Senato della Repubblica | XVIII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 6 APRILE 2018
Modifica dell'articolo 68 della Costituzione in materia di intercettazioni
Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge costituzionale propone la modifica dell'articolo 68 della Costituzione, in materia d'immunità parlamentare, al fine di sottrarre le intercettazioni, quale mezzo di ricerca della prova, dall'elenco degli atti d'indagine per i quali è prevista l'autorizzazione da parte della Camera di appartenenza del parlamentare contro il quale si intende procedere. La modifica non andrebbe ad incidere sulla sfera della libertà di espressione e della insindacabilità delle opinioni espresse nell'esercizio delle proprie funzioni ma ridefinisce i confini dell'immunità parlamentare a maggior garanzia del principio della non interferenza e della separazione tra i poteri dello Stato tra azione del Parlamento e azione della magistratura. Essa nasce dalla constatazione della sostanziale ineffettività dell'obbligo costituzionale del magistrato di chiedere anticipatamente l'autorizzazione ad effettuare le intercettazioni in qualsiasi forma e dalla ormai consolidata prassi procedurale di richiedere, al contrario, l'autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni dopo averle effettuate. Tale condizione de facto comporta una difficoltà nel valutare la sussistenza degli elementi di legittimità e delle modalità operative di tali acquisizioni, con effetti rilevanti che incidono sull'accertamento stesso delle responsabilità penali a carico del parlamentare destinatario. Qualora, infatti, la Camera di appartenenza del parlamentare ritenga di deliberare la non autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni, queste diventano inutilizzabili e devono essere distrutte con il rischio di far venir meno uno strumento d'indagine e di ricerca della prova fondamentale per l'accertamento della colpevolezza dell'indagato o imputato, soprattutto quando i reati contestati sono di particolare gravità quali i reati contro la pubblica amministrazione, i reati connessi all'evasione fiscale e alla criminalità economica, nonché i reati di associazione di stampo mafioso. In tale materia il legislatore è chiamato, da un lato, a contemperare l'esigenza di garantire che il parlamentare svolga il proprio mandato nell'interesse della nazione, senza il rischio di interferenze o interruzioni che i suddetti atti processuali possono produrre, condizionando l'esercizio delle sue funzioni; e, al tempo stesso, deve essere garantita la neutralità dell'intervento delle parti - Parlamento e magistratura - rispetto all'esito delle indagini o di un processo penale, evitando conflitti di attribuzione. In un quadro europeo, occorre evidenziare che norme e principi costituzionali comuni riguardano l'insindacabilità parlamentare, mentre diversa è la disciplina prevista a garanzia dell'immunità. In particolare, gli ordinamenti spagnolo, francese e tedesco appaiono come i più garantisti, mantenendo la previsione dell'autorizzazione della Camera di appartenenza per sottoporre i parlamentari ad atti d'indagine limitativi della libertà personale e particolarmente invasivi, salvo in generale la flagranza di reato. Altri, come in Belgio, Portogallo, Olanda, Grecia, Svezia, prevedono delle condizioni di garanzia per il mantenimento della non procedibilità, come nel caso di particolare tenuità del reato o qualora il fatto contestato riguardi l'attività politica. La Gran Bretagna non prevede alcuna immunità ed è il giudice a valutare i casi. È noto che la materia dell'immunità parlamentare, in Italia, ha subìto una sostanziale evoluzione nella disciplina costituzionale e nella giurisprudenza della Corte costituzionale anche in relazione al mutato contesto istituzionale, di «metamorfosi» della politica e della sua funzione rappresentativa. La stessa Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo nel 2003 aveva richiamato l'Italia per aver interpretato in maniera troppo ampia il concetto d'immunità parlamentare in occasione del procedimento penale «Cordova contro Sgarbi». Nello stesso anno la legge 20 giugno 2003, n. 140, è intervenuta a definire la disciplina di attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, concernente l'immunità parlamentale, come novellata con legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3. L'articolo 68 della Costituzione recita infatti che «I membri del parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parla-mento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza». Come è noto la legge 20 giugno 2003, n. 140, regola gli aspetti sostanziali e procedurali connessi all'applicazione dei principi sanciti dal nuovo articolo 68 della Costituzione anche sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale sviluppatasi a partire dalla sentenza n. 1150 del 15 dicembre 1988, nonché della prassi parlamentare. Mentre i primi articoli della citata legge n. 140 del 2003 disciplinano la garanzia dell'insindacabilità e dell'autorizzazione a procedere, l'articolo 4 disciplina l'esecuzione degli atti privativi o restrittivi della libertà personale, comprese le intercettazioni, per i quali è necessario richiedere preventivamente l'autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare e gli elementi che la richiesta deve contenere e sui quali si fonda, mentre l'articolo 6 disciplina l'utilizzabilità in sede processuale delle «intercettazioni indirette», ovvero di quelle disposte nel corso di procedimenti riguardanti terzi e alle quali il parlamentare abbia preso parte. Qualora il giudice ritenga rilevanti ai fini processuali tali comunicazioni, può chiederne con ordinanza l'utilizzazione, presentando entro dieci giorni richiesta di autorizzazione alla Camera di appartenenza del parlamentare. Nel caso in cui tale autorizzazione venga negata, ai sensi di legge, la documentazione delle intercettazioni deve essere distrutta e detti accertamenti devono essere dichiarati inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del processo. La Corte costituzionale ha stabilito che solo nel caso in cui le intercettazioni «indirette» siano occasionali, cioè impreviste, possono essere sanate ex post con una richiesta di autorizzazione all'utilizzo e, come sancito nella più recente sentenza n. 114 del 25 marzo 2010, il magistrato in tale caso ha l'obbligo di motivare la casualità e l'occasionalità, in riferimento a quanto l'interlocutore potesse definirsi «abituale», al numero delle intercettazioni effettuate, oppure al lasso di tempo e alla durata in cui sono intervenute. Pertanto, la Camera di appartenenza nell'accertare il «fumus persecutionis» in termini oggettivi, deve valutare anche la sussistenza di vizi nel procedimento di acquisizione delle intercettazioni, ovvero delle anomalie gravi che in sostanza possono rappresentare un intento persecutorio. L'istituto dell'immunità, pertanto, ha lo scopo di tutelare il singolo parlamentare in quanto componente di un organo istituzionale, al fine di preservarne l'integrità nella composizione e il pieno esercizio delle funzioni, purché tale garanzia non configuri un «contrasto» tra attività giurisdizionale e attività di verifica di legittimità, da parte dell'organo preposto della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e dell'Assemblea parlamentare. In conclusione, le intercettazioni, fondamentale mezzo probatorio, nei confronti dei parlamentari perdono la loro effettività qualora si procedesse ad una richiesta preventiva di autorizzazione da votare in Assemblea alla presenza del destinatario stesso, membro del Parlamento, mentre la richiesta di utilizzo di intercettazioni «indirette», acquisite senza autorizzazione preventiva, rischia di produrre una complessa interferenza tra l'attività ispettiva di verifica della legittimità procedurale nell'assunzione di tali comunicazione e l'attività giurisdizionale di accertamento delle responsabilità penali. Il disegno di legge, che si compone di due articoli, introduce una modifica del testo attualmente in vigore dell'articolo 68 della Costituzione, sottraendo le intercettazioni dagli atti d'indagine della magistratura per i quali è richiesto l'intervento autorizzatorio del Parlamento.
Art. 1.
1. L'articolo 68 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 68. – I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a sequestro di corrispondenza».
Art. 2.
1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .