Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 19
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori DURNWALDER, STEGER e UNTERBERGER

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 MARZO 2018

Modifiche all'articolo 39 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, in materia di tracciabilità dei rifiuti per le imprese agricole, e introduzione dell'articolo 185-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernente la gestione dei rifiuti costituiti da materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso

Onorevoli Senatori. – Al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) è stata data attuazione attraverso il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, come modificato dal successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 15 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010. Con i predetti decreti ministeriali, l'Italia ha ottemperato alle specifiche previsioni contenute nella direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, che impone agli Stati membri l'adozione di misure per la tracciabilità – dalla produzione alla destinazione finale – e per il controllo dei rifiuti pericolosi, al fine di garantire che la gestione dei rifiuti stessi sia effettuata senza danneggiare la salute umana e senza recare pregiudizio all'ambiente.
Nella realtà, tra rinvii e modifiche alla normativa, il SISTRI non era mai entrato in vigore a regime. Il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 20 marzo 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 19 aprile 2013, ne ha dunque previsto la ripartenza dall'autunno 2013: 1º ottobre 2013 per le imprese produttrici di rifiuti speciali pericolosi con più di dieci dipendenti e 3 marzo 2014 per le altre aziende iscritte al SISTRI, che potevano anticipare a ottobre.
In particolare, in merito alle scadenze SISTRI, il decreto prevedeva due fasi, di riallineamento: dal 30 aprile 2013 le imprese con più di dieci dipendenti produttrici di rifiuti pericolosi (elencate dall'articolo 3, comma 1, lettere c), d), e), f), g) e h), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52) dovevano verificare l'attualità di dati e informazioni trasmessi al SISTRI, eventualmente aggiornandoli. Le altre dal 30 settembre 2013 e il 28 febbraio 2014. Le imprese mai iscritte al SISTRI dovevano procedere entro gli stessi termini a seconda delle dimensioni e tipologie di rifiuti prodotti. Per i trenta giorni successivi alle rispettive scadenze, le imprese dovevano continuare a tenere anche i precedenti registri e documentazioni sui rifiuti, in una sorta di doppio binario. Dopo due anni di sospensione, quindi, durante i quali sembrava si dovesse arrivare a un nuovo sistema, il SISTRI è tornato come obbligo.
L'istituzione di tale sistema, pur apprezzabile nello spirito di voler tracciare ogni movimento di ogni rifiuto, lungi dal costituire una semplificazione amministrativa degli oneri burocratici di settore oggi previsti dalla normativa vigente, appare per contro un sistema molto più complesso e costoso, soprattutto per le imprese agricole, che non pare portare i soggetti obbligati ad un contenimento degli oneri economici ed amministrativi connessi ai tradizionali adempimenti documentali oggi in essere, come impropriamente e ripetutamente sostenuto in varie sedi dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per tali ragioni non sembra a tutt'oggi raggiunto un equilibrio tra le varie istanze da soddisfare, anche in considerazione della scarsità dei mezzi previsti (umani e tecnici) per garantire un soddisfacente controllo ed una adeguata preparazione degli operatori interessati e delle autorità pubbliche deputate al controllo, e della considerazione che chi vuole continuare a gestire illegalmente i rifiuti continuerà a farlo, perché ovviamente non si iscriverà al SISTRI.
Il danno maggiore lo subiscono le aziende agricole. Tale normativa, infatti, è apparsa subito irragionevole, sproporzionata e inutilmente punitiva e – a parere di molti operatori – rischia di provocare la definitiva distruzione delle piccole e medie aziende agricole.
Sui rifiuti le incombenze sono già parecchie, per non dire troppe, e in agricoltura si aggiungono a tutte le altre. Nella gestione dei rifiuti speciali sono stati calcolati oneri amministrativi a carico delle piccole e medie imprese agricole pari a 3-4 miliardi di euro annui, cifra che viene sottratta al valore aggiunto di aziende che, all'interno delle filiere, stanno già pagando quasi da sole le conseguenze della crisi finanziaria mondiale. Si può e si deve garantire il rispetto della legalità, ma non servono sistemi burocratici mastodontici, bensì occorre un modello innovativo di riforma, che assicuri la reale tracciabilità dei rifiuti, costruendo una griglia di adempimenti differenziati per tipologie e dimensioni di aziende, esonerando le piccole produzioni di rifiuti e mettendo in piedi delle reti di raccolta con la partecipazione degli enti pubblici e le associazioni di rappresentanza agricole.
Se diamo, infatti, uno sguardo agli altri Paesi europei – che pure hanno dovuto recepire le specifiche previsioni contenute nella direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008 – possiamo notare come l'Austria e la Germania, per esempio, abbiano varato una normativa per la tracciabilità e per il controllo dei rifiuti pericolosi più snella e comprensibile, tenendo conto, soprattutto, delle dimensioni e della natura delle singole aziende ed esonerando quelle agricole a conduzione familiare.
Il presente disegno di legge si compone di due articoli. L'articolo 1 prevede l'esclusione dall'obbligo di iscrizione al SISTRI per gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l'anno per quantitativi non eccedenti i trecento chilogrammi o trecento litri l'anno, nonché i conferimenti di rifiuti ad un circuito organizzato di raccolta per quantitativi non eccedenti i trecento chilogrammi o trecento litri all'anno. Inoltre, i trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli verso i circuiti organizzati di raccolta non sono considerati svolti a titolo professionale e di conseguenza i medesimi imprenditori agricoli non necessitano di iscrizione all'albo.
Si è posto il problema se la combustione sul campo dei residui rientrasse o meno nell'utilizzo che secondo la norma esclude il loro assoggettamento alla disciplina dei rifiuti. La risposta data a tale questione ha fatto prevalere la tesi secondo la quale la combustione non sarebbe una pratica agricola e pertanto non rientra nelle ipotesi che escludono l'assoggettamento dei residui alla disciplina dei rifiuti. Di conseguenza, la combustione sul campo dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale si configura attualmente come illecito smaltimento di rifiuti, penalmente sanzionabile.
Tale normativa è apparsa subito irragionevole, sproporzionata e inutilmente punitiva per le piccole e medie aziende agricole, in quanto le stoppie, gli sfalci e i residui di potatura sono stati bruciati per millenni dagli agricoltori nei loro terreni nell'ambito di una pratica agricola costantemente adottata.
Con il nuovo sistema, invece, tali residui dovranno essere smaltiti come rifiuti, ovvero essere raccolti e trasportati in zone lontane anche decine di chilometri per essere conferiti nei centri di raccolta con costi proibitivi, che indurranno moltissimi proprietari ad abbandonare definitivamente e a lasciare incolti i propri terreni, con grave pericolo di incendi e di dissesto dei territori.
L'articolo 2 del presente disegno di legge prevede, pertanto, l'integrazione della disciplina contenuta nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, mediante l'introduzione di uno specifico articolo 185-bis, volto a prevedere che i materiali agricoli o forestali di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 185 possono essere utilizzati in agricoltura e nella selvicoltura, nei limiti delle loro proprietà fertilizzanti scientificamente riconosciute, da parte degli imprenditori agricoli, presso il luogo di produzione, mediante processi o metodi, compresa la combustione, che comunque non danneggino l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana. A tale fine si prevede che l'esercizio della pratica agricola del debbio, ossia della fertilizzazione del terreno mediante le ceneri di erbe, stoppie e altri materiali vegetali, sia disciplinato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti per le imprese agricole)

