ROMEO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 DICEMBRE 2019

Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano

Onorevoli Senatori. – La storia del campo di prigionia di Servigliano fa parte a pieno titolo di una Storia più grande. È strettamente intrecciata alle vicende più drammatiche del Novecento, di cui è uno dei luoghi più simbolici a livello nazionale ed europeo. In particolare, l'uso collegato agli eventi delle due guerre mondiali e alle nefaste conseguenze di persecuzione delle ignobili leggi razziali perpetrate dal regime fascista gli conferiscono un rango « storico » indiscutibile. La conservazione di questo luogo ha grande importanza civile e morale. I luoghi della memoria sono il collante della nostra identità costituzionale e repubblicana. È nostro dovere trasmettere alle nuove generazioni l'esperienza e la memoria di quanto accaduto, in modo che non vada dispersa la consapevolezza del tempo che viviamo.
La storia del campo di Servigliano ha inizio nel 1915 con l'imminente entrata in guerra dell'Italia, che determinò la necessità di un campo per la raccolta di eventuali prigionieri.
Furono espropriati circa tre ettari di terreno, sui quali furono realizzate 32 baracche in legno con una capienza di 125 prigionieri ciascuna. Il campo fu diviso in due settori e circondato per tutto il suo perimetro da un muro alto tre metri, sopra il quale era posto del filo spinato. Il campo avrebbe potuto ospitare 4000 prigionieri, circa 2000 per ciascun settore, ma non raggiunse mai la massima capienza. Il sito di Servigliano fu scelto principalmente per la sua posizione, trovandosi fuori dalla zona di guerra e da nodi stradali ma, comunque, ben connesso mediante la ferrovia che attraversava la valle del Tenna.
Nonostante sia nato come campo di prigionia, ebbe diversi utilizzi durante il corso del XX° secolo.

La Prima Guerra Mondiale

1916-1918 – Campo di prigionia per soldati austro-ungarici

Dopo l'entrata in guerra dell'Italia contro l'Impero austro-ungarico, i primi prigionieri giunsero a Servigliano nell'agosto del 1916 e furono avviati al lavoro per sopperire alla mancanza di manodopera. Alcuni prigionieri restarono all'interno del campo a lavorare in botteghe predisposte dal comando, come la sartoria e la falegnameria; ad altri era permesso uscire per recarsi al posto di lavoro, principalmente in cantieri edili o nelle campagne.
I prigionieri furono esposti a innumerevoli difficoltà e a numerosi abusi, come ad esempio l'obbligo di lavoro gratuito o la sottrazione di tutta o di parte della retribuzione prevista.

1919 – Campo di rieducazione per soldati italiani redenti

All'inizio del 1919, il campo di Servigliano fu destinato all'accoglienza dei soldati italiani redenti, con l'obiettivo di « rieducarli » agli ideali nazionali. I comandi militari e il Governo decisero di riunire i prigionieri provenienti dall'Istria, dalla Dalmazia e dal Trentino, i quali, in quanto sudditi dell'Impero asburgico, avevano combattuto nell'esercito austro-ungarico.
Successivamente, nel 1920 quando tutti i prigionieri furono « rieducati » e rimpatriati, il campo divenne un deposito militare fino al 1940.

La Seconda Guerra Mondiale

1941-1943 – Campo di prigionia per militari alleati

Con l'inizio della seconda guerra mondiale, il regime fascista predispose la riapertura del campo di Servigliano per accogliere nuovamente prigionieri di guerra.
I primi prigionieri arrivarono nel febbraio del 1941, tutti provenienti dalla Grecia; nel maggio del 1942 il campo raggiunse la capienza massima di 2000 posti. Nel settembre 1943, dopo l'armistizio tra l'Italia e gli alleati, quando si diffuse la notizia che alcune divisioni tedesche stavano invadendo l'Italia, molti riuscirono a scappare nelle campagne della valle del Tenna.
Nonostante il pericolo a cui si esposero, molte famiglie, soprattutto contadine, già fortemente provate dalle conseguenze del conflitto, non esitarono ad assistere i prigionieri di guerra nascondendoli e sfamandoli.

1943-1944 – Campo di internamento per ebrei

Dopo la fuga dei prigionieri alleati, il campo venne riutilizzato per l'internamento degli ebrei sia italiani, che stranieri, vittime delle ignobili leggi razziali perpetrate dal regime fascista.
Nell'ottobre del 1943 risultavano imprigionate 62 persone. Come in tutti gli altri campi di concentramento presenti in Italia e in Europa, la vita degli internati era durissima.
Nel maggio del 1944 gli ebrei di Servigliano vennero deportati ad Auschwitz. Dieci di loro vennero uccisi al loro arrivo nel campo di sterminio, mentre gli altri morirono di stenti e per i maltrattamenti subiti. Solo Susanna Hauser riuscì a salvarsi e venne liberata nel gennaio 1944. Prima della liberazione, a Servigliano erano ancora presenti gli anglo-maltesi, gli ebrei trasferiti dal campo di Corropoli e un gruppo di cinesi provenienti dal campo di Isola del Gran Sasso, situati entrambi in provincia di Teramo. Il 25 maggio e il 7 giugno vi furono due incursioni di partigiani che consentirono agli ebrei di uscire dal campo, ma molti di loro, disorientati, fecero ritorno dentro le mura. Gli alleati erano vicini e il 25 giugno l'intera zona venne liberata.

