Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 893
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore QUAGLIARIELLO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 OTTOBRE 2018

Regime di aiuti e norme per favorire il rimpatrio delle imprese italiane e in favore della riqualificazione di aree industriali dismesse

Onorevoli Senatori. – C'è un settore in Europa in cui l'Italia è all'avanguardia nel continente, lasciandosi alle spalle tutti i principali competitor occidentali, a partire da Germania e Stati Uniti. Si tratta del reshoring, vale a dire il processo di trasferimento globale o parziale verso il Paese di origine (back-reshoring) o in aree limitrofe (near-reshoring) delle produzioni manifatturiere che in precedenza, per ragioni di carattere prevalentemente economico, erano state delocalizzate in Paesi esteri molto distanti.
Questo fenomeno, che si è palesato in modo naturale, è in parte figlio della crisi finanziaria che si e innescata nel 2008 e che ha imposto alle imprese un severo controllo sul fronte dei costi. È proprio in questo contesto che diversi governi in ambito europeo ed occidentale hanno iniziato a mettere a punto formule per incentivare le grandi industrie locali a riportare le produzioni in patria, nella speranza di accrescere l'indotto e, di riflesso, contribuire a mitigare l'annoso e diffuso problema di tassi di disoccupazione a doppia cifra.
Le varie formule in cui il reshoring prende piede sono da anni oggetto di studio da parte del consorzio inter-universitaio «Uni-Club MoRe Back-Reshoring», che raduna numerosi studiosi degli atenei di Modena e Reggio Emilia, L'Aquila, Udine, Catania e Bologna. In uno degli ultimi approfondimenti effettuati, il pool di esperti ha messo sotto la lente di ingrandimento 102 decisioni di imprese italiane di back-reshoring e 12 di near-reshoring avvenute. La ricerca svela che i Paesi da cui le imprese hanno assunto la decisione di ritornare sono in netta prevalenza quelli asiatici (Cina in primo luogo), seguiti da quelli dell'Est Europa che rimangono tuttavia privilegiati per l'approdo in caso di near-reshoring. Per quanto riguarda i settori d'attività delle aziende che scelgono di rimpatriare le filiere di produzione, spiccano il fashion, l’automotive e l'arredamento, i quali da soli rappresentano i due terzi del totale delle operazioni.
Negli USA, il fenomeno di reshoring è stato oggetto di specifici interventi legislativi, in particolare tramite il Blue-print dell'amministrazione Obama (The White House, 2012), che ha avviato una politica industriale basata sul back to manufacturing, non a caso teorizzato ad Harvard, e alla Reshoring Initiative di Harry Moser. L'amministrazione Trump sta utilizzando, in maniera secca ed istantanea la leva fiscale (i tagli delle aliquote aziendali dal 35 al 21 per cento), affiancata da incentivi al rimpatrio dall'estero di capitali fino a 2.600 miliardi e da una forte moral suasion. A cagione di ciò nella lista delle imprese intenzionate a tornare ad investire negli Stati Uniti si trovano sia l'America del 1900 sia l'America del 2000: ATT, Apple, la FCA (un miliardo di dollari in più sulla fabbrica di Warren in Michigan), General Motors e persino aziende straniere come Toyota-Mazda o la cinese Alibaba. Le stime provvisorie degli investimenti annunciati dalle sole multinazionali superano i 70 miliardi. Gli studi dimostrano il grande potenziale che gli Usa sembrano avere in termini di opportunità di rientro. Quanto alle motivazioni, dagli studi emerge che per le imprese americane è prioritaria l'esigenza di assicurare adeguati standard di qualità, mentre a livello di motivazioni aggregate i fattori di costo (del lavoro, di trasporto e totale) sono quelli prominenti. Non si dispone di dati riguardo la motivazione «incentivi al rimpatrio» per l'amministrazione Trump, ma si può certificare che fosse già al 13,7 per cento con la precedente amministrazione Obama.
In Gran Bretagna (o meglio, nel Regno Unito – UK) la politica di reshoring è stata avviata dall'amministrazione Cameron dopo l'annuncio fatto al World Economic Forum di Davos nel gennaio 2014 con l'obiettivo di creare 200.000 posti di lavoro nei settori tessile elettronica e macchinari, con un incremento del PIL da 6 a 12 miliardi di sterline. A partire dal 2014 UK Trade Investment (UKTI – www.ukyi.gov.uk/investintintheuk) ha unito le forze con il Manufacturing Advisory Service (MAS) per il lancio di Reshore UK – Government advisor service for a welcoming economy. Sin dal 2011 UKTI ha individuato 1.500 produzioni manifatturiere che potenzialmente sarebbero potute tornare in UK e un sondaggio MAS ha evidenziato come le aziende