Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 GIUGNO 2018
Delega al Governo in materia di certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente
Onorevoli Senatori. – È legittimo e doveroso rendere efficaci la lotta all'evasione e all'elusione fiscale, e le attività di accertamento e riscossione. Queste azioni non devono però, in alcun modo, vessare, perseguitare e danneggiare indebitamente e irragionevolmente il contribuente che, vivendo in un contesto economico-sociale ben più complesso, deve potersi tutelare e difendere con pari diritti rispetto al responsabile della riscossione.
Il cittadino contribuente non può e non deve essere giudicato a priori come un evasore.
La materia dell'accertamento deve essere improntata in modo tale da non vessare fiscalmente il contribuente e di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione.
Nel nostro ordinamento, l'accertamento analitico-induttivo prevede la ricostruzione di ricavi e redditi imponibili dei contribuenti mediante il ricorso anche a presunzioni semplici, purché «qualificate», dotate cioè dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Il riferimento normativo è collocato nei seguenti articoli:
a) 38, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica, 29 settembre 1973, n. 600 recante « Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi» che prevede, relativamente alle persone fisiche, che l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati in dichiarazione «possano essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all'articolo precedente (ad esempio in sede di controllo) anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti»;
b) 39, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica, 29 settembre 1973, n. 600, secondo il quale, nel reddito d'impresa, «l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti»;
c) 54 del decreto del Presidente della Repubblica, 26 ottobre 1972, n. 633, recante «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto», per quanto riguarda l'IVA.
A differenza dell'accertamento analitico, ove la censura della condotta del contribuente si fonda sulla constatazione della violazione diretta di una norma, nell'accertamento analitico-induttivo la rettifica prende le mosse dal ragionamento per presunzioni operato dall'Agenzia delle entrate.
Il contribuente, in tale ipotesi, deve riuscire a dimostrare – documentalmente, ove possibile e, comunque, secondo logica – che il ragionamento dell'Ufficio non è convincente, ovvero che le presunzioni non sono né gravi, né precise, né concordanti.
La tutela di un contribuente assoggettato ad indagini finanziarie è una delle prove più complesse nelle quali si cimenta il difensore tributario in questo periodo, poiché questo tipo di attività istruttoria, e gli accertamenti che ne derivano, esaltano la sproporzione tra l'onere probatorio incombente sull'ente accertatore, la cui istruttoria si può limitare a raccogliere dagli operatori finanziari una serie di rapporti e operazioni effettuate, e quella che grava sul contribuente, che si trova nella poco invidiabile condizione di dover provare documentalmente migliaia di operazioni, anche di modesta entità, effettuate parecchi anni addietro. La difesa del contribuente è complicata dalla rigidità della normativa vigente che pretende l'onere della prova a carico dello stesso.
Occorre ricordare, inoltre, che la pressione fiscale in Italia supera il 42 per cento. Le varie misure introdotte negli ultimi anni per combattere l'evasione fiscale gravano eccessivamente sui contribuenti, in particolar modo quelli possessori di partita IVA, in quanto obbligano gli stessi a comunicare i dati di tutte le fatture relative alle cessioni di beni e prestazioni di servizi, rese e ricevute, comprese quelle emesse nei confronti di soggetti privati ecc.
Uno Stato non è democratico se pensa che i cittadini siano tutti possibili violatori delle leggi, al contrario il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi e non di essere «sospettato» a priori.
Con la sentenza n. 955 emessa il 20 gennaio 2016, la Corte di cassazione si è pronunciata in tema di onere della prova, statuendo che, anche nel processo tributario, vige la regola generale prevista dall'articolo 2697 del codice civile, secondo cui l'amministrazione finanziaria che vanta un credito nei confronti del privato è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa.
Il presente disegno di legge, composto da un solo articolo, reca la delega al Governo per la revisione delle vigenti disposizioni antielusive al fine di disciplinare il regime dell'onere della prova, ponendola sempre a carico dell'amministrazione finanziaria.
Art. 1.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la revisione delle vigenti disposizioni antielusive al fine di disciplinare il regime dell'onere della prova nei rapporti tra fisco e contribuente, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) disporre sempre a carico dell'amministrazione finanziaria l'onere della prova dei fatti costitutivi della propria pretesa;
b) modificare le disposizioni vigenti che limitano la sfera difensiva del contribuente, anche nell'ambito del processo tributario, abrogando ogni disposizione che prevede l'inversione dell'onere della prova a carico dello stesso.
2. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, sono adottati dal Ministro dell'economia e delle finanze e sono successivamente trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri.