Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 27
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori DE POLI, SACCONE e CASINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 MARZO 2018

Disciplina dell'affido per l'integrazione familiare e sociale
delle persone anziane e in difficoltà

Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge nasce dall'esigenza di disciplinare una diversa forma di assistenza per le persone adulte in difficoltà e in particolare per gli anziani, partendo dalla constatazione del vuoto normativo esistente, che non consente il ricorso a nuove ipotesi di rapporti fondati su princìpi di solidarietà tra le persone.
L'allungarsi dei tempi di vita e il ridursi della consistenza familiare hanno determinato un'alta incidenza nella società attuale di persone in età avanzata rispetto al totale della popolazione.
Inoltre, la distanza abitativa dei nuclei familiari e la diversità dei modelli organizzativi posti in atto dalle generazioni rende difficile e talvolta impossibile l'assistenza diretta dell'anziano o dell'adulto in difficoltà da parte dei suoi congiunti.
La formula dell'inserimento in una struttura residenziale a gestione pubblica o privata non può essere l'unico tipo di approccio al problema, che è di tipo sociale, ma principalmente umano.
Si avverte la necessità di allargare la prospettiva mediante processi di integrazione che si basino su criteri diversi da quelli sui quali si fonda la consueta assistenza.
Da una parte occorre richiamarsi al principio di autonomia della persona e di potenziamento delle sue risorse, un processo che permette una continua evoluzione e possibilità di adattamento alla situazione di vita destinata a mutare nel tempo, cosicché l'anziano non deve essere considerato solo un soggetto da soccorrere, ma una persona che può sviluppare nuove dinamiche e vivere in modo adeguato ai suoi nuovi ritmi, condizionati dall'ingravescenza dovuta all'età.
Dall'altra parte è necessario fare ricorso al principio di solidarietà sociale e di integrazione tra apporto pubblico e privato, che è posto alla base della legge quadro sull'assistenza (legge 8 novembre 2000, n. 328), la quale prevede modalità di intervento che «umanizzano» il profilo assistenziale, quando esso è necessario.
In sostanza si tratta di attuare princìpi che ritroviamo espressi sia nella Carta costituzionale che in leggi a tutela delle persone in difficoltà, quali – per citarne alcune – la legge 5 febbraio 1992, n. 104, che riguarda i diritti delle persone disabili, la legge 4 maggio 1983, n. 184, novellata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, che afferma il diritto del bambino ad essere educato e vivere nell'ambito della propria famiglia o ad averne una in sostituzione, e la legge 9 gennaio 2004, n. 6, che istituisce l'amministrazione di sostegno per chi è in difficoltà onde evitare l'umiliante ricorso all'inabilitazione o all'interdizione.
Si tratta di norme che ribadiscono il principio di garanzia del pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e autonomia delle persone non completamente autosufficienti e che riconoscono a tutti la piena integrazione familiare e sociale e il diritto al sostegno per poter continuare a vivere all'interno di un nucleo familiare.
Tale sostegno presuppone anche l'apporto di enti e associazioni che si accompagnino al servizio pubblico di aiuto personale e familiare e una necessaria attività di informazione e di formazione diretta a promuovere questo modello culturale e a rendere praticabile la strada dell'assistenza integrata e umana.
Occorrono tuttavia anche nuovi modelli giuridici che fissino le norme indispensabili alla regolamentazione di nuovi rapporti tra persone adulte e che tengano conto di un modello culturale capace di affiancarsi a quelli già esistenti.
Un nuovo modello di questo tipo può ispirarsi all'istituto dell'affido del minore, che riconosce a quest'ultimo il diritto di vivere all'interno della sua famiglia o, nel caso di inidoneità della stessa, all'interno di un nucleo familiare o di tipo familiare.
Esso presuppone che l'esercizio di tale diritto non possa essere ostacolato dalle condizioni di indigenza e dalle difficoltà familiari, riaffermando quindi il dovere dello Stato, delle regioni e degli enti locali di sostenere i nuclei familiari al fine di consentire che la famiglia possa svolgere l'importante ruolo educativo e formativo del bambino.
Analogamente gli stessi princìpi, applicati al diritto di ogni persona, e in particolare dell'anziano, di conservare la propria autonomia e l'ambiente di relazione, impongono una forma di sostegno della famiglia per svolgere questo ruolo di integrazione anche in favore delle persone adulte in difficoltà.
Nel caso in cui, nonostante tale forma di sostegno, ciò non sia possibile, o qualora la persona interessata decida diversamente, si può pensare di delegare l'affidamento a terzi, ovvero a un'altra famiglia, a un nucleo di tipo parafamiliare o a una persona singola, onde consentire l'inserimento in un ambiente che favorisca i rapporti tra persone ed eviti gli effetti dell'abbandono.
Esistono certamente delle specificità che distinguono l'affidamento dell'anziano rispetto all'affidamento del bambino, il quale, pur potendosi esprimere, resta soggetto alla decisione degli adulti e in particolare dei servizi sociali o del giudice, mentre la persona adulta, se conserva le sue facoltà mentali, sceglie l'affido e quindi occorre prevedere che vi possa rinunciare.
Ma anche in questa ipotesi occorre regolare le modalità di accesso e i rapporti tra i soggetti, individuare i criteri di idoneità e di selezione degli affidatari e curarne la formazione, distinguere le fattispecie degli affidi che possono essere di semplice supporto oppure richiedere una vera e propria convivenza presso l'affidato o presso l'affidatario, sostenere entrambi i soggetti, monitorare la situazione onde evitare prevaricazioni o circonvenzioni.
Occorre prevedere che un’equipe tecnica sia preposta a tali compiti, disciplinarne le competenze e le modalità operative, individuarne la composizione.
Il presente disegno di legge interviene a colmare il vuoto legislativo che non consente di disporre l'affido con le garanzie di una normativa ad hoc e non intende certamente indicare questo tipo di sostegno alla persona come l'unico possibile: esso viene indicato come un modello utile e indispensabile insieme alle altre forme di aiuto per garantire a tutti per il maggiore tempo possibile l'autonomia e la capacità di integrazione familiare e sociale che costituiscono i parametri portanti del diritto alla dignità umana, facendo leva su sentimenti di solidarietà sociale e sui doveri posti in capo alle istituzioni preposte a garantire il benessere delle persone.
Questo tipo di sostegno non richiede solo delle regole giuridiche che salvaguardino i diritti dell'affidato e dell'affidatario e ne fissino i reciproci doveri, ma presuppone il diffondersi di un nuovo modello culturale dell'assistenza che richiede iniziative di divulgazione e sensibilizzazione, nonché l'organizzazione di corsi di formazione e di preparazione dei soggetti idonei ad assumere la funzione di affidatari.
Non ci si nasconde la difficoltà di individuare le regole di garanzia, di sostenere la formazione, di valutare l'idoneità delle persone, di effettuare il controllo nel doveroso rispetto delle persone, evitando di creare rigidi sistemi invasivi del diritto alla riservatezza e all'autodeterminazione di persone che in buona parte non sono prive di capacità di agire, ma solo limitate nella gestione della loro vita.
Non si vuole con l'istituto dell'affido dell'adulto sostituire gli altri istituti, quale quello dell'amministratore di sostegno, che conserva tutte le proprie prerogative in materia di assistenza giuridica e può fare ricorso a un affidatario per svolgere i compiti di cura della persona; né l'affido può escludere il permanere di forme di assistenza domiciliare sanitaria ritenute necessarie.
Le difficoltà che si palesano chiaramente a chi si sofferma sul problema non possono di per sé sole porsi come un ostacolo insormontabile.
Si tratta di avere il coraggio di uscire da uno schema mentale basato sulle formule già esistenti e verificare se la filosofia di fondo sia convincente.
Peraltro, anche in ambito minorile si è passati dall'inserimento del bambino negli istituti educativi o residenziali (che entro il 2006 sono stati chiusi o riconvertiti in piccole comunità di tipo quasi familiare) all'istituto dell'affidamento per conservare loro il diritto di crescere all'interno di una famiglia, in quanto sono stati ampiamente documentati i problemi dell'istituzionalizzazione malgrado il lodevole intento di dare assistenza al bambino abbandonato.