1945-1946 – Campo di addestramento per militari polacchi

Nei primi mesi del 1945, con la vittoria degli alleati, il campo rimase vuoto. In primavera, tuttavia, vennero avviati dei lavori di risistemazione degli interni, volti ad accogliere 500 militari polacchi per cui era stato organizzato un corso di addestramento. Presto, ne arrivarono altri 800, favorendo così la crescita delle attività economiche del paese: la presenza di tanti soldati contribuì alla rianimazione degli esercizi commerciali.

1944-1946 – Campo profughi per slavi

Nel giugno del 1944 giunsero nel campo anche numerosi profughi sloveni. Per la precisione, si trattava di un'intera comunità composta da quasi 1300 persone, per lo più formata da nuclei familiari. Oltre alla lingua, il serbo-croato, il dato che li caratterizzava era l'appartenenza religiosa, essendo una comunità di cattolici con al seguito cinquanta sacerdoti.
Nell'estate del 1946, il campo di Servigliano venne evacuato.

1947-1955 – Centro raccolta per profughi giuliano-dalmati

Dal settembre del 1947, il campo fu destinato all'accoglienza dei profughi giuliano-dalmati. Molti speravano di poter trovare lavoro, ma il territorio non era in grado di offrire possibilità di inserimento e molte famiglie, dopo una breve permanenza, fecero richiesta di essere trasferite.
Nonostante le condizioni precarie del campo, tra i profughi erano frequenti gesti di solidarietà e spesso si organizzavano feste per celebrare le proprie tradizioni con lo scopo di rinsaldare i rapporti e tenere vivi aspetti che caratterizzavano l'identità culturale di provenienza. Le feste, accompagnate anche da musica, rappresentavano un momento di grande socialità. Nonostante la continua mobilità, i profughi non rimasero estranei alla vita di paese e i buoni rapporti tra chi abitava le baracche e i cittadini del circondario portarono alla celebrazione di numerosi matrimoni misti. I profughi godevano anche di diritti politici e la loro presenza portò la cittadina ad avere oltre 2000 elettori.
Nel 1955 il campo cominciò a svuotarsi e gli ultimi ospiti vennero trasferiti ad Ascoli Piceno, dove erano state realizzate appositamente alcune abitazioni. La struttura rimase in condizioni di abbandono fino al 1970.

1970-2000Il Parco della Pace

Negli anni ’70, l'amministrazione di Servigliano iniziò a sviluppare progetto di recupero del luogo. Le baracche vennero smantellate e al loro posto vennero realizzati impianti sportivi. Rimasero le mura perimetrali a ricordare la sofferenza di molte generazioni che avevano vissuto quel luogo, ma il campo si riempì di vita e di giovani.

Dal 2001L'associazione « La Casa della Memoria »

Nel 2001 si costituì l'associazione « La Casa della Memoria », che iniziò un lavoro di ricerca, documentazione e divulgazione della memoria e delle storie del campo di Servigliano. In questi anni l'associazione ha organizzato vari eventi per la celebrazione della Giornata della memoria e del Giorno del ricordo, della resistenza civile e della letteratura di frontiera, ai quali moltissimi giovani hanno partecipato. Si è fatta promotrice di borse di studio e iniziative congiunte con gli istituti scolastici del territorio.
La dolorosa esistenza del campo di Servigliano è una tragica testimonianza della complessità della storia di quel periodo, della guerra, dei regimi totalitari che furono causa di incancellabili sofferenze: violenza su civili, deportazioni, negazioni dei diritti fondamentali dell'uomo e la difficile eredità del dopoguerra.
Affinché la memoria di questa tragedia si mantenga viva e sia eredità per le generazioni future, è indispensabile preservare al meglio la struttura e lavorare perché la ricerca storico-documentaria e l'insegnamento sappiano raccontare con passione le tante vicende avvenute nel campo.
Per quanto premesso, per il valore storico, per l'importanza che assume la memoria, con particolare riguardo all'eredità verso le future generazioni, il presente disegno di legge prevede che l'ex campo di prigionia di Servigliano sia dichiarato monumento nazionale.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. L'ex campo di prigionia di Servigliano, oggi denominato « Parco della Pace », è dichiarato monumento nazionale.