Legislatura 19ª - 3ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 134 del 03/06/2025

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

SULL'ATTO DI INDIRIZZO N. 7-00021

(Doc. XXIV, n. 28)

La Commissione,

premesso che:

i 24 mesi di guerra civile in Sudan, scoppiata il 15 aprile 2023 a seguito del rifiuto dei paramilitari delle RSF e delle milizie alleate guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, di sottomettersi all'esercito sudanese, SAF, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, hanno provocato quella che le agenzie umanitarie internazionali definiscono la più grande crisi umanitaria del pianeta;

in occasione del secondo anniversario dallo scoppio della guerra, diverse ONG e le Nazioni Unite hanno rappresentato un bilancio drammatico: oltre 29.000 vittime, 13 milioni di sfollati, centinaia di migliaia di persone a rischio carestia e insicurezza alimentare per metà dei 51 milioni di sudanesi. In questi mesi, caratterizzati da terribili testimonianze di sistematiche violenze sessuali, abusi e uccisioni di massa, quasi 4 milioni di profughi hanno attraversato i confini di Egitto, Sud Sudan, Ciad, Libia, Etiopia, Repubblica Centrafricana fino in Uganda;

sia le RSF, già colpevoli del genocidio del 2003 nel Darfur, che l'esercito sono stati accusati di crimini di guerra contro la popolazione civile e l'espandersi della crisi ha comportato ricadute anche nei Paesi vicini come il Sud Sudan, dove l'arrivo di persone in fuga aumenta la pressione su risorse già scarse, aggravando le tensioni in atto;

gli scontri militari procedono incessantemente, in tal senso si pensi alla recente presa di Khartoum e di altre aree del Paese da parte delle SAF, fatto questo che, oltre ad aggravare il bilancio delle vittime del conflitto in zone dove già si combatte, come il Darfur, potrebbe portare ad un'espansione degli scontri anche in altre aree, come il nord e l'est del Paese, finora rimaste relativamente immuni;

nei mesi scorsi, diversi report delle Nazioni Unite e inchieste autonome sia di organi di stampa che di organizzazioni umanitarie hanno rivolto ad attori esterni l'accusa di fomentare il conflitto, in particolare agli Emirati Arabi Uniti, sospettati di aver armato e supportato le RSF ed a Russia ed Iran, che hanno invece garantito il loro supporto ad Al-Burhan. In particolare, per la Russia, a seguito della caduta di Bashar Al-Assad in Siria e della successiva cacciata delle truppe dai porti di Latakia e Tartus, appare ancor più strategica una presenza nel territorio sudanese per preservare la propria capacità logistica ed influenza nell'Africa subsahariana espandendo al contempo la propria presenza navale nell'area del Mar Rosso;

considerato che:

Leni Kinzli, responsabile delle comunicazioni del Programma Alimentare Mondiale per il Sudan, ha evidenziato come, nonostante gli allarmi, il livello dell'attenzione internazionale nei confronti del Sudan resti basso. In soli due anni, più di 90 operatori umanitari, quasi tutti cittadini sudanesi, sono stati uccisi. La drammatica situazione, ulteriormente aggravata dalla sospensione dei finanziamenti di USAID, sta costringendo gli operatori umanitari a ridimensionare i progetti di aiuto anche nei Paesi in guerra. In concreto, per il Sudan, questo comporta una significativa riduzione di del sostegno alle vittime di violenza sessuale, oltre che una forte contrazione dei programmi di alimentazione e vaccinazione;

i tagli di fondi comporteranno, inoltre, come denunciato da diverse organizzazioni internazionali, la chiusura di scuole, un significativo aumento del rischio di matrimoni precoci e dei flussi migratori verso l'Europa;

impegna il Governo:

a continuare a impegnarsi nelle sedi multilaterali, anche in ambito G7, affinché la comunità internazionale si occupi della drammatica situazione in Sudan, garantendo massicci aiuti umanitari alla popolazione duramente provata e tutti gli sforzi diplomatici necessari per la cessazione del conflitto nel Paese;

ad adoperarsi perché tutti i donatori proseguano la loro importante azione a sostegno delle popolazioni colpite da gravi crisi umanitarie.