chiedessero in primis la riduzione dei costi per spostare la produzione nel Regno Unito. Le altre principali motivazioni riguardavano la qualità dei prodotti e la riduzione dei tempi di consegna. Di conseguenza sono stati adottati strumenti di semplificazione legislativa, di flessibilità del mercato del lavoro, di riduzione della tassazione su lavoratori e imprese, di esenzione fiscale per i dividendi realizzati all'estero dalle imprese residenti e di fornitura di energia a basso costo. MAS supporta le imprese che intendono tornare con la consulenza su incentivi ed agevolazioni, con strumenti di supporto per l'approdo sui mercati, con interventi di coordinamento tra imprese rientranti e fornitori locali (supply chains) con la consulenza per la definizione di strategie a breve e lungo termine. Infine il Dipartimento governativo UK Trade Investment oltre a supportare le imprese UK all'estero, si occupa anche di reshoring e degli investimenti di imprese estere in UK. I risultati sono che tra il 2014 e il 2017 un sesto delle 300 imprese associate in EEF – The Manufacturers'Organisation ha riportato le attività produttive in UK nonostante la Brexit.
La Francia ha una lunga tradizione nell'assistenza attiva agli investitori. Gli obiettivi del Governo sono la creazione di un milione di posti di lavoro nel prossimo decennio per reshoring, rilanciando il «made in» (Origine France Garantie) e riorientando la competitività del Paese. La Francia dispone già della migliore detrazione fiscale in Europa per ricerca e innovazione e di un regime fiscale attraente per società finanziarie e per sedi centrali (Headquarters) di grandi imprese. Nell'ambito della legge finanziaria 2018 la Francia ha deliberato specifici interventi per l'attrazione delle scelte di rilocalizzazione dei servizi assicurativi e finanziari. L'agenzia AFII (Invest in France agency) è collegata con una pluralità capillare di agenzie di promozione e sviluppo a livello regionale, metropolitano e aggregazioni di vario genere (communautè). Tramite il sito «Colbert 2.0» fornisce un piano di azione per la rilocalizzazione, oltre a strumenti di sostegno finanziario e a contatti con le realtà locali. Esiste un Fondo di rivitalizzazione (Fond de revitalization) per favorire la rilocalizzazione in aree industriali dismesse.
Quel che emerge chiaro da questi dati comparativi è che l'Europa sta via via riscoprendo la propria vocazione manifatturiera e va prendendo coscienza del fatto che non di rado i benefici economici attesi dalla delocalizzazione delle filiere produttive si siano rivelati inferiori rispetto al premio che i consumatori sono disposti a riconoscere per produzioni «made in». A incidere sulla decisione di rimpatriare i centri di produzione è stato nel tempo soprattutto l'aumento progressivo del costo del lavoro per unità prodotta in Paesi come la Cina, dove da anni sono in crescita le rivendicazioni dei lavoratori per ottenere salari più alti e condizioni migliori. Se dal 2000 al 2005 il costo del lavoro in Cina è cresciuto mediamente del 10 per cento all'anno, nel quinquennio successivo la curva si è irripidita fino a registrare un +19 per cento ogni dodici mesi. Si tratta di un caso limite, ma anche negli altri Paesi cosiddetti emergenti i margini per gli imprenditori si vanno assottigliando progressivamente. Un peso determinante per accelerare le decisioni di rimpatrio delle filiere hanno avuto i costi di trasporto e stoccaggio logistico delle merci, che finiscono per incidere in maniera sensibile sul costo di produzione dei manufatti con riverberi negativi, anche in questo caso, sui margini. In particolare, il costo del petrolio è triplicato dal 2010. Inoltre, i tempi di trasporto delle merci sono piuttosto lunghi e rischiano quindi di non riuscire a tenere sempre il passo di mode passeggere. Restando al caso della Cina, per esempio, occorre mettere in conto cinque settimane di navigazione veloce se si sceglie un trasporto via mare. In alternativa, servono circa sedici giorni se i manufatti viaggiano su rotaia, mentre il trasporto aereo risulta decisamente più oneroso.
Il fenomeno del reshoring, soprattutto se ben gestito e incentivato, può portare diversi benefici al sistema economico nazionale. In primo luogo, la riallocazione in Italia di produzioni industriali potrebbe contribuire alla crescita del PIL: obiettivo fondamentale per il nostro Paese data la profonda crisi degli ultimi sei anni e la precedente limitata crescita. Un aumento del PIL, come è noto, permetterebbe anche di avere maggiori risorse da investire, in quanto i parametri europei (3 per cento del rapporto deficit/PIL) risulterebbero meno vincolanti essendo maggiore la ricchezza prodotta dal Paese. Va inoltre tenuto presente che – a parità di pressione fiscale – un aumento del PIL genererebbe maggiori entrate tributarie o, in alternativa, la possibilità di ridurre le aliquote fiscali. Sempre con riferimento all'aumento del PIL, esiste anche un fenomeno similare a quello del reshoring, il cosiddetto near-shoring – ovvero il fatto che un'impresa che aveva delocalizzato delle produzioni in un altro Paese decida di rilocalizzarle in un Paese geograficamente meno distante – in cui l'Italia potrebbe rappresentare – in alcuni settori specifici (fashion e meccanica di precisione in primis) – un'interessante piattaforma produttiva per quei Paesi europei che desiderano riavvicinare le produzioni in precedenza delocalizzate. Ciò a motivo delle competenze, spesso uniche, che il nostro Paese – e in particolare alcune aree geografiche in cui sono presenti aggregazioni imprenditoriali di tipo distrettuale – posseggono e possono mettere a disposizione di aziende straniere. In secondo luogo, è verosimile che le produzioni rientrate non siano destinate al solo mercato nazionale, ma possano essere vendute anche su mercati esteri facendo aumentare il valore delle nostre esportazioni, con conseguente ulteriore miglioramento della bilancia commerciale. In terzo luogo, va evidenziato che spesso il reshoring riguarda linee di produzione di fascia alta, con conseguente necessità di investimenti in innovazione, altro risultato non trascurabile per il nostro Paese che ancora non eccelle nel rapporto tra investimenti in ricerca e sviluppo e PIL. Infine, il reshoring può avere un impatto positivo sull'occupazione e sull'attivazione (o riattivazione) di filiere produttive, oltre che sulla valorizzazione dei distretti produttivi ad alta specializzazione, amplificando in via indiretta i benefici sul territorio.
Alcune regioni italiane, capeggiate dal Piemonte, hanno già messo in atto iniziative che, nell'ambito delle proprie competenze, vanno nella direzione di rendere più semplice il rientro delle attività dall'estero. Il Piemonte, come detto, attraverso il «contratto di insediamento», la Lombardia con gli «Accordi di attrattività», l'Emilia Romagna con la «Strategia Regionale di Innovazione per la specializzazione intelligente», Puglia e Veneto con il «Progetto reshoring», Marche ed in Umbria con accordi settoriali e l'Abruzzo tramite la «Carta di Pescara».
Risulta necessario inserire queste iniziative singole all'interno di una strategia nazionale più chiara e definita e di un quadro normativo che possa integrare le misure regionali con iniziative normative nazionali al fine di potenziare i risultati potenziali e rendere maggiormente omogenea la regolamentazione di questo fenomeno.
Ecco perché il testo di legge a seguire propone un intervento organico, un pacchetto di interventi che possano sostenere, favorire e semplificare le procedure di rimpatrio di quelle attività economiche italiane che avevano delocalizzato le loro produzioni da oltre 5 anni e che oggi ritengano conveniente o necessario tornare ad investire in Italia.
Naturalmente, occorre che la normativa in materia di reshoring sia equilibrata ed in grado, al contempo, di sostenere le aziende che manifestano la volontà di ritornare, senza tuttavia danneggiare indirettamente e ingiustamente le imprese che, nonostante le difficoltà e la crisi mordente, non hanno abbandonato l'Italia in cerca di costi di produzione ridotti. Per raggiungere questo difficile equilibrio l'unica via appare essere quella di parificare – nella misura possibile e compatibile – le aziende italiane che rientrano con le aziende straniere che investono in Italia, facendo rientrare de facto il fenomeno del reshoring all'interno della categoria degli «investimenti esteri da attrarre». Non a caso, come detto nell'ambito dell'analisi comparativa, anche altri Paesi come la Francia e la Gara Bretagna hanno affidato la gestione per i servizi per il reshoring alle stesse agenzie che in quei Paesi si interessano di attrazione di investimenti dall'estero. Attraverso questa via, inoltre, è possibile anche rendere meno stringente il rischio di entrare in conflitto con le leggi europee in materia di aiuti di Stato.
Proprio in questa logica il disegno di legge disciplina un pacchetto di misure a sostegno delle imprese che avevano delocalizzato la propria attività nei precedenti cinque anni e che manifestino un interesse reale e concreto a far rientrare tutta la produzione in Italia e ne garantiscano il mantenimento per almeno un quinquennio (articolo 1).