1. All'articolo 39 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 9, alinea, le parole: «Fino al 2 luglio 2012» sono soppresse;

b) al comma 9, lettera a), le parole: «cento chilogrammi o cento litri l'anno» sono sostituite dalle seguenti: «trecento chilogrammi o trecento litri l'anno»;

c) al comma 9, lettera b), le parole: «cento chilogrammi o cento litri all'anno» sono sostituite dalle seguenti: «trecento chilogrammi o trecento litri l'anno»;

d) dopo il comma 9 è inserito il seguente:

«9-bis. I trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, verso i circuiti e le piattaforme di cui al comma 9 del presente articolo, non sono considerati svolti a titolo professionale e di conseguenza i medesimi imprenditori agricoli non necessitano di iscrizione all'albo di cui all'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

Art. 2.

(Gestione dei rifiuti costituiti da materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso)

1. Dopo l'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è inserito il seguente:

«Art. 185-bis. - (Materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso). – 1. Le materie fecali, la paglia, gli sfalci, le potature e gli altri materiali agricoli o forestali di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 185 del presente decreto possono essere utilizzati in agricoltura e nella selvicoltura, nei limiti delle loro proprietà fertilizzanti scientificamente riconosciute, da parte dei soggetti di cui all'articolo 2135 del codice civile e dei soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, presso il luogo di produzione, mediante processi o metodi, compresa la combustione, che comunque non danneggino l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana.

2. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è disciplinato l'esercizio della pratica agricola del debbio».