Sono ben noti, tuttavia, i punti nodali che non rendono semplice l'applicazione di tale istituto, quali la difficoltà del rapporto tra famiglia affidataria e quella di origine, il reperimento di nuclei affidatari, la loro formazione e sostegno, le dinamiche psicologiche che riguardano il minore.
Alcuni di questi problemi possono riguardare anche l'affido dell'adulto, altri costituiscono difficoltà specifiche. Occorre infatti tenere presente che ci si trova di fronte a un soggetto che, essendo in grado di autodeterminarsi, di regola non può «subire» l'affido, ma lo deve scegliere, essendo residuali i casi in cui altri disporranno per lui. Quindi occorre prevedere che vi possa rinunciare e, del pari, che l'affidatario sia sottoposto a un controllo e debba rapportarsi con un’equipe tecnica, ma possa anche revocare la sua disponibilità.
Queste sono certamente delle specificità rispetto all'affidamento del minore, che presuppone sempre un vaglio del giudice, una definizione dei tempi e l'impossibilità per il minore di sottrarsi, potendo solo esprimere i suoi desideri, senza avere la certezza che questi saranno attuati.
Tuttavia, se si condivide la finalità dell'istituto, le difficoltà vanno affrontate e potranno essere superate: gli enti pubblici sono in grado di utilizzare le risorse del privato sociale, stipulare convenzioni con associazioni che operano senza fini di lucro nel campo della tutela della persona e dell'anziano sia per la divulgazione della legge o di progetti sperimentali, sia per la formazione dei soggetti interessati, sia per l'integrazione dell’equipe tecnica che seguirà i casi.
Peraltro vi sono già dei precedenti in questo senso, in diverse regioni, che hanno avuto esiti positivi.
Nel Veneto il progetto sperimentale già affidato all'associazione «Anziani a casa propria, dall'utopia alla realtà» prevede alcune modalità di affido a terzi con regole espressamente articolate nel regolamento del progetto e un atto di impegno sottoscritto dall'affidatario e accettato dall'affidato con il quale si fissano i tempi dell'affido e i doveri dei soggetti interessati.
Nelle esperienze degli Stati europei rinveniamo nel codice dell'attività sociale e della famiglia francese la regolamentazione di una forma di affidamento, definito «accoglienza familiare», di soggetti adulti, sia pure con parametri di riferimento caratterizzati dall'onerosità del contratto e dal rispetto di un minimo contributivo fissato per legge quanto alla remunerazione dell'affidatario.
Il disegno di legge dispone, all'articolo 1, il diritto di ogni persona, a prescindere dalla sua età anagrafica, all'integrazione familiare e sociale, princìpi fondanti del diritto al rispetto della dignità umana e dell'autonomia dell'individuo.
Ne consegue che va ribadito il compito delle istituzioni, nell'ambito delle rispettive competenze, di sostenere i nuclei familiari e di promuovere la cultura dell'accoglienza e della solidarietà tra persone che consente l'esercizio di tali diritti attraverso iniziative permanenti di informazione, sensibilizzazione e formazione di soggetti che possono operare in questo campo.
Tale compito può essere svolto più agevolmente utilizzando le risorse degli enti e delle associazioni che senza fine di lucro volontariamente prestano il loro impegno in favore della tutela della persona e dell'anziano o dell'adulto in difficoltà.
Nel caso in cui il sostegno alla famiglia non sia sufficiente, può essere previsto l'affido a terzi che possono aiutare la persona a vivere il più a lungo possibile in modo autonomo e integrato.
L'affido si basa sull'autodeterminazione del soggetto che ne necessita e sulla reciproca fiducia con l'affidatario e persegue lo scopo di evitarne il ricovero in strutture residenziali o di rimuovere le cause che possono determinare il suo isolamento sociale, affiancandosi alle altre forme di sostegno e non contrastando con l'assistenza di un tutore o di un amministratore di sostegno.
Il termine stesso sta a indicare una relazione che viene a instaurarsi tra il soggetto più debole, che chiede aiuto a un terzo in nome del principio di solidarietà e sottopone la propria tutela personale alla fiducia che ripone su questi, e il soggetto in grado di svolgere tale funzione di sostegno.
Quanto alla tipologia il disegno di legge individua tre forme di affido:

1) il piccolo affido, che consiste nelle prestazioni di aiuto di scarsa importanza, necessarie per favorire l'autonomia della persona ancora capace di autogestirsi, ma con qualche difficoltà. Si tratta di una forma di aiuto gratuita, basata su princìpi di pura solidarietà sociale;
2) l'affido di supporto, che richiede un apporto più consistente nell'assistenza e nella cura della persona ancora in grado di vivere da sola, ma non di compiere tutti gli atti della vita quotidiana;
3) l'affido in convivenza, che prevede l'accoglienza dell'affidato presso terzi o presso lo stesso affidatario, o viceversa, in tutte quelle situazioni in cui questi non possa o non voglia vivere da solo.

Mentre la regolamentazione del piccolo affido può essere lasciata all'autonomia delle parti, salvo privilegiare le forme di volontariato delle associazioni al fine di evitare ingerenze pericolose nell'esistenza di una persona fragile, le altre forme di affido necessitano di una regolamentazione che, senza comportare un iter burocratico troppo rigido, tuteli entrambe le parti interessate.
Pertanto il disegno di legge prevede le modalità di accesso e di perfezionamento dell'affido tramite la sottoscrizione da parte dei soggetti di un impegno che comprende anche un piano di intervento personalizzato.
Ciò presuppone la presenza di un’équipe professionalmente adeguata e possibilmente integrata, facente capo all'ente pubblico di tutela o a un ente privato convenzionato e accreditato presso l'ente pubblico, denominato «ente di garanzia», che analizzi i bisogni dell'anziano e concordi con lo stesso il piano di intervento che sarà sottoposto all'accettazione dell'affidatario.
I termini dell'accordo possono essere modificati nel corso dell'affido, che deve essere preceduto da un periodo di prova non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi, in ordine alla riuscita del quale dovrà esprimersi l’équipe tecnica. Quest'ultimasvolge compiti di sostegno e di controllo nel corso dell'affido e sarà informata dall'affidatario di eventuali situazioni di pericolo o di difficoltà che necessitino di adozione di misure particolari.
L'affidatario deve essere una persona maggiorenne, in buono stato di salute, esente da condanne o pendenze penali per delitti non colposi, che sia stata adeguatamente preparata o che abbia maturato altre esperienze analoghe nel settore sociale.
Oltre a relazionarsi in modo adeguato e sensibile con l'affidato, l'affidatario deve rispettare i termini del piano personalizzato e mantenere i rapporti con le figure di riferimento e con l’équipe tecnica, accettando le sue verifiche sulla gestione dell'affido. Deve inoltre essere in grado di assumere decisioni in situazioni di urgenza e di pericolo per la salute o la vita dell'affidato, dandone tempestiva comunicazione alla famiglia e all'ente di garanzia.
L'affidato deve a sua volta rispettare i termini dell'accordo sottoscritto e mantenere i rapporti con l’équipe tecnica.
La continuità di tale appoggio ha lo scopo di sostenere l'affidamento e di prevenire abusi o soprusi, tenuto conto che l’équipe professionale dovrebbe essere composta da un medico, uno psicologo e un'assistente sociale, con la consulenza eventuale di un avvocato per i problemi giuridici.
Poiché, come si è detto, l'operato dell’équipe non deve essere troppo invasivo e deve tenere ampiamente conto della volontà delle parti, i suoi componenti devono a loro volta essere adeguatamente formati.
L'affido cessa:

1) allo scadere dell'eventuale termine se non vi è necessità o volontà di rinnovo;

2) per recesso dell'affidato o dell'affidatario;

3) per revoca disposta dall'ente di garanzia, previa audizione dei soggetti interessati e consultazione del servizio sociale territoriale, ove coinvolto.

Il recesso non opera immediatamente, ma dopo un mese dalla sua comunicazione onde consentire l'adozione di misure alternative di sostegno all'affidato e per consentire all'affidatario, in caso di convivenza presso l'affidato, di trovare una propria sistemazione.
Ribadito che la prestazione dell'affidatario si basa su sentimenti di solidarietà, è giusto prevedere per l'affido di supporto e per quello in convivenza un emolumento che non costituisce una vera e propria retribuzione, ma compensa le spese sostenute e in parte il compito svolto. Esso va adeguato alle condizioni e alle necessità dell'affidato e al tipo di convivenza eventualmente prevista e va posto a carico dell'affidato (o della sua famiglia) se questi dispone di redditi, o degli enti di assistenza, o di entrambi.
Al termine dell'affido, per qualsiasi causa sia cessato, nulla è dovuto all'affidatario, salvo quanto previsto, non trattandosi di un rapporto di lavoro. L'ente di garanzia, tuttavia, è tenuto a stipulare un'assicurazione a tutela sia dei danni provocati dall'affidato all'affidatario o a terzi che potrebbero ritenerne responsabile quest'ultimo, sia dei danni procurati all'affidato da negligenze dell'affidatario. Questa disposizione serve a garantire persone che svolgono un'attività di sostegno tanto delicata da eventuali conseguenze di una funzione che certamente comporta molte responsabilità e situazioni di rischio per chi si prende cura di persone in difficoltà; è dunque necessario prevedere che le conseguenze economiche derivanti da possibili disattenzioni possano ricadere sull'affidato o sull'affidatario.
La norma risponde anche a un'esigenza di concretezza e di fattibilità: è difficile, infatti, pensare al reperimento di persone disponibili ad aiutare un adulto in difficoltà al quale non sono legate da vincoli di sangue o giuridici senza offrire loro alcuna garanzia in ordine alle conseguenze dell'assunzione di una tale responsabilità.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Princìpi generali)

1. Ogni persona, di qualunque età, ha diritto al rispetto della sua dignità umana, all'autonomia e alla piena integrazione familiare e sociale.

