Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 GIUGNO 2018
Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto»
Onorevoli Senatori. – La cooperativa agricola «Il Forteto», fondata alla metà degli anni Settanta nella azienda agricola di Bovecchio, comune di Barberino di Mugello (FI), considerata per lunghi anni una delle principali comunità toscane di recupero per minori disagiati, negli ultimi anni è stata al centro di varie vicende giudiziarie per maltrattamenti anche su minori e bambini presi in affido, costretti a lavori durissimi, punizioni corporali e abusi sessuali.
I due cofondatori de «Il Forteto», Rodolfo Fiesoli detto il «profeta» e Luigi Goffredi, nel 1985 furono processati e condannati ad una pena di reclusione per maltrattamenti aggravati ed atti di libidine nei confronti degli ospiti della comunità.
Nonostante questi gravissimi capi di imputazione, nel 1997 Fiesoli risultava ancora a capo della comunità e, fatto ancora più grave (a parere dei firmatari del presente disegno di legge), il tribunale avrebbe continuato ad affidare minori alla struttura: almeno 60 fino al 2009.
Vale dunque la pena di ripercorrere la cronistoria de «Il Forteto», dalla sua fondazione ai più recenti sviluppi giudiziari.
Nel 1975 inizia l'esperienza della «Comune del Forteto», progetto basato su una proposta di comunità agricola produttiva caratterizzata da una totale promiscuità sessuale fra i suoi partecipanti.
A rivestire il ruolo di leader è Rodolfo Fiesoli, coadiuvato da Luigi Goffredi, entrambi coinvolti, sin dalla fine degli anni Settanta, in un'inchiesta penale per supposti atti di pedofilia commessi all'interno della cooperativa.
Il 30 novembre 1978 Fiesoli viene arrestato su richiesta del giudice Carlo Casini che aveva aperto un procedimento per abusi sessuali ne «Il Forteto».
Il 10 luglio 1979 Fiesoli lascia il carcere per tornare alla comune «Il Forteto» dove lo stesso giorno, affidato dal tribunale dei minori, giunge il primo bambino down. Il presidente del tribunale, Giampaolo Meucci, grande amico di don Milani, afferma di non credere nell'indagine del giudice Casini e di ritenere «Il Forteto» una comunità accogliente e idonea.
Nel 1982 la cooperativa acquista una proprietà di circa cinquecento ettari nel comune di Dicomano (FI) e vi si trasferisce. L'azienda continuerà a prosperare fino a diventare un'azienda con un fatturato da 18-20 milioni di euro all'anno, con circa 130 dipendenti.
Nel 1985, come detto, viene emessa la sentenza di condanna a carico di Luigi Goffredi e Rodolfo Fiesoli. Fiesoli viene condannato a due anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti di una ragazza a lui affidata, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne; dalla sentenza emerge «istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici».
Nel 1998 la Corte europea dei diritti dell'uomo riceve la richiesta di ricorso contro l'Italia e, in particolare, contro l'operato del tribunale dei minori di Firenze, da parte di due madri con doppia cittadinanza, italiana e belga, cui il tribunale per i minorenni di Firenze aveva imposto di interrompere ogni relazione con i rispettivi figli, collocati presso la comunità «Il Forteto». Le donne, inoltre, denunciarono trattamenti violenti e inumani nei confronti dei minori ed una scolarizzazione pressoché inesistente.
Il 13 luglio 2000 la stessa Corte ha condannato l'Italia a pagare una multa di 200 milioni di lire come risarcimento dei danni morali per l'affidamento alla comunità dei due bambini.
Il 20 dicembre 2011 Rodolfo Fiesoli viene arrestato con l'accusa di atti di pedofilia commessi all'interno della cooperativa.
