Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00120

Atto n. 1-00120

Pubblicato il 21 gennaio 2025, nella seduta n. 264
Esame concluso il 19 febbraio 2025 nella seduta n. 275 dell'Assemblea

CATTANEO, UNTERBERGER, SPAGNOLLI, DURNWALDER, PATTON, SEGRE, BORGHI Enrico, CAMUSSO, FLORIDIA Aurora, GIACOBBE, VERINI, ZAMBITO, ZAMPA, CASTELLONE, VERDUCCI, D'ELIA, DE CRISTOFARO, MAGNI, RANDO, FLORIDIA Barbara, PATUANELLI, CRISANTI

Il Senato,

premesso che:

l’Italia, con 99 ricercatori ogni 100.000 abitanti, è al quartultimo posto in Europa e ben al di sotto della media europea, pari a circa 143;

la ricerca pubblica e privata e lo sviluppo in Italia beneficiano di un finanziamento che è pari al 1,47 per cento del PIL, percentuale che ci colloca nel ranking dei Paesi OCSE al 15º posto;

il personale impiegato in Italia nel settore della ricerca, rapportato a mille unità di forza lavoro, è di 13,5 unità, di cui 6 unità sono ricercatori: in sostanza, ogni mille lavoratori, solo 6 sono quindi ricercatori puri, mentre gli altri sono personale di supporto alla ricerca;

l'Italia contribuisce al finanziamento europeo alla ricerca per il 12,3 per cento e soltanto l'8,8 per cento rientra attraverso la vincita di progetti ai bandi europei competitivi. Al contrario, Paesi come i Paesi Bassi, che contribuiscono per il 4 per cento, riescono a vincere finanziamenti per l'8,8 per cento, quindi i Paesi Bassi spendono uno e ne "recuperano" 2,13, mentre in Italia rientra solo lo 0,71 per cento di quello che si investe come Paese;

i fondi annuali per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e degli enti pubblici di ricerca in Italia coprono esclusivamente i costi strutturali e di personale, pertanto la ricerca di tali enti non gode di un budget certo e stabilito a priori, ma sono i ricercatori che partecipano a bandi competitivi (nazionali e internazionali) a reperire i fondi necessari alle loro ricerche;

ad esempio, un progetto di ricerca in ambito biomedico può necessitare, in media, di 150-200.000 euro all’anno (incluso il costo del personale) e richiede da tre a sei anni di investimento continuativo;

il finanziamento diffuso per la ricerca pubblica di base, in ambito umanistico e scientifico, del Paese è affidato dal 2007 ai bandi per i PRIN (progetti di rilevante interesse nazionale), emanati dal Ministero dell’università (fino al 2020 MIUR) e finanziati tramite le risorse del “fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)”;

dal 2007 ad oggi, i bandi PRIN hanno avuto un andamento discontinuo, sia riguardo alle scadenze, sia riguardo agli importi stanziati: a titolo esemplificativo, negli anni 2013, 2014, 2016, 2018, 2019 e 2021, non vi sono stati bandi e, in alcuni anni, il totale delle risorse disponibili per tutti gli ambiti disciplinari ammontava, ad esempio, a 100 milioni nel 2010, 39 milioni nel 2012, 92 milioni nel 2015;

gli ultimi bandi per i PRIN emanati dal Ministero risalgono al febbraio 2022 (somma stanziata pari a 749 milioni di euro) e al novembre 2022 (bando finanziato con i fondi PNRR per una somma pari a 420 milioni);

il Ministero dell’università, in data 4 ottobre 2024, ha comunicato agli uffici ricerca delle università italiane di aver deliberato il cosiddetto “scorrimento” delle graduatorie finali delle proposte approvate nell'ambito del bando PRIN 2022 (con l'avviso n. 1401 del 18 settembre 2024 e con il decreto dirigenziale n. 17430 del 20 settembre 2024), una procedura che ha permesso quindi il recupero di progetti di ricerca risultati esclusi dal finanziamento 30 mesi prima;

la dotazione finanziaria per tale “scorrimento”, per un totale di 67.555.098,50 euro (di cui 526.652,96 euro destinati alle attività di valutazione e monitoraggio), è data dalla somma di 50.000.000 euro provenienti dal “finanziamento aggiuntivo FIRST-PRIN” nell’anno 2023, previsto dal decreto ministeriale n. 164 del 28 febbraio 2019 di riparto delle somme assegnate dall’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e 17.555.098,50 euro previsti dal decreto ministeriale n. 452 dell’8 maggio 2023 di ripartizione delle risorse FIRST per l’anno finanziario 2023 per interventi di supporto alla ricerca fondamentale nell’ambito degli atenei e degli enti pubblici di ricerca afferenti al Ministero;

tuttavia, trascorsi 30 mesi dalla presentazione, i progetti risultati idonei non vincitori del bando PRIN 2022 hanno un’altissima probabilità di essere divenuti obsoleti o di aver trovato altri canali di finanziamento, configurando anche il rischio di un doppio finanziamento, mentre, a causa di questa decisione, a nuovi progetti e nuovi ricercatori è stato precluso l’accesso competitivo alle risorse pubbliche;

per il 2025 non sono attualmente previsti bandi PRIN, il che si traduce nell’impossibilità per i ricercatori di progettare e competere per il prosieguo delle ricerche già in corso, causando quindi l’interruzione di queste ultime;

nel 2021, è stato istituito il FIS (fondo italiano per la scienza), per promuovere lo sviluppo della ricerca fondamentale, con il proposito dichiarato di emulare e seguire le modalità consolidate a livello europeo sul modello del finanziamento alla ricerca dello European research council (ERC);

la dotazione iniziale del bando FIS 1, emanato nel 2021, è stata di 50 milioni di euro e quella del bando FIS 2, pubblicato nel 2023 e riferito alle due annualità 2022 e 2023, è stata (come da decreto direttoriale del Ministero n. 1236 del 1° agosto 2023) di 338 milioni di euro;

i bandi ERC hanno tempistiche annuali "a data fissa" di apertura e chiusura, con le valutazioni che procedono per fasi di cui i candidati vengono informati con un scadenzario (timeframe) pubblicato sul sito ERC all'apertura della call, e che si concludono entro tempistiche note e certe: ad esempio, chi partecipa ai bandi “Synergy grant” sa che la procedura annuale sarà scandita secondo queste tempistiche: i) sottomissione progetto a novembre, ii) a marzo esito della prima valutazione, iii) a luglio esito secondo step di valutazione, iv) seconda settimana di settembre, eventuale, valutazione finale con colloquio in presenza a Bruxelles, v) entro metà ottobre esito finale;

diversamente, i bandi FIS, che vorrebbero emulare i bandi dell'ERC, non prevedono date certe per la pubblicazione dei risultati delle valutazioni. Ad esempio, sono trascorsi 18 mesi per il bando FIS 1 e 11-13 mesi (a seconda del settore) per il bando FIS 2 dalla chiusura dell’applicazione: queste tempistiche fanno sì che nel frattempo i progetti possano risultare superati e obsoleti;

nel novembre 2024, i ricercatori in attesa da quasi un anno della pubblicazione dei risultati del bando FIS 2 si sono trovati di fronte all’apertura del bando FIS 3 e alla possibilità di partecipare, senza sapere se, nel frattempo, avessero vinto il FIS 2 o se avrebbero avuto l’esito del FIS 2 prima della scadenza per la sottomissione al bando FIS 3, dovendo dunque prepararsi ad investire tempo, fatica, ore di lavoro nella predisposizione di un progetto che, nel caso fossero poi risultati vincitori del FIS 2, sarebbe risultato decaduto;

le valutazioni dei progetti FIS non hanno nulla a che vedere con le procedure di valutazione ERC, bensì si riducono a una sola riga, se non addirittura a una sola parola o al solo numero di punteggio per il progetto e al solo numero di punteggio per il curriculum, senza alcun tipo di commento, impedendo così al ricercatore interessato di comprendere le criticità del suo progetto ed eventualmente risolverle. Si tratta di una procedura in antitesi con quanto avviene con l’ERC, che assicura invece a ciascuno valutazioni approfondite ed elaborate, poiché ogni progetto viene scrutinato da 5-10 valutatori, ognuno dei quali elabora valutazioni nell’ordine di 1-3 pagine. In altre parole l’ERC riconosce al ricercatore il diritto di conoscere le ragioni per le quali il suo progetto è stato scartato (o approvato) così da poterlo migliorare: è infatti onere del soggetto finanziatore rendere noti i motivi delle approvazioni o delle bocciature nell’ambito di procedure che assegnano risorse pubbliche;

il tasso di successo dei bandi FIS, a titolo di esempio, nella classifica “Advanced” delle macroaree LS (life sciences) e PE (physics and engineering), è appena, rispettivamente, del 2,21 per cento (7 progetti finanziati su 316 presentati) e del 2,94 per cento (6 progetti finanziati su 204 presentati), e un tasso di successo così basso, dando luogo ad un nefasto "effetto lotteria" nella percezione della comunità scientifica interessata, rende anche amministrativamente irragionevole e oltremodo dispendioso il grande investimento di tempo e risorse pubbliche per la partecipazione di centinaia di studiosi e la messa in campo delle deboli procedure di valutazione oggi in uso;

in Italia, ad oggi, non esiste una fonte certa di finanziamento della ricerca competitiva, né bandi per il 2025 su cui i ricercatori del Paese possano fare affidamento, questo nonostante la certezza temporale dei bandi e la stabilità di finanziamento siano elementi essenziali ad ogni politica per la ricerca di una nazione ad economia avanzata;

le procedure di valutazione descritte risultano estremamente disomogenee e, spesso, poco comprensibili ai destinatari di tali valutazioni, rendendo il Paese poco affidabile agli occhi della comunità scientifica nazionale e internazionale, incentivando la fuga di tanti giovani promettenti formati negli atenei italiani e scoraggiando l’ingresso di giovani talenti dall'estero;

la paralisi e l’inadeguatezza delle valutazioni sulle tante linee di finanziamento messe in campo dal Ministero dell’università è indice di un sistema ingolfato, improvvisato, costantemente sottodimensionato rispetto alle funzioni che dovrebbe assolvere con efficienza e puntualità, e di un’incapacità di attenzione strutturale alla ricerca che va al di là dei singoli governi;

la Strategia italiana in materia di ricerca fondamentale, elaborata nel 2022 dal tavolo tecnico del Ministero, istituito dall’allora ministra Cristina Messa, concludeva che fosse necessario aumentare la spesa totale per i progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN), distribuendola costantemente nel tempo e che “per raggiungere una percentuale di successo del 25-30%, indispensabile per mantenere attiva la rete di ricerca nazionale, sarebbe necessaria una spesa totale di circa 2,8 miliardi nell’arco di 5 anni”;

altresì, i componenti del tavolo tecnico, nella Strategia per la ricerca fondamentale citata, concludevano essere “indispensabile realizzare procedure con cadenze regolari accompagnate da valutazioni rigorose e limitando gli adempimenti burocratici” e “auspicabile la creazione di una struttura dedicata con personale specializzato che garantisca, oltre a una adeguata gestione dei processi e alla valutazione ex-ante dei progetti, una puntuale valutazione ex-post dei risultati ad oggi mancante”;

tale struttura in tutti i Paesi dello spazio comune europeo (Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Belgio, Portogallo, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Croazia, Serbia, Bulgaria, Romania, Norvegia, Regno Unito, Svizzera, Turchia) assume la forma di una “agenzia nazionale per la ricerca”, e l’Italia è l’unica, oltre a Lussemburgo, Malta e Montenegro, a non esserne dotata;

in un Paese a noi comparabile per dimensioni e ordinamento, quale la Francia, l’Agence nationale de la recherche (ANR), istituita nel 2005 con una dotazione iniziale di 350 milioni di euro, nel 2023 ha gestito un budget totale di 1,2 miliardi di euro, di cui 758 milioni destinati al finanziamento diffuso di 1.640 progetti (comprendenti l’intero panorama disciplinare in ambito umanistico e scientifico con la sola eccezione della tematica su HIV finanziato attraverso altro ente e canale) con un tasso di successo complessivo del 24,3 per cento, e il resto allocato su bandi specifici per il potenziamento della partecipazione dei ricercatori e degli enti pubblici di ricerca francesi ai bandi europei;

senza la capacità di gestione di risorse, bandi e valutazioni simile almeno alla ANR francese, non vi è alcuna possibilità che il Paese possa aumentare la propria competitività e attrattività nel settore della ricerca pubblica mondiale, in quanto privo di solidi programmi nazionali attraverso i quali crescere la competenza e la competizione degli studiosi italiani;

nell'audizione del 22 novembre 2022, dinanzi alle Commissioni cultura riunite di Camera e Senato sulle linee programmatiche del Dicastero dell’università, la ministra Bernini ha richiamato la citata Strategia italiana in materia di ricerca fondamentale come segue: "Serve programmare per tempo 'l’uscita dal PNRR' e trovare spazio nel bilancio ordinario per dare continuità a politiche di investimento sul capitale umano. È una logica ben illustrata dal 'Tavolo tecnico per la Strategia italiana in tema di ricerca fondamentale', che mostra l’aumento delle risorse complessive, grazie al PNRR, insieme all’esigenza di un’attenzione stabile e strutturale";

la ministra Bernini, commentando le prospettive della ricerca post PNRR, nel suo intervento al simposio su "Ricerca pubblica e il futuro dell'Italia. Stato presente e sviluppi di lungo periodo", organizzato il 4 luglio 2023 presso l'Accademia dei Lincei, ha osservato che i 9 miliardi di euro ricevuti col PNRR da spendersi in un quinquiennio, in assenza di una programmazione pluriennale di spesa, sono da considerarsi "doping", e ha specificato la necessità di una programmazione di lungo periodo "che si basi su una analisi multifattoriale e di integrazione dei diversi stakeholder del sistema ricerca - istituti di ricerca, imprese, istituzioni, Università etc. - con l'obiettivo di stabilizzare il valore di Ricerca e sviluppo allo 0,70 - 0,75 per cento del Pil, a partire dal 2027 e nonostante la fine dei finanziamenti del PNRR";

la legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio per il 2025), ha previsto all'articolo 1, commi 579-580, nello stato di previsione del Ministero dell'università, l’istituzione di un fondo da 150 milioni di euro all’anno per il 2027 e il 2028, finalizzato al cofinanziamento dei centri di ricerca nazionali e dei partenariati estesi nati con il PNRR, nonché delle iniziative di ricerca in ambito sanitario e assistenziale del piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC);

il cofinanziamento è condizionato al rispetto degli obiettivi stabiliti dai seguenti indicatori chiave di prestazione: a) affidabilità, intesa come la capacità di coordinare e realizzare progetti complessi secondo la tempistica e le modalità definite in fase di presentazione, b) impatto economico e sostenibilità, intesa come la capacità di attrarre risorse dall'esterno, per rendere sostenibile, almeno in termini di cofinanziamento, l'attività anche al termine del periodo di attuazione del PNRR, c) impatto sulla società, intesa come la capacità di avere impatto sulla comunità scientifica e sulle comunità socio-economiche di riferimento, anche mediante nuove forme organizzative e il coinvolgimento di attori pubblici e privati oltre quelli iniziali, d) impatto sulle politiche di riferimento, intesa come la capacità di fornire indicazioni, attraverso la redazione di libri bianchi o l'elaborazione di proposte di politiche da adottare nei rispettivi ambiti, finalizzate al superamento delle criticità, tenuto conto della sostenibilità politica delle stesse, e) impatto sulle strutture comuni (building capacity), intesa come la capacità di creare infrastrutture e laboratori ovvero servizi per la ricerca applicata in modalità partecipata, anche in sinergia con le imprese, nonché di creare valore mediante l'innovazione e la proprietà intellettuale;

si prevede che tali obiettivi saranno definiti (attraverso specifici indicatori di prestazione) dal Ministero dell’università in uno specifico decreto ministeriale che, di fatto, determinerà in concreto il futuro, ancorché temporaneo, dei 5 centri nazionali e dei 14 partenariati estesi individuati e finanziati col PNRR;

i 5 centri nazionali, selezionati nel giugno 2022 su 5 proposte presentate sono: 1) National centre for HPC, big data and quantum computing, con sede hub a Casalecchio di Reno (Bologna) e un finanziamento concesso di 319.938.979,26 euro; 2) National research centre for agricultural technologies (Agritech), con sede hub a Napoli e un finanziamento concesso di 320.070.095,5 euro; 3) Sustainable mobility center (Centro nazionale per la mobilità sostenibile, CNMS), con sede hub a Milano e un finanziamento di 319.922.088,03 euro; 4) National biodiversity future center (NBFC), con sede hub a Palermo e un finanziamento di 320.026.665,79 euro; 5) National center for gene therapy and drugs based on RNA technology, con sede hub Padova e un finanziamento di 320.036.606,03 euro;

il 3 agosto 2022, il Ministero ha selezionato i 14 grandi partenariati estesi (su 24 candidature arrivate);

fin dal marzo 2021, nell’articolo de “la Repubblica” intitolato “No all’oligarchia della ricerca”, a firma della presente prima proponente, si segnalava in riferimento al PNRR come “tra le cose da non fare con le risorse in arrivo dall'Europa c’è la creazione di 'oligarchie della conoscenza' o nuovi centri privilegiati, in nome di una filosofia elitaria, 'estrattiva' e non 'inclusiva', della ricerca con il rischio concreto che si radichi una visione della ricerca che accentra risorse, usa i fondi pubblici per intestarsi competenze e idee sviluppate altrove, si autoproclama eccellente, rifuggendo ogni competizione ad armi pari. Una visione lontana dal metodo della scienza oltre che dai valori della nostra Costituzione”;

nello stesso articolo, si sottolineava come “i nuovi enti andrebbero ad aggiungersi a un sistema pubblico della ricerca che può contare (tra Università, Ospedali di ricerca (IRCCS), Enti pubblici di ricerca vigilati dai Ministeri, ndr) su ben 135 soggetti che già perseguono l'obiettivo di creare nuove conoscenze utili alla crescita di individui, imprese e territori” e si esprimeva la preoccupazione che “anche qualora questa infornata di nuovi enti fosse originata da analogie con modelli esteri (ad esempio il Fraunhofer tedesco), non si può seriamente auspicare che la politica indirizzi il futuro della nostra ricerca in questa direzione senza un'analisi di ciò che già esiste, senza solidi argomenti circa necessità, previsione di produttività e sostenibilità anche post-2026, reale trasferibilità di governance e procedure”;

i rischi paventati nel 2021 potrebbero concretizzarsi brutalmente oggi, qualora il decreto che adotterà il Ministero in forza dell’articolo 1, comma 580, della legge di bilancio n. 207 del 2024, finisse per consentire la distribuzione delle risorse del fondo "post PNRR" a tutti i soggetti esistenti, anziché porre centri nazionali e partenariati estesi in una condizione di valutazione stringente che, rispetto ai risultati indicati, veda sia soggetti meritevoli della prosecuzione del finanziamento ed altri soccombenti;

diversamente, specialmente in assenza di altri bandi pubblici programmati recanti risorse di libero accesso su base competitiva ai tutti i ricercatori del Paese, si favorirebbe un canale di finanziamento ad una rete previlegiata di ricercatori a scapito di altri, senza alcuna significatività scientifica acclarata;

le criticità della ricerca pubblica italiana, sommatesi nel tempo, necessitano di una pluralità di interventi che non possono non declinarsi a partire dall'adozione tempestiva, da parte di un Governo, di qualsiasi orientamento politico, che voglia concretamente accrescere la competitività del Paese, di tutte le politiche necessarie a sanare l'anomalia italiana in tema di programmazione, gestione, erogazione di risorse pubbliche messe a bando, di valutazione, programmazione e pianificazione pluriennale della spesa, da anni note agli operatori del settore e in tanta parte ricapitolate e riassunte nel documento citato, elaborato dal tavolo tecnico per la Strategia italiana in tema di ricerca fondamentale. Il documento rimane un punto di riferimento, specie in ordine alla quantificazione reale delle risorse necessarie al sistema della ricerca pubblica italiana per sopravvivere e non vanificare totalmente la straordinarietà delle risorse del PNRR,

impegna il Governo:

1) a disporre che il fondo FIRST sia stabilmente finanziato, senza soluzione di continuità, affinché possano essere previsti annualmente bandi PRIN non inferiori a 350 milioni di euro, secondo tempistiche certe e note per tempo e garantendo trasparenza e accuratezza di valutazione dei progetti e in ordine all’erogazione delle risorse;

2) a far sì che gli indicatori chiave di prestazione, che saranno individuati dal decreto ministeriale che adotterà il Ministero, ai sensi dell’articolo 1, comma 580, della legge di bilancio n. 207 del 2024, siano rigorosi e oggettivi, al fine di consentire una selezione reale di quei centri nazionali e di quei partenariati che, in questi anni, meglio abbiano utilizzato e valorizzato le risorse ricevute, con una reale prospettiva di sostenibilità propria;

3) a istituire, presso il Ministero della università e della ricerca, una commissione di esperti di chiara fama nell'ambito delle politiche della ricerca che, entro 3 mesi dalla sua istituzione, elabori una proposta operativa per la creazione della struttura (auspicata nella Strategia per la ricerca fondamentale) che mimi o funga da "agenzia della ricerca" dedicata a gestire le procedure di valutazione (terze e indipendenti sia dall'accademia italiana, sia dal decisore politico) nell’ambito delle numerose linee di finanziamento della ricerca pubblica italiana, facendo tesoro dei modelli organizzativi e operativi diffusi da tempo in pressoché tutti gli Stati europei.