Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 1025
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori MAIORINO, DESSÌ e EVANGELISTA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 GENNAIO 2019

Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli

Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge nasce dall'esigenza, da un lato, di garantire pari dignità alle donne nell'ambito del rapporto coniugale e familiare, dall'altro, di allineare il nostro ordinamento a quello di altri Paesi europei in ordine alla possibilità di riconoscere al figlio il cognome di entrambi i genitori.
La normativa vigente in Italia, ancorata ad una ormai superata concezione della famiglia, permette di far sopravvivere anacronistiche forme di discriminazione rispetto ai princìpi costituzionali di eguaglianza e di parità di genere nonché situazioni normative distanti dalle acquisizioni ormai realizzate nei sistemi giuridici di altri Paesi. Quello dell'attribuzione del cognome ai figli è quindi un argomento sul quale risulta essenziale un ampio ed organico intervento normativo.
La questione è stata oggetto, altresì, di un approfondito dibattito nella giurisprudenza nazionale. Preliminarmente alla disamina della normativa, è infatti opportuno osservare che tale disciplina è stata oggetto di un intervento della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità di ogni forma di automatica attribuzione del cognome paterno (sentenza n. 286 del 21 dicembre 2016).
Nonostante siano stati compiuti passi in avanti in tal senso, a seguito della citata sentenza della Corte costituzionale e della conseguente circolare del Ministero dell'interno n. 1 del 19 gennaio 2017, il Parlamento è dunque tenuto a colmare il vuoto legislativo ad oggi esistente nel nostro ordinamento, riconoscendo espressamente ad entrambi i genitori la possibilità di attribuire il proprio cognome ai figli, nati sia all'interno che al di fuori del vincolo matrimoniale.
Tale annosa questione, a ben vedere, è stata oggetto di diversi disegni di legge che, dal 1979 in poi, si sono susseguiti nelle diverse legislature, senza aver mai però terminato il proprio iter di approvazione.
Com'è noto, la consuetudine di assegnare al figlio il cognome paterno costituisce un retaggio culturale ormai non più in linea con le mutevoli trasformazioni subite negli anni dall'attuale tessuto sociale, come attestato -tra l'altro- dalla pronuncia della Corte di cassazione, sezione I civile, n. 14878 del 15 giugno 2017, volta a disporre la non contrarietà all'ordine pubblico internazionale della rettifica, in Italia, dell'atto di nascita di un minore registrato come figlio originariamente solo di una donna cittadina italiana e, successivamente, anche di un'altra, anch'essa di nazionalità italiana, che pur non avendo con lui alcun rapporto biologico aveva contratto matrimonio all'estero con la prima.
Il Parlamento, pertanto, non può più rimanere inerte al riguardo: è di fondamentale importanza sancire finalmente la formale e sostanziale uguaglianza dei genitori in materia di diritto di famiglia.
La previsione attualmente vigente nel nostro ordinamento, volta a disporre l'acquisizione del cognome paterno senza che i genitori possano concordare l'adozione di una differente soluzione. è davvero obsoleta, ancor più oggi, con il riconoscimento delle unioni civili di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76, ma anche, ad esempio, alla luce di quanto disposto in via giurisprudenziale dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 12962 del 22 giugno 2016, in merito all'adozione del figlio da parte della partner della madre biologica, con questa stabilmente convivente.
Del resto, come evidenziato nella sentenza n. 286 del 2016 menzionata in precedenza, lo stesso giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma desumibile da un'interpretazione sistematica delle disposizioni contenute negli articoli 237, 262 e 299 del codice civile e di quelle, di natura regolamentare, relative all'ordinamento dello stato civile, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, il cognome di entrambi.
L'assegnazione automatica del cognome paterno ai figli, in altri termini, viola l'articolo 2 della Costituzione in quanto comprime il diritto del singolo individuo all'identità personale, con riferimento ai segni di identificazione di entrambi i rami genitoriali, costituendo una irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi, che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell'unità familiare.
Una simile procedura si pone in contrasto, anche, con gli articoli 3 e 29 della Costituzione, poiché lesiva del diritto di uguaglianza e pari dignità dei genitori nei confronti dei figli e tra i coniugi medesimi, oltre che con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, per il mancato rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dagli obblighi internazionali, in riferimento all'articolo 16, comma 1, lettera g), della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, alle raccomandazioni del Consiglio d'Europa 28 aprile 1995, n. 1271, e 18 marzo 1998, n. 1362, nonché alla risoluzione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa 27 settembre 1978, n. 376, relative alla piena realizzazione dell'uguaglianza dei genitori nell'attribuzione del cognome ai figli.
La Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, all'articolo 16, impegna gli Stati aderenti a prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare, per assicurare, in condizioni di parità di genere, gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome.
Il Consiglio d'Europa, dal canto suo, con le già menzionate raccomandazioni, aveva affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie di genere riguardo alla scelta del cognome di famiglia non è compatibile con il principio di eguaglianza sostenuto dal Consiglio stesso, raccomandando agli Stati inadempienti di realizzare la piena eguaglianza tra madre e padre nell'attribuzione del cognome ai loro figli, di assicurare la piena eguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome comune ai due partner e di eliminare ogni discriminazione nel sistema legale per il conferimento del cognome tra figli nati nel e fuori del matrimonio.
In via consequenziale, pertanto, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno.
Sulla stessa linea interpretativa, infine, gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955 n. 848, sanciscono rispettivamente il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il divieto di ogni forma di discriminazione. Proprio per la violazione di tali disposizioni l'Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo con la sentenza 7 gennaio 2014 (Cusan e Fazzo c. Italia). La Corte ha ritenuto la preclusione all'assegnazione al figlio del solo cognome materno una forma di discriminazione che viola il principio di uguaglianza di genere.
Gli otto articoli del presente disegno di legge, quindi, mirano a risolvere tale vulnus normativo, di fronte al quale l'ufficiale dello stato civile dovrà accogliere la richiesta dei genitori che, di comune accordo, intendano attribuire il doppio cognome, al momento della nascita (con riferimento anche ai figli nati fuori dal matrimonio) o al momento dell'adozione.
Più nel dettaglio, l'articolo 1 riconosce la parità di trattamento ai coniugi nella scelta del proprio cognome, e il diritto per entrambi i genitori di trasmetterlo al figlio.
L'articolo 2 aggiunge un articolo al codice civile volto a disciplinare l'ipotesi in cui i genitori riconoscano contemporaneamente il proprio figlio. In tal caso, l'attribuzione del cognome verrà decisa di comune accordo dai coniugi, i quali potranno scegliere quello dell'uno o dell'altro, oppure, affiancandoli in ordine di scelta, il cognome di entrambi.
L'articolo 3, sostituendo per intero l'articolo 262 del codice civile, concerne il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio.
L'articolo 4, invece, modifica l'articolo 299 del codice civile, estendendo la possibilità di trasmettere il doppio cognome anche ai figli adottivi.
L'articolo 5 dispone l'adeguamento delle norme regolamentari in materia di stato civile a quanto previsto dal presente disegno di legge.
L'articolo 6 estende l'applicazione delle disposizioni contenute nel presente disegno di legge anche ai figli di cittadini italiani nati all'estero, purché iscritti nell'apposita Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE).
Infine, gli articoli 7 e 8 sono rispettivamente relativi alla clausola di invarianza finanziaria e all'entrata in vigore della legge, stabilita al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Attribuzione del proprio cognome da parte
dei coniugi)

