Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 748
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore IANNONE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 6 AGOSTO 2018

Tutela e valorizzazione della lingua italiana

Onorevoli Senatori. – La lingua italiana rappresenta l'identità della nostra Nazione, il nostro elemento unificante e il nostro patrimonio immateriale più antico che deve essere opportunamente tutelato e valorizzato.
La lingua italiana,il quarto idioma più studiato al mondo, e la letteratura italiana, costituiscono uno straordinario apporto dell'Italia alla cultura mondiale: di questo patrimonio, che abbiamo ricevuto in eredità dal nostro passato e dalla nostra storia, dobbiamo essere consapevoli e dobbiamo, in particolare, imparare a considerarlo un bene comune a tutti noi cittadini italiani, che abbiamo di conseguenza il compito di custodirlo e di farlo conoscere.
Un patrimonio, infatti, non basta solo averlo, occorre saperne cogliere l'effettivo significato e valorizzarlo convenientemente.
Sono ormai anni che studiosi, esperti e istituzioni come l'Accademia della Crusca, denunciano il progressivo scadimento del valore attribuito alla nostra lingua e segnalano l'importanza di una maggiore tutela dell'italiano e del suo utilizzo anche nella terminologia amministrativa dello Stato e delle sue articolazioni territoriali e negli strumenti di diffusione culturale pubblici e semipubblici, come la Rai. L'uso sempre più frequente di termini in inglese, o derivanti dal linguaggio digitale è diventato una prassi comunicativa che, lungi dall'arricchire il nostro patrimonio linguistico, lo immiserisce e lo mortifica. Negli ultimi anni sembra che si vada nella direzione diametralmente opposta: le parole prese a prestito dal mondo anglosassone sono sempre di più, tanto da aver portato alla creazione del termine «itanglese» per definire l'invasione di vocaboli stranieri nel corrente dizionario italiano, rasentandone spesso l'abuso.
Secondo le ultime stime, infatti, dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua scritta italiana è aumentato del 773 per cento: quasi 9.000 sono gli anglicismi attualmente presenti nel dizionario della Treccani su circa 800.000 tra lemmi ed accezioni.
Da un confronto tra gli anglicismi registrati nel dizionario Devoto-Oli 1990 e quello del 2017, per esempio, si è passati da circa 1.600 a 3.500, il che porta a un incremento medio di 74 all'anno.
I fattori che hanno prodotto questo degrado sono fondamentalmente i seguenti: l'intrusione di gerghi dialettali appartenenti al cinema e alla televisione; l'uso indiscriminato dei neologismi provenienti dal linguaggio burocratico e scientifico; l'infiltrazione eccessiva di parole mutuate dall'inglese, che negli ultimi decenni ha raggiunto livelli di guardia.
Questa anglicizzazione ossessiva rischia, però, nel lungo termine, di portare a un collasso dell'uso della lingua italiana, fino alla sua progressiva scomparsa che alcuni studiosi prevedono nell'arco di ottanta anni.
Da tempo la globalizzazione e il monolinguismo stereotipato che conduce all'inglese rappresenta un pericolo per le lingue locali. In Francia e in Spagna lo hanno capito e hanno adottato provvedimenti. In Italia no.
In Francia, ad esempio, la legge Toubon del 1994 ha reso obbligatorio l'uso della lingua francese nelle pubblicazioni del Governo, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, in ogni tipologia di contratto, nei servizi, nell'insegnamento nelle scuole statali e negli scambi; ogni cartello pubblicitario con uno slogan in inglese contiene per legge la traduzione francese; è la stessa Costituzione, a differenza di quella italiana, a sancire la difesa del francese quale lingua della Repubblica e a riconoscere al cittadino il diritto a esprimersi e a ricevere in francese ogni informazione.
La lingua italiana, paradossalmente, è più tutelata in Svizzera che da noi. La Confederazione svizzera, infatti, rappresenta un modello di plurilinguismo molto avanzato cui guardare come esempio, davanti al monolinguismo internazionale imperante basato sull'inglese. Questo Paese ha quattro lingue ufficiali e un ricco patrimonio di dialetti. Poiché l'italiano è parlato solo dall'8,1 per cento della popolazione ed è in minoranza rispetto al tedesco (63,5 per cento) e al francese (22,5 per cento), il Consiglio federale ha fatto della promozione dell'italiano una priorità. Nel progetto sulla cultura 2016-2020 esso ha stanziato fondi per rafforzare la presenza della lingua e della cultura italiane nell'insegnamento, nella formazione bilingue e attraverso una serie di manifestazioni culturali.
In Italia, invece, non esiste alcuna politica linguistica, anzi, il linguaggio della politica, nel nuovo millennio, si è anglicizzato sempre di più introducendo le parole inglesi nelle leggi, nelle istituzioni e nel cuore dello Stato.
Oggi il plurilinguismo europeo è un vero valore da salvaguardare, soprattutto a causa del dominio internazionale della lingua inglese, ancora più negativo e paradossale oggi che con la «Brexit» sta uscendo dall'Unione europea proprio il Paese da cui quella lingua ha avuto origine. La funzione di una lingua internazionale ausiliaria è quella di rendere possibile la comunicazione tra persone di differenti Nazioni che non condividono una stessa lingua, favorendo il dialogo e la cooperazione; essa dovrebbe essere proposta però come seconda lingua da apprendere e non come una lingua che sostituisca quella nativa.
Chi parla solo l'italiano oggi rischia il flop dell'incomunicabilità, ma il rischio ancora più grande è che si perda la bellezza di una lingua complessa e ricca come la nostra o che il suo «inquinamento» provochi una seria preoccupazione per il suo «stato di salute».
Non è solo una questione di moda: le mode passano, ma l'anglomania si riflette nelle scelte di istituzioni come la scuola e l'università, con ripercussioni sull'intera società.
Alla luce di ciò, in un'ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria diventa quanto mai prioritaria la conservazione della lingua italiana. Si rende necessaria, come in Francia, una legislazione che tuteli il nostro patrimonio idiomatico sul piano economico, sociale, culturale, professionale e quant'altro. Non è più ammissibile che si impongano termini stranieri la cui corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva.
Il presente disegno di legge, con l'intento di tutelare il patrimonio linguistico italiano, garantisce l'utilizzo della lingua italiana nella fruizione di beni e di servizi, nell'informazione e nella comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nonché nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici e privati.
La disposizione normativa in esame prevede, altresì, l'istituzione del Consiglio superiore della lingua italiana (CSLI), concepito come un organismo di ausilio al Governo nazionale, in cui la componente politica e quella culturale e accademica possano confrontarsi nell'ambito delle rispettive competenze.
Si tratta di previsioni che rappresentano un argine al dilagare dell'utilizzo di termini stranieri al posto di quelli italiani e uno strumento per rimuovere le barriere linguistiche che limitano la partecipazione dei cittadini italiani alla vita collettiva.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Princìpi generali)

