Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 1186
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori DAL MAS, VITALI, CALIENDO, MODENA, LONARDO e MALLEGNI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 MARZO 2019

Modifiche alla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di efficacia dell'inserimento dei reati contro la pubblica amministrazione tra i reati ostativi ai benefici di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, in relazione agli obblighi di trasparenza di associazioni di provenienza politica

Onorevoli Senatori. – Con l'approvazione della legge 9 gennaio 2019, n. 3, il Parlamento si è occupato nuovamente di reati contro la pubblica amministrazione, dando seguito ad una stagione di « riforme » che ha avuto inizio nel 2012 con l'approvazione della legge 6 novembre 2012, n. 190, cosiddetta « legge Severino ».
L'intervento legislativo, ribattezzato « spazza-corrotti », ha ampliato il proprio oggetto oltre la disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione coinvolgendo la parte generale del codice penale (disciplina della prescrizione e pene accessorie), la parte speciale (riformulando il traffico di influenze illecite ed il trattamento sanzionatorio per la corruzione impropria), l'ordinamento penitenziario, la disciplina della responsabilità da reato degli enti ex legge n. 231 del 2001, nonché una serie di disposizioni extrapenali in materia di trasparenza e controllo dei partiti e dei movimenti politici.
In particolare, in merito alla riforma dell'ordinamento penitenziario l'articolo 1, comma 6, della legge n. 3 del 2019 reca una riformulazione dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, inserendo nell'elenco dei reati ostativi ai benefici delle misure alternative alla detenzione, all'assegnazione al lavoro esterno ed ai permessi premio i reati contro la pubblica amministrazione, fatta eccezione solo per coloro che collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale.
Non solo, ma in virtù del rinvio operato dall'articolo 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, al richiamato articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, i condannati per i reati contro la pubblica amministrazione verrebbero privati della sospensione dell'ordine di esecuzione della sentenza di condanna, prevista in generale, entro determinati limiti di pena, dallo stesso articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale, con la diretta conseguenza che al momento della definitività della sentenza di condanna si aprirebbero per loro le porte del carcere.
Lo sbarramento all'accesso alle misure alternative segna di fatto l'equiparazione dei condannati per i reati contro la pubblica amministrazione a soggetti resisi responsabili dei delitti di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, che annovera fattispecie quali terrorismo, eversione dell'ordine democratico, associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione ed altro.
Un'equiparazione di dubbia ragionevolezza, considerata la maggior offensività dei delitti appena citati rispetto a quelli, pur gravi, in commento.
L'omessa previsione di uno sbarramento temporale all'operatività della norma rende la stessa applicabile a tutti i reati precedentemente commessi e così ai procedimenti precedentemente instaurati o definiti.
Pare consolidato l'orientamento giurisprudenziale (Cassazione penale, Sezioni unite, n. 24561 del 30 maggio 2006, nonché, ex plurimis, Sezione I, n. 11580 del 5 febbraio 2013 e n. 37578 del 3 febbraio 2016) secondo il quale le norme che compongono l'ordinamento penitenziario si considerano di natura processuale, attenendo all'esecuzione della pena e perciò, per il principio « tempus regis actum », applicabili ai procedimenti in corso alla data della loro entrata in vigore, in difetto di specifica e diversa volontà di legge.
Non manca, tuttavia, un diverso indirizzo che attribuisce natura sostanziale proprio a quelle norme, quali le misure alternative alla detenzione, che per loro natura incidono comunque sul profondo del trattamento punitivo riservato al condannato. La stretta correlazione tra la concessione di misure alternative e dell'affidamento in prova ai servizi sociali e la effettiva applicazione del rapporto tra la sanzione penale e la sua finalità rieducativa sancita dalla Costituzione, sembra piuttosto suggerire la necessità di un approccio interpretativo che, con riferimento alla natura di tali misure, si discosti da una visione eccessivamente formalistica. La profonda incisione sul trattamento punitivo impedisce infatti di considerarle mere modalità esecutive di una sanzione.
Tale approccio sostanziale è seguito anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e, su questa traccia, dalla Corte costituzionale, che ha esteso lo spettro garantistico del principio di irretroattività, di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione (Corte costituzionale, sentenza n. 196 del 4 giugno 2010).
In merito alle pronunce della Corte di Strasburgo (Grande Camera, sentenze 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, e 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna), esse si segnalano perché tendono ad inquadrare nella materia penale quelle disposizioni processuali o esecutive che abbiano un'incidenza afflittiva sul trattamento giuridico penale.
Sotto diverso profilo, si potrà apprezzare la circostanza che la retroattività della disciplina finisce per mortificare le istanze del giusto processo (articolo 111 della Costituzione e articolo 6 della Convenzione CEDU), nonché il principio di certezza del diritto di cui è proiezione il principio di affidamento quale limite alla libertà del legislatore di agire retroattivamente.
Si finirebbe così per travolgere l'affidamento dell'imputato, che ad esempio ha optato per un rito alternativo, confidando in una sanzione ricompresa entro il margine dell'affidamento in prova (ex articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale), e che oggi vedrebbe penalizzata la sua aspettativa non potendo avanzare richiesta di misura extra carceraria se non in corso di esecuzione della pena detentiva e all'esito dell'osservazione o a fronte della collaborazione.
E così è per il diritto di difesa, di cui all'articolo 24 della Costituzione, che vedrebbe una formidabile compromissione, vedendosi alterare scelte ponderate in ordine ad un iter processuale poi mutato da un'intervenuta modifica delle « regole del gioco ».
Sul versante del profilo intertemporale non può non richiamarsi un'interpretazione costituzionalmente orientata che considera la novazione legislativa, quale quella in oggetto, quale disciplina processuale ad effetti sostanziali, proprio in ragione dell'intrinseca afflittività perché incidente sulle misure alternative e non solo riferibile a modalità esecutive della pena.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si propone uno sbarramento intertemporale alla esecutività della modifica del citato articolo 4-bis per i soli reati commessi successivamente all'entrata in vigore della legge n. 3 del 2019.
Il presente disegno di legge, poi, si propone di mitigare taluni effetti che in tutta evidenza potrebbero risultare dirompenti per la rigogliosa realtà associativa del nostro Paese.
Il comma 4 dell'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, interamente sostituito dal comma 20 dell'articolo 1 della citata legge n. 3 del 2019, cosiddetta « spazza-corrotti », reca con sé non banali problemi interpretativi sulla sua reale portata, che investono i soggetti del mondo associativo che, di fatto, potrebbero essere equiparati ad un partito politico e per tale motivo sottoposti ai conseguenti obblighi di trasparenza.
Per i motivi suesposti, si confida in un'ampia condivisione e nella celere approvazione del disegno di legge.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 1 della legge 9 gennaio 2019, n. 3, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

« 6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano per i delitti indicati al medesimo comma, commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge ».

2. All'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, il comma 4 è sostituito dal seguente:

« 4. Alle fondazioni e alle associazioni la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici, nonché alle fondazioni e alle associazioni che eroghino somme a titolo di liberalità o contribuiscano al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne o di parlamentari o di consiglieri regionali, in misura superiore al 10 per cento dei propri proventi di esercizio dell'anno precedente, si applicano le prescrizioni di cui al comma 1 del presente articolo, relative alla trasparenza e alla pubblicità degli statuti e dei bilanci ».