Nella relazione finale della Commissione d'inchiesta della regione Toscana (15 gennaio 2013) vengono elencati i nominativi di politici (di livello locale e nazionale), magistrati e professionisti che avevano frequentazioni con la comunità «Il Forteto». In detta relazione si legge quanto segue: «Per fornire un'idea di massima del fenomeno tentiamo di ricostruire dalle testimonianze ascoltate un elenco dei personaggi che, a vario titolo e con differenti modalità, passano al Forteto: Edoardo Bruno, Piero Fassino, Vittoria Franco, Francesca Chiavacci, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Tina Anselmi, Claudio Martini, Riccardo Nencini, Paolo Cocchi, Michele Gesualdi (presidente della provincia di Firenze), Stefano Tagliaferri (ex presidente della comunità montana del Mugello), Alessandro Bolognesi (sindaco di Vicchio), Livio Zoli (sindaco di San Godenzo e Londa), Rolando Mensi (sindaco di Barberino di Mugello) E poi i magistrati del tribunale per i minorenni di Firenze, a cominciare dai presidenti che si sono succeduti (Francesco Scarcella, Piero Tony) e dal sostituto procuratore Andrea Sodi, i giudici Francesca Ceroni e Antonio Di Matteo ed il giudice onorario Mario Santini. Frequenta "Il Forteto" Liliana Cecchi, allora presidente dell'Istituto degli Innocenti di Firenze, ma anche molti medici tra cui Roberto Leonetti (responsabile dell'unità funzionale salute mentale infanzia-adolescenza per la zona Mugello). Non mancano i professionisti: volti noti come i giornalisti della RAI Betty Barsantini e Sandro Vannucci, ma anche avvocati come Elena Zazzeri, presidente della camera minorile di Firenze». Dalla stessa relazione emerge inoltre che la comunità ha ottenuto, dal 1997 al 2010, contributi per 1.200.000 euro.
In data 3 maggio 2013, l'europarlamentare Morganti chiede l'intervento della Commissione sul caso «Il Forteto» «perché sembrerebbe che questa comunità degli orrori abbia ricevuto finanziamenti provenienti da Fondi europei, sia perché ci troviamo difronte ad una palese violazione dei diritti dei minori previsti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea».
In data 17 agosto 2013 il Ministero dello sviluppo economico, nella relazione conclusiva sui profili amministrativo-gestionali della cooperativa agricola «Il Forteto», chiede il commissariamento della struttura ritenuto indispensabile a causa della pesante ed invasiva commistione tra la comunità di Rodolfo Fiesoli e la cooperativa «Il Forteto». Scrivono infatti i commissari ministeriali che tra cooperativa e comunità esiste «un legame imprescindibile» e una «tendenza a confondere le regole e i principi della "comunità" con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa», rilevando altresì che tutto «viene delegato ai capi ed i soci vengono lasciati all'oscuro persino dei propri diritti»; con «l'inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti, finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo», e concludendo con l'allarmante constatazione, secondo la quale la comunità «Il Forteto» «non appare dotata di strumenti normativi [...] che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali "ospiti" disadattati e/o minori».
In data 23 agosto 2013 l'assemblea della cooperativa approva la proposta di controdeduzioni formulata dal consiglio di amministrazione in relazione al verbale di revisione degli ispettori ministeriali, con 65 soci favorevoli, 9 contrari e 3 astenuti su 102. Tale decisione viene corredata da un comunicato nel quale il presidente afferma che «la cooperativa il Forteto in questi mesi è stata spesso impropriamente coinvolta su argomenti e fatti come gli affidamenti dei minori per i quali è assolutamente da sempre estranea», considerazione, questa, in apparente contraddizione con una cospicua documentazione ufficiale attestante l'effettiva assegnazione negli anni dei minori da parte del tribunale alla stessa cooperativa agricola.
Il 17 giugno 2015, Rodolfo Fiesoli viene condannato in primo grado a 17 anni e mezzo di reclusione. Nelle motivazioni della sentenza, oltre ad essere rievocate le drammatiche «sofferenze e costrizioni psicologiche» inflitte ai giovani affidati a «Il Forteto», è stato stabilito in maniera inequivocabile che la cooperativa, a differenza di quanto sostenuto dai responsabili della struttura, era direttamente coinvolta nella gestione degli affidamenti dei minori: «Le sofferenze, le delusioni, le amarezze, gli stati d'animo che sono riecheggiati nelle decine di udienze di questo processo da parte dei minori collocati al Forteto nel ricordare le esperienze parafamiliari vissute è lì a dimostrare il totale fallimento del modello educativo che ha prodotto separazioni tra coniugi, separazioni tra rotture parentali, depressioni, che hanno coinvolto almeno un migliaio di persone tra membri, ospiti del Forteto e i loro tale che, a detta dei giudici, appare evidente la responsabilità dell'ente cooperativa per il fatto illecito dei propri dipendenti, con riferimento alle condotte di cui sono stati ritenuti penalmente responsabili» e che l'affermazione della responsabilità civile della cooperativa trova il suo fondamento sugli elementi di prova raccolti e sulle considerazioni svolte nel corso della presente motivazione, essendo provata in modo certo, da un lato, la totale commistione tra la cooperativa, la comunità ed i singoli soggetti che le componevano; dall'altro, la finalità propria della cooperativa ed il suo oggetto sociale, mantenuto tale fino ai nostri giorni, modificato «in corsa» soltanto nel 2014, con il processo in pieno svolgimento, al precipuo fine di scongiurare quel commissariamento che la prima Commissione di inchiesta regionale aveva proposto, all'esito della sua indagine, proprio per l'intollerabile legame tra la parte produttiva cooperativa e quella degli affidamenti di «minori e disadattati». A sostegno della suddetta ipotesi la sentenza individua una serie di elementi costitutivi la realtà della cooperativa «Il Forteto», quali: «la qualità degli imputati, soci della cooperativa, membri dell'associazione, individui della comunità; l'individuazione dell'oggetto sociale con riferimento all'accoglimento e all'ospitalità delle persone disagiate e/o minori di età; la previsione statutaria dell'impiego di questi ultimi nelle attività della cooperativa per il raggiungimento dei suoi fini, lo svolgimento dell'attività economica e la promozione della vita comunitaria dei soci delle loro famiglie; l'assegnazione di minori e disadattati ai soci della cooperativa, in violazione dei principi essenziali di disciplina dell'istituto dell'affido, caratterizzato da temporaneità, affiancamento alla famiglia naturale del minore con la quale deve essere garantito il mantenimento dei rapporti e nella quale deve essere previsto il rientro del minore, operando una sistematica mistificazione dello stato reale delle cose, con la pretesa di distinguere tra soci e famiglie dei soci, le quali ultime, semplicemente, non esistevano al Forteto; la fattiva ingerenza della cooperativa nelle questioni inerenti l'affidamento; la confusione arbitraria tra le suddette entità; il vantaggio derivato alla comunità dall'utilizzo di forza lavoro interna, costituita ad un certo punto, in mancanza di nascite e di vocazioni, queste ultime tutte concentrate solo all'origine, solo dagli affidati», in grado di delineare «un contesto in cui appaiono evidenti – e consapevolmente creati e mantenuti – la confusione e l'intreccio dei ruoli e delle posizioni, con riferimento alle condotte illecite» oggetto della condanna.
Il 15 luglio 2016 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condanna Rodolfo Fiesoli a 15 anni e 10 mesi di reclusione.
II 22 dicembre 2017 la terza sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 3346, rende definitiva la condanna di Fiesoli e, anche laddove dichiara alcuni reati estinti per prescrizione, conferma le relative statuizioni civili.
Alla luce di quanto sopra illustrato, si propone, come già fatto nella XVII legislatura con l'atto Senato n. 2093, l'istituzione di un'apposita Commissione di inchiesta parlamentare finalizzata ad accertare i fatti e le ragioni per cui le pubbliche amministrazioni e le autorità giudiziarie interessate, comprese quelle investite di poteri di vigilanza, abbiano proseguito ad accreditare come interlocutore istituzionale la comunità «Il Forteto», anche a seguito di provvedimenti giudiziari riguardanti abusi sessuali e maltrattamenti riferiti a condotte all'interno della comunità stessa. Inoltre, al fine di evitare che quanto accaduto al Forteto possa ripetersi, si affida alla Commissione il compito di proporre l'adozione di nuovi strumenti di controllo e verifica delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale, l'eventuale potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove emergano responsabilità e negligenze anche dei servizi sociali, applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori. La Commissione avrebbe infine il compito di verificare con urgenza la sussistenza dei presupposti per la nomina di un commissario che gestisca la parte produttiva della cooperativa agricola «Il Forteto» al fine di dissociarla completamente dalla gestione della comunità di recupero dei minori in affidamento, in cui sono tuttora coinvolti tutti i soggetti condannati e in generale il gruppo dei fondatori, nonché allo scopo di pervenire al più presto al pagamento delle provvisionali a favore delle vittime.
È il momento di riprendere quel percorso parlamentare che nella XVII legislatura si era purtroppo bloccato dopo la prima lettura al Senato. L'approvazione di questo disegno di legge, ad avviso dei proponenti, oltre a fornire al Parlamento un utile strumento per accendere un faro su tutte quelle responsabilità che sono rimaste nell'ombra, sarebbe anche un atto di civiltà, un risarcimento morale nei confronti delle vittime di questa vicenda.
Art. 1.
1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto», di seguito denominata «Commissione», con il compito di svolgere accertamenti sulle responsabilità e complicità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti di minori, anche al fine di prospettare l'adozione di misure organizzative e strumentali per il corretto funzionamento della struttura.
Art. 2.
1. La Commissione esamina la gestione della comunità «Il Forteto» dalla sua istituzione ad oggi, con particolare riguardo:
a) all'accertamento dei fatti e delle ragioni per cui le pubbliche amministrazioni e le autorità giudiziarie interessate, comprese quelle investite di poteri di vigilanza, abbiano proseguito ad accreditare come interlocutore istituzionale la comunità «Il Forteto», anche a seguito di provvedimenti giudiziari riguardanti abusi sessuali e maltrattamenti riferiti a condotte all'interno de «Il Forteto»;
b) alla verifica dei presupposti per la nomina di un commissario per la parte produttiva della struttura «Il Forteto» inerente alla cooperativa agricola, ai fini di una gestione dissociata dalla comunità di recupero dei minori in affidamento nonché allo scopo di pervenire al più presto al pagamento delle provvisionali in favore delle vittime.
2. Al fine di impedire il riprodursi del fenomeno di inadempimenti dei princìpi di tutela delle vittime di illegalità nonché di evitare che quanto accaduto ne «Il Forteto» possa ripetersi, la Commissione ha inoltre il compito di formulare proposte in ordine:
a) all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale;
b) al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori.
Art. 3.
1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, e in modo che sia assicurata, comunque, la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito in almeno un ramo del Parlamento.
2. I componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza di non avere ricoperto ruoli nei procedimenti giudiziari relativi ai fatti oggetto dell'inchiesta.
3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
5. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4, ultimo periodo.
Art. 4.
1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa nella seduta successiva a quella di elezione dell'ufficio di presidenza.
Art. 5.
1. La Commissione procede, nell'espletamento dei suoi compiti, con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
2. Per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. Si applica altresì l'articolo 203 del codice di procedura penale.
3. La Commissione può richiedere, sulle materie attinenti alle finalità della presente legge, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti o a inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
4. La Commissione può opporre motivatamente all'autorità giudiziaria il vincolo del segreto funzionale che abbia apposto ad atti e documenti.
5. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copia di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.
6. La Commissione individua gli atti e i documenti che non devono essere divulgati, anche in relazione ad altre istruttorie o a inchieste in corso. Sono in ogni caso coperti da segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
7. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
8. La Commissione può richiedere, nelle materie attinenti alle finalità della presente legge, anche mediante sopralluogo, copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari condotte in Italia.
9. La Commissione può avvalersi della collaborazione di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di qualsiasi pubblico dipendente e delle altre collaborazioni che ritenga necessarie. Il rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini di esibizione di documenti o di consegna di atti, di cui al presente articolo, è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
Art. 6.
1. I membri della Commissione, i funzionari ed il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta ovvero ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui al comma 3.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita a norma dell'articolo 326 del codice penale.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene di cui al comma 2 si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione ai sensi del comma 6 dell'articolo 5.
Art. 7.
1. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione medesima disponga diversamente.
2. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite annuo massimo di 50.000 euro e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
Art. 8.
1. La Commissione completa i suoi lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione.
2. Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, la Commissione presenta alle Camere una relazione sulle sue attività di indagine. Possono essere presentate relazioni di minoranza.
Art. 9.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.