L'articolo 2 crea lo Sportello per l'attrazione di investimenti esteri e il rimpatrio di attività imprenditoriali precedentemente delocalizzate, quale soggetto pubblico unico che si ponga come interlocutore tra gli investitori e gli imprenditori da un lato e le amministrazioni pubbliche dall'altro. La norma prevede una semplificazione delle procedure burocratiche e amministrative necessarie per avviare lo spostamento dell'attività attraverso la garanzia di interlocuzione con un solo soggetto «facilitatore». La norma proposta si pone come obiettivo anche la parità di trattamento tra investimenti esteri e rientro di investimenti italiani delocalizzati. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri saranno individuate le strutture e le dotazioni organiche e finanziarie dello Sportello.
L'articolo 3 riformula l'articolo 30 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, prevedendo che il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e le misure per l'attrazione degli investimenti siano integrati al fine di comprendere nelle linee guida e nella definizione delle strategie da mettere in atto, anche misure e proposte volte all'attrazione e al rimpatrio delle aziende italiane precedentemente delocalizzate in altri Paesi. Il Piano quindi va riformulato, mentre il Comitato previsto dal citato articolo 30, vede ampliarsi le sue funzioni. Viene soppressa la cabina di regia per l'internazionalizzazione di cui all'articolo 14, comma 18-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Le relative funzioni solo attribuite al Comitato.
L'articolo 4 prevede che le aziende che intendono far rientrare la propria attività in Italia possano avvalersi dei medesimi accordi preventivi in materia di tassazione cui già possono accedere gli investitori esteri. Attraverso questa misura anche gli imprenditori che hanno intenzione di ricollocare la propria attività in Italia si vedranno garantita maggior certezza circa il regime tributario loro applicabile evitando di rimanere vittime delle imprevedibilità della variabile fiscale tipica del sistema italiano.
L'articolo 5 prevede agevolazioni in materia di assunzioni a beneficio delle aziende rimpatriate. In particolare, si inserisce l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un limite massimo di 20.000 euro l'anno per cinque anni a valere sulle nuove assunzioni con contratti a tempo indeterminato.
L'articolo 6 promuove l'utilizzo da parte delle imprese che ricollocano la loro produzione in Italia degli strumenti forniti dalla contrattazione di prossimità sia a livello aziendale che territoriale, mentre l'articolo 7 prevede un regime speciale in favore dei lavoratori dipendenti delle aziende rimpatriate che, seguendo il datore di lavoro, si trasferiscano nel nostro Paese. In particolare si concede loro che i redditi da lavoro siano computati ai fini fiscali soltanto per il 50 per cento per la durata di quattro periodi di imposta.
L'articolo 8 proroga per un ulteriore anno il credito d'imposta per le spese di formazione 4.0 del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal piano nazionale Impresa 4.0, mentre il successivo articolo 9 propone la proroga del piano nazionale Impresa 4.0 anche per l'anno 2019.
L'articolo 10 propone il rifinanziamento della cosiddetta Nuova Sabatini, la misura di sostegno volta alla concessione alle micro, piccole e medie imprese di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cosiddetti investimenti «Industria 4.0»: big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID).
L'articolo 11 inserisce un credito di imposta in favore di coloro che, ricollocando nel nostro Paese le attività produttive o commerciali precedentemente delocalizzate all'estero, effettuino investimenti di riqualificazione o riconversione di aree industriali dismesse al fine di eleggervi la propria sede. Il credito di imposta si applicherà nella misura del 50 per cento sulle spese sostenute per gli interventi fino ad un ammontare massimo di 500.000 euro per ciascuna impresa.
L'articolo 12 propone di escludere dal patto di stabilità interno gli investimenti effettuati dagli enti locali qualora siano finalizzati alla riqualificazione di aree industriali dismesse. A tale scopo si chiede di assegnare agli enti locali spazi finanziari nell'ambito dei patti nazionali nella misura di 400 milioni di euro per gli anni 2018, oltre prevederne la continuità per il triennio 2020-2023.
L'articolo 13 prevede l'istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze di un apposito fondo, il Fondo straordinario per il supporto e il rimpatrio delle aziende italiane, a titolo di copertura delle misure contenute nel provvedimento in oggetto.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Ambito di applicazione)