1. La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica che ne promuove l'apprendimento, la diffusione e la valorizzazione, nel rispetto della tutela delle minoranze linguistiche ai sensi dell'articolo 6 della Costituzione e della legge 15 dicembre 1999, n. 482.

2. La Repubblica garantisce l'uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino, nonché in ogni sede giurisdizionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 111, terzo comma, della Costituzione.

Art. 2.

(Utilizzo della lingua italiana nella fruizione di beni e di servizi)

1. La lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e di servizi pubblici nel territorio nazionale.

2. Gli enti pubblici e privati sono obbligati a presentare in lingua italiana qualsiasi descrizione, informazione, avvertenza e documentazione relativa ai beni materiali e immateriali prodotti e distribuiti sul territorio nazionale.

3. È vietato l'uso di parole straniere per indicare attività commerciali, prodotti tipici, specialità e aree geografiche di denominazione italiana. La Repubblica promuove con ogni mezzo la tutela delle denominazioni italiane negli Stati esteri.

Art. 3.

(Utilizzo della lingua italiana nell'informazione e nella comunicazione)

1. Ogni tipo e forma di comunicazione o di informazione presente in un luogo pubblico o in un luogo aperto al pubblico, o finanziata con fondi pubblici e destinata alla pubblica utilità, è trasmessa in lingua italiana.

2. Per ogni manifestazione, conferenza e riunione pubblica organizzata nel territorio italiano è obbligatorio l'utilizzo di strumenti di traduzione e di interpretariato, anche in forma scritta, che garantiscano la perfetta comprensione in lingua italiana dei contenuti dell'evento.

