Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 519
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore GASPARRI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GIUGNO 2018

Modifica alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di reato di surrogazione di maternità commesso all'estero

Onorevoli Senatori. – La tecnica della surrogazione di maternità, ovvero «gestazione per altri», necessita dell'uso del corpo della donna e la sua utilizzazione ai fini del perseguimento di un progetto di genitorialità altrui. Definita in alcuni casi volontaria, sebbene retribuita o indennizzata sotto forma di rimborso spese, la maternità surrogata lede diritti fondamentali.
Il contratto di maternità surrogata, per sua stessa natura, ha contenuto patrimoniale e carattere oneroso, tenuto conto della gravosità del periodo di gravidanza e dell'evento del parto, cui si sottopone la mamma surrogata. Tale contratto, nella forma di surroga ad oggi maggiormente diffusa, include anche l'acquisto di gameti femminili da una donna diversa dalla madre surrogata, perché senza legame genetico con il nascituro sia più facile per la gestante considerarlo appartenente ai committenti, e cederlo alla nascita: il nato in questo caso ha due madri biologiche (una genetica e una gestazionale) e di solito la madre legalmente riconosciuta è ancora una terza, il che determina un'inquietante frammentazione della figura materna e associa la maternità surrogata alla compravendita di gameti, con tutti gli aspetti economici, antropologici e sociali connessi, primo fra tutti la scelta dei donatori su appositi cataloghi di biobanche in base al fenotipo (colore della pelle, di occhi e capelli, aspetto fisico).
La pratica della surrogazione di maternità si sviluppa anche attraverso forme di «turismo procreativo» in Paesi dove è possibile eludere i divieti, con sfruttamento di povertà e bisogni, dove sono spesso coinvolte agenzie di intermediazione. La gravidanza, il parto e il bambino nato sono, di fatto, oggetto di sfruttamento economico da parte di una pluralità di soggetti.
Ricordo il caso del sito web di «Extraordinary conceptions», l'agenzia di San Diego, oggetto di una mia interrogazione presentata nella passata legislatura (Atto n. 4-05415), cui si sarebbero rivolti Nichi Vendola e il suo compagno, la quale, come riportato in un articolo pubblicato il 4 marzo 2016 sul «Corriere della Sera», offre un'ampia gamma di informazioni su diversi temi; sul sito vi sarebbero infatti quattro opzioni: «scegli una donatrice di ovuli», «scegli una surrogata», «diventa una donatrice», «diventa una surrogata» eccetera, con costi esorbitanti. Secondo quanto riporta l'articolo, «è possibile fare una ricerca mirata della persona che cerchiamo indicando razza, orientamento sessuale, studi fatti, età». Inoltre sarebbe possibile anche richiedere «un aborto in caso di malformazione o eventuale riduzione fetale». Troverebbero conferma, a mio avviso, le più forti preoccupazioni circa la degenerazione della pratica dell’«utero in affitto», con possibilità di scelte razziali e altre eventualità che lasciano sbigottiti.
Una donna che cede a terzi, dietro corrispettivo in denaro, il proprio neonato, a prescindere dalla presenza di un contratto di diritto privato vincolante fra le parti, compie un gesto perseguito come reato in gran parte del mondo, pertanto il contratto di surrogazione, nei Paesi in cui è ammesso, rappresenta un'ingiustificata e incomprensibile eccezione.
Il legittimo desiderio di avere bambini non è un diritto esigibile.
Il Parlamento europeo, con la risoluzione del 17 dicembre 2015 sulla «Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014», ha condannato la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce, ritenendo che la stessa, che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani.
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce, all'articolo 3, il «divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro». La Convenzione sui diritti del fanciullo approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva dall'Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, impegna gli Stati ad adottare tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla stessa Convenzione e, in particolare, il diritto dei bambini a non essere privati degli elementi costitutivi della loro identità (articolo 8) e il diritto a essere protetti contro ogni forma di sfruttamento economico (articolo 32).
Sarebbe opportuno assumere iniziative, a livello nazionale e soprattutto internazionale, in tutte le sedi istituzionali sovranazionali, affinché la surrogazione di maternità, in ogni sua modalità e variante contrattuale, sia riconosciuta come nuova forma di schiavitù e di tratta di esseri umani e sia quindi reato universalmente perseguibile.
L'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita, al comma 6, punisce con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro, chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità. Nessuna sanzione è prevista per la surrogazione di utero attuata all'estero da cittadini italiani.
Con il presente disegno di legge, composto da un solo articolo, si intende estendere le pene previste dal citato articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, anche ai fatti commessi all'estero.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità, anche all'estero, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Nel caso di figli nati all'estero da cittadini italiani, le autorità diplomatico-consolari italiane e gli uffici di stato civile, nel procedere alla legalizzazione dei documenti di nascita o nel ricevere una dichiarazione di nascita, sono obbligati a richiedere se la nascita sia avvenuta mediante il ricorso alla pratica di cui al periodo precedente».