Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 131
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore DE POLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 MARZO 2018

Disposizioni per rafforzare l'assistenza dei pazienti in stato vegetativo
o di minima coscienza cronici

Onorevoli Senatori. – L'approccio assistenziale e riabilitativo alle persone in condizioni di bassa responsività dovuta a un danno delle strutture cerebrali rappresenta un problema di grande rilevanza medica e sociale, dal momento che il numero e l'aspettativa di vita di individui in tale stato è in progressivo aumento in tutti i Paesi industrializzati, grazie al miglioramento delle conoscenze e delle tecniche nel campo della rianimazione e alla qualità dell'assistenza infermieristica.
Attualmente, nel nostro Paese, non c'è ancora un criterio sufficientemente condiviso sulla definizione di «stato vegetativo», che rappresenta la naturale evoluzione dello stato di coma dovuto a gravi cerebrolesioni acquisite. Uno degli obiettivi essenziali di questo disegno di legge è quello di stimolare un intenso lavoro di ricerca sugli stati di coma, nelle loro molteplici forme, e un diverso impianto assistenziale per la cura dei pazienti che sono in queste condizioni. È sempre più necessario infatti definire meglio le diverse tappe del percorso di cura e di assistenza, con le specifiche opportunità che in ogni fase si possono offrire al paziente e alla sua famiglia. Attualmente la mancata condivisione sulla definizione dello stato di coma e sulle modalità per assistere e per gestire nel miglior modo possibile i pazienti in coma ha conseguenze che rendono difficile il lavoro sia di programmazione che di assistenza. Concretamente dobbiamo rilevare che sul piano nazionale ci sono:

a) insufficiente programmazione di unità dedicate con un numero di posti letto in linea con le osservazioni epidemiologiche;
b) disomogeneità delle linee guida per la standardizzazione degli approcci assistenziali ai pazienti in stato di coma vegetativo;
c) eterogeneità nella collocazione di questi pazienti, al termine del loro percorso ospedaliero: diversa da regione a regione e nell'ambito di una stessa regione;
d) mancanza di un censimento sul numero dei pazienti in stato vegetativo.

Il 17 novembre 2008, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dopo aver creato un gruppo di lavoro sullo «Stato vegetativo e sullo stato di minima coscienza», ha proposto una possibile classificazione a cui la presente proposta si ispira nelle sue considerazioni, e che pertanto vale la pena sintetizzare:

a) per «stato vegetativo» si intende una condizione funzionale del cervello, che insorge subito dopo l'evento acuto che lo ha determinato, diventando riconoscibile solo quando finisce il coma che lo mascherava (Dolce e Sazbon, 2002). Costituisce una condizione di grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile, caratterizzata da: non evidenza della consapevolezza di sé e dell'ambiente; non evidenza di risposte comportamentali sostenute, riproducibili, intenzionali o volontarie a stimoli visivi, uditivi, tattili o dolorosi; non evidenza di comprensione o produzione verbale; intermittente vigilanza che si manifesta con la presenza di cicli sonno-veglia (ad esempio periodi di apertura spontanea degli occhi); sufficiente conservazione delle funzioni autonome tale da permettere la sopravvivenza con adeguate cure mediche; incontinenza urinaria e fecale; variabile conservazione dei nervi cranici e dei riflessi spinali (MultiSociety Task Force – MSTF, 1994, American Congress of Rehabilitation of Medicine, Arch. Phys. Med. Rehabil. 1995; 76: 205-9);
b) molto controversa appare la terminologia «stato vegetativo permanente», proposta inizialmente dalla MSTF nel 1994 e intesa ad indicare un limite massimo delle possibilità di recupero delle persone che potrebbero emergere da uno stato vegetativo post-traumatico o post-anossico. Per quanto riguarda il concetto di permanenza, applicato allo stato vegetativo, esso «non ha valore di certezza, ma è di tipo probabilistico», come esplicitamente riconosciuto dalla stessa MSTF (1994). Pur essendo le possibilità di recupero sempre minori con il passare del tempo dall'insulto cerebrale, oggi il concetto di stato vegetativo permanente è da considerarsi superato e sono documentati casi, benché molto rari, di recupero parziale di contatto con il mondo esterno anche a lunghissima distanza di tempo. È pertanto assurdo parlare di certezza di irreversibilità;
c) il documento della MSTF (1994) definiva «stato vegetativo persistente» «uno stato di incoscienza sveglia che duri più di alcune settimane». L'aggettivo «persistente» si riferisce solo a una condizione di disabilità pregressa e perdurante caratterizzata da una prognosi incerta. Secondo le raccomandazioni dell’International Working-Party di Londra del 1996, i termini persistente e permanente sono sconsigliati e si consiglia di sostituirli con l'indicazione della durata della condizione (stato vegetativo da numero mesi anni);
d) lo «stato di minima coscienza» si distingue dallo stato vegetativo per la presenza di comportamenti associati alle attività di coscienza. Anche se possono comparire in modo inconsistente, essi sono tuttavia riproducibili e vengono mantenuti sufficientemente a lungo per essere differenziati da comportamenti riflessi. L'evidenza è dimostrata dalla consistenza o dalla complessità della risposta comportamentale, per cui una risposta complessa come la verbalizzazione intelligibile può essere di per sé sufficiente per manifestare la presenza di attività di coscienza (Aspen Consensus Group). Il paziente con stato di minima coscienza presenta: apertura spontanea degli occhi; ritmo sonno-veglia; percezione riproducibile, ma inconsistente; abilità comunicativa riproducibile, ma inconsistente; attività motoria finalistica, riproducibile, ma inconsistente; inseguimento con lo sguardo; comportamenti ed azioni intenzionali (non attività riflessa) sulla stimolazione ambientale; comunicazione funzionale interattiva. L’Aspen Consensus Group ha, inoltre, chiarito che l'uscita dallo stato di minima coscienza e il recupero verso un stato superiore avviene lungo un continuum il cui limite superiore è necessariamente arbitrario;
e) lo stato vegetativo deve essere distinto da altre condizioni cliniche, con cui è spesso confuso nel linguaggio comune ed in quello dei media: si tratta soprattutto di tre quadri clinici, solo apparentemente simili: morte cerebrale, coma, locked-in syndrome. La «morte cerebrale» non è una patologia, ma un criterio di accertamento della morte. Le persone in queste condizioni non sono più vive e deve essere sospeso qualsiasi trattamento terapeutico. Dal punto di vista neurologico, il paziente in stato vegetativo non è in morte cerebrale, perché il suo cervello, in maniera più o meno imperfetta, non ha mai smesso di funzionare, respira spontaneamente, continua a produrre ormoni che regolano molte delle sue funzioni, digerisce, assimila i nutrienti. Secondo la legge n. 578 del 1993 la morte cerebrale viene definita come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo e non solo di quelle del tronco. Per poter diagnosticare la morte cerebrale occorre che vengano rilevati: stato di incoscienza, assenza di riflessi, silenzio elettrico cerebrale documentato da elettroencefalogramma eseguito secondo particolari modalità tecniche. Il «coma» è una condizione clinica secondaria a molteplici tipi di danno cerebrale, strutturale o metabolico, a carattere focale o diffuso. Si tratta di uno stato di abolizione della coscienza e delle funzioni somatiche (motilità, sensibilità, espressione e comprensione verbale) associate ad alterazioni, talora marcate, del controllo e della regolazione delle funzioni vegetative o vitali (respirazione, attività cardiaca e pressoria) e della vita di relazione. Nella «Locked-in syndrome» (LIS) il paziente è paralizzato ai quattro arti (tetraplegia), senza compromissione della coscienza e delle attività mentali. Si presenta in vari stadi. Il più grave permette al paziente la sola comunicazione con lo sguardo tramite i movimenti oculari sul piano verticale e l'ammiccamento. La causa più frequente è una lesione a livello del ponte da occlusione dell'arteria basilare. La LIS è una sindrome di de-efferentazione, con immobilità assoluta ad eccezione della motilità oculare, coscienza conservata e presenza di chiara consapevolezza di sé e dell'ambiente. I pazienti sono vigili e coscienti, ma privi di motilità, espressioni facciali e possibilità di vocalizzazione. Nella fase acuta è molto difficile la valutazione del paziente, perché il suo stato di vigilanza è fluttuante e i movimenti oculari sono inconsistenti e facilmente esauribili. In letteratura si sospetta che alcuni pazienti in stato vegetativo possano essere affetti da una sorta di super-locked-in syndrome, realizzando una condizione in cui, pur mantenendo una forma di coscienza, non possono più comunicare neanche con gli occhi.