2. Le condizioni di indigenza non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto alla piena integrazione familiare e sociale da parte dell'adulto che, per età o per condizioni psico-fisiche, non gode di piena autonomia nella gestione della vita quotidiana.

3. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, sostengono i nuclei familiari o parafamiliari in cui sono inserite persone in difficoltà come definite al comma 2, al fine di consentirne la permanenza all'interno del nucleo di appartenenza o condizioni di vita per quanto possibile autonome salvaguardando le loro relazioni esistenziali.

4. Le regioni e gli enti locali promuovono, anche attraverso l'ausilio di enti e associazioni, iniziative permanenti di formazione dell'opinione pubblica sul diritto delle persone anziane di permanere nel proprio ambiente familiare e sociale o di essere inserite in altro ambiente analogo anche attraverso l'affidamento a nuclei familiari o parafamiliari o a persone diverse dai propri familiari; organizzano corsi di formazione e di preparazione per i soggetti affidatari; stipulano convenzioni con enti e associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela della persona e dell'anziano per la realizzazione delle finalità della presente legge.

5. Quando la famiglia di appartenenza non sia in grado di provvedere alla cura di una persona anziana, si applicano gli istituti previsti dalla presente legge.

Art. 2.

(Affido dell'anziano e della persona in difficoltà)

1. Le persone adulte in difficoltà e le persone anziane, che siano temporaneamente o permanentemente prive di un ambiente familiare idoneo nonostante gli aiuti di tipo domiciliare, possono essere affidate a una famiglia, a un nucleo parafamiliare o a una persona in grado di aiutarle a vivere per quanto possibile in condizioni di autonomia e di integrazione familiare e sociale.

2. L'affido di cui al comma 1 si basa sull'autodeterminazione dell'affidato e sulla reciproca fiducia con l'affidatario ed è finalizzato a rimuovere le cause che possono determinare l'isolamento sociale e a prevenire il ricovero dell'affidato in strutture residenziali.

3. Il ricorso all'affido ai sensi del presente articolo è consentito anche al tutore e all'amministratore di sostegno, in accordo, per quanto possibile, con l'assistito e sentita la famiglia di appartenenza.

Art. 3.

(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge:

a) per «piccolo affido» si intende la prestazione di aiuto a persone anziane o in difficoltà, capaci di autogestirsi per le attività della vita quotidiana;

b) ) per «affido di supporto» si intende la prestazione di cura alla persona che, pur essendo in grado di risiedere da sola nella propria casa, ha difficoltà ad autogestirsi e necessita dell'assistenza, diretta o tramite i servizi domiciliari pubblici o privati, in tutti gli atti della vita quotidiana per i quali si ravvisi tale necessità;

c) per «affido in convivenza» si intende la prestazione di cura e di assistenza nei confronti di una persona anziana o in difficoltà, prestata da una famiglia, da un nucleo parafamiliare o da una persona attraverso l'accoglienza dell'affidato in casa dell'affidatario o viceversa.

Art. 4.

(Perfezionamento dell'affido)

1. L'affido di supporto e l'affido in convivenza si perfezionano con la sottoscrizione di un accordo contrattuale tra affidato e affidatario e l'accettazione da parte di entrambi del piano di intervento personalizzato concordato tra l'affidato e l’équipe dell'ente pubblico o privato convenzionato e accreditato, di seguito denominato «ente di garanzia», che ha promosso l'affido e svolge l'attività tecnica professionale di supporto ai sensi dell'articolo 9.

2. I diritti e gli obblighi dell'affidato e dell'affidatario sono quelli derivanti dall'accordo sottoscritto dalle parti. Il suddetto accordo deve comunque recare la specifica accettazione di entrambe le parti di rapportarsi con l'ente di garanzia.

Art. 5.

(Affidatario)

1. Può svolgere compiti di affidatario la persona maggiore di età in grado di comprendere e di accettare i bisogni dell'affidato e il suo modello di vita.

2. L'affidatario deve godere di un buono stato di salute; non deve aver riportato condanna, anche con sentenza non passata in giudicato, per delitti non colposi; deve disporre di una idonea situazione abitativa nel caso di affido in convivenza presso di sé; deve avere, preferibilmente, maturato esperienza nel settore dell'assistenza o avere seguito un corso di informazione e di formazione svolto da un ente pubblico o da un ente privato accreditato.