Art. 4.

(Utilizzo della lingua italiana negli enti
pubblici e privati)

1. Chiunque ricopre cariche all'interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni il cui patrimonio è costituito da pubbliche donazioni è tenuto, ferme restando le norme sulla parificazione delle lingue adottate dagli statuti speciali delle regioni autonome e delle province autonome di Trento e di Bolzano, alla conoscenza e alla padronanza della lingua italiana scritta e orale .

2. Le sigle e le denominazioni delle funzioni ricoperte nelle aziende che operano nel territorio nazionale sono in lingua italiana. È ammesso l'uso di sigle e di denominazioni in lingua straniera in assenza di un corrispettivo in lingua italiana.

3. I regolamenti interni delle aziende che operano nel territorio nazionale sono redatti in italiano. Ogni documento che comporti obblighi per il dipendente o disposizioni la cui conoscenza è necessaria a quest'ultimo per l'esecuzione del proprio lavoro deve essere redatto in italiano. I suddetti documenti possono essere accompagnati dalla traduzione in una o più lingue straniere.

Art. 5.

(Utilizzo della lingua italiana nei contratti di lavoro)

1. All'articolo 1346 del codice civile è aggiunto, infine, il seguente comma:

«Il contratto deve essere stipulato nella lingua italiana. Il contratto è tradotto in lingua straniera qualora una delle parti contraenti sia residente o cittadino in un Paese diverso da quello italiano».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai documenti ricevuti dall'estero o destinati all'estero.

Art. 6.

(Utilizzo della lingua italiana nelle scuole
e nelle università)

1. Le offerte formative non specificamente rivolte all'apprendimento delle lingue straniere, negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nonché nelle università pubbliche italiane, sono in lingua italiana. Eventuali corsi in lingua straniera sono ammessi solo se già previsti in lingua italiana, salvo eccezioni giustificate dalla presenza di studenti stranieri, nell'ambito di progetti formativi specifici, di insegnanti o di ospiti stranieri.

2. Le scuole straniere o specificamente destinate ad accogliere alunni di nazionalità straniera, nonché gli istituti che dispensano un insegnamento a carattere internazionale, non sono sottoposti agli obblighi di cui al comma 1.

Art. 7.

(Istituzione del Consiglio superiore della
lingua italiana)

1. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Consiglio superiore della lingua italiana.

2. Il Consiglio superiore della lingua italiana sovrintende, nell'ambito degli orientamenti generali definiti dal Governo, alla tutela, alla valorizzazione e alla diffusione della lingua italiana nel territorio nazionale e all'estero e collabora con le istituzioni pubbliche e private che hanno analoghe finalità.

3. Il Consiglio superiore della lingua italiana:

a) promuove la conoscenza delle strutture grammaticali e lessicali della lingua italiana;

b) promuove l'uso corretto della lingua italiana e della sua pronunzia nelle scuole, nei mezzi di comunicazione, nel commercio e nella pubblicità;

c) promuove l'insegnamento della lingua italiana nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università;

d) promuove l'arricchimento della lingua allo scopo primario di mettere a disposizione dei cittadini termini idonei a esprimere tutte le nozioni del mondo contemporaneo, favorendo la presenza della lingua italiana nelle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione;

e) promuove nell'ambito delle amministrazioni pubbliche forme di espressione linguistica semplici, efficaci e immediatamente comprensibili, al fine di agevolare e di rendere chiara la comunicazione con i cittadini anche attraverso gli strumenti informatici;

f) promuove l'insegnamento della lingua italiana all'estero d'intesa con la Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, di cui all'articolo 4 della legge 22 dicembre 1990, n. 401.

4. Nell'ambito delle competenze indicate nei commi 2 e 3 il Consiglio superiore della lingua italiana formula proposte al Governo, indica le modalità di intervento ed esprime pareri sulle questioni concernenti l'impiego della lingua italiana.

5. Con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per i beni e le attività culturali, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinati la composizione e il funzionamento del Consiglio superiore della lingua italiana.

Art. 8.

(Sanzioni)

1. La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa del pagamento di una somma compresa tra euro 5.000 ed euro 100.000.