È necessario comunque dedicare tempo ad acquisire l'esperienza necessaria per valutare le caratteristiche cliniche sulla base di una approfondita conoscenza dei danni cerebrali.
Nel rapporto con questi pazienti in stato di coma vegetativo due osservazioni preliminari sono particolarmente interessanti e sono alla base di questo disegno di legge. Per quanto riguarda la sopravvivenza dei pazienti in stato vegetativo da oltre un anno, non esiste significativa differenza nella sopravvivenza tra i pazienti ricoverati in strutture dedicate e quelli a domicilio. Sono noti nella letteratura numerosi casi di sopravvivenza oltre i dieci anni. Inoltre il paziente in stato vegetativo di per sé non necessita di alcuna macchina per continuare a vivere, non è attaccato ad alcuna spina.
I dati presenti in letteratura ed elaborati da alcune regioni italiane ipotizzano che il numero dei pazienti a cui occorre garantire assistenza specifica non è inferiore a 3,5-5 per 100.000 abitanti, pari a livello nazionale a circa 2.000-2.500 pazienti, mentre la richiesta di posti letto in strutture dedicate è pari a 3-4 posti letto per 100.000 abitanti. Il Gruppo italiano per lo studio delle gravi cerebrolesioni acquisite e riabilitazione (GISCAR-followup) calcola che i pazienti in stato vegetativo rappresentino, nel loro complesso, oltre il 6 per cento dei casi dimessi dalle unità di riabilitazione.
La condizione di stato vegetativo resta purtroppo gravata da un tasso di errore diagnostico ancora molto elevato, anche in centri qualificati. La correttezza e la precocità della diagnosi costituiscono la premessa imprescindibile perché il paziente possa usufruire precocemente ed efficacemente di livelli assistenziali adeguati alla sua condizione. In tal senso la corretta diagnosi condiziona la stessa equità di accesso alle cure e non dovrebbe limitarsi a rilevare uno stato clinico, ma dovrebbe ricercare informazioni utili a orientare l'intervento riabilitativo nella scelta di modelli di intervento di maggiore efficacia. Il problema diagnostico dello stato vegetativo richiede pertanto che su tutto il territorio nazionale il paziente in tale stato possa usufruire di procedure diagnostiche omogenee che, per quanto riguarda la sede di effettuazione, necessitano di una valida struttura neurologica, inserita in un contesto ospedaliero di elevata qualificazione. Da ciò deriva la necessità di definire un percorso lineare e precoce in grado di garantire la necessaria continuità delle cure, superare i problemi di insufficienza delle strutture e le situazioni di abbandono terapeutico e assistenziale, con il coinvolgimento delle famiglie opportunamente sostenute e aiutate.
La condizione di stato vegetativo, almeno nelle fasi iniziali, richiede una presa in carico intensiva e competente per quanto riguarda sia la gestione clinica sia la valutazione dello stato di coscienza. È opportuno quindi chiarire sia il percorso sia la denominazione delle strutture in grado di accogliere queste persone nel modo più appropriato nelle diverse fasi della malattia, anche per non disorientare i familiari. Se da un lato, infatti, costituisce un criterio di giustizia il fornire a ogni paziente le migliori cure per il tempo necessario, dall'altro l'appropriatezza degli interventi è indispensabile durante la fase delle funzioni vitali proprio per estendere tale obiettivo al maggior numero possibile di pazienti.
La specificità dei problemi posti da questi pazienti richiede interventi qualificati sempre più tempestivi, tenendo conto che abitualmente il paziente giunge dopo un evento critico in un reparto di terapia intensiva, dove si cerca di stabilizzare le sue funzioni vitali, per essere poi spostato in un reparto di riabilitazione intensiva. Se questi primi passaggi sono correttamente gestiti la percentuale di pazienti che esce dallo stato di coma è molto elevata, ma accade anche che, nonostante l'eccellenza delle prime cure ricevute, in molti pazienti lo stato di coma cronicizzi e richieda nuovi modi e nuovi modelli di assistenza. Le speciali unità di accoglienza permanente che il presente disegno di legge intende istituire, dedicate a soggetti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza cronici, vanno inserite in residenze sanitarie assistenziali o in centri di rianimazione ad hoc come unità distinte, cui si può accedere o direttamente dai reparti di riabilitazione per post-acuti, o da strutture riabilitative per gravi cerebrolesioni acquisite, o, ancora, dal domicilio per «periodi di sollievo». Il vero obiettivo è quello di creare un sistema in rete in cui le unità di accoglienza speciale riservate ai pazienti in stato vegetativo costituiscono uno snodo essenziale, ma flessibile. Tali unità speciali sono l'interfaccia stabile tra la dimensione domestica, in cui il paziente potrà trascorrere lunghi e perfino lunghissimi periodi con l'assistenza ordinaria necessaria, e i centri clinico-ospedalieri che dovessero rendersi necessari per gestire alcune patologie emergenti. La messa in rete di un sistema di assistenza integrato richiede anche personale medico-infermieristico particolarmente competente nella gestione di un servizio, che potrebbe apparire relativamente poco complesso sul piano del fare, ma richiede invece competenze di altissimo profilo sul piano relazionale, come sempre accade quando ci si confronta con condizioni ad elevato indice di cronicità. Solo una assistenza che sul piano interpersonale risulti qualitativamente molto valida può contribuire a respingere ogni possibile richiesta di tipo eutanasico, qualsiasi sia la sua possibile manifestazione e da chiunque possa provenire. Fatti recenti ci dicono come in situazioni che si protraggono a lungo nel tempo la stanchezza e una sorta di sindrome da stress, accompagnata dalla mancanza visibile di segni di miglioramento delle condizioni del paziente, può indurre a considerare del tutto inutili le proprie fatiche, assolutamente improduttivi gli investimenti che si fanno, e può creare una sorta di richiesta compassionevole per mettere fine a questa situazione: per il bene del paziente, della famiglia e della struttura.
Questo disegno di legge nasce anche dalla consapevolezza che per sostenere autorevolmente il valore inalienabile e indisponibile della vita umana, anche nei momenti in cui la persona appare più fragile, è necessario predisporre tutti gli strumenti necessari per alleviare la fatica fisica e psicologica, emotiva ed etica di chi deve misurarsi con questi problemi giorno per giorno e per molti anni. Oggi, occorre non nasconderlo, la richiesta di eutanasia può assumere forme molto accattivanti, perfino seduttive, mimando il senso della pietas e facendo apparire come buone soluzioni che solo poco tempo fa sarebbero state respinte con fermezza. Prendersi cura dei pazienti in stato di coma vegetativo non è solo un modo per garantire la loro vita e la dignità che deve sempre mantenere, è anche un modo concreto per ricordare a tutti noi proprio il valore della vita e la responsabilità sociale con cui dobbiamo prenderci tanto più cura delle persone quanto più delicate sono le loro condizioni di vita.
L'ipotesi è quella di creare almeno cinque posti letto dedicati a pazienti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza ogni 100.000 abitanti. Tale numero di letti dedicati dovrà essere periodicamente aggiornato in base ai dati di un registro nazionale specificatamente istituito. Questo disegno di legge intende facilitare, laddove sia possibile, il rientro in famiglia, soprattutto per i soggetti giovani, ben sapendo quanto sia elevato il carico assistenziale e come occorra prevedere adeguati sostegni alle famiglie che se ne fanno carico. Prima del rientro presso il proprio domicilio è quindi necessario che il team riabilitativo delle unità per gravi cerebrolesioni o delle altre strutture di ricovero valuti a tutto campo la possibilità della famiglia di poter gestire a domicilio la persona in stato vegetativo o in stato di minima coscienza. Può anche accadere che ciò che è possibile in determinati momenti non lo sia più in altri, per sopravvenute cause di forza maggiore (ad esempio, malattia dei care giver o di qualche altro familiare convivente). Né il paziente né la sua famiglia vanno lasciati soli e debbono sapere con serenità che nel momento in cui non potessero farsi carico del loro familiare in coma la struttura sanitaria interverrebbe con l'offerta di un altro tipo di servizio, per esempio uno dei posti letto appositamente previsti. L'unità di valutazione multi-professionale (medica, infermieristica, fisioterapica, sociale) del servizio territoriale dell'azienda sanitaria locale di appartenenza dovrà sempre valutare e suggerire il percorso socio-assistenziale più idoneo per organizzare sia il rientro domiciliare protetto che il ricovero nella unità speciale di assistenza. Si tratta di un processo decisionale aperto, in cui l'alleanza medico-paziente diventa una sorta di patto con la struttura sanitaria, all'insegna di una piena e compiuta umanizzazione della medicina.
L'istituzione di posti letto dedicati e la creazione di una rete di servizi di questo tenore potrebbe aiutare molte persone a riflettere con maggiore serenità davanti alle proprie dichiarazioni anticipate di trattamento, senza il timore di essere abbandonati e senza la paura di essere di peso per i propri familiari, accettando i ritmi naturali della vita, senza affrettarne la conclusione.
Il disegno di legge è composto da nove articoli; il primo definisce l'obiettivo specifico della legge di istituire le unità speciali di accoglienza permanente per i pazienti in stato di coma vegetativo, ma precisa anche che queste unità di accoglienza si ispirano al massimo rispetto per la vita del paziente, che sarà sempre garantita, anche perché si vieta esplicitamente ogni possibile forma di eutanasia, in qualsivoglia maniera si possa presentare. In questo senso l'articolo 1 crea un ponte con la futura legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e riafferma esplicitamente come, nelle unità di accoglienza, nutrizione e idratazione saranno sempre garantite al paziente. Senza accanimento terapeutico, ma senza neppure permettere forme surrettizie di abbandono terapeutico.
L'articolo 2 prende in esame la specificità della collocazione delle unità di accoglienza all'interno di una rete di servizi, garantita anche dall'alta preparazione professionale del personale che vi lavora e a cui si affida la responsabilità di provare ad individuare nuovi protocolli di osservazione e di assistenza, basati su prove di efficacia scientifica, che consentano di fare ulteriore chiarezza proprio sullo stato di coma.
L'articolo 3 definisce i criteri di accesso alle unità di accoglienza e sottolinea la flessibilità dei percorsi di assistenza in modo da facilitare il passaggio del paziente alla assistenza domiciliare, garantendo nello stesso tempo alla famiglia che in caso di mutate circostanze il paziente potrà tornare all'unità di competenza senza ulteriori aggravi.
L'articolo 4 descrive analiticamente le caratteristiche che devono avere le unità di accoglienza e la relativa dotazione di mezzi necessari a facilitare il benessere del paziente, ma anche le condizioni di lavoro del personale, permettendo la presenza dei familiari. L'unità di accoglienza si configura come luogo di cura e di stimolazione per il paziente e non come una sorta di parcheggio; si affermano criteri di massima flessibilità per gestire la sua condizione, ma non si avalla nessuna forma di possibile abbandono. Anche sotto il profilo dei controlli diagnostici, soprattutto quelli legati alle tecniche di immagine, si vuole assicurare al paziente una attenzione adeguata a monitorarne l'evoluzione, andando oltre la semplice osservazione clinica, che pure resta un mezzo di grande importanza per valutarne le condizioni.
L'articolo 5 è dedicato a descrivere le modalità per il rientro a domicilio del paziente, soprattutto per quello iniziale, che va attentamente programmato in tutte le sue implicazioni pratiche ed emotive, organizzative ed economiche, etiche e psicologiche. Non bisogna dimenticare che spesso i familiari lo hanno visto uscire di casa sano e lo ritrovano ora a distanza di poco tempo in coma; per molte persone i cambiamenti logistici che la casa deve affrontare per accogliere il paziente creano disagio, attivano angosce e in ogni caso modificano la prospettiva di vita.
L'articolo 6 analizza i compiti dell'unità di valutazione multi-professionale, che costituisce una vera e propria cabina di regia per assicurare efficacia all'intero programma di assistenza. Non si tratta di una valutazione una tantum, ma di una azione che dura nel tempo, che monitorizza i cambiamenti in qualsiasi direzione vadano, inclusi quelli relativi agli stati d'animo dei familiari, ai segni di un possibile stress, di una stanchezza non più gestibile in chi assiste, veri e propri prodromi di quella sindrome di burn out che può preludere a richieste eutanasiche, comunque mascherate.
L'articolo 7 guarda ancora alla famiglia, e ne analizza le necessità per venirle incontro con umanità e competenza. È questo in realtà uno dei fili conduttori dell'intero disegno di legge, perché solo la centralità della famiglia consente di garantire al paziente qualità dell'assistenza e calore umano; proprio per questo non si può lasciare sola la famiglia.
Infine, l'articolo 8 prevede l'istituzione di un Registro nazionale per meglio quantificare i problemi e poter predisporre le risorse necessarie a fronteggiarli. All'articolo 9 viene lasciata la valutazione della copertura finanziaria, con le problematiche connesse.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Istituzione di speciali unità di accoglienza permanente)

1. Sono istituite speciali unità di accoglienza permanente (SUAP) al fine di gestire le fasi croniche delle patologie dei pazienti cerebrolesi per qualsiasi causa, in stato di coma vegetativo oppure affetti da uno stato cerebrale di bassa responsività, in cui risulti una presunta immodificabilità o una modificabilità molto limitata del quadro neurologico e della coscienza.

2. Nelle SUAP il rispetto per la dignità della vita del paziente prevede la massima attenzione alle sue dichiarazioni anticipate di trattamento, nel caso siano state formulate con chiarezza e per iscritto, e gli garantisce in ogni caso nutrizione e idratazione, nelle forme dovute.

3. I pazienti accolti nelle SUAP e i loro familiari sono informati del fatto che in tali unità sono espressamente vietate tutte le attività che in qualche modo possano essere ricondotte a forme di eutanasia, comunque intesa e applicata.

Art. 2.

(Inserimento delle SUAP)

1. Le SUAP sono inserite in residenze sanitarie assistenziali o in centri di rianimazione come unità distinte e sono parte essenziale di un sistema di rete regionale, integrato con i reparti ospedalieri e universitari, con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e con il territorio, al fine di garantirne una distribuzione geografica equilibrata. L'assistenza domiciliare dei pazienti in stato di coma vegetativo è uno degli elementi qualificanti del sistema regionale integrato.

2. Le SUAP devono essere separate e distinte dalle aree di degenza ordinaria e dai reparti di riabilitazione intensiva o estensiva o di riabilitazione per gravi cerebrolesioni acquisiste.

3. Il personale adibito alle SUAP, oltre a possedere le competenze che caratterizzano ciascun profilo professionale specifico, deve aver ricevuto un'ulteriore formazione che permetta lo sviluppo di protocolli di osservazione degli stati di coma tali da consentire sia di migliorare le condizioni dei pazienti in stato di coma vegetativo, sia di fare previsioni basate su prove di evidenza scientifica sullo sviluppo della loro condizione.

Art. 3.

(Accesso alle SUAP)

1. L'accesso alle SUAP avviene per trasferimento del paziente dai reparti di riabilitazione estensiva per post-acuti o da strutture riabilitative per gravi cerebrolesioni acquisite. Possono altresì accedere alle SUAP i pazienti di cui all'articolo 1 assistiti a domicilio, per periodi di tempo limitati.

2. Al fine di garantire la continuità e l'equità nell'accesso alle cure, la permanenza nelle SUAP, di norma, non può superare i sei mesi. Nel corso del periodo di permanenza, l’équipe medica definisce, in accordo con la famiglia del paziente, il percorso successivo più idoneo.

3. Un paziente può nuovamente essere accolto in una SUAP qualora, per sopraggiunte ragioni di forza maggiore, quali la morte o la malattia di uno dei familiari che lo assistono, si determinino circostanze che non ne consentano più l'assistenza a domicilio.

Art. 4.

(Requisiti strutturali e assistenziali delle SUAP)

1. Le SUAP devono possedere i seguenti requisiti strutturali e assistenziali:

a) non meno di dieci e non più di venti posti letto;

b) 10 per cento dei posti letto riservato ai pazienti di cui all'articolo 3, comma 1, secondo periodo;

c) assistenza di un'apposita équipe medica per ogni paziente, nell'ambito di un piano di assistenza individualizzato, che comprenda anche la fisioterapia;

d) presenza dell'infermiere coordinatore;

e) piano assistenziale di almeno 330 minuti al giorno di assistenza per ogni paziente;

f) controllo medico del paziente con la necessaria frequenza, di almeno quattro volte al giorno, due al mattino e due al pomeriggio; garanzia di reperibilità del personale medico in qualsiasi momento;

g) periodici accertamenti diagnostici per il paziente, presso appositi laboratori, inclusi i controlli effettuati tramite tecniche di diagnostica per immagini;

h) per la definizione delle caratteristiche strutturali degli spazi di ricovero, applicazione delle disposizioni vigenti per le residenze sanitarie assistenziali, con la possibilità di sollevare e di mobilizzare il paziente, e dotazione di idonei dispositivi a tal fine dedicati, quali elevatori e carrozzine;

i) idonei spazi attrezzati e dedicati ad attività di fisioterapia, musicoterapia e similari;

l) adozione di indicatori di qualità semplificati per la valutazione delle prestazioni assistenziali;

m) spazi di soggiorno interni ed esterni, che consentano ai familiari di incontrare i pazienti per adeguati periodi di tempo nonché presenza di volontari;

n) libero accesso dei familiari del paziente, predisposizione e attuazione di un programma di sostegno psicologico per i medesimi familiari, anche con l'intervento dello psicologo e dell'assistente sociale, ove necessario.