Art. 6.

(Obblighi dell'affidatario)

1. Oltre a prendersi cura dell'affidato in base all'accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 4, l'affidatario deve:

a) assumere i necessari provvedimenti d'urgenza nel caso di pericolo di vita dell'affidato, dandone immediata comunicazione agli eventuali familiari, agli operatori dei servizi assistenziali di riferimento e all'ente di garanzia, nonché al tutore o all'amministratore di sostegno, ove esistente;

b) curare e mantenere i rapporti con eventuali familiari dell'affidato e con il tutore o l'amministratore di sostegno, ove esistente;

c) mantenere i rapporti con la figura professionale preposta alla gestione dell'affido;

d) predisporre eventuali sostituzioni in caso di assenza o impossibilità temporanea;

e) consentire le verifiche disposte dall’équipe dell'ente di garanzia, ai sensi dell'articolo 9.

Art. 7.

(Periodo di prova e facoltà di recesso)

1. Nell'accordo contrattuale tra l'affidato e l'affidatario è definito un periodo di prova, di durata da uno a tre mesi a seconda delle esigenze delle parti e della qualità delle prestazioni stabilite; l'esito positivo della prova è valutato dall’équipe dell'ente di garanzia, tenuto conto in particolare della volontà dei soggetti interessati di proseguire o meno nell'affido.

2. L'affidato e l'affidatario possono recedere dall'affido in qualsiasi momento previa comunicazione agli eventuali familiari e all'ente di garanzia, nonché al tutore o all'amministratore di sostegno, ove esistente. Il recesso diventa esecutivo decorsi trenta giorni dalla predetta comunicazione.

Art. 8.

(Decadenza e revoca dell'affido)

1. La violazione degli obblighi derivanti dalla presente legge e dall'accordo contrattuale di cui all'articolo 4 comporta, in caso di particolare gravità, la decadenza dall'incarico di affidatario.

2. La revoca dell'affido è disposta dall'ente di garanzia, previa audizione delle parti e consultazione con il servizio sociale territoriale, se coinvolto.

3. La decadenza dall'incarico e la revoca dell'affido decorrono dalla loro comunicazione all'interessato.

Art. 9.

(Gestione e verifica dell'ente di garanzia)

1. L'ente di garanzia che ha promosso l'affido provvede alla gestione e alla verifica dell'affido stesso, con la collaborazione, ove possibile, del servizio sociale territoriale.

2. Per svolgere le funzioni di propria competenza l'ente di garanzia si avvale di un’équipe tecnica professionale e preferibilmente interistituzionale che valuta la richiesta di affido, predispone il piano di intervento personalizzato, verifica l'idoneità dell'affidatario, vigila sull'andamento dell'affido verificando che esso prosegua in un clima di rispetto reciproco e dispone le eventuali modifiche ritenute opportune o necessarie da apportare all'accordo tra le parti.

Art. 10.

(Oneri economici)

1. Il piccolo affido è una prestazione gratuita, basata su sentimenti di solidarietà; in favore dell'affidatario è previsto solo un rimborso spese liquidabile dall'ente di garanzia o dagli enti locali.

2. Per l'affido di supporto e l'affido in convivenza è stabilito un compenso per l'affidatario, a carico dell'affidato, se dispone di propri redditi, o dell'ente di garanzia.

3. Il compenso di cui al comma 2 è concordato tra le parti ed approvato dall'ente di garanzia, in misura adeguata alle condizioni e alle necessità dell'affidato, al tipo di convivenza eventualmente prevista e alle spese per esigenze di cura e di assistenza che non siano già a carico del servizio pubblico. La misura del compenso può essere modificata in caso di mutamento delle condizioni originarie dell'affidato.

4. L'ente di garanzia provvede a stipulare un'assicurazione che solleva l'affidatario dalla responsabilità civile verso terzi per fatti commessi dall'affidato e che prevede il risarcimento dell'affidato stesso o dei suoi aventi causa per danni causati da negligenze dell'affidatario.

5. Al termine dell'affido intervenuto per qualsiasi causa, nulla è dovuto all'affidatario, salvo il rimborso commisurato alle modalità di svolgimento dell'affido secondo i criteri stabiliti nel piano di intervento personalizzato, tenuto conto di eventuali spese sostenute per l'affidato, autorizzate dall'ente di garanzia o dalla sua équipe.