1. L'articolo 143-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 143-bis. – (Cognome dei coniugi) – Ciascun coniuge conserva il proprio cognome e ha il diritto di trasmetterlo al proprio figlio ».

2. L'articolo 156-bis del codice civile è abrogato.

3. All'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, i commi secondo, terzo, quarto e quinto sono abrogati.

Art. 2.

(Introduzione dell'articolo 143-bis.1
del codice civile)

1. Dopo l'articolo 143-bis del codice civile è inserito il seguente:

« Art. 143-bis.1. – (Cognome dei figli di genitori coniugati) – Al figlio di genitori coniugati è attribuito il cognome di uno o di entrambi i genitori, affiancati secondo l'ordine scelto da questi ultimi di comune accordo, per un massimo di un cognome per genitore.

I genitori devono presentare una dichiarazione congiunta davanti all'ufficiale di stato civile, che comprova l'accordo di cui al comma precedente.

In assenza della dichiarazione congiunta dei genitori, l'ufficiale dello stato civile attribuisce al figlio i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.

Ai figli successivi al primo, generati dai medesimi genitori, l'ufficiale dello stato civile attribuisce d'ufficio lo stesso cognome del primo figlio, anche se nato prima del matrimonio ma riconosciuto contemporaneamente da entrambi. Si applicano le norme di cui all'articolo 250, in quanto compatibili.

Il figlio cui sia attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmettere al proprio figlio soltanto uno di essi ».

Art. 3.

(Modifica dell'articolo 262
del codice civile)

1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori dal matrimonio) – Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-bis.1.

Il figlio che ha compiuto quattordici anni può chiedere che il cognome del genitore che lo abbia riconosciuto per secondo, o per il quale si sia concluso il procedimento di accertamento, sia aggiunto anteponendolo o posponendolo a quello del genitore che lo ha riconosciuto per primo ».

Art. 4.

(Modifica dell'articolo 299
del codice civile)

1. L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:

« Art. 299. – (Cognome dell'adottato) – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-bis.1, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere.

Se l'adozione è compiuta da coniugi, si applica quanto previsto dall'articolo 143-bis.1 ».

Art. 5.

(Modifiche alle norme regolamentari
in materia di stato civile)

1. Con regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sono apportate al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, in materia di ordinamento dello stato civile, le modifiche necessarie per adeguare la relativa disciplina alle disposizioni introdotte dalla presente legge.

Art. 6.

(Disposizioni finali)

1. Le disposizioni della presente legge in materia di attribuzione del cognome ai figli si applicano anche ai figli degli italiani nati all'estero, iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470.

Art. 7.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 8.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.