Art. 5.

(Modalità per il rientro al domicilio)

1. Qualora sussistano le condizioni per il rientro dei pazienti di cui all'articolo 1 al domicilio familiare, il Servizio sanitario nazionale assicura a tali soggetti e ai familiari conviventi che li assistono un'adeguata assistenza globale rapportata alla gravità della patologia, secondo le modalità previste dai commi 2 e 3 del presente articolo.

2. Le SUAP dispongono del personale medico-infermieristico necessario per seguire i pazienti nella fase di ricovero, adeguato a seguire i pazienti anche in regime domiciliare. Il criterio della continuità di cura è essenziale per mantenere la medesima progettualità assistenziale sia presso le SUAP sia presso il domicilio e per garantire ai familiari adeguata assistenza al momento del rientro del paziente al domicilio medesimo.

3. Le SUAP valutano, prima dell'accoglimento del paziente, le modalità per organizzare il suo rientro al domicilio. Tale valutazione è effettuata dalle unità di valutazione multiprofessionale di cui all'articolo 6 basandosi sull'analisi delle condizioni cliniche del paziente e della situazione socio-economica, psico-attitudinale, logistica e organizzativa della famiglia. Effettuata la valutazione iniziale, l'unità di valutazione multiprofessionale individua gli interventi necessari per rimuovere gli eventuali fattori ostativi rispetto al rientro al domicilio, previa attivazione dei servizi previsti dall'articolo 7.

Art. 6.

(Unità di valutazione multiprofessionale)

1. Presso ciascuna azienda sanitaria locale sono istituite le unità di valutazione multiprofessionale (UVM), costituite da personale medico e infermieristico, da psicologi, da tecnici di fisioterapia e da assistenti sociali, aventi la funzione di definire il percorso socio-assistenziale più idoneo per organizzare il rientro domiciliare protetto per i pazienti di cui all'articolo 1.

2. Oltre a valutare le possibilità di rientro al domicilio del paziente, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, le UVM:

a) facilitano il rientro al domicilio attraverso l'attivazione dei servizi alla famiglia previsti dall'articolo 7;

b) effettuano il monitoraggio periodico sul decorso delle condizioni del paziente al fine di individuare eventuali segni di miglioramento clinico che giustifichino una nuova presa in carico da parte delle strutture riabilitative o l'emergere di complicazioni tali da rendere necessario il temporaneo ricovero ospedaliero del paziente;

c) favoriscono, in ogni caso, il collegamento con le strutture di riferimento;

d) verificano l'eventuale cessazione delle condizioni che hanno reso possibile la permanenza del paziente presso il suo domicilio, promuovendo in tal caso le iniziative necessarie per la sua collocazione permanente presso la SUAP di competenza.

3. Le UVM possono avvalersi, per lo svolgimento di compiti specifici, di altre figure professionali dell'azienda sanitaria locale di appartenenza.

Art. 7.

(Servizi forniti alla famiglia)

1. Alle famiglie dei pazienti di cui all'articolo 1, il Servizio sanitario nazionale assicura un'assistenza domiciliare integrata di tipo medico, infermieristico, fisioterapico e psicologico.

2. I servizi forniti alla famiglia comprendono almeno:

a) adeguata fase di informazione e formazione relativa alle modalità per affrontare e gestire la presenza domiciliare del paziente;

b) fornitura di ausili idonei ad agevolare le cure igieniche, la permanenza a letto, il sollevamento, la mobilizzazione e la nutrizione del paziente;

c) accesso ai periodi di ricovero temporaneo presso le SUAP, di cui all'articolo 3, comma 1, secondo periodo.

Art. 8.

(Istituzione del Registro nazionale dei pazienti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza)

1. È istituito, presso l'Istituto superiore di sanità, il Registro nazionale dei pazienti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza. Gli assessorati regionali alla salute trasmettono annualmente al Registro i dati relativi a tutti i pazienti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza seguiti dalle UVM di propria competenza.

Art. 9.

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.