1. La presente legge, in applicazione degli articoli 32 e 41 della Costituzione, disciplina le misure a sostegno delle imprese italiane, nonché dei lavoratori, al fine di incentivare e favorire il rientro degli investimenti e delle attività produttive o commerciali precedentemente delocalizzati sul territorio di un Paese europeo o extra-europeo.

2. Possono usufruire delle misure agevolative e semplificative di cui alla presente legge le imprese italiane che hanno delocalizzato in tutto o in parte le proprie attività produttive o commerciali, o la propria filiera, in uno Stato europeo o extra-europeo nei cinque anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Le attività produttive o commerciali rilocalizzate di cui al comma 2 devono essere mantenute sul territorio italiano per almeno cinque anni; l'eventuale cessione, anche parziale, prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla presente legge, nonchè la restituzione dell'importo corrispondente alle agevolazioni usufruite, unitamente agli interessi legali.

Art. 2.

(Sportello per l'attrazione di investimenti esteri e per il rimpatrio di attività produttive o commerciali delocalizzate)

1. Al fine di incrementare la capacità del sistema Paese di attrarre investimenti, è istituito lo Sportello per l'attrazione di investimenti esteri e per il rimpatrio di attività precedentemente delocalizzate, di seguito denominato «Sportello», con funzioni di soggetto pubblico di coordinamento nazionale, sia per gli investitori esteri sia per le imprese italiane che intendano riportare sul territorio nazionale le proprie attività, manifestando un interesse reale e concreto alla realizzazione in Italia di investimenti di natura non finanziaria, di significativo impatto economico e di interesse per il Paese.

2. Lo Sportello:

a) costituisce il punto di riferimento operativo per gli investitori e gli imprenditori di cui al comma 1, in relazione a tutte le procedure amministrative e per l'accesso ai benefici previsti dalla presente legge, riguardanti il relativo progetto di investimento o di rimpatrio, fungendo da raccordo fra le attività svolte dall'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE) e dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (INVITALIA);

b) per le finalità di cui alla lettera a) del presente comma, convoca apposite conferenze di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche ai sensi dell'articolo 27, comma 4, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, al fine altresì di proporre la sostituzione di procedimenti amministrativi con accordi integrativi o sostitutivi dei relativi provvedimenti, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241; per le finalità di cui alla lettera e) del presente comma può convocare e presiedere conferenze di servizi in ambito regionale o sovraregionale;

c) coordina le proprie attività con il Comitato di coordinamento previsto dal comma 7 dell'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, come modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera d), della presente legge;

d) provvede all'attuazione del Piano previsto dal comma 1 dell'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, come modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera a), della presente legge;

e) provvede al raccordo con le attività svolte dalle regioni e dalle provincie autonome di Trento e di Bolzano sulle tematiche di competenza dello Sportello medesimo. A tal fine, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad individuare le strutture preposte a rapportarsi con lo Sportello. Le proposte relative al raccordo di cui alla presente lettera sono approvate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

f) formula annualmente proposte di semplificazione normativa ed amministrativa sui temi di sua competenza.

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate la struttura e le articolazioni dello Sportello e si provvede alla puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie all'attuazione del presente articolo, utilizzando le dotazioni, le strutture e il personale delle amministrazioni coinvolte, nonché quello reso disponibile da ICE e da INVITALIA.

Art. 3.

(Modifiche all'articolo 30 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014)

1. All'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «investimenti esteri in Italia» sono inserite le seguenti: «, nonché per favorire il rimpatrio delle imprese che hanno delocalizzato le proprie attività,»;

b) al comma 2, dopo la lettera l) è aggiunta la seguente:

«l-bis) sostegno ad iniziative di promozione delle opportunità di ricollocamento in Italia degli investimenti e delle attività produttive o commerciali precedentemente delocalizzate, nonché di accompagnamento e assistenza dei medesimi imprenditori italiani»;

c) al comma 3-bis, le parole: «e dell'attrazione degli investimenti all'estero» sono sostituite dalle seguenti: «, dell'attrazione degli investimenti all'estero e per favorire il rimpatrio delle imprese che hanno precedentemente delocalizzato le proprie attività»;

d) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Presso il Ministero dello sviluppo economico, è istituito un Comitato con il compito di coordinamento dell'attività in materia di attrazione degli investimenti esteri e di rimpatrio degli investimenti e delle attività italiani precedentemente delocalizzati, nonché di favorire, ove necessario, la sinergia tra le diverse amministrazioni centrali e locali. Il Comitato svolge altresì le funzioni già attribuite alla cabina di regia per l'internazionalizzazione di cui all'articolo 14, comma 18-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il Comitato è composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, che lo presiede, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica e da un rappresentante della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Comitato può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento o di rilocalizzazione ovvero dai presidenti, rispettivamente, dell'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, della Confederazione generale dell'industria italiana, dell'Associazione RETE imprese Italia, di Alleanza delle cooperative italiane e dell'Associazione bancaria italiana. Ai componenti del Comitato non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Al funzionamento del Comitato si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;

e) la rubrica dell'articolo è sostituita dalla seguente: «Promozione straordinaria del Made in Italy, misure per l'attrazione degli investimenti e per il rimpatrio delle attività precedentemente delocalizzate».

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la cabina di regia per l'internazionalizzazione di cui all'articolo 14, comma 18-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è soppressa.

3. Il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, di cui all'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è rimodulato, secondo le modalità ivi previste, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 4.

(Accordi preventivi per le imprese italiane rimpatriate)

1. Alle imprese italiane che hanno precedentemente delocalizzato le proprie attività in Paesi europei si applicano, per quanto compatitili, le medesime procedure finalizzate alla stipula di accordi preventivi di cui all'articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono adottate le disposizioni necessarie per l'applicazione del presente articolo.

Art. 5.

(Agevolazioni in materia di lavoro subordinato per imprese italiane rimpatriate)

1. Al fine di promuovere forme di occupazione stabile e con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato da parte delle imprese di cui all'articolo 1, è riconosciuto, per un periodo massimo di cinque anni, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l'esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni (INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 20.000 euro su base annua.

2. L'esonero di cui al comma 1 spetta ai datori di lavoro in presenza di nuove assunzioni, con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro, e non spetta con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio di cui al presente comma sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato.

3. L'esonero di cui al comma 1 non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente e non spetta ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro, ivi considerando società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge.

4. L'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, al monitoraggio del numero di contratti incentivati ai sensi del presente articolo e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Art. 6.

(Contrattazione di lavoro di prossimità)

1. Le imprese di cui all'articolo 1 possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori nell'ambito dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale e degli accordi interconfederali vigenti, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, all'emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all'avvio di nuove attività.

2. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalla normativa dell'Unione europea e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.

Art. 7.

(Regime speciale per lavoratori rimpatriati)

1. I redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia da lavoratori subordinati alle imprese di cui all'articolo 1 della presente legge, che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del suo ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:

a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanere in Italia per almeno cinque anni;

b) l'attività lavorativa è svolta presso l'impresa rimpatriata nel territorio dello Stato italiano con le modalità di cui all'articolo 1 in forza di un rapporto di lavoro instaurato con l'impresa stessa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa;

c) l'attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.

2. Il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applica anche ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all'Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e per i quattro periodi successivi. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni di attuazione del presente articolo anche relativamente alle disposizioni di coordinamento con le altre norme agevolative vigenti in materia, nonché relativamente alle cause di decadenza dal beneficio.

Art. 8.

(Proroga del credito d'imposta Formazione 4.0)

1. Al fine di favorire lo sviluppo di occupazione di alta specializzazione, il credito d'imposta previsto per le attività di formazione svolte per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal piano nazionale Industria 4.0 di cui ai commi da 46 a 56 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è prorogato, secondo le modalità ivi previste, con riferimento alle attività di formazione svolte nell'anno 2019, nei termini previsti dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 maggio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 22 giugno 2018,.

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, pari a 250 milioni di euro per l'anno 2020 si provvede mediante corrispondente riduzione per il medesimo anno, del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 9.

(Proroga del piano Impresa 4.0)

1. Al fine di ridurre il rischio di delocalizzazioni, di favorire il rientro in Italia delle imprese che hanno precedentemente delocalizzato le proprie attività, nonché di sostenere il livello degli investimenti industriali previsti dal piano Impresa 4.0, le disposizioni dei commi da 29 a 36 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, si applicano, secondo le modalità ivi previste, dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, ovvero entro il 30 giugno 2020, nei limiti di quanto previsto dal comma 29 dell'articolo 1 della citata legge n. 205 del 2017.

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo valutati in 1.000 milioni di euro per l'anno 2019, 1.600 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021, 2022 e 2023, 1.000 milioni di euro per l'anno 2024, 600 milioni di euro per l'anno 2025 e 150 milioni di euro per l'anno 2026, si provvede con le maggiori entrate rivenienti dalla riduzione complessiva dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all'elenco contenuto nel rapporto annuale sulle spese fiscali di cui articolo 21, comma 11-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per un importo pari a 1.000 milioni di euro per l'anno 2019 e 2.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020. Con uno o più regolamenti adottati con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità tecniche per l'attuazione del presente comma con riferimento ai singoli regimi interessati.

3. Il Ministro dell'economia e del bilancio è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 10.

(Incremento delle risorse per gli investimenti in nuovi macchinari, ivi compresi gli investimenti relativi al piano Impresa 4.0 e alla Nuova Sabatini)

1. Per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi previsti dall'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall'articolo 1, comma 56, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, le risorse previste dal comma 40 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono integrate di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020.

2. Al comma 41 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, le parole: «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «50 per cento».

3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione per il medesimo anno, del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

4. Il Ministro dell'economia e del bilancio è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 11.

(Attribuzione del credito d'imposta per gli interventi di riqualificazione e riuso di immobili e aree industriali dismesse)

1. Ai soggetti titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, dalle dimensioni aziendali e dal regime contabile adottato, che, ai fini del rimpatrio di una delle attività ai sensi dell'articolo 1, effettuano investimenti di riconversione, riqualificazione e riuso su strutture produttive dismesse ubicate nel territorio dello Stato è attribuito, nel limite di spesa complessivo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per gli interventi di cui presente al comma a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. L'agevolazione è concessa a ciascuna impresa nei limiti e alle condizioni del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».

3. Il credito d'imposta spetta a condizione che la spesa complessiva sostenuta in relazione a ciascun progetto di riconversione e riqualificazione sia almeno pari a 50.000 euro.

4. L'ammontare totale dei costi eleggibili è, in ogni caso, limitato all'importo di 500.000 euro per ciascuna impresa.

5. Le spese si considerano sostenute secondo quanto previsto dall'articolo 109 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

6. L'effettività del sostenimento delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dal presidente del collegio sindacale, ovvero da un revisore legale iscritto nel registro dei revisori legali, o da un professionista iscritto all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, o all'albo dei periti commerciali o in quello dei consulenti del lavoro, ovvero dal responsabile del centro di assistenza fiscale.

7. Il credito d'imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista da normativa nazionale, regionale o europea.

8. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

9. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedura di accesso e di riconoscimento dell'agevolazione di cui al presente articolo, nonché le ulteriori disposizioni applicative.

Art. 12.

(Esclusione delle spese per investimenti di riqualificazione di aree industriali dismesse dal patto di stabilità)

1. All'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, il comma 485 è sostituito dal seguente:

«485. Al fine di favorire gli investimenti, da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito, per l'anno 2017, sono assegnati agli enti locali spazi finanziari nell'ambito dei patti nazionali, di cui all'articolo 10, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nel limite complessivo di 700 milioni di euro, di cui 300 milioni di euro destinati a interventi di edilizia scolastica. Sono assegnati agli enti locali spazi finanziari nell'ambito dei medesimi patti nazionali, nel limite complessivo di 900 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2018 e 2019, di cui 400 milioni di euro annui destinati ad interventi di edilizia scolastica, 400 milioni per la riqualificazione di aree industriali dismesse e 100 milioni di euro annui destinati a interventi di impiantistica sportiva, e nel limite complessivo di 700 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, di cui 400 milioni per la riqualificazione di aree industriali dismesse».

Art. 13.

(Istituzione del Fondo straordinario per il supporto al rimpatrio delle imprese italiane)

1. È istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico il Fondo straordinario per il supporto al rimpatrio delle imprese italiane, di seguito denominato «Fondo».

2. Al Fondo è attribuita una dotazione iniziale di 70 milioni di euro per l'anno 2019. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico.

3. A decorrere dall'anno 2020, lo stanziamento del Fondo è determinato annualmente con la legge